Avete avuto modo di dare una lettura al campionario di “controdeduzioni” stilate dall’avv. Daniela Sindaco? Quelle in risposta alla denuncia della dirigente scolastica, dott.ssa Eleonora Longo, e pubblicate anche su questo sito.
Mi riferisco alle sette cartelle (cliniche) inviate al primo cittadino del comune di Galatina, nonché ai consiglieri comunali e a tutti gli organi di stampa. Si tratta di pagine di deliziosa letteratura spedite urbi et orbi (soprattutto orbi) in cui si sviluppa il tema delle due sedie della discordia [il che mi riporta alla mente - chissà poi perché - il famoso “pomo della discordia” che diede il via alla guerra di Troia, ndr].
Io, da quell’ingenuo che sono, pensavo che il sindaco Montagna alla lettura della missiva vergata dalla sua compagna di partito saltasse sulla sedia revocandole, così, su due piedi, la famosa delega sindacale. Questo non tanto per la vexata quaestio, i toni utilizzati, l’iter non proprio ortodosso per la “soluzione” dei problemi di arredo scolastico, quanto per il mancato rispetto delle più elementari regole della lingua italiana. Evidentemente, come diceva quel tale, c’è chi non sa scrivere, ma son di più quelli che non sanno leggere.
Invece, come si temeva, è finita a tarallucci e Mimino. Il quale ha bofonchiato di “ampia relazione sull’accaduto” [sic] e di “entusiasmo derivante dal carattere della Consigliera Daniela Sindaco” [sic], ignorando del tutto il florilegio di errori copiosamente disseminati in un capolavoro letterario che, invero, non sembra scritto da un laureato, e per di più professionista di grosso calibro, ma, come dire?, da una seppur molto “entusiasta” Cetta Laqualunque.
Montagna, nella sua lettera assolutoria, continua a blaterare di “esposizione al pubblico ludibrio”; ma mica in riferimento ai gravi accadimenti verificatisi presso la scuola di Noha (o ai soggetti, predicati e complementi abborracciati dall’Oriana Fallaci de noantri), quanto al rischio che gli organi di informazione eventualmente venissero (o fossero venuti) a conoscenza della sceneggiata nohana. Che poi questi infidi mass-media lo abbiano saputo lo stesso, e che certi segreti siano come quelli di Pulcinella, è un altro paio di maniche. La “fuga di notizie” per lui invece è “strumentalizzazione politica” [sic].
E’ fatto così, il nostro sindaco. Il suo concetto di trasparenza risente del pensiero filosofico secondo il quale i panni sporchi si lavano in casa. Peccato che la casa non sia la sua (o quella privata di qualche suo delegato), ma comune, e probabilmente soggetta a certe norme pubbliche, oltre che a quelle del buon senso e della decorosità istituzionale.
Ma sì, cosa vuoi che sia? Di figure di merda non è mai morto nessuno. Sennò a Palazzo Orsini sarebbe un’ecatombe quotidiana.
Antonio Mellone
Festeggia i dieci anni, Casa Betania a Noha, e ieri - in occasione della XXXIII Giornata Nazionale per la Vita - tutti i volontari sono stati presenti davanti alle chiese con un banchetto di primule il cui ricavato sarà utilizzato per le attività di aiuto alla vita. Tanti i progetti di Casa Betania, ma in particolare il Centro di Aiuto alla Vita di Noha propone l’adozione prenatale a distanza attraverso il “Progetto Gemma”. In pratica viene dato un contributo mensile di 160 euro per 18 mesi, sin da quando la donna è in attesa, per permette alla madre di affrontare la gravidanza con maggiore serenità. “In dieci anni di attività di questo Centro di Aiuto alla Vita, grazie al contributo di tutti, - ricorda Don Francesco Coluccia, responsabile di Casa Betania - sono ben 77 i bambini salvati dall'aborto e con loro altrettante madri e famiglie hanno potuto risparmiarsi questo dolore e conoscere la gioia della maternità”. E non basta. Casa Betania è una casa di accoglienza per gestanti e madri con figli a carico con annesso ambulatorio di Medicina generale, in cui operano numerosi volontari specializzati (ginecologo, psicologa, educatori) e risponde alle esigenze che arrivano dall'intera provincia. Il centro, nato per la forte volontà di don Francesco Coluccia, senza alcuna forma di finanziamento pubblico, trova le sue basi nel volontariato. “La solidarietà verso la vita – conclude don Francesco – può aprirsi anche a forme nuove e creative di generosità, come una famiglia che adotta un’altra famiglia. Possono nascere percorsi di prossimità nei quali una mamma che aspetta un bambino può trovare una famiglia, o un gruppo di famiglie, che si fanno carico di lei e del nascituro, evitando così il rischio dell’aborto verso il quale, anche suo malgrado, è orientata”.
fonte:Q-P 02.02.2015