set052011
Si chiama «Salentini in libreria» la nuova rubrica a cura del direttore di Salentoinlinea.it Giuseppe Pascali, che dal prossimo 7 settembre e per ogni mercoledì proporrà una recensione dei più interessanti libri di autori locali. Romanzi, saggi, racconti e altri scritti saranno così proposti ai lettori appassionati di libri, per suggerire un sana lettura e far conoscere nuovi scrittori locali.
La rubrica sarà inaugurata con la recensione del libro "Il mangialibri" di Michele Stursi.
set242010
Disponibile il primo romanzo di Michele Stursi "Il mangialibri".
Per maggiori informazioni cliccare qui
Si puo' richiedere una copia direttamente da Noha.it inserendo un commento al seguente articolo, oppure presso lo studio d'Arte di Paola Rizzo ed infine inviando una richiesta all'indirizzo e-mail ilmangialibri@gmail.it
nov202018
A me duole il cuore ogni volta che osservo lo stato in cui versano le nostre Casiceddhre in miniatura, architettate ed eseguite in pietra leccese dallo scultore Cosimo Mariano all’inizio del secolo XX e lasciate marcire nel degrado e nell’abbandono dai noi altri contemporanei del XXI.
Certo, ora ci sarà chi si permetterà di fare dell’ironia spicciola sui beni culturali nohani, chi dirà che non sono assolutamente paragonabili alle opere di Leonardo da Vinci, che ci sono “ben altre” priorità e che, magari, la cultura non si mangia [in effetti per mangiarla bisognerebbe prima masticarla, ndr.].
Per quanto ovvio, del tutto inutile sarà spiegargli il fatto che non importa il pregio, la rarità o l’antichità dei singoli oggetti di un patrimonio artistico, bensì il contesto, la relazione spirituale e culturale che li unisce alla vita locale.
Vorrei appena ricordare che questo piccolo complesso monumentale è scenografia di romanzi (come “Il mangialibri” di Michele Stursi, ma anche “Lento all’ira” di Alessandro Romano), contesto di innumerevoli racconti (alcuni contenuti in altri volumi, tipo “Salento da Favola”, edito da quiSalento), argomento di cataloghi d’arte e libri di storia, servizi giornalistici, trasmissioni televisive, ricerche da parte di studenti di ogni ordine e grado scolastico, e finanche tema di interi capitoli di tesi di laurea in conservazione dei beni culturali. Oltretutto le Casiceddhre sono anche un “Luogo del Cuore” del FAI, ancor oggi ammirato da decine di viaggiatori, e da quei nohani che hanno occhi per guardare il bello nei tesori a loro più vicini.
Non so se abbiate mai notato il fatto che quando capita un disastro (un’alluvione, un terremoto, eccetera) le persone che hanno perso tutto spesso esprimono anche l’angoscia per la distruzione del patrimonio storico e artistico, emblema della loro identità.
Bene. Un popolo colto è quello che, difendendo le sue ricchezze artistiche, contribuisce a rendere l’ambiente in cui vive più prezioso e civile; mai invece sarà quello che, con la lacrimuccia di coccodrillo (chiagn’e fotte, anzi se ne strafotte), farà finta di riconoscerne presenza, forza e rilevanza solo quando ne verrà privato.
Non so se esista già un progetto di recupero delle Casiceddhre di Noha. In mancanza di notizie in merito, proporrei un incontro monotematico (data e luogo da definire) cui possano partecipare: proprietà, associazioni locali, esperti in materia di restauro, maestranze, storici, istituzioni, cittadini liberi e pensanti, e chiunque voglia contribuire alla ricerca di una strategia comune volta alla tutela della Pompei nohana.
Astenersi perditempo e analfabeti funzionali.
Antonio Mellone
nov052010
Un piccolo assaggio del romanzo "Il mangialibri" di Michele Stursi. Chi volesse gustare appieno questa deliziosa pietanza per l'intelletto... non può mancare alla PRESENTAZIONE.
Presentazione romanzo Il mangialibri di Michele Stursi sabato 6 novembre ore 19 Oratorio Madonna delle Grazie.
Programma della serata:
Interverranno
Presteranno la loro voce alle parole del romanzo:
e tanti altri lettori...
Durante tutta la serata si potrà visitare l'inedita mostra fotografica di Marzia Cisotta
dic152010
Venerdì 17 Dicembre 2010 alle ore 18:30, presso il Palazzo della Cultura di Galatina si terrà la presentazione del romanzo Il mangialibri di Michele Stursi.
nov202010
Il mangialibri è un libro che divora libri, storie, vite, racconti. Prima pagina, leggo: "A chi non si stanca di cercare"; questo sono io. "A chi ha paura di trovare"; anche questo sono io. "A chi non si ferma mai"; e sono sempre io. Poi "A chi non ha ancora capito che prima o poi, cercando si trova"; sono ancora io. Così sin da subito acquisti la consapevolezza che questo romanzo è dedicato a te, chiunque tu sia; l'importante è che ami la ricerca, che guardi in alto se non hai trovato per terra, se ti emozioni più per una parola che per un fatto.
Il mangialibri infatti ama le parole, come lo stesso Michele Stursi che ne è l'autore. Le prime due voci che aprono questo romanzo, quasi oserei dire straordinariamente rurale, sono "arrivo" e "abbandono". Si arriva non prima di aver abbandonato qualcosa. Ogni tappa presuppone l'essersi allontanato dalla precedente. Michele Stursi conosce la sofferenza del lasciare e l'emozione del ritrovare, e ce lo racconta con parole che a volte sfiorano la poesia, tramutandosi in versi. A pagina 14 leggi "Seduto nelle ultime file un solo spettatore pagante: il silenzio". Se non è poesia questa, allora si sono stravolti i canoni del buon gusto letterario. Stursi racconta la sua vita, nei panni del protagonista, passata a leggere, a meditare, per poi rendersi conto dell'inutilità del lavoro meccanico della mente che non ha il coraggio di confrontarsi con gli altri. Il mangialibri coglie in pieno i difetti di questa società: effimera comunicazione. Solo i sentimenti rimangono quelli originali di sempre: amor del vero, nostalgia di casa, amicizia, amore. Il romanzo racconta di Noha, ma leggendo ti accorgi che Noha non è un paese soltanto di case, ma di persone. Noha è le grida di un fruttivendolo, una moglie che chiede al marito la verdura fresca di campagna, un vecchio di fronte casa che cerca di mettere in moto il suo Ape. Noha è le comari che escono dalla porta della Chiesa, il contadino che raccatta gli attrezzi del mestiere, la zitella Carmela che spazza davanti casa.
La descrizione dei luoghi e della natura è accattivante; l'ulivo vive come vivono gli esseri umani. Anche esso è uno dei protagonisti. Vive accanto ad ogni altro personaggio di questo racconto, respira con lui, soffre, suda. Stursi scrive che "l'ulivo per la gente di questi luoghi non è un albero, ma un simbolo". Concordo pienamente con l'autore. Noha vive anche delle sue tradizioni, di suoi simboli, di suoi detti popolari. Noha è autonoma e sovrana per la sua cultura, per la sua tradizione e per le sue storie. I protagonisti del romanzo si guardano intorno e si accorgono di essere circondati dalla natura, immersi in un verde dominante, minacciato spesso dalla solitudine degli animi, dall'oscurità dei pensieri.
Ma Il mangialibri è anche una storia d'amore difficile non per i protagonisti che la vivono ma per le dinamiche che la supportano. La parola amore, o per lo meno il suo senso e i suoi effetti, sono presenti dovunque. Pasquale, il protagonista, ama Eleonora, una pittrice di ulivi. Le emozioni dei personaggi ti coinvolgono, i loro pensieri ti assillano, le loro speranze ti troncano il fiato. E quando non ti accontenti più del flusso di ciò che è scritto e vorresti sapere ancora e ancora, Michele Stursi ti rimprovera per la tua poco educata curiosità: "Ebbene, che termini qui il racconto di questa indimenticabile notte", leggi a pag. 172.
Sapere è bene ma la fantasia è un'arma a doppio taglio, e non sai mai se il manico del coltello ce l'ha l'autore o il lettore. Se Stursi ti lascia maneggiare la sua fantasia, in un attimo se la può riprendere, catapultandoti nella realtà.
Il romanzo si chiude con una riflessione sulla scrittura, sul suo essere al servizio, sul suo essere dotata di vita propria. "Scrivere è il gesto più umile e innocuo che un uomo possa concepire", leggi a pag 196. Ma Michele Stursi sa bene che la scrittura è una delle conquiste più ardue e coraggiose che l'uomo abbia mai fatto. Ed è per la scrittura che alcuni uomini oggi vivono, come suppongo lo sia anche per questo ragazzo improvvisatosi scrittore. L'esperimento è riuscito: "E' giunto il momento di uscire fuori da qui. Mi sa che devo delle spiegazioni alla mia Noha". Ognuno esca allo scoperto, chiarisca il suo ruolo e spieghi che cosa ha fatto finora per il proprio paese, la propria città, la propria nazione.
Tutto questo e molto altro è "Il mangialibri" di Michele Stursi.
Fabrizio Vincenti
fonte: www.galatina.it
“Il bar non porta i ricordi, ma i ricordi portano inevitabilmente al bar”, dice Vinicio Capossela.
Questa volta il bar è quello della Liliana.
Sì, certo, l’insegna riporta la denominazione ‘Bar Castello’, ma a Noha e dintorni si utilizza volentieri il genitivo sassone, quel particolare costrutto usato per indicare un esercizio commerciale omettendo il nome comune del locale posseduto (restaurant, shop, office, church, e quindi bar) ma indicandone il titolare, sicché per noi nohani la locuzione “Faccio un salto dalla Liliana” potrebbe significare “Vado a prendere un caffè al bar Castello”, ovvero “A leggervi il giornale”, oppure “A guardare Novantesimo minuto” [non so nemmeno se esista ancora codesta trasmissione calcistica: di certo, se anche l’avessero soppressa, secondo me dalla Liliana continuano a trasmetterla imperterriti, ndr.]. Insomma.
Peccato però che da qualche giorno Liliana’s (v. sopra il concetto) ha chiuso definitivamente i battenti dopo sessanta, che dico, quasi settanta anni di onorato servizio: pertanto molti verbi è d’uopo d’ora in poi coniugarli all’imperfetto.
Qualcun altro, prima di me, ha vergato righe sul caffè e l’ottima limonina del bar, non tralasciando la pasta di mandorle (rigorosamente baresi, non americane) che le mani d’oro della Liliana trasformavano in Paste Secche e, quando il caso, in Pecurieddhri pasquali. Vorrei aggiungere, tra le specialità/ricordi, pure il caffè freddo conservato in frigo nelle bottiglie di vetro verde scuro, dico quelle per la salsa, con il tappo di sughero: caffè che doveva essere agitato bene prima dell’uso o, per dirla alla barman anzi alla bar-tender acrobatico, shakerato.
Non potrei non menzionare qui (ma poi, giuro, mi fermo per davvero) anche la bontà delle sue zeppole: le più morbide e vellutate che io abbia mai mangiato. Liliana ne approntava a bizzeffe per il giorno di San Giuseppe. Si alzava di notte per farle, molto prima del solito orario cioè le cinque (sissignore, una vita intera a vincere la gara con l’aurora). Con l’aiuto della sua povera mamma, rompeva le uova, cartoni interi di uova fresche, e preparava l’impasto amalgamando gli ingredienti in un grosso recipiente di rame con l’utilizzo di un attrezzo in legno. Non vi dico poi la bontà della crema pasticciera con cui venivano guarniti questi grandi bignè fritti o al forno culminanti con un ciuffo di budino al cioccolato amaro. Altro che creme e Nutelle industriali. Il 19 marzo le incartate di zeppole prenotate riempivano ogni angolo del bar, dal bancone ai tavolini, dalle sedie al bellissimo biliardo in legno massiccio ubicato nella seconda sala, anche questa, come la prima, con volta a botte.
Bisogna ricordare infine che presso la Liliana era installato il centralino telefonico di Noha. Prima della diffusione dei cellulari - e ancor prima dei telefoni fissi che pian piano arrivarono nelle case nohane sul calare degli anni ’80 del secolo scorso - dalla Liliana potevi fruire del collegamento telefonico in una bella cabina insonorizzata, discreta, seminascosta alla vista dei più. Quante volte da ragazzo ho utilizzato il telefono della Sip, quello grigio attaccato al muro con il disco dei numeri, per telefonare alla morosa di turno conosciuta al mare d’estate e poi, a fine vacanza, ritornata in patria in qualche altra parte d’Italia diversa dal Salento. Nel passarmi la linea, scuotendo un po’ la testa, ma con saggio compatimento, la Liliana sembrava dirmi: “Figlio mio, gli amori a distanza sono croce e delizia: all’inizio di più croce, poi man mano di più delizia”. Ovviamente aveva ragione lei. Chissà che non per antica dimestichezza con la materia.
Forse non tutti sanno che Liliana, con lo pseudonimo di Liana, è anche uno dei protagonisti dello stupendo “Il mangialibri” di Michele Stursi (L’Osservatore Nohano Editore, 2010), il primo romanzo ambientato a Noha, di cui riconsiglio la lettura; ma di certo tutti concordano sul fatto che Liliana nostra è ormai una delle pagine più belle della Storia di Noha. Questo non solo per il lavoro diuturno, le sue leccornie dolciarie, il gran cuore e le sue proverbiali accoglienza e disponibilità, ma anche (soprattutto) per la pazienza e la diciamo capacità di ascolto di ipotesi, tesi, antitesi, purtroppo quasi mai sintesi, di molti avventori del suo locale.
Mentre i novelli retori si esibivano nelle loro interminabili elucubrazioni sugli argomenti più disparati, con molte probabilità la Liliana avrà pensato tra sé e sé: “Ma cos’hanno il mio e gli altri bar italiani per far diventare opinionisti tutti o quasi quelli che ci entrano? E come faranno quando chiuderò il bar?”.
Tranquilla, Liliana: molti hanno trovato casa su Facebook. Altri addirittura in politica.
Antonio Mellone
nov082010
Paola Rizzo inimitabile pittrice d'ulivi
Don Francesco Coluccia direttore del Laboratorio Culturale Benedetto XVI - Noha
Paola Congedo della Biblioteca Giona
Denise D'Amato amica dell'autore
Antonio Mellone dell'Osservatore Nohano
Martina Chittani
Michele Stursi autore de "Il mangialibri"
Il brindisi finale
mag262015
Eccovi di seguito la lettera di Antonio Mellone indirizzata ai ragazzi di Noha, e la fotogallery a cura di Federica Mellone (che si ringrazia per la collaborazione).
Noha.it
Cari Alunni delle Scuole di Noha,
è con vero piacere che vi offro in dono codesto “Noha – storia, arte, leggenda”, volume da me curato e scritto a quattro mani con padre Francesco D’Acquarica.
Questo libro, forse, non avrebbe mai visto la luce dieci anni orsono senza l’interessamento ed il contributo del compianto Michele Tarantino, la cui famiglia - nel suo ricordo - gioisce oggi insieme a me per questo omaggio.
Sì, cari ragazzi, è bello fare regali: direi anche che è molto più bello (e divertente) dare che ricevere, a condizione che si doni con letizia e senza tornaconti.
Vi prego allora di accettare questo volume, frutto di tanto lavoro e altrettanta passione da parte di padre Francesco, storico nohano, da oltre mezzo secolo alla continua ricerca dei segni della storia della nostra piccola patria, del sottoscritto osservatore di fatti di ieri e di oggi (e ove possibile anche di domani), dei maestri Pignatelli esperti nell’arte della fotografia, e di tanti altri che in un modo o nell’altro ci hanno aiutato nel lavoro di ricerca, redazione e pubblicazione di questo testo.
Prendete nelle vostre mani questo deposito di cronache, illustrazioni e reportage, sfogliatelo, leggetene una pagina e vedrete spuntare pensieri, storie e ricordi. Non frugate in questo libro come un cercatore dentro una miniera per estrarre una cosa sola, ma come uno che percorre un campo (o s’immerge in mare) per meravigliarsi del brulichio delle specie viventi.
Partendo da questa “bozza” son sicuro che scoprirete dell’altro, vi entusiasmerete nella ricerca (ma questo avviene con ogni libro), e in qualche modo anche a voi capiterà di scrivere nuove deliziose pagine di storia, arte e leggenda (e non solo nohane). Anche così potrete essere protagonisti di una comunità sempre più bella, accogliente, sana, colta, pulita e curata, solidale, responsabile, onesta e laboriosa, antica ma giovane d’animo, più attenta all’essere che all’avere, più interessata al noi che all’io, più impegnata nel pubblico che nel privato, premurosa dei suoi “spazi condominiali” e della natura che ancora la circonda; una comunità mai vinta e pronta a sperimentare la gioia della lotta per le grandi idee, propensa a valorizzare il suo capitale sociale e umano, e partigiana, sì, partigiana dei suoi beni culturali (il più importante dei quali non è l’antica torre medievale, non il frantoio ipogeo, non il castello, né la casa rossa, e nemmeno uno degli altari barocchi della chiesa madre: ma la Scuola, questa Scuola).
Cari ragazzi, il mondo non si cambia con le chiacchiere, ma con i sogni e le utopie. E io vi auguro di sognare molto. Ma sappiate che i veri sognatori dormono poco o niente.
Antonio Mellone
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