dic252015
State per compiere un viaggio nel tempo e nello spazio.
Il presepe quest’anno è allestito all’interno del Parco del palazzo baronale di Noha che tutti chiamano Castello.
Per godere appieno della visita, vi consigliamo vivamente di soffermarvi sui dettagli, tutti autentici, che potrete apprezzare in ogni angolo del percorso, frutto di una capillare attività di ricerca storica su luoghi, mestieri, profumi e sapori, e di una scuola e un lavoro di attenzione ai particolari che dura mesi.
Tutto questo fa del presepe di pietre e di gente di Noha un museo/teatro dove anche il visitatore può interagire con personaggi e interpreti del copione, diventando a sua volta attore-protagonista della scena.
In questo presepe non noterete sforzo di arte drammatica, non affaticamento da troppa recitazione: in quanto il pastore ha davvero il suo gregge di pecore e di capre portate al pascolo ogni giorno; il contadino vanga e rivanga le zolle ed attende il frutto dalla terra anche al di là del presepe vivente; il fornaio è fornaio vero che produce il pane quotidiano; e così la sarta, il ciabattino, il maniscalco, lo scultore, il fabbro…
Anche gli angeli, forse, lo sono oltre il Castello ed oltre le feste.
Lungo il tragitto si ha modo di ammirare alcuni tra i beni culturali più antichi e importanti di Noha.
A metà del cammino s’incontra l’originalissima vasca ellittica di fine ‘800 in perfetto stile Liberty, coeva e probabilmente disegnata e costruita dalle stesse maestranze che si occuparono della misteriosa Casa Rossa (la casa delle meraviglie nohana che ricorda la Casa Pedrera di Barcellona, opera di Gaudì) della quale, proprio all’ingresso del presepe, ma dall’altra parte della strada, al di là del muro di cinta, potete osservare il primo piano con tetto spiovente.
Di fronte alla vasca ovoidale, la costruzione che ospita il palazzo di Erode è la Castelluccia del parco, a forma di torre, eretta nei primi anni dell’900 del secolo scorso. Ospita ancora un impianto idraulico ed elettrico tecnologicamente molto interessante, con marmi, isolanti in ceramica, interruttori a leva ed altri sistemi di trasmissione dell’elettricità.
Continuando nel viaggio, incontrerete il bene culturale più antico e interessante di Noha, bello da mozzare il fiato: la straordinaria torre del XIV secolo (1300) con il suo ponte levatoio, collegato a rampa con arco a sesto acuto.
Dall’aspetto severo, militaresco, tremendo, la torre medievale di Noha era capace di generare, specie nei giorni di tempesta, timore nel viaggiatore che vi si avvicinasse. Ma più forte era la paura di saccheggi, uccisioni e rapimenti da parte dei filibustieri di ogni risma.
Fra’ Leandro Alberti in un’opera del 1525 dal titolo: “Descrittione di tutta l’Italia” definisce questo maniero come “il fortissimo castello di Noja [Noha] posto in forte loco”.
La torre di avvistamento e difesa, intorno alla quale si organizzò il castello, la corte, e il resto del piccolo centro, raggiunge i dieci metri d’altezza. La costruzione è coronata da una raffinata serie di archetti e beccatelli che ne sottolineano il parapetto alla sommità.
Più avanti, prima di giungere nell’osteria, dove potete degustare i prodotti del campo e delle fattorie locali, si osserva uno scorcio delle cantine del Castello, con le enormi botti in legno nelle quali si invecchiava il Brandy Galluccio, prodotto a Noha nello stabilimento omonimo, a due passi dal parco, e imbottigliato a Martina Franca.
Avvisiamo i visitatori che è possibile chiedere agli addetti al presepe informazioni sulle diverse tipologie di bestiame e le svariate razze di volatili presenti nel presepe; e, volendo, ai pastori di accarezzare gli agnellini in tutta sicurezza.
Dopo la doverosa sosta all’interno delle rugose mura della grotta della natività, proseguendo sul sentiero tracciato, all’uscita dal parco, avrete modo di apprezzare il gruppo scultoreo e monumentale delle casiceddhre, ubicate sulla sommità dei forni del Castello, che tante leggende hanno suscitato nel popolo salentino.
Vi ringraziamo per la visita alla nostra Bet Lèhem, che significa, appunto, casa del pane. E a proposito di pane, all’uscita, oltre alle altre specialità, vi aspettano le fragranti pucce con le olive appena sfornate.
Questo e molto altro si scopre viaggiando in questo luogo incredibile custodito nel cuore di Noha.
*
Signore e signori, grazie per la vostra generosità. Le vostre libere offerte e, ovviamente, il passaparola ai vostri parenti e amici, ci daranno la forza di continuare a realizzare anche in futuro rappresentazioni popolari, non solo natalizie, come questa. E, oltretutto, di recuperare e valorizzare i beni culturali del nostro Salento.
Auguri a tutti voi di buone feste. E arrivederci al prossimo appuntamento.
Antonio Mellone – per l’Ass. Presepe vivente di Noha
Dopo anni di assenza mi è capitato di ritornare a Noha. Per identificare le persone che incontravo mi facevo dire il cognome della famiglia. Non sempre la memoria mi aiutava; bastava però che mi dicessero il soprannome o ingiuria e tutto era più facile.
Eh sì, da sempre, anche a Noha, accanto al cognome si è usato il soprannome. Ho trovato questa usanza già presente nei registri parrocchiali dell’antico archivio parrocchiale della Chiesa di Noha, dove sovente l’arciprete, registrando un documento, sentiva il bisogno di aggiungere un nomignolo, per specificare meglio. Accanto al nome aggiungeva la “njuria” con la locuzione latina “alias” da “alias vices” che vuol dire 'altre volte', o meglio ancora “altrimenti detto”.
Ne riporto qui di seguito alcuni come si leggono nei registri di quei tempi, anche se non sempre ne è chiaro il significato. Nella prima colonna ho messo l’anno del documento e accanto il nome e cognome con il relativo soprannome con eventuale spiegazione.
1698 - Domenico (il cognome non è leggibile) alias Garzia di Tisciano.
1701 - Leonardo Vonghia alias Scardali (da scarda = scheggia di pietra)
1709 - Caterina Bienna alias Roccalena (Lena la moglie di Rocco)
1740 - Gioseppe Paglialonga alias Maggiore
1740 - Gioseppe Paglialonga alias Minore
1786 - Giuseppe Carcagnì alias Capasella (da piccola capasa, probabilmente per la statura simile a quel recipiente di terracotta utilizzato per l'olio o il vino)
1787 - Francesco Scrimieri alias Mezza lana
1791 - Paschale Paglialonga alias Gianuburda
1801 - Domenico Greco alias Prussiano zitello
1802 - Giuseppe Orlando, zitello, alias Manta (=coperta)
1818 - Leonardo Totaro alias Evasciuto
1819 - Giuseppe Paglialonga alias Pica (=gazza)
1843 - Oronzo Notaro alias Urjo
Come e perché nasce un nomignolo?
Possiamo dire che le ragioni sono di una indescrivibile varietà. Se il significato non risulta sempre chiaro nella sua espressione letterale, il motivo per il quale ha potuto avere origine spesso è oscuro e incomprensibile. A volte si tratta di un soprannome venuto fuori per caso, sul lavoro, durante il gioco, per una battuta, o anche per una parola ripetuta più spesso dal soggetto, cioè in una oscura situazione che non permette di dare per il soprannome una spiegazione logica. Basta un semplice pretesto, un’inezia qualunque, un qualsiasi nonnulla a suggerire la creazione di un nomignolo; ad esempio una futile diceria paesana, la consuetudine di un individuo con un rappresentante del basso mondo animale (un uccello, un verme) o il suo casuale contatto con un prodotto del mondo vegetale (un pomodoro, un peperone, un fico, una cipolla), o la sua dimestichezza con qualsiasi oggetto della vita d'ogni giorno o un avverbio, un aggettivo.
Contrariamente al cognome ufficiale il soprannome è sempre preceduto dall’articolo determinativo: lu (u), come per esempio lu Parabitanu. In rapporto a maschi si usa sempre l’articolo maschile, anche quando il nomignolo è di genere femminile, come per esempio u Meddhra. Sovente il nomignolo del capofamiglia passa anche alla moglie aggiungendo alla fine del soprannome l’ellittica na. Come per esempio u Muscia diventa la Musciana.
Possiamo dunque affermare che a Noha il nomignolo è più vivo e più conosciuto che il cognome ufficiale, permettendo di identificare più sicuramente le famiglie.
Presento ora un elenco incompleto di nomignoli esistenti a Noha, cercando di darne una eventuale spiegazione.
Nomi di paesi e contrade:
Africanu (forse per il colore nero della pelle come un africano),
Parabitanu (proveniente da Parabita), Fullì (proveniente da Forlì),
Sardagnolu (di origine sarda), Caddhripulinu (di Gallipoli),
Sicilianu (della Sicilia), Sannicola.
Verdura e ortaggi:
Meddhra, Pasulu, Pupuneddhra, Piricocu, Carota, Cicora, Cramigna, Gerasa, Pirazza, Scorpu (pero selvatico), Promiciju (un frutto che sboccia presto), Fiore, Pampanone (grossa foglia di fico), Cipuddhra, Cipunda, Cipulletta, Magnogna (da mignogna una specie di erba spinosa).
Professione e mestieri:
Zoccatore, Mesci Santi, Scarparieddhru (piccolo calzolaio), Precamorti, Cuardia,Sparafochi,Massaru, Furnu (mestiere o difetto), Casciaru, Capileca (capo di una lega sindacale); Curiale, Speramuli (maniscalco di muli), Cutone (da cordone), Capibanda, Capidopera, Cicerra (che setaccia), Tumbarieddhru (piccolo tombarolo), Focara, Pepputaralla.Tizzaturu,Carcassa (chesuona la grancassa), Runceddhrara.
Aspetto fisico:
Sartana (padella in dialetto calabrese), Nettaricchie, Muccu verde, Chiuppi, Pettinessa, Curulla (da trottola), Santu Nud dhru, Curdeddhra, Bellinu, Pinninni (con un po' di penne). Mittitti (uno che manda), 'Mbozzi (da imbuto), Passannanti, Pichechi, Piticchia (piccolo).
Moneta:
Turnasieddhru (da tornese = antica moneta napoletana dal francese tournois coniata la prima volta a Tours in Francia).
Nome di persona:
Prìcitu (figlio di Brigida), Picia (di Luigi), Diegu, Paulone, Lauretta, Demetru, de la Nena, Viticeddhru, Ncapippi, Ippaziu, Mbrogiu, Querìnu, Vitupati (Vito Ippazio), Colabardi, Pauli nu, Nnita, Cesarinu, Caterinella, Turundeu (da Doroteo), Culumbrina (per Colombina), Frangiscona, Vituddhru, Peppunar di, Manta (da Fioravante), Ursula, Tuscia.
Titolo onorifico:
Conte, Piconte, Don Limone
Nomi licenziosi:
Pisciajetti, Cacafave, Pisciottulu, Cacasagne, Pichenone, Pica Pica (nel dialetto pica è la gazza ma anche il membro virile), Picarone (pene grosso).
Aspetti umani e morali:
Maraiuli (Infelice Giulio), Furbu.
Animali:
Muscia, Salamitru, Straficula, Gavurru (da caurru = granchio di mare), Femmaneddhra (tipo di pesce di Gallipoli commestibile detto femmaneddhra nell'epoca della fregola quando cioè la femmina depone le uova. In italiano questo pesce si chiama menola), Sarda, Cuccuvìu (tipo di civetta), Vurpe, Surce, Zzanza (da zanzana = zanzara), Scanciuddhra (un tipo di pesce), Gnizzu (forse da jazzu=caprone), i Muti (riferito a fratelli che erano muti)
Chiesa e religione:
Papa Ntoni, Fra Ntoni, Santunninnu. Zi monaca, Monacu, Pata (padre), Papacenzi, Papatore, Papanizza.
Origine onomatopeica:
Pipiu (= il verso che si fa per chiamare le galline e pulcini).
Difetto fisico:
Grossa, Pilinò (senza peli), Surda, Pasticciottu, Musarone, Naschia (naso grosso), Caddarieddhru, Mbriacu, Serpenivru, Mazzacurta, Bomba (grosso di corporatura), Zingaru, Mammana, Pichinnanni, (piccolo nonno), Capineru, 'Nzùrfu, Pagnotta, Niniceddhru, Cazzuzza (piccolo cazzo), Brasciola (braciola), Pilusu, Prucinella.
Atteggiamento:
Sceriffu, Bullu, ncaddhrusu (ringalluzito), Maravatta (infelice e picchiato),Picanieddhru (dallo spagnolo picaro = birbante = piccolo birbante), Paciaci (da pace, che fa la pace), Pacionnu (da pace), Carcaterra, Barbarignu (piccolo barbaro), Parabba (briccone, furfante), Tuzzaturu (che bussa), Pizzichicchi (lazzarone dal nome di un bandito calabrese), Zzumpa (dal verbo saltare), ‘Ncaforchia (chi incassa), Zerbinu, Venardia. Capasthru (perché aveva l’abitudine di ripetere “mo’ vedi che passo”).
Di difficile spiegazione:
Stasillai (stare in là?).
Esclamazioni:
Malàmpu (lampo mio)
Nomi comuni:
Cunda (dal greco cuddo= sasso).
Dal greco:
Matricali (bella mamma).
Dal latino:
Ndeu (in Dio), Schitta (solo).
Cognomi:
Scarcia (scarso), Prantera (piantatore), Birofiu (che costruisce birocci).
Spesso l’origine e il significato del soprannome si perde nel buio dei secoli. Passato sovente per più generazioni un nomignolo per corruzione o per deformazione diventa inspiegabile o talmente oscuro per cui nemmeno le famiglie interessate sanno darne una spiegazione.
Sicuramente tanti nomignoli sono sfuggiti alla mia memoria. Altri addirittura ne nasceranno in futuro.
P. Francesco D’Acquarica
gen292013
Eccovi di seguito il dettaglio del discorso di Giuseppe Cisotta, del quale, sabato scorso - in occasione della stupenda (e molto partecipata) festa di ringraziamento presso la Masseria Colabaldi indetta per l'ottima riuscita del presepe vivente di Noha - è stato pronunciato a braccio un condensato molto sintetico per via dell'emozione dell'interessato
Buonasera a tutti, e grazie per aver accettato l’invito per questa serata, spero piacevole per tutti.
Il presepe vivente di quest’anno, a detta di molti, è stato un presepe da dieci e lode. Quello che fino ai primi di novembre sembrava impossibile, nell’arco di un mese e mezzo è diventato realtà. Come per miracolo.
Ho visto volti sereni e volti preoccupati, voci fiduciose e voci sfiduciate. Non so se, all’inizio, io facessi parte dei primi o dei secondi.
Ma poi, superata ogni barriera, grazie a voi, ho visto finalmente donne e uomini lavorare con armonia. Non più facce contrite o arrabbiate, e non più voci di capi o duci, ma persone unite da un solo obiettivo: l’amore per noi, per Noha, per la nostra comunità, nel vero clima natalizio.
E’ stata, anche quella di quest’anno, un’esperienza bella, esaltante, una sfida contro noi stessi, superata grazie a tutti.
Se dovessi qui ringraziare uno per uno i protagonisti di questo presepe, dovrei parlare da mo’ fino a domani mattina.
E sicuramente mi dimenticherei di qualcuno.
Sì, perché qui dovrei partire ringraziando i proprietari della masseria per averci permesso anche quest’anno di allestire una vera e propria opera d’arte, per finire citando uno per uno i tecnici, i sostenitori, i responsabili della parrocchia, i vigilanti, il servizio d’ordine, gli addetti al pronto soccorso, i vigili urbani. Ed ovviamente tutti i personaggi del presepe, l’angelo-cantante, e poi i famigliari dei personaggi ed i famigliari degli organizzatori, mogli, padri, figli, fratelli, nonni, sorelle (non fosse altro che per la pazienza dimostrata nel sopportarci).
Dovrei ringraziare chi ha lavorato di giorno e di notte affinché questa antica masseria diventasse un set perfetto per il teatro del presepe più bello del Salento. Ognuno ha lavorato secondo le proprie possibilità, ma certamente senza risparmiarsi.
Dovrei ringraziare anche chi si è occupato della comunicazione, chi della fotografia, chi dei video, chi dei contatti con il pubblico, chi ha disegnato i manifesti e volantini, chi ha dato un parere, chi ha votato sul sito di Noha per le ormai famose “presepiarie”, chi ha stampato i manifesti, chi li ha distribuiti, chi si è occupato dei vestiti dei personaggi, chi ha dato una mano al bancone dell’offerta dei prodotti e chi da dietro le quinte ha prodotto il cibo per i visitatori, chi ha fatto da sponsor ed anche chi mi ha detto di non poter mettere mano al portafogli. Ringrazio davvero anche questi ultimi, perché so che se avessero potuto, avrebbero sostenuto con tutto il cuore il nostro che è anche il loro presepe vivente di Noha.
Ringrazio anche chi ci ha dato delle idee per l’allestimento, ed anche chi ci ha fatto delle critiche (che guai se non ci fossero).
Ringrazio chi ci ha concesso il patrocinio: la regione Puglia, la provincia di Lecce ed il comune di Galatina.
Ma dovrei ringraziare anche chi ha trascorso le notti qui in masseria per fare la guardia, chi ci ha preparato qualcosa da mangiare durante i lavori, chi ha prestato i suoi automezzi per il trasporto delle cose, delle strutture, dei bagni chimici, delle luci, degli altoparlanti, del fieno, del legno, dei tavoli; dovrei ringraziare chi ci ha prestato le attrezzature, chi la filodiffusione, e chi ha messo a disposizione quello che aveva di più caro: gli utensili antichi che hanno trasformato questa masseria in un vero e proprio museo degli antichi mestieri e dell’arte contadina.
Dovrei ringraziare anche coloro che hanno messo a disposizione i loro animali da cortile che contraddistinguono il nostro presepe rendendolo particolare, e forse più originale rispetto a tutti gli altri.
E per essere giusto dovrei ringraziare uno per uno anche i cavalli, gli asinelli, i maialini, le oche, le pecore e gli agnellini, i vitelli, i conigli, e via di seguito, che hanno recitato la loro parte nel migliore dei modi. E ovviamente uno per uno le migliaia di visitatori provenienti da ogni parte della provincia di Lecce, d’Italia ed anche dall’estero.
Ma devo ringraziare anche questa stupenda Masseria Colabaldi, le sue mura rugose, il suo cortile, il suo portale, l’atrio, le stalle, il forno, le cucine, le stanze nobili, le terrazze. Abbiamo fatto rivivere questo bene culturale molto caro ai nohani, un monumento che sta in piedi da secoli, sfidando i colpi secchi del tempo.
Grazie a tutti. E grazie anche a tutti quelli che ho dimenticato di citare.
Concludo dicendo che questa esperienza mi ha fatto capire tante cose.
Intanto che la felicità si trova nelle piccole cose, nell’armonia con le persone, con la natura, con noi stessi, nell’ascolto dei nostri figli. Dovrebbero essere i desideri dei nostri figli a dare ordini al futuro.
Io penso che le persone felici non siano quelle che vivono la propria vita nel lusso più sfrenato, ma quelle che vivono pienamente in un piccolo mondo (come per esempio quello di Noha) fatto di strette relazioni basate sulla famiglia e sull’amicizia. Questo presepe mi ha insegnato che siamo sulla buona strada per eliminare le barriere tra di noi, per eliminare dal vocabolario le parole “estraneo”, “egoismo”, “interesse di parte”, “avidità”.
Con questa esperienza abbiamo creato relazione, dialogo, solidarietà, condivisione, comunicazione, rapporto con gli altri, stima reciproca. Mettendo in comune la passione per le cose belle, genuine, senza secondi fini, facendo sparire l’io per concentrarci sul noi, abbiamo ottenuto quella che si chiama “qualità della vita”.
Abbiamo cercato e raggiunto un terreno comune, un cemento sociale, una sfida comunitaria, una forza comune.
Se ci rendiamo conto di questa forza, noi possiamo fare miracoli, e non soltanto a Natale, e possiamo davvero raggiungere qualsiasi obiettivo.
Noi nohani possiamo, anzi dobbiamo dire che non siamo secondi a nessuno.
Con le piccole cose, con la solidarietà senza steccati, con lo scambio gratuito del tempo e dei beni, con la pura gioia di contribuire al bene comune, con l’idea che il beneficio per uno non sia un danno per l’altro, noi riusciremo a far fronte tranquillamente alla crisi che sembra non lasciarci speranza.
Solo in questo modo, restando uniti, aiutandoci e incontrandoci come abbiamo fatto qui alla Masseria Colabaldi per il nostro presepe, costruiremo una corazza forte contro tutte le crisi, e soprattutto daremo un futuro migliore e più umano ai nostri figli. Saremo una comunità migliore.
Qui ho capito, grazie a voi, che il benessere degli altri è il mio benessere.
Grazie a tutti, e buona serata.
Giuseppe Cisotta
gen072013
Sull'arcata del portone principale dell’attuale masseria Colabaldi si legge la data 1595 che indica l'anno di costruzione dell'ultima parte del fabbricato. In alto, scolpito su pietra, c'è lo stemma della famiglia Baldi (o Bardi) Nicola.
Vediamo di capire meglio chi erano i Baldi o Bardi.
I Bardi furono una famiglia fiorentina di banchieri e mercanti che creò una ricchissima compagnia commerciale nel Basso Medioevo. Li troviamo a Firenze fin dal secolo XI e si dedicarono all'attività mercantile e in seguito bancaria.
Al massimo del loro splendore la loro compagnia era una delle più ricche d'Europa. Aveva numerose filiali in Italia (Ancona, Aquila, Bari, Barletta, Castello di Castro, Genova, Napoli, Orvieto, Palermo, Pisa, Venezia) e in tutto il continente (Avignone, Barcellona, Bruges, Cipro, Costantinopoli, Gerusalemme, Maiorca, Marsiglia, Nizza, Parigi, Rodi, Siviglia, Tunisi). Con i Peruzzi e gli Acciaiuoli essi ebbero di fatto il monopolio delle finanze pontificie.
Per dare un esempio dell'efficienza della loro "holding", nel 1336 essi ricevettero dalla loro filiale di Avignone l'incarico da parte di Papa Benedetto XII di inviare agli armeni, assaliti dalle popolazioni turche, il corrispettivo di diecimila fiorini d'oro in grano. Detto fatto: il 10 aprile arrivò l'ordine, poche settimane dopo gli agenti italiani dei Bardi comprarono il grano sulle piazze di Napoli e Bari tramite le loro filiali, e prima della fine del mese navi cariche delle vettovaglie erano già salpate verso il Mar Nero.
Per capire le ragioni del repentino crollo è necessaria un'analisi della struttura della compagnia commerciale. Ciascuna filiale, sulla carta, era considerabile come un'agenzia indipendente che aveva il diritto di stipulare affari, di fissare i prezzi e di auto regolamentarsi. Tutte queste agenzie erano però legate tra loro da un accordo di solidarietà che faceva sì che non fossero troppo esposte ai capricci dei singoli mercati e che potessero lavorare in modo coordinato. Un tale modello organizzativo offriva una notevole flessibilità alla struttura che si vedeva tutelata in tutte le sue parti dalla solidarietà interna. Era perciò possibile decidere i punti vendita delle merci a seconda dei vari valori di mercato locali, massimizzando così i profitti. Fu questa la forza della compagnia, ma anche la sua debolezza.
Nel caso in cui una filiale fosse fallita trovandosi con un profondo rosso, le altre sedi avrebbero dovuto aiutarla a ripianare i bilanci. Ciò poteva portare ad un pericoloso effetto domino avente come il risultato la bancarotta di tutte le filiali della compagnia. Fu ciò che avvenne nel 1343.
Dopo il crollo le sorti familiari non tornarono più allo splendore del passato, ma i Bardi mantennero comunque un certo spessore di rilievo nella vita fiorentina.
Lo stemma dei Bardi consiste in alcune losanghe rosse (da cinque a sette) messe in banda (cioè in diagonale) in campo d'oro. Nell'angolo destro in alto i Bardi di Vernio avevano un castello d'argento con una sola torre.
Altri rami avevano in questo cantone un leocorno, un leone, un drago, una ghirlanda, una corona, o lo scudo del popolo fiorentino (croce rossa in campo d'argento) o tre leoni d'oro, simbolo della monarchia inglese.
Lo stemma che a Noha troviamo scolpito sul portale della masseria Colabaldi sicuramente è di Nicola Baldi, che apparteneva ad un ramo dei Baldi che abbiamo descritto.
E’ bene tener presente che lo stemma è scolpito su pietra leccese, quindi senza colori particolari, per di più esiste dove ora si trova almeno fin dal 1595, perciò consunto dal tempo: il che rende più difficile l’interpretazione.
In alto pare di capire che ci sia la testa di qualcuno con sopra non la corona ma l’elmo, che indica un gentiluomo come barone per esempio. Al di sotto nel mezzo sono scolpite due lettere ben visibili e cioè la N e la B, iniziali del nome del nostro Nicola Baldi, poi abbreviato o contratto in Colabaldi o Colabardi. Nel mezzo tra le due lettere è visibile un cimiero da cui spuntano tre rametti di felce, che fin dall’antichità è simbolo di potenza e virilità.
In basso vi è la testa di un leone, simbolo di dominio e nobiltà eroica, forza e coraggio.
Lo stemma è decorato con due fiocchi che spuntano ai lati forse da una divisa militare, mentre due braccia, una per parte, sostengono due attrezzi di mestieri che sembrano due martelli. Due rametti di alloro ornano la parte superiore dello stemma.
Inoltre sappiamo anche che nel cuore dell'antico borgo di Galatina sorge l'Hotel Residence Palazzo Baldi, uno splendido edificio storico eretto nel XVI secolo da Cosimo e Nicola Baldi, attivi finanzieri umbro-toscani, i quali si ritagliarono un angolo di riservato fascino nell'ambito della cittadina di Galatina.
Io penso che uno di questi fratelli e cioè Nicola Baldi alla fine del 1500 comprò dalla Chiesa di Noha, alla quale apparteneva il Convento Basiliano e la chiesetta di S.Teodoro, quello che ne restava dopo il saccheggio dell'invasione dei Turchi del 1481. Il 7 Ottobre 1481 infatti i Turchi avevano devastato Galatina e Soleto, provocando il fuggi fuggi da tutta la zona. Anche Sogliano, Aradeo, Noha, Cutrofiano furono abbandonate precipitosamente. Il nostro Nicola Baldi comprò dunque quello che restava con i terreni annessi e fece costruire l’attuale masseria, inglobandovi le antiche strutture del convento e della chiesetta basiliana e così l’uno e l’altra diventarono purtroppo della stalle.
P. Francesco D'Acquarica
dic042015
I trafiletti da inviare a “quiSalento” devono essere concettosi, stringati, lapidari; contenere alcune informazioni essenziali, incuriosire il lettore, indurlo a visitare i luoghi e partecipare alle manifestazioni. Ormai lo so bene per averne scritti e spediti a decine, se non a centinaia, nel corso dei quasi quindici anni di vita di questa bella rivista: brani, articoli, reportage, servizi sul conto di Noha e dintorni, a proposito di eventi, beni culturali, libri, feste patronali, concerti, sfilate, presepi viventi e fiere dei cavalli.
Quest’anno, nel vergare il passo sul prossimo venturo presepe vivente nohano, non son mica riuscito a fermarmi alle solite dieci quindici righe d’ordinanza, tanto che ho dovuto inviare a Marcello Tarricone e alla Cinzia (che è dolcissima e non so come faccia a sopportarmi) una mail che non finiva più. Sì, mi son fatto prendere la mano, sicché temo che i miei amici della redazione dovranno lavorare non poco di lima e forbici per far quadrare i conti dell’impaginazione.
Ma credo di esserne scusato.
Infatti, come fai a non dire che il presepe vivente di questa edizione avverrà in un luogo incredibile nel cuore della cittadina di Noha, un palcoscenico unico al mondo, un piccolo mondo antico che nessuno pensava di poter rivedere, anzi rivivere, chiuso com’è stato fino a ieri da un alto muro di cinta per abbondanti quattro o più decenni?
Come fai a non raccontare dei ragazzi-eroi di questo presepe che sono riusciti finalmente ad espugnare la fortezza, il castello, la torre medievale e il suo ponte levatoio, risvegliando i fantasmi del passato aggrappati alle volte dei secoli?
Non è la prima volta che questi prodi guerrieri rianimano i beni culturali del mio paese, là dove il vento sinistro degli insipienti e degli ottusi ha sempre lavorato per occultarli, denigrarli, seppellirli, anestetizzando le coscienze e la loro voglia di esistenza in vita. E così fu per la Masseria Colabaldi, per le Casiceddhre, per la Casa Rossa finalmente tornate al centro dell’attenzione. E’ inutile dire che la prossima e più ardimentosa sfida sarà il frantoio ipogeo: e nessuno pensi di metterci una pietra sopra.
Ma ritornando al punto. Come si fa a non scrivere che quest'anno il presepe vivo e itinerante di Noha ha fatto cadere i muri di Berlino del mio paese, spalancato porte sante, realizzato un miracolo di Natale, dando ossigeno al parco del Castello, soffocato da rovi e da amnesie umane, considerato come un vuoto a perdere, un cimitero di rovine e ruderi, un reticolo di crepe e rughe fino a ieri?
Finalmente dopo troppo oblio, ripulita da sterpaglie e dai mille segni del suo metodico abbandono, ritorna a svettare orgogliosa più che mai la Torre medievale di Noha (XIV secolo), accompagnata dal suo inseparabile Ponte Levatoio. Torre e Ponte diventano i nostri Romeo e Giulietta, Tristano e Isotta, Paolo e Francesca, con l’augurio che stavolta non si tratti di una tragedia, ma di una Storia di Noha a lieto fine. Basterebbe questo archeo-gruppo scultoreo di beni culturali antichi di rara bellezza per giustificare la visita al presepe vivente 2015.
Il resto dei “fori imperiali” salentini ubicati nel parco del maniero nohano è tutto un susseguirsi di scorci spettacolari (e autentici), come per esempio le cantine con le enormi botti di rovere dove s'invecchiava il Brandy Galluccio, prodotto a Noha e imbottigliato a Martina Franca, fusti manutenuti da esperti maestri bottai gallipolini; la monumentale piscina ovale in stile Liberty, perfetta e aggraziata, ubicata al centro di quest’oasi di verde; la “castelluccia”, vale a dire la torre dell'acquedotto con un bellissimo impianto elettrico dei primi del ‘900, con marmi e pezzi in ceramica utilizzati a mo’ di isolante, e un sistema idraulico di pompe e canali irrigui collegati al pozzo ricco di acqua dolce. Tutto diventa materia da ammirare e studiare, oggetto di osservazione e dibattito, come avviene in un’escursione o in un viaggio didattico.
Al presepe di Noha non mancheranno poi i destrieri (come potrebbero nella “Città dei cavalli”?), ma anche un'infinità di altri animali da masseria, onde il presepe di Noha è rinomato nel Salento per il suo peculiare, nostrano ma anche esotico zoo.
In questa novella agorà, poi, si potranno degustare le pucce con le olive (che verranno prodotte in diretta nei forni allestiti all'interno del presepe) ed altre specialità culinarie nohane: dalla pasta fatta in casa alle pittule calde calde, dai panini farciti ai dolci natalizi prodotti dalle nohane, e ci si potrà scaldare con un bicchiere di vin brulé, rifocillarsi con i formaggi, i latticini, le olive sotto-sale, i pomodori secchi, i peperoncini piccanti, gli schiattuni de cicora, le noci locali e le altre leccornie da campo e da fattoria rigorosamente Noha-Dop, offerte nelle osterie del presepe.
Ultima chiosa. A Noha non esistono i mestieri “di una volta”, ma “di questa volta”: occupazioni, attività, professioni che fortunatamente continuano ad essere esercitati da un gran numero di artigiani-artisti locali, che vanno dallo scalpellino della pietra leccese al falegname, dal produttore di piatti e pignatte di terracotta alla ricamatrice al tombolo, dal maniscalco al calzolaio, dal contadino al pastore, dal casaro al sellaio, dalla ricamatrice al seggiolaio...
Nel presepe vivente di Noha non esistono comparse, ma solo protagonisti: i quali, per indole e formazione, non recitano mai una parte imparata a memoria, ma semplicemente vissuta tutti i giorni dell'anno. Inclusi, a questo punto, anche quelli delle feste comandate.
Antonio Mellone
dic142017
E’ partito da tempo il casting degli attori protagonisti di quel grande spettacolo teatrale che sarà (come sempre) il presepe vivente di Noha.
Disponiamo già della sceneggiatura (fu scritta dagli evangelisti un paio di millenni fa); abbiamo la scenografia (il giardino segreto del Castello di Noha, uno degli angoli più magici e autentici del Salento); ci mancano giusto un po’ di personaggi in carne e ossa per completare il cast artistico della rappresentazione dell’Incarnazione (a proposito di carne e ossa).
L’Associazione culturale “Masseria Colabaldi” invita dunque tutti gli uomini e le donne di buona volontà, nohani ma anche global, a partecipare alla selezione dei figuranti della sacra rappresentazione che, come vuole ormai la tradizione, farà accorrere migliaia di visitatori da ogni dove.
I provini sono aperti alle persone di ogni età: dai neonati, maschietti o femminucce (a Noha s’è superato da tempo il sessismo – o almeno ce lo auguriamo) che ricopriranno, magari a turno, il ruolo di Gesù Bambino, ai bambini e alle bambine, che nelle vesti dei pastorelli potranno come al solito scaldarsi portando in braccio i candidi agnellini; dai ragazzi/ragazze, odalische incluse, per la coorte di Erode, ai giovanotti di ogni colore, che indosseranno le vesti di Giuseppe e della Ragazza Madre, o le armature dei soldati romani; agli adulti e/o agli anziani canuti, che così bene s’inquadrano tra i personaggi dediti alle arti, ai mestieri e ai passatempi del tempo che fu.
Insomma ce n’è per tutti. E nessuno verrà eliminato dalla “selezione” che a Noha ha dunque un’accezione tendenzialmente inclusiva più che esclusiva.
Al termine dell’ottava edizione del presepe vivente di Noha 2017, il personaggio più caratteristico (scelto con votazione democratica da parte dei visitatori di Noha.it che voteranno con un semplice click) riceverà in premio l’Oscar per la migliore interpretazione.
A Noha abbiamo bisogno di chi ha ancora voglia di mettersi in gioco. E non più delle belle statuine.
Antonio Mellone
gen272011
Parte il concorso fotografico di beneficenza “Vecchi e Antichi mestieri”, organizzato dall’associazione A.E.C. in collaborazione con l’associazione “Cuore e mani aperte Onlus” di Don Gianni Mattia per l'acquisto di una Bimbulanza.
“Il primo appuntamento per promuovere la nostra iniziativa – dice l'avv. Valentina Castorina, presidente A.E.C. Provincia di Lecce e vice presidente Puglia – sarà il 29 gennaio p.v., dalle ore 9.30 con continuazione fino alle 20.30, presso il Centro Commerciale Ipercoop Lecce Mongolfiera Surbo.
In tale occasione saranno presenti anche i volontari clown dell’associazione “Cuore e mani aperte Onlus” che, oltre ad animare e rallegrare la giornata, daranno maggiori informazioni sul progetto di acquisto di una Bimbulanza, una vera e propria ambulanza attrezzata per rendere meno traumatico il viaggio dei bambini bisognosi di cure verso strutture mediche e/o ospedaliere l'ospedale.
Il concorso fotografico, aperto a tutti i fotografi dilettanti, amatori e professionisti, consentirà di raccogliere fondi destinati all'acquisto della “Bimbulanza”.
Le fotografie costituiranno un vero e proprio viaggio fra quelli che un tempo erano gli antichi mestieri praticati nel nostro territorio, così ricco di spunti interessanti, di tradizioni e di magiche atmosfere
Nelle prossime settimane – continua l'avv. Castorina – seguiranno ulteriori incontri grazie, anche, al supporto e sostegno di numerose associazioni e gruppi che, con entusiasmo, stanno partecipando alla raccolta fondi”.
Potrete trovare tutte le informazioni dettagliate ed il regolamento del concorso sul sito www.tutelare.it.
dic082013
Proseguono i preparativi per la realizzazione del “Presepe Vivente” che si svolgerà all’interno della Masseria Colabaldi di Noha nei giorni 25 -26 -29 dicembre 2013 e 1 - 5 - 6 gennaio 2014. Un Presepe che quest’anno si presenterà ancora più ricco di personaggi e mestieri rispetto alla passata edizione.
apr172013
Fontamara, oltre ad essere un piccolo centro situato sulla mezzacosta della montagna abruzzese, è anche il titolo di un libro che ho avuto in prestito dalla biblioteca di Rivoli e che ho letto in men che non si dica (Ignazio Silone, Fontamara, Mondadori, Milano, 1984).
Mi ha attratto molto la descrizione degli usi e costumi dei protagonisti; dai mestieri al modo di affrontare le incombenze. E’ descritta la tipica comunità di piccole dimensioni come lo può essere stata, o è ancora oggi, Noha, con le sue tradizioni e regole affidate, o trattenute, dalle solite figure di rappresentanza: il podestà, l’avvocato, il medico, il parroco e qualche nobildonna.
Gli abitanti di Fontamara sono contadini, cafoni, come vengono chiamati i braccianti della terra in quegli anni. Pochi sono quelli che sanno leggere, ma in molti prolifera lo sforzo di farsi giustizia contro tutti i soprusi che il sistema genera, sopratutto contro i deboli.
In paese c’è un personaggio molto importante che è il protagonista principale della storia: Berardo Viola. Il giovane vive con la madre in una casa che di fatto è una caverna con un solo muro e relativa porta.
Il nonno di Berardo era un brigante e morì impiccato dai piemontesi. La madre piange sempre la condizione del figlio che, secondo lei, avendo il dna del nonno è destinato a crepare di morte violenta. Berardo è alto di statura, ha un fisico da lottatore e ama combattere contro le ingiustizie. I ragazzi del paese gli stanno sempre intorno ad ascoltare i suoi discorsi di accuse contro gli inganni dei ricchi borghesi e delle istituzioni. E’ innamorato della più bella ragazza del paese, Elvira. Però non le dichiara il suo amore per orgoglio, perché non ha nulla da portarle in dote, se non il suo destino brutale. In uno dei suoi discorsi di propaganda così dice: “In capo a tutti c'è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe di Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch'è finito”.
I fontamaresi sembrano rassegnati, però sopravvive in loro un barlume dello spirito di libertà e di giustizia, che dovrebbe incitarli alla lotta contro le ingiustizie. Così dice anche Scarpone, un amico di Berardo: “U Rre è uno e se futte na muntagna e sord, i politici sò chiù de 500 e pure se futtane nu sacc e sord, quindi nun è meju che mantenimme sulamente a uno?”
Un giorno giunge in paese un emissario del governo, Innocenzo detto “La legge”. Si reca direttamente nella cantina di Marietta dove sono riuniti un buon numero di cafoni e porta loro un comunicato governativo che detta così: “In questo locale è proibito parlare di politica”.
Dopo aver ascoltato la lettura del comunicato,i fontamaresi protestano poiché loro amano “ragionare”: delle tasse, dei prezzi, delle paghe, di un po’ di tutto. Ma Innocenzo dice loro che i ragionamenti non servono a niente e che, aggiunge con aria sarcastica, non sono nemmeno buoni da mangiare.
A questo punto Berardo, non d’accordo, chiede all’emissario del governo di scrivere di suo pugno sul retro del cartello quanto segue: “Secondo l’autorità costituita, in questo locale sono proibiti tutti i ragionamenti”.
Fatto ciò chiarisce il concetto secondo il quale i cafoni non avrebbero bisogno di quel cartello perché sono educati a essere “arraggiunati” all’obbedienza al padrone, a lavorare senza lamentarsi, a fare la guerra, oppure che dopo la morte, se dovessero disubbidire, li aspetta l’inferno. Aggiunge nel suo monologo che se tutti i cafoni invece di essere asini ragionevoli e obbedienti diventassero all’improvviso solo asini, il padrone senza il loro lavoro, forse, sarebbe costretto a chiedere l’elemosina. Infine conclude: “Caro Innocenzo, tu sei venuto qua a dirci che non dobbiamo ragionare, adesso è quasi notte e tu prendi la strada del ritorno per Avezzano, e le vie sono senza luce. Cosa ci può impedire a noi poveri cafoni irragionevoli di accopparti? Ce lo può impedire proprio il ragionamento. Ma intanto tu hai scritto che in questo locale sono vietati i ragionamenti”.
Davanti alla evidente ragione di Berardo, a Innocenzo non resta che tacere. Con il passare del tempo, Berardo cambia idea riguardo al matrimonio e decide di sposare Elvira. Quindi, si mette a cercare un lavoro più redditizio per acquistare un terreno da portarle in dote.
Insieme ad un amico si reca a Roma, dove sono in corso le opere di bonifica. Dopo alcuni giorni trascorsi a girovagare tra un ufficio e l’altro senza riuscire a concludere nulla, vengono arrestati e condotti in prigione perché trovati in possesso di alcuni volantini inneggianti contro il regime. In prigione vengono torturati e picchiati duramente. Infine, preso dalla disperazione e smosso dalla sua coscienza di difensore della giustizia, Berardo decide di diventare un eroe autodenunciandosi. Confessa quindi di essere lui il sovversivo che ricercano da tempo. Però, il mattino seguente, dopo l’ultimo interrogatorio, lo trovano impiccato alla grata della finestra della prigione. I suoi carcerieri offrono la libertà al suo amico in cambio di una falsa testimonianza rivolta ai giudici in cui deve solo dire che la morte di Berardo è un suicidio nato in conseguenza a dei dispiaceri amorosi. La notizia della morte di Berardo giunge presto al paese dove tuttidecidono di denunciare la storia scrivendo a mano un giornale in memoria del gesto eroico di Berardo. Dopo lunghe discussioni viene scelto anche il titolo per il giornale: “Che fare?”.
Giovà, suo figlio e l’amico Scarpone, si recano nei paesi della zona per distribuire le 500 copie del giornale su cui si denuncia l’atto criminoso e l’incitazione alla rivolta. Al ritorno però, mentre si avvicinano a Fontamara, sentono degli spari provenienti dal paese. Tanti spari.
I tre furono gli unici a salvarsi. Infatti uno squadrone di fascisti, per soffocare lo spirito di ribellione dei fontamaresi, ammazzarono quasi tutti: vecchi, donne e bambini.
Tutto questo solo per aver preteso di ragionare e per aver voluto scrivere un giornale, arma evidentemente temuta da chi non vuole che la gente comune prenda coscienza della propria decenza e dei propri diritti.
Leggendo queste storie di prepotenze, di gente semplice che si ritrova a dover lottare contro i soprusi di pochi o contro false verità, è difficile evitare i raffronti con l’attualità, compresa quella a corto raggio. La storia è vero, è acqua passata, anzi qualcuno sostiene che passa anche inutilmente, visto il ciclico riproporsi di certe questioni. Ma la libertà di stampa e di ragionamento corrono sempre il pericolo di essere censurati da chi, proponendosi come parte attiva per il bene comune, cura esclusivamente il proprio tornaconto, economico o morale che sia.
Grazie al disinteresse, generato a volte da paure recondite, la nostra è diventata l’era dei vizi: degli sprechi, dell’inquinamento, della mancanza di rispetto per la natura, dell’abbandono dei centri storici a favore degli agglomerati urbani di volumetrie che nulla hanno a che fare con il Creato, del cemento ovunque e senza ragione, della spocchia di chi si crede il potente di turno (che si ritiene tale per colpa di chi, invece, è in grado soltanto di genuflettersi).
Anche noi abbiamo bisogno degli strumenti di dialogo liberi (come L’Osservatore Nohano ed il sito Noha.it, oltre alla pagina face-book nohaweb). Usiamoli, ragioniamoci su, spendiamo la nostra firma (o la nostra faccia, è uguale), diamo il nostro contributo al buon senso, e lasciamo perdere lo snob di turno che finge che non esistano, e continua a trasmettere “pensieri” abborracciati attraverso la mormorazione ed il pettegolezzo, ovvero chi, preso da altro, fa finta di scordarsi della sua piccola patria.
dic162013
La magia del Natale riporta alla luce la Noha di un tempo. La piccola frazione di Galatina, famosa per essere la città salentina dei cavalli ma anche per le sue chicche architettoniche come le "casiceddhre" o la Casa Rossa, a Natale svela un altro prezioso tesoro: la masseria Colabaldi, antico edificio costruito in almeno tre epoche diverse, e oggi lasciato quasi in balia dell'abbandono e della smemoratezza.
A restituirgli un po' di vita ci pensano i volontari che ogni anno organizzano il presepe vivente aprendo ai visitatori di ogni dove il grande portale di legno e ferro battuto alla cui sommità è incisa la data del 1595. Varcata la soglia i grandi "cozzi", tipici massi nohani, delimitano il percorso mentre i soldati romani dal mantello color porpora e la lorica in cuoio offrono un corroborante bicchiere di vin brulè.
L'architettura della masseria presenta un grande salone, un giardino monumentale, ed una grande torre alta più di undici metri, sui pareti della quale s'affacciano le celle ed i giacigli usati un tempo dai monaci basiliani.
Ed è proprio all'interno dell'"ara", del cortile, e degli altri locali che prendono vita gli antichi mestieri interpretati dai nohani, in tante diverse scene che, in realtà, rappresentano le loro vere professioni. Così il fornaio offre soffici e calde pagnotte come fa ogni giorno, la pastaia "scana" l'impasto per i maccheroncini e le orecchiette, il ciabattino ripara le scarpe rotte, "lu stumpacranu" pesta il grano nel mortaio per venderlo alle donne del paese e l'oste offre il vino e le "pittule" a tutti i visitatori.
Alla natività è invece riservata la parte più antica ed affascinante della masseria, la chiesa che i monaci basiliani avevano dedicato a "santu Totaru", ovvero san Teodoro.
Fonte quiSalento 15-31 dicembre 2013
gen092015
Ecco a voi il tema sul presepe vivente di Noha svolto dal piccolo Alessio Toraldo della terza classe della scuola elementare di Lequile.
gen112011
AEC delegazione Italia Associazione ha interesse ad organizzare, per l’anno 2011, il concorso Fotografico di Beneficenza: “Vecchi e Antichi mestieri”: Viaggio fra quelli che un tempo erano gli antichi mestieri praticati nel nostro territorio, così ricco di spunti interessanti, di tradizioni e di magiche atmosfere.
Il Concorso Fotografico di Beneficenza è aperto a tutti i fotografi, dilettanti, amatori o professionisti.
Ogni autore dovrà depositare, a partire dal 15 Gennaio 2011 e fino al 28 Febbraio 2011, insieme alla propria opera e alla scheda di iscrizione, la somma di euro 5,00= (cinque,00) che l’Associazione devolverà poi in beneficenza a:
Cuore e Mani Aperte verso chi soffre - Onlus
Iscritta al n. 771/07 del reg. reg. Puglia
Sede Leg.: Casa di Accoglienza "S. Caterina Labouré"
Presidio Osp.: "V. Fazzi" - V.le Moscati, 1 - LECCE
Le somme raccolte con l’iscrizione dei partecipanti e di quanti vorranno sostenere il progetto, con adesione all’iniziativa, consentirà di finanziare l’acquisto di una “Bimbulanza”.
Tale progetto, sostenuto dall’Associazione Cuore e mani aperte, nella persona di Don Gianni Mattia, ha come obiettivo quello di sdrammatizzare e di rendere meno traumatico il potenziale viaggio in ambulanza di un bambino attraverso l’acquisto di una ambulanza idonea e attrezzata al trasporto dei bambini.
Le opere ammesse al concorso saranno oggetto di una mostra fotografica che sarà allestita dal 19 Marzo 2011 al 27 Marzo 2011 presso il Centro Commerciale Ipercoop Lecce Mongolfiera di Surbo (Lecce).
Conseguentemente, alla data del 02 Aprile 2011, presso la sala Celestino Contaldo – Palazzo della Cultura “Zeffirino Rizzelli in Galatina (LE), a tutti i partecipanti i cui lavori saranno stati ritenuti idonei al tema in oggetto del medesimo Concorso Fotografico in Beneficenza, nonché precedentemente esposti nella summenzionata mostra permanente, verrà rilasciato pubblicamente un attestato di partecipazione.
Le tre opere ritenute di maggiore pregio saranno comunque premiate.
In tale circostanza, con la presenza delle Autorità locali, verranno pubblicamente consegnati all’Associazione Fondo di Solidarietà Permanente Cuore e Mani Aperte verso chi soffre – Onlus, tutti i fondi raccolti con l’iscrizione al Concorso Fotografico in Beneficenza per il progetto BIMBULANZA.
Il regolamento del concorso, con la scheda di partecipazione è scaricabile sul sito www.tutelare.it
Il Vice Presidente A.E.C. per la Regione Puglia
E Presidente A.E.C per la Provincia di Lecce
set162013
nov282018
Bellissimi questi ricordi, mentre P. Francesco ricorda e si emoziona nel rivedere quei posti dove è stato bambino, ci regala dettagli storici del nostro territorio che altrimenti non avremmo potuto conoscere. Ci permette anche di notare, ahimè, la condizione di abbandono di quella campagna e di solennità perse riguardanti i viali e il caseggiato.
Un aspetto, questo dell’abbandono, riscontrabile un po’ ovunque nelle nostre campagne:
canali colmi di rifiuti, vore ingolfate da discariche d’ogni genere (come la Marsellona del sito in questione), recinzioni senza “scarichi” che di fatto sono barriere, e ruderi. Questo è spesso lo scenario che accomuna le nostre campagne.
Non basta dire che la colpa è di questo Ente o di quel Comune, forse servirebbe di più un esame di coscienza collettivo.
Marcello D’Acquarica
Quanti ricordi, quante emozioni vissute nella campagna di Noha il 23 novembre scorso. Mi si è data l’occasione di rivisitare quella che era stata la proprietà dei Signori Gizzi. L’estensione dei loro terreni tanti anni fa era enorme, oggi è suddivisa in 10 proprietari diversi.
Quando ero piccolo, vi sto parlando di un po’ di anni fa, (dal 1935 al 1945), durante l’estate mia madre mi portava a trovare il nonno (suo papà) che coltivava la campagna nella contrada “Monta-nara”, rretu lu muredhra, a lli Chiriatti, che confinava con li Gizzi. Lì conobbi Don Nicola, che poi divenne mio padrino di Cresima. Giusto perché chi legge si possa rendere conto di quale periodo sto parlando: io ho ricevuto il sacramento della Cresima il 27 giugno 1945.
I Gizzi erano una delle tante famiglie immigrate a Galatina, (come i Liguori, gli Astarita, i Pennino, e via dicendo). Abitavano a Galatina in Via Siciliani al numero 73, ma l’estate venivano qui, nella campagna di Noha, per godersi la frescura.
Il padre, Vincenzo (il M° Gizzi), nato a Castel di Sangro, in provincia dell’Aquila, il 10 febbraio 1854, fece di Galatina la sua città, dove morì all’età di 86 anni. Era direttore di banda (da qui il soprannome di “capibanda” dato a tutti i componenti della sua famiglia), e aveva una forte influenza sui figli: una ragazza, casalinga, Marianna Grazia, detta donna Nina e tre maschi: don Eugenio, professore di musica, don Raffaele tipografo e don Nicola, coltivatore diretto.
Don Eugenio fu professore di matematica nella scuola ‘media’ privata galatinese, ubicata presso l’Orfanotrofio femminile, che evidentemente funzionava anche da pensione, visto che teneva lezione soltanto per le studentesse esterne, pendolari o fisse. E tuttavia egli considerò l’insegnamento della matematica il modo più onesto e leale di guadagnare per vivere, mentre i suoi interessi intellettuali più profondi lo portarono a coltivare la musica, e meglio ancora la nobile arte della composizione, alla quale dedicò tutta la sua vita personale e privata.
Don Raffaele, impiantò una tipografia, dislocandola in via Siciliani, esattamente a fianco dell’abitazione della famiglia.
L’altro, don Nicola, divenne meccanico, tra i primi attivi a Galatina, fra l’altro proprietario di una moto (una “Guzzi”), di quelle che raramente circolavano nel territorio provinciale. Era a suo modo uno spirito creativo, studioso delle meccaniche motoristiche, tanto da venire poi chiamato ad insegnarle nella locale Scuola d’Arti e mestieri. Aveva aperto un’attrezzatissima officina in via Turati, e anche lì riceveva i propri allievi, impartendo loro “lezioni pratiche” che completavano il ciclo di quelle teoriche tenute nelle aule scolastiche. I galatinesi lo rispettavano e per loro era “don Nicola”, il professore che di pomeriggio era in tuta, con le mani nere di olii e di grassi, e non di rado, la sera, teneva corsi complementari sui motori a scoppio per due e per quattro ruote.
Nessuno dei fratelli Gizzi si sposò: perciò questo cognome non è più presente a Galatina e la loro proprietà fu lasciata in eredità alla Chiesa Madre.
Nello scrigno dei miei ricordi ricordo bene donna Nina e i tre maschi: don Eugenio, don Raffaele e don Nicola. Il padre don Vincenzo, non l’ho mai conosciuto. Mi avevano insegnato a chiamarli con il ‘don’ perché gente ricca e benestante. Quando si spostavano da Galatina alla campagna, dovevano passare per forza da Noha, davanti a casa mia in Via Aradeo e ricordo ‘lu durote’ con il cavallo guidato da don Raffaele. Ho potuto assistere alla morte di don Eugenio, perché da ragazzino ogni tanto andavo a trovarli e mi trovai nei momenti estremi della sua vita. Poi entrai in seminario e non ne seppi più nulla.
Nel periodo in cui i Gizzi erano in campagna, don Nicola, che era molto pio, ogni giorno in bicicletta veniva a Noha prima delle ore 13 per fare la Santa Comunione. In quel tempo non c’era ancora la Messa della sera e per aver diritto alla Santa Comunione bisognava essere digiuni dalla mezzanotte, astenendosi anche dal bere l’acqua. Lui osservava il digiuno eucaristico fino alle ore 13, l’ultima ora possibile per ricevere l’Eucaristia: nel pomeriggio ciò era vietato, e lui ci veniva ogni giorno. Essendo mio padrino di Cresima, a volte si fermava dai miei, chiedendo di vedere la mia pagella scolastica per informarsi sul mio andamento di piccolo allievo alle elementari. Alla mia prima Messa celebrata a Noha (3 aprile 1961) mi regalò il calice per la celebrazione. Conservo anche una registrazione della sua voce che feci con il registratore “Geloso” quando ero già sacerdote.
A distanza di tanti anni ho rivisto quella campagna che avevo frequentato nella mia infanzia. Forse il mese di novembre non è il tempo migliore, perché la pioggia abbondante di quei giorni non mi ha permesso di entrare nei campi allagati. Ma ho avuto l’impressione di una campagna abbandonata. Mi ha impressionato la ‘vora’ ingolfata con il canale di scolo che non è più canale ma palude a ridosso dei terreni allagati. Il grande viale d’entrata con i due filari di rose che dalla strada conduceva all’abitazione non c’è più, ma è rimasto un triste passaggio senza la solennità di 70 anni fa; le maestose colonne con il cancello sono state rimosse e sistemate vicino alla villetta che era abitata dai Gizzi: per fortuna la casa è ancora quella. Gli alberi da frutta non ci sono più. La villetta ora è abitata per poco tempo durante i mesi estivi e gli uccelli ne diventano gli abituali abitanti abusivi.
Ho rivisitato quello che era il soggiorno dell’abitazione dove la famiglia Gizzi consumava il pranzo. Ho rivisto con l’immaginazione la famiglia Gizzi riunita per il pranzo, dove a volte io capitavo e mi offrivano la frutta che per me era come una rarità. Ho rivisto l’angolo dove c’era una specie di poltrona: lì don Nicola si sedeva e, a suo modo, quando andavo a trovarlo, mi coccolava. Anche la volta della sala è ancora affrescata come allora: mi è sembrato come se il tempo si fosse fermato.
Ringrazio Angelo Di Benedetto, detto Lillino Papatore, l’attuale proprietario dell’ex villino Gizzi, che mi ha dato la possibilità di rivivere uno squarcio della mia infanzia. Gli ho regalato il volume “Noha, storia, arte e leggenda” pubblicato nel 2006 insieme ad Antonio Mellone. Insomma, grazie a lui ho rivissuto un altro tassello della storia di Noha mescolato alla storia della mia vita.
P. Francesco D’Acquarica
feb132024
“La persona necessita di continuo orientamento e ri-orientamento rispetto alle scelte formative, alle attività lavorative, alla vita sociale. I talenti e le eccellenze di ogni studente, quali che siano, se no costantemente riconosciute ed esercitate, non si sviluppano, compromettendo in questo modo anche il ruolo del merito personale nel successo formativo e professionale. L’orientamento costituisce perciò una responsabilità per tutti gli ordini e gradi di scuola, per i docenti, per le famiglie e i diversi attori istituzionali e sociali con i quali lo studente interagisce” (Linee guida per l’orientamento, D.M. n. 328/2022).
È con questo presupposto che il nostro Istituto ha organizzato una serie di occasioni formative per gli alunni della scuola secondaria di I grado “G. Pascoli”.
Le attività hanno dapprima coinvolto gli studenti delle classi terze che, grazie al sociologo e pedagogista Paolo De Blasi, hanno riflettuto sul momento importante della scelta, come quella della scuola superiore, che ha un ruolo fondamentale per la costruzione del proprio futuro.
Di particolare interesse la visione del film Cielo d’ottobre diretto da Joe Johnston, basato su una storia vera, che racconta quanto la forza di volontà e la passione possano contribuire a realizzare i propri sogni. Nel film il protagonista, dopo un primo fallimento, grazie all’incoraggiamento della sua insegnate che aveva molta fiducia in lui, è riuscito nell’impresa di lanciare un missile nello spazio.
Dal 7 al 9 febbraio si è, quindi, proseguito con uno stop alle lezioni tradizionali per vivere incontri, confronti, dibattiti e laboratori che hanno coinvolto attivamente gli studenti, facendo emergere le proprie caratteristiche e peculiarità.
Il percorso di orientamento, che ha visto come protagonisti gli operatori del centro per l’impiego di Galatina Arpal Puglia, è partito dalla descrizione dei servizi offerti dal centro stesso, in una modalità differenziata rispetto all’età dei ragazzi.
Le classi terze sono state guidate in un percorso specifico sulla consapevolezza, al fine di arrivare a fare una scelta convinta, nella prospettiva di un obiettivo professionale chiaro per il proprio futuro.
Dopo la presentazione – sottolineano gli esperti del centro per l’impiego - abbiamo fatto lavorare i ragazzi in gruppo, insistendo in modo particolare sulle competenze trasversali, oltre a quelle specialistiche. Gli studenti hanno partecipato a laboratori sul lavoro e le professioni. Partendo da un profilo professionale predefinito, hanno descritto il percorso di studi che bisogna seguire per arrivare ad esercitare quella professione. In un altro laboratorio, gli studenti si sono esercitati sulle differenze tra le professioni che lavorano con i dati, con le persone o con le arti.
Le classi seconde hanno lavorato molto sugli indizi, in base ai quali indovinare la professione. Si è sempre parlato di lavoro ma in un clima più giocoso, che ha saputo coinvolgere gli studenti.
Le classi prime si sono cimentate con il concetto degli interessi e delle competenze, soft e hard skills: ognuno di noi riempie la propria valigia personale, con le competenze sviluppate a scuola ed anche con quelle derivanti dal lavoro di gruppo e dagli interessi extra-scolastici. Ognuno con la propria valigia è arrivato in una stazione diversa, da quella tecnologica a quella contenente i mestieri quasi perduti.
“Un’occasione per praticare una didattica metacognitiva – sottolinea il dirigente scolastico Luisa Cascione – generare idee e consapevolezze, munire i nostri giovani studenti di lenti colorate, con cui guardare, capire, reinventare il mondo”.
Fiorella Mastria
apr012011
Sabato 2 Aprile alle ore 17.30, presso la sala Celestino Contaldo Palazzo della Cultura “Zeffirino Rizzelli” Galatina, alla cerimonia di chiusura del Concorso Fotografico di Beneficenza “Vecchi e Antici mestieri. Viaggio fra quelli che un tempo erano gli antichi mestieri praticati nel nostro territorio, così ricco di spunti interessanti, di tradizioni e di magiche atmosfere”, destinato a finanziare l’acquisto di una Bimbulanza, che renderà meno traumatico il potenziale viaggio in ambulanza di un bambino.
In tale circostanza a tutti i partecipanti verrà rilasciato pubblicamente un attestato di partecipazione e le tre opere ritenute di maggior pregio saranno premiate. Inoltre verranno consegnati all’Associazione Cuore e mani Aperte – Onlus tutti i fondi raccolti sino ad ora attraverso il concorso.
Il pomeriggio sarà allietato dalla presenza dei nostri amici clown e sarà possibile acquistare, a favore del progetto, le uova di cioccolato appositamente realizzate per la Santa Pasqua di quest’anno con il logo della Bimbulanza!
Vice Presidente AEC per la Regione Puglia
Presidente AEC per la Provincia Lecce
ott192020
Inizia con questo primo appuntamento, la pubblicazione a puntate su Noha.it di un’interessante ricerca condotta dall’instancabile P. Francesco D’Acquarica. Il pallino di questo nostro illustre concittadino è ancora una volta la Storia di Noha. In particolare, spulciando l’archivio parrocchiale e consumandosi gli occhi su annosi verbali, P. Francesco è riuscito a rinvenire notizie sulle Confraternite di Noha: dati, date, informazioni, nomi e monumenti così lontani nel tempo ma così incredibilmente vicini a noi.
Noha.it
Consultando gli archivi parrocchiali della chiesa di Noha mi sono imbattuto nella famosa relazione di don Michele Alessandrelli che fu arciprete dal 1842 al 1882 e mi ha colpito scoprire che dal 1600 al 1800 anche a Noha sono state vive non una bensì tre Confraternite.
Sarà poi don Paolo Tundo nel 1924, dunque molto prima di diventare parroco, a dare nuovo impulso alla superstite Confraternita della Madonna delle Grazie, che rischiava seriamente l’estinzione.
Ho voluto approfondire la ricerca, e così nascono questi scritti dove ho raccolto testimonianze credo interessanti sulle Confraternite e sulla religiosità del popolo di Noha, oggetto principale dei miei studi.
Gli inizi delle Confraternite
Confraternita, dal latino confraternitas, sacrumsodalitium, sacra sodalitas, (nel Regno di Napoli, e Noha apparteneva al Regno di Napoli, per dire la stessa cosa si preferiva dire ‘Congrega’), indica una società di persone che si riuniscono per celebrare alcuni riti di religione e di pietà ma anche per svolgere impegni sociali.
Nei vari Statuti delle Confraternite ancora oggi esistenti in tante parrocchie, si preferisce questo tipo di definizione:
La Confraternita è un’associazione pubblica di fedeli che tende, a guisa di corpo organico, all’incremento di una vita più perfetta degli iscritti, alla promozione del culto pubblico della Chiesa, ed alle opere di carità e di apostolato, animando, mediante lo spirito cristiano, l’ordine sociale e temporale secondo le proprie legittime tradizioni.
Questo tipo di associazionismo era già noto nella chiesa primitiva, con lo scopo di favorire l’ascetismo cristiano per una vita più ordinata e più perfetta. Quindi fin dagli inizi del cristianesimo, la tendenza alle associazioni, innata nella coscienza dell’umanità, era spontanea, per cui in tanti si aggregavano nelle più svariate formule comunitarie. Sorsero così le innumerevoli Confraternite che promuovevano in ogni maniera, con la vita religiosa, le arti e i mestieri. In seguito, essendo sorte tante altre associazioni, diminuì il fervore nelle confraternite e poco sembrarono passare in secondo i vantaggi morali e il bene spirituale.
Le varie Confraternite d’Italia ebbero tutte più o meno impronta religiosa, ma chi le attirò nella Chiesa Cattolica e le pose sotto il patrocinio dell’Autorità Ecclesiastica furono il Terzo Ordine Francescano e anche il Terzo Ordine Carmelitano, sia per la vita cristiana intra-familiare e sia per la fondazione di opere di beneficenza e di assistenza civile e sociale.
Nel secolo XIII, con la nascita del francescanesimo, ci fu un movimento terziario di persone di ogni condizione, sesso ed età che si associavano con uno scopo comune, con una regola comune e alla dipendenza di superiori eletti dagli stessi associati. Francesco d’Assisi intuì questo movimento e pensò, fondandolo sulla povertà e dunque contro i soprusi dei potenti, di dirigerlo al bene della Chiesa, portando così una nota di pace nel mondo lacerato dalle fazioni e dalle pretese baronali. Lo stesso Santo dettò la regola con poche e brevi pratiche religiose, che oltretutto sarebbero salutari anche in ambito civile e sociale. L’associazione si diffuse rapidamente ed acquistò tale importanza da costringere i governanti ad occuparsene seriamente per contrastare in qualche modo, o comunque provare a “regolare” le invece giuste e sante aspirazioni dei popoli in contrasto la politica del tempo.
Nacque così il Terz’Ordine francescano, che, diffusosi sempre più, rese non pochi servizi anche all’industria e al commercio e fu seme fecondo di numerose Confraternite.
Scrive uno storico anonimo: “Mercè quest’Ordine, ogni camera poteva divenire una cella, ogni famiglia un convento, ed ambì entrarvi così il principe che sotto il mantello reale portava il cilicio, come i tanti proletari cui nulla costava un voto”.
I vantaggi
I vantaggi del Terz’Ordine per la fusione delle varie classi furono tanto copiosi che un po’ dovunque gli uomini, riunendosi in associazione nei periodi più critici, furono di sostegno alla Chiesa Cattolica, tutelando l’ordine e la giustizia. Trovarono protezione anche tutte le altre Confraternite che, mantenendo sempre vivo il sentimento di equità e di carità fraterna all’ombra della Chiesa Cattolica, si moltiplicarono così tanto nel XV e nel XVI secolo che non si riusciva più a trovare città, paese, borgata senza la sua Confraternita.
Certamente ci furono anche degli abusi. Un esempio, uno tra i tanti, può essere il racconto di una processione di ‘Gesù morto’ di un venerdì santo, dalle ore ventuno alla mezzanotte, che Monsignor Adone Terzariol, Canonico Camerlengo nel 1939 a Roma, testimone oculare dell’evento che ora riporto, così descriveva:
Processione in cui non era fatto divieto ai portatori dei vari gruppi fermarsi per bere generoso vino, riposarsi, bagnare le corde vocali che si inaridivano per il gran gridare, piuttosto che cantare, in cui non era interdetto preparare dei trabocchetti affinché chi portava la croce a spalla, cadesse e si facesse male: in cui si vedevano due giovanotti od uomini tutti vestiti a nero, col capo e volto coperto che camminavano a piedi nudi, trascinando sul selciato una ferrea e lugubre catena; e a loro fianco due carabinieri, allo scopo di impedire che fossero gettati sotto i loro piedi, dei chiodi o pezzi di vetro; processione che in quell’anno anziché durare soltanto tre ore ne durò cinque unicamente per fare un dispetto a me, che avevo pregato i confratelli ad essere solleciti, perchè al mattino alle sei dovevo compiere in Roma la lunga funzione del Sabato Santo.
Le Confraternite più diffuse furono quelle di Gesù Sacramentato, istituite in tutte le chiese parrocchiali e della Vergine SS. ma del Rosario, stabilitasi per lo più negli Oratori e nelle Cappelle dedicate alla Madonna.
Con queste sorsero e si affermarono un po’ dovunque le Confraternite dei protettori locali e di alcuni Santi venerati in tutta la Chiesa.
A Noha, benché non ci fossero sedi di Ordini Religiosi, almeno fino al 1850 c’erano tre Confraternite: quella del Santissimo Sacramento, quella del Santissimo Rosario e quella della Madonna delle Grazie.
Di questo parleremo nelle prossime puntate.
[continua]
P. Francesco D’Acquarica
apr282013
Da quando ho saputo che “gli articoli del vocione di Noha non li legge nessuno”, m’è venuta l’urticaria alle mani, curabile, secondo eminenti dermatologi, soltanto, guarda un po’, attraverso la stesura di altrettanti trafiletti. Ed il refrigerio sembra durare giusto il lasso temporale che intercorre tra una scemenza che mi tocca leggere su qualche sito local ed un crimine contro il buon senso, anzi contro tutti i cinque sensi (come il sì al mega-porco proferito in semiclandestinità); e tra una minchiata ripetuta come un disco rotto dall’n-esimo ineffabile consigliere fraudolento (o da qualche suo ex-compagno ormai fuori corso o fuori gioco in quanto non più eletto) ed una serie di luoghi comuni ascoltati, ribaditi e riaffermati da poveretti disperati (che argomentano con frasi fatte e verbosità stucchevole - della serie “ricadute” e “volano” - e credono ancora agli asini aerei).
Ora - sia chiaro - non è che io mi diverta nel vergare caustici brani indirizzati a destra e soprattutto a manca (“manca”, purtroppo, a volte non è sostantivo ma voce del verbo): è che di fronte a certe scelte scellerate, di più, masochiste (e mi riferisco sempre all’ok da parte della mia giunta comunale alla sottoscrizione della convenzione con la Pantacom srl), e a conseguenti maldestri tentativi di giustificazione realizzati attraverso la pezza a colori dei comunicati-stampa posticci (sport molto affine all’alpinismo sugli specchi) un cittadino degno di questo nome (e qui non c’è alcun riferimento ai pentastellati) non può rimanere muto e soprattutto inerte.
* * *
Che gli esponenti dell’Udc (unione del cemento), del Pdl (partito delle lottizzazioni), in compagnia di quell’altro della PdT (la Puccia prima di Tutto), ed i restanti amici della destra eterna, inclusi i “compagni” del partito socialista (che, strano ma vero, è di destra, e dunque le ceneri di Marx ed Engels si staranno probabilmente shakerando, travujando nelle rispettive tombe) fossero a favore del mega-porcile di Collemeto “dir non è mestieri”.
Che a questi si associassero anche gli esponenti del Pd (perdenti democratici) si poteva pure arguirlo da certe avvisaglie e soprattutto da certe facce. Roba da inciucio o di larghe fraintese che non s’erano mai viste manco nel corso del quarantennio di monossido di democrazia cristiana.
Ma che a fronteggiare tutto questo brainstorming (tempesta di cervelli) dovesse trovarsi una Rc (rifondazione comunista o restaurazione civile) un po’ scoglionata non me lo sarei mai aspettato.
Sta di fatto che finalmente è arrivato sugli schermi di un sito nostrano un comunicato-stampa posticcio, apprezzabile a dire il vero, anche se un po’ arzigogolato, ed in politichese stretto (spero non rassegnato).
Tutto sottoscrivibile, a meno di quella stupidaggine che m’ha fatto sobbalzare dalla sedia e che suona più o meno così: “…[il mega-parco]…una grande struttura capace di attrarre grandi flussi di visitatori”.
Ma quali “grandi flussi di visitatori”? Ma come si fa a dire certe enormità? Non si leggono i report pubblicati finanche sul sito de “Il sole 24 ore” (giornale notoriamente filo-cemento) o su gdonews.it o su mille altri organi di informazione a proposito della crisi della grande distribuzione? Non hanno mai sentito parlare di Ipercoop e Auchan o della altre sette sorelle costrette a chiudere i battenti, o quanto meno a mettere in mobilità (se non in mobbing) un sacco di personale? E che dunque è pura illusione questa roba quale “risoluzione della grave crisi occupazionale”? E che l’euforia consumistica dei centri commerciali è morta e sepolta una volta per tutte?
A volte sorge il dubbio che questi scienziati, esperti di Economia con specializzazione in Marketing, prendano quale unico parametro di successo di questa nuova erigenda mega-porcata la fila domenical-natalizia di consumatori che vanno al centro (cioè in periferia) sulla Lecce-Brindisi, la maggior parte di essi solo per farsi la classica caminata.
Ma perché non si dice chiaro e tondo che si sta giocando con la disperazione delle persone, che, costrette alla canna del gas, sono pronte a credere a tutto, anche alle balle raccontate dalla mattina alla sera da parte degli interessati speculatori di turno?
Perché, anziché parlare di occupazione e di numeri campati in aria non si va a monte, e soprattutto non si dice chiaro e tondo al sindaco di Galatina:
-Caro sindaco, ma con chi cavolo stiamo sottoscrivendo una convenzione? Perché non diciamo ai signori Pantacom: scusate, nu vi sia pe’ cumandu, ma prima di firmare una convenzione in bianco con voi ci fate vedere le vostre credenziali? Ci portate per favore una fideiussione bancaria o assicurativa a garanzia delle vostre promesse, o come li chiamate voi progetti? Ci dite da dove prenderete i soldi per questo investimento fantasmagorico di milioni di milioni (come le stelle) visto che nel vostro bilancio pubblico 2011, ultimo disponibile, sembra non ci siano nemmeno gli occhi per piangere? Oppure le banche vi stanno correndo dietro e non vedono l’ora di finanziare il vostro business-plan? E quali sarebbero queste banche così buone, così umane, pronte a fornirvi i capitali per il project financing?
Caro sindaco, secondo te, per la nostra sicurezza pubblica, potrebbe bastarci la parola magica che risponde al cognome “Perrone”, cioè i signori referenti della Pantacom (cognome, tra l’altro, del sindaco amatissimo di Lecce, città che, per la cronaca, sembra sull’orlo del dissesto finanziario)?-
Ed infine, perché non si spende una parola una sullo scempio del territorio, il vero grave danno irreversibile all’economia locale?
Quand’è che sentiremo annunciare una buona volta da parte dei nostri amministratori comunali con determinazione, magari in un altro bel comunicato stampa: STOP AL CONSUMO DEL NOSTRO TERRITORIO? Al tempo del poi parente del mai?
Mi auguro che questa amministrazione non passi alla storia (anche se sembra ce la stia mettendo tutta) come la più nefasta dal punto di vista dell’entropia o del secondo principio della termodinamica.
Bé ‘sta roba andatevela a consultare sui vostri rispettivi i-phone.
* * *
P.S.
Ho sentito giorni fa un esponente della maggioranza al comune di Galatina dire di sentirsi sotto stress, di aver bisogno di un po’ di relax, anzi di un viaggio da fare alle Bermude. Lo capisco e convengo con lui. Ci vada subito, senza indugio. E si porti dietro anche gli altri amici, e ove fattibile anche quelli dell’opposizione se riuscisse a rinvenirne qualche sagoma in giro. Vadano, vadano pure tutti insieme appassionatamente alle Bermude. Possibilmente nel Triangolo.
Antonio Mellone
ago182017
#WeareinGalatina è il titolo del ricco programma che dal 16 Agosto al 30 Settembre 2017 animerà il cuore della nostra città e farà conoscere ai tanti turisti, presenti per la stagione estiva, le nostre bellezze architettoniche nonché tradizioni, arti e mestieri del nostro territorio.
Una serie di visite guidate permetteranno di scoprire Galatina con le sue chiese, le corti, atri e portali, bellezze di inestimabile valore inserite nella splendida cornice del nostro centro storico. Particolare rilievo avrà la Cappella di San Paolo e il mito del Tarantismo, nostro patrimonio culturale.
Alcuni laboratori, che si terranno presso l’Ufficio di Accoglienza Turistica, Infopoint, metteranno in luce arti e mestieri del nostro territorio nonché l’arte culinaria, pasticcera e vitivinicola per le quali Galatina è conosciuta in tutto il mondo.
Avremo poi due laboratori di Pizzica sotto le stelle, in piazzetta Orsini, per ascoltare la nostra musica popolare e per permettere a turisti e curiosi di cimentarsi nei passi base del tipico ballo legato al morso della tarantola.
Tutto ciò fa parte del progetto vincitore del Bando Regionale di Pugliapromozione, presentato dal Comune di Galatina, Assessorato al Turismo, in collaborazione con l’associazione Città Nostra, per il potenziamento delle attività di promozione turistica dell’Infopoint (sito in via Umberto I, 36).
“L’iniziativa rappresenta un piccolo segnale” dice l’Assessore al Turismo Nicola Mauro “che abbiamo voluto dare, nonostante il breve tempo a disposizione, ai visitatori che ci onorano della loro presenza. Le iniziative, ci preme sottolineare, sono completamente gratuite. Verrà distribuito un calendario dettagliato che illustrerà al meglio la programmazione”.
Infopoint 0836 569984
dic202014
dic222018
Chiese Aperte, il tradizionale appuntamento con l’arte, la religione e la cultura, torna con l’edizione natalizia. Galatina, Gallipoli e Nardò apriranno le loro chiese ai visitatori, turisti e curiosi dalle 17 alle 22. L’appuntamento, organizzato da ArcheoClub con il patrocinio della Provincia di Lecce e la preziosa collaborazione della Curia, si terrà nei giorni 22, 23 e 26. L’attenzione particolare verrà posta oltre che sul patrimonio artistico e culturale delle chiese, anche sull’allestimento dei Presepi. I responsabili di ArcheoClub guideranno i visitatori all’interno delle chiese e consentiranno di realizzare un vero e proprio percorso tra le bellezze custodite all’interno. Ma non solo. Per conoscere la storia della cartapesta si avrà una rappresentazione di lavorazione all’interno di una vera bottega da parte di Salvatore Patera. Il maestro Pietro Coroneo, scultore, allestirà il suo Presepe artistico. Inoltre verranno proiettate alcune pellicole estratte dai più importanti film con tema la Natività, curate da Massimiliano Manieri e Gigi Rigliaco.
Obiettivo dell’Archeoclub, nei tre appuntamenti previsti, è quello di far ammirare e apprezzare, in orari insoliti, non solo il nostro patrimonio storico-ecclesiastico ma, soprattutto, il lavoro dell’intera comunità religiosa intorno alla creazione dei presepi, vere e proprie opere di artigianato artistico salentino dove gli antichi mestieri assumono un valore essenziale e prevalente.
Le chiese coinvolte saranno: Basilica Santa Caterina d’Alessandria, Beata Vergine della Purità, San Lazzaro, Santa Maria della Grazie (Anime Sante del Purgatorio), Madonna dell’Addolorata, Maria Ss. delle Grazie, San Biagio, Santi Pietro e Paolo, Chiesa Ss. Trinità (dei Battenti) per Galatina; Sant'Antonio da Padova, Chiesa del Carmine, Chiesa Santa Chiara e Basilica Cattedrale di Maria SS.Assunta per Nardò; Maria SS. della Purità; Madonna Immacolata Concezione; Oratorio Confraternale Santa Maria degli Angeli per Gallipoli.
“Chiese Aperte - dichiara Antonietta Martignano, presidente di ArcheoClub - è ormai diventato, per la nostra Associazione, un appuntamento fisso che ci permette di rendere visibili molti luoghi di culto, respirando la loro storia e storia dell’arte ed ammirando la bellezza. Questo appuntamento è il giusto seguito dei due precedenti eventi che come Associazione abbiamo brillantemente portato a termine durante l’anno: il 13 maggio abbiamo reso fruibile la Chiesa della Purità, mentre il 19 Agosto sono stati ben dieci i luoghi di culto aperti fino a tarda sera. Il filo conduttore tra i luoghi di culto scelti per questa edizione natalizia sarà “Presepi sacri”, il presepe che è simbolo per eccellenza della tradizione natalizia trova spazio in ogni Chiesa come capolavoro di artigianato e architettura con particolari unici da togliere il fiato.
Ufficio Stampa Marcello Amante
dic212013
Anche a Noha si racconterà la storia di un Dio che si fa uomo attraverso uno stupendo presepe vivente allestito nell’antica Masseria Colabaldi, bene culturale insigne, svettante ancora oggi, dopo cinque secoli di storia, dall’acropoli del paese. Alla base di questa storia dell’Uomo e degli Uomini c’è un gruppo affiatato di variegata umanità che, sfidando ogni avversità, riesce ogni anno a far rivivere il grande miracolo della Ri-nascita.
mag032023
Giovedì 4 maggio, alle ore 18, è prevista la conferenza stampa di presentazione del progetto FIL ROUGE, sostenuto da Fondazione CON IL SUD ed Enel Cuore Onlus, promosso dall’Associazione Levèra, capofila di un partenariato tra le associazioni Programma Sviluppo di Taranto, A.D.U. Avvocati per i Diritti Umani, ACLI Sede provinciale di Lecce, le Cooperative Sociali L’Aurora e Officina Creativa ed il Comune di Galatina.
L’evento, che sarà organizzato presso la sede di Levèra in via Bellini 24 a Noha di Galatina (Le), permetterà di illustrare alla stampa, ai Sindaci del circondario, alle aziende tessili del territorio e all’intera cittadinanza i dettagli di un progetto di emancipazione sociale che ha l’obiettivo specifico di sostenere donne fragili, in particolare quelle vittime di violenza e abusi, aiutandone la costruzione dell’autonomia tramite il lavoro.
FIL ROUGE è un progetto sartoriale e di design che pone l’accento sui concetti di sostenibilità, sociale e ambientale, che, grazie al forte e nutrito partenariato, si pone l’ambizioso obiettivo di far diventare Levèra un’incubatrice di lavoro all’interno di un bene confiscato alla mafia, rendendo sempre più concreto il riscatto della legalità sulla criminalità.
Attraverso un percorso di formazione teorico pratica, si forniranno a donne in difficoltà, vittime di situazioni di soggezione, gli strumenti per avviare un'attività autonoma che restituisca loro dignità ed indipendenza, in grado di potenziarne le capacità e la creatività, mettendo a disposizione spazi, attrezzature, materie prime, know how, consulenza fiscale, giuridica e motivazionale, incentivando la formazione di cooperative per solidarizzare le singole esperienze e renderle più forti grazie al vicendevole supporto.
Un piccolo atelier di taglio, cucito e ricamo dove a dare vita ad abiti e accessori ecosostenibili sarà il coraggio delle donne che vogliano riscattarsi dai loro vissuti difficili.
I tessuti saranno gli scarti di lavorazione, donati dalle aziende tessili nazionali e messi a disposizione da Officine Creative, che si trasformeranno, in un mix di colori, in creazioni originali da commercializzare nel pieno rispetto dell’ambiente.
“Rifiuto” e “scarto” si cuciranno insieme per superare le barriere culturali, fisiche e linguistiche, attivando così un vero e proprio processo di cambiamento locale. Quello che viene scartato dai processi produttivi e che risulta ormai inutile, rientra nel processo creativo riacquistando funzionalità e design, in un’ottica di sostenibilità e rispetto dell’ambiente.
“Abbiamo immaginato di far diventare Levèra il luogo fisico e narrativo, dove le competenze, la creatività, le relazioni e l’artigianalità si mescoleranno e si cuciranno fra loro e daranno vita ad un nuovo marchio, dove la narrazione degli antichi saperi si coniugherà con l’innovazione - spiega Roberta Forte, membro del consiglio direttivo di Levèra e responsabile del progetto – Fil Rouge punta a valorizzare l’artigianato e a trasformarlo in un’attività produttiva che genera occupazione e promuove il territorio. Oltre a prevedere inserimenti lavorativi, daremo vita ad una cooperativa sociale di tipo b, una vera e propria sartoria sociale, all’interno del bene confiscato - in grado di stare autonomamente sul mercato attraverso la creazione di un brand e di un catalogo per vendere i prodotti realizzati, emulando l’esperienza decennale del marchio “Made in Carcere”.
Il progetto promuoverà la riscoperta di “nuovi” mestieri che nascono e vivono solo grazie a piccole realtà e che rischiano di scomparire per la mancanza di ricambio generazionale. Si tratta di un modello sostenibile di creazione di valore prima etico e poi economico, in grado di ridare dignità e orgoglio a gruppi sociali al margine della società.
LEVÈRA
dic122012
L’Associazione Galatina Arte Storia e Cultura presenta una serie di laboratori didattici natalizi di Soul Kitchen, rivolti ai bambini. Ideatori e responsabili dei progetti sono Daniela Bardoscia, Silvia Cipolla e Francesco Luceri.
Christmas around the world
Un viaggio intorno al mondo, un’avventura alla scoperta delle tradizioni natalizie per capire come ogni Paese e popolo del mondo si prepara alla festa più magica dell’anno.
Svolgimento del laboratorio:
· Introduzione storico-geografica;
· Lettura animata (racconti + poesie);
· Gioco;
Durata del laboratorio: 3 h
Target di utenza: bambini dai 6 ai 12 anni. Max 30 bambini.
dicembre 2012 - gennaio 2013
22, ore 15.30 – 18.30
23, 24, 27, 28, 29, 30, 31, 2, 3, 4, 5, ore 9.30 - 12.30
Il tombolone della Cuccuvascia
Il gioco da tavola natalizio, più amato dai bambini, ripensato e riformulato per divertirli e guidarli alla riscoperta di mestieri antichi, personaggi e tradizioni culinarie galatinesi.
Durata del laboratorio: 1,30 h
Target di utenza: bambini dai 6 ai 12 anni. Max 30 bambini.
dicembre 2012 -gennaio 2013
18, 20, 27, 2, 4 Ore 15.30 – 17.00
I dvd nella slitta di Babbo Natale
Il Natale sul grande schermo:
“A Christmas Carol “ diRobert Zemeckis (92 m.): 8 dicembre 2012
“Tim Burton's The Nightmare Before Christmas” diHenry Selick (73 m.): 21 dicembre
“Miracolo nella 34esima strada” di Les Mayfield (110 m.): 24 dicembre 2012
“Il Grich” di Ron Howard (104 m.):28 dicembre
“Mamma ho perso l’aero”di Chris Columbus (99 m.): 30 dicembre 2012
“Mamma ho perso Mamma, ho riperso l'aereo - Mi sono smarrito a New York” di Chris Columbus (115 m.): 31 dicembre 2012
“Polar Espress” di Robert Zemeckis (99 m.): 3 gennaio 2013
Inizio: ore 15.30
I laboratori si svolgeranno presso la Sala Martinez di Palazzo Baldi, in via Umberto I, n. 12, a Galatina. Ideatori e responsabili dei progetti sono Daniela Bardoscia, Silvia Cipolla e Francesco Luceri.
Per info e costi:
Tel.: 329 737 1153 - soulkitchen.galatina@gmail.com
È previsto il versamento di un contributo, differente per singolo laboratorio. I materiali saranno forniti in loco dall’Associazione.
Facebook: soul.kitchen.galatina
Sito web: https://sites.google.com/site/soulkitchengalatina
feb032011
Ancora un appuntamento per la promozione del “Concorso fotografico di beneficenza “Vecchi e Antichi mestieri”, per l'acquisto di un'ambulanza attrezzata per il trasporto di bambini. Dopo la presentazione della scorsa settimana presso l'Ipercoop di Surbo, è la volta di Galatina.
Domenica 6 febbraio, infatti, in Piazza San Pietro a Galatina, dalle ore 10.30 con fino alle 13.30, “l'A.E.C.”, insieme all’associazione “Il Popolo di Galatina” promuoverà l'iniziativa benefica in favore della“Cuore e mani aperte Onlus” di Don Gianni Mattia che si prefigge il compito di raccogliere dei fondi per l'acquisto di una bimbulanza.
“Abbiamo pensato di coinvolgere i bimbi e sensibilizzare le famiglie per questa importante iniziativa – dicono dalle due associazioni – per questo motivo abbiamo invitato la compagnia dei volontari clown dell’associazione “Cuore e mani aperte – Onlus” che animeranno e rallegreranno la giornata con simpatiche gag, palloncini colorati ed il trucca-bimbi. Inoltre – continuano i responsabili – daremo maggiori informazioni sul progetto di acquisto di una Bimbulanza, una vera e propria ambulanza attrezzata per rendere meno traumatico il viaggio dei bambini bisognosi di cure verso gli ospedali. Inoltre promuoveremo il nuovo concorso fotografico che ci permetterà anche di fare un viaggio tra i mestieri antichi e riscoprire vecchie tradizioni”.
Un modo positivo, come è di consuetudine delle due associazioni, per stare insieme, fare del bene ed andare alla scoperta delle nostre radici. Appuntamento a domenica.
Galatina, 2 febbraio 2011
Vice Presidente AEC per la Regione Puglia
Presidente AEC per la Provincia Lecce
Noel Alberto Vergine
Ass. “Il Popolo di Galatina”
Presidente
apr222022
Il turismo esperienziale, dalle nuove tendenze emerse alla Bit di Milano a Galatina, sarà il focus dell’iniziativa firmata da Barbara Perrone e da Galatina al Centro, per rilanciare il turismo in città.
Al via, sabato 23 e domenica 24 Aprile, il 2° Tour Educational, ideato dalla travel blogger Barbara Perrone e promosso dall’Associazione culturale Galatina al Centro finalizzato a valorizzare gli “attori turistici” della città attraverso il saper fare tra arte e cibo.
L’obiettivo dell’iniziativa si inserisce, all’interno dei trend evidenziati nell’appena conclusa 42° edizione della Bit – Borsa internazionale per il turismo, a Milano. La manifestazione in maniera chiara, tra talk, conferenze stampa e laboratori, in particolare nello stand di Regione Puglia, ha messo in evidenza come proposte sostenibili ed esperienziali saranno fattori chiave per agganciare e spingere la ripresa del turismo in un momento in cui il settore affronta le incertezze degli scenari internazionali.
Il 2° tour educational – Impara l’arte e mettila da parte si inserirà proprio in questa tendenza, grazie alla visionarietà, alla capacità di progettazione e realizzazione basata esclusivamente sulla determinazione di fare squadra e sistema tra gli attori del settore turistico. Artigiani, maestri d’arte, guide turistiche, ristoratori, strutture ricettive e ovviamente beni culturali, saranno sotto i riflettori di 20 comunicatori di viaggio tra giornalisti, blogger, fotografi ed influencer, che vivranno questa volta un’esperienza di viaggio in città focalizzata sulla conoscenza delle tradizioni e cultura locale, attraverso l’imparare a fare, testando in prima persona le offerte già in essere e altre in divenire.
Impara l’arte e mettila da parte è il titolo dato a questo secondo appuntamento, che fa seguito a quello tenutosi il mese di febbraio, Pasticciotto Tour, dove si è dato risalto al dolce simbolo della città, il pasticciotto di Galatina, attraverso una verticale itinerante e le sue bellezze artistiche – architettoniche, valorizzando anche il Museo Civico Pietro Cavoti.
“Visti gli eccellenti risultati del primo appuntamento, abbiamo ritenuto che i tempi fossero maturi per alzare l’asticella nella creazione dello sviluppo delle sinergie sul territorio“ afferma il presidente di Galatina al Centro, l’avv. Vincenzo Specchia.
Il progetto infatti nasce come iniziativa dal basso, dove tutte le persone coinvolte mettono a disposizione professionalità, competenze e servizi gratuitamente, con il solo obiettivo di dare fare rete e dare una ricaduta economica e circolare alla città.
“Dopo 20 anni di viaggi attorno al mondo, e di firma editoriale in questo settore, ho sentito l’urgenza di dare un contributo pragmatico alla città dove sono nata, perché non basta sventolare il possesso di un patrimonio o registrare un marchio, se non si creano prodotti vendibili che possano creare una vera e propria economia turistica che genera welfare per chi vive la città” afferma Barbara Perrone. “Da viaggiatrice ho sempre cercato e vissuto le esperienze attorno al mondo come il più grande souvenir di viaggio. Dalla cooking class a Saigon in Vietnam, dove la chef mi venne a prendere in hotel per andare al mercato e poi nel suo ristorante a preparare i piatti tipici vietnamiti all’emozionalità che mi ha lasciato il workshop di pizzica tenuto quest’estate, proprio in una masseria galatinese, senza andare troppo lontano, tenuto dalla fotografa e ballerina Simona Marra, sono state esperienze che hanno cambiato il mio modo di vivere e ricordare un viaggio” continua Barbara Perrone.
La strada del turismo esperienziale e dell’undertourism, sono grandi attrattori sia per i giovani viaggiatori, ovvero la generazione zeta, che silver, capaci di attrarre oltre i mesi estivi, ma soprattutto invitano a spendere oltre le 2 ore di tempo, che in questo momento è il tempo medio di permanenza in città.
Secondo i dati di Booking, il più grande portale di prenotazione viaggi emerge il desiderio dei viaggiatori di avere un rapporto autentico con la comunità locale e più consapevole, così come al 73% piacerebbe fare esperienze genuine e rappresentative della cultura locale. “Alla luce di questi dati, come associazione civico- culturale, abbiamo l’obbligo morale e civile, di rimboccarci le maniche e creare iniziative di questo tipo, nonostante le tante difficoltà che si incontrano nel portarle alla luce” afferma Vincenzo Specchia.
“Ho immaginato e disegnato questo tour educational, per far conoscere la città per come vorrei farla scoprire io alle persone a me care. Si inizierà sabato mattina con una visita guidata attraverso il centro storico e la Basilica di Santa Caterina, sotto la guida di Raimondo Rodia; si ascolteranno le storie del maestro d’arte e tarsie lignee Antonio Congedo; poi una pausa pranzo nel giardino segreto di Plant 008. Il pomeriggio inizierà con un workshop per imparare a fare il pasticciotto e seguirà ascoltando le storie di Iro l’antiquario di città. Si ammirerà il tramonto con un aperitivo da Vanesio con vista sulla bellissima chiesa dei Santi Pietro e Paolo, e a seguire il workshop di pizzica proprio davanti al famoso pozzo di San Paolo, luogo dal quale veniva attinta l’acqua che bevuta, guariva le donne morse dalla taranta. La giornata di chiuderà con una cena firmata dallo chef Biagino De Matteis, e ispirata proprio alla danza popolare salentina.
La domenica si aprirà con un laboratorio di cartapesta con Andrea Merico e a seguire un workshop sull’imparare a fare le friselle, regine delle tavole conviviali salentine, con il panettiere Roberto Notaro, chiudendosi infine con un picnic nello storico aranceto di Parco degli Aranci, ascoltando la storia di imprenditorialità visionaria e agricola di Ambra Mongiò. Alcuni degli ospiti avranno modo di alloggiare all’interno di Palazzo Elefante della Torre e Hotel Hermitage.
Per i comunicatori invitati a vivere le esperienze e raccontarle, saranno due giorni all’insegna del saper fare, della scoperta di antichi mestieri, di preziosi artigiani che tramandano le arti antiche e diventano costruttori di preziose esperienze di viaggio. La conoscenza della città prende forma non più solo attraverso i monumenti, ma anche attraverso l’imparare a fare a tu per tu con gli artigiani locali, le loro storie e botteghe.
Il capitale umano delle menti e delle mani che lo portano avanti, diventano nuovi attrattori turistici per continuare a scoprire il potenziale inespresso della città di Galatina, facendola conoscere ad un pubblico che cerca ispirazioni di viaggio nel mondo digitale, che guarda oltre il mare e che decide di spendere del tempo nel vivere usi e costumi di una città, vivendo il territorio in modo immersivo tra passato e futuro.
Associazione Galatina al Centro
Barbara Perrone
nov232011
Anche quest’anno Cristo nascerà a Noha. Anche quest’anno Cristo si fermerà a Noha.
Le rugose mura della Masseria Colabaldi, bene culturale tra i più belli ed imponenti del Salento, racchiuderanno una novella Betlemme (Bet Lèhem, casa di pane).
Di Bet Lèhem Matteo (2,6) scrive: “E tu, Betlemme, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà un capo che pascerà il mio popolo”.
L’architettura della Colabaldi di Noha custodirà il più bel presepe vivente di Puglia, curato nei dettagli da una scuola di perfezione inesistente altrove.
Spelonche, rupi e alloggi dispersi in un paesaggio roccioso d’aspro meridione.
Taverne.
Artigiani gelosi dei loro mestieri.
Forni accesi per il pane fragrante.
E poi, bestie dappertutto, angeli e pastori.
Ed infine il padre putativo e la ragazza vergine che presentano al mondo un figlio misterioso: il messia, l’unto finale che cambierà il corso della storia.
E’ questo il presepe vivente di Noha, aperto il 25 e il 26 dicembre 2011, e poi ancora l’1, il 6 e l’8 gennaio 2012.
Antonio Mellone
gen022023
Tre incontri sul paesaggio, organizzati dall’Associazione Città Nostra aps, nell’ambito del Progetto “We are. Siamo il paesaggio che viviamo” avviso Puglia Capitale Sociale 3.0 della Regione Puglia, che mette insieme una rete di partner istituzionali, del terzo settore e del mondo produttivo. Gli incontri avranno luogo presso la sala congressi dell’ex monastero delle Clarisse a Galatina, e sono pensati come un momento informativo e di dialogo, prevedendo una relazione iniziale, seguita da una tavola rotonda di riflessione e di confronto tra cittadini, professionisti, amministratori.
Le mutazioni e trasformazioni del paesaggio, l’interazione tra elementi naturali, culturali, economici, saranno al centro dell’attenzione, nelle tre serate.
In particolare, nella prima del 7 gennaio 2023, sarà Angela Serafino a tenere una relazione dal titolo: “Il paesaggio: consuetudine e trasformazione nelle azioni dell’arte”, mettendo in evidenza la complessità del tema paesaggio - che si intreccia con questioni come la deforestazione, l’inquinamento, il riciclo - in un ampio, ma sintetico percorso storico-geografico. Si soffermerà in particolare, tramite un racconto per immagini, sulle azioni messe in atto sul paesaggio, nei territori del Sud.
Il 21 gennaio 2023 la dott.ssa Dinoi tratterà il tema del paesaggio costiero e marino della Puglia, soffermandosi sui principali habitat, attraverso un excursus che parte dalle origini fino ai giorni nostri. Verranno evidenziate le evoluzioni morfologiche e biologiche, i problemi attuali e le realtà virtuose presenti sul territorio costiero, che riguardano sia la tutela del paesaggio, che arti e mestieri ad esso correlati.
Il 4 febbraio 2023 sarà il Prof. Antonio Costantini a intervenire, fornendo elementi di conoscenza e spunti di riflessione paesaggio rurale, sulle trasformazioni subite nel tempo, sugli aspetti storici, architettonici e sociali ad esso connessi.
Città Nostra Aps
set282016
L’Arcangelo Michele è patrono dei radiologi e della Polizia di Stato italiana. E’ protettore dei pellegrini, degli spadaccini, dei maestri d’armi e dei doratori. E’ il santo dei commercianti e di tutti i mestieri che si servono della bilancia come pasticcieri, farmacisti, droghieri, merciai, pesatori di grano e fabbricanti di tinozze.
Ed è anche il protettore di Noha che per tre giorni si agghinda a festa con un tripudio di frontoni, archi, casse armoniche, spalliere e altre luminose decorazioni che da lontano fanno apparire il piccolo centro nohano come in una bolla di riverberi abbaglianti. Altra luce proverrà dai baroccheggianti fuochi pirotecnici che come comete fiorite solcheranno il cielo con le loro scie multicolori.
L’iconografia di San Michele Arcangelo è quella del guerriero, con elmo, scudo e lancia, pronto a infilzare il drago antico. E’ un modello sublime da imitare giacché lotta è voce del verbo amare. E lo è ancor di più oggi quando c’è da combattere l’indifferenza, il pressapochismo, la disinformazione, la mafia, e ancora il profitto senza limiti, il cemento, l’asfalto, le trivelle, l’eradicazione di ulivi, la disintegrazione dello stato sociale, la privatizzazione di tutto, la propaganda dei venditori di pentole chiamati Premier, la distruzione della nostra bella Carta Costituzionale…
Solo così avrà senso festeggiare l’Arcangelo di Noha, partecipare ai riti e alle processioni in suo onore, assistere ai concerti lirico-sinfonici delle belle bande di Puglia, gustare le specialità della cucina locale e godere di tutto quello che anche un piccolo paese del Salento come Noha può ancora dare in termini di giustizia, diritto, rispetto del paesaggio, cultura e bellezza.
Solo così “Salento calls Italy”. Anzi “Noha calls Italy”.
Antonio Mellone
gen262014
Che dire poi dei mestieri rappresentati nel presepe? Per il mio sindaco “alcuni mestieri sono del passato e quindi chiaramente non ritorneranno più”.
Ora, io mi chiedo se il mestiere del contadino, quello dell’allevatore, e poi ancora l’attività del pastore, ma anche quelle del ciabattino, del falegname, del maniscalco, dell’oste, del lavoratore della terracotta e/o della pietra leccese, del fruttivendolo, del fornaio, del pescivendolo, dell’impagliatore di sedie, e degli altri artigiani (tra l’altro quasi tutti raffigurati nel nohano presepe da chi nella sua vita quotidiana svolge tuttora, guarda un po’, proprio quel mestiere) siano arti e professioni morte e sepolte, o non invece il vero sistema nervoso della comunità di oggi e di domani.
Chissà se il mio sindaco ha mai sentito parlare di “Economia della prossimità”. Quella roba che, anche grazie alla crisi, è (ri)comparsa nel mondo del commercio e del retail con forme organizzate di nicchia come i Gas (Gruppi di acquisto solidale), gruppi di persone consapevoli, spesso coinquilini o vicini di casa, che si organizzano per ridurre la filiera distributiva, rivolgendosi direttamente agli agricoltori per l’acquisto di frutta, olio, vino, ortaggi e prodotti vari della terra e dell’allevamento (ma anche dell’artigianato).
Chissà se il mio sindaco pensa che la produzione e il consumo a chilometri zero, come le cicorie locali o come le patate novelle di Galatina (queste ultime pare abbiano ottenuto pure il marchio DOP), od anche di alcuni formaggi, come il pecorino del Salento, siano cose che “fanno parte del passato e quindi chiaramente non ritorneranno più” oppure se questo sia il famoso “futuro” su cui investire energie tentando un novello rinascimento economico.
E chissà come potrebbe essere la pastorizia dei giorni nostri o di domani, quella “garantita e studiata e collegata con i tempi, e con [l’utilizzo] della tecnologia moderna, come [del resto] l’agricoltura” (visto che come si evince anche dal montuoso pensiero “non è più come quella di cinquanta o cento anni fa”).
Chissà cosa avrà in mente il sindaco di Galatina. Forse una pastorizia, come dire, in grande, ma soprattutto senza pascoli, con delle pecore bioniche con antifurto satellitare incorporato, con ovini nati in laboratorio e da crescere in batteria, pompandoli magari a estrogeni e nutrendoli a erba sintetica; oppure un gregge seguito non più da un pastore ma da un robot, o magari, visto che oggi vanno tanto di moda, dai droni. Ma sì, rimoderniamoci.
E poi, visto che i pascoli sono ormai così anacronistici (ormai esistono solo nei musei o sulle terrazze di alcuni beni culturali di Noha, come la casa dell’orologio di piazza San Michele) l’unico modo di pensare alla pastorizia in chiave moderna potrebbe essere questo.
Ideona: potremmo pure brevettarlo e presentarlo all’Expo 2015 di Milano (che, tra l’altro, ha per tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”: un titolo presa-per-il-culo), magari con il seguente slogan coniato dal nostro primo cittadino in persona (ipse dixit): “l’agricoltura non va più fatta su piccoli appezzamenti ma attraverso un sistema di cooperative”. Si potrebbe poi comporre un bel sottofondo musicale, romantico anzichenò, anzi una canzone il cui ritornello potrebbe suonare così: “Mi ricordo campagne verdi”.
Ma le elucubrazioni sindacali non si fermano mica a questo. Imperterrito il sindaco ha continuato con una montagna di altre interessanti arguzie, tipo che “i servizi vanno spostati nei centri storici”, i quali “vanno salvaguardati, altrimenti rimangono una cattedrale nel deserto”.
I centri storici, cattedrale nel deserto? Non i centri commerciali?
Ma forse avrò capito male io. Anzi sicuramente.
O forse voleva dire che al centro storico bisogna fare un servizio così.
Ma sì, che stupido che sono, un bel centro commerciale nuovo di zecca, magari eretto dagli amichetti della Pantacom su ventisei ettari quadrati di campagna (o di pascolo) è matematico che possa incentivare l’agricoltura e la pastorizia e soprattutto il centro storico di Galatina.
Una logica di ferro, un ragionamento granitico, un pensiero solido. Come il cemento.
Bene. Ed ora osserviamo un minuto di coerenza.
dic252011
Ritorna la seconda edizione del Presepe Vivente nelle Masseria Colabaldi di Noha. Uno scenario storico con i vecchi mestieri, antichi romani, traini e tantissimi animali partendo dai piccoli come i conigli per poi pasare alle pecore, caprette, asini, mucche, maiali, cavalli ecc....
Aperto il 25 e il 26 dicembre 2011, e poi ancora l’1, il 6 e l’8 gennaio 2012 dalle ore 17.00.