giu102011
prete – Parrocchia San Torpete - Genova".
ott272016
Questa riforma è incostituzionale. Per 47 motivi. Anzi settanta volte sette.
La prima prova dell’incostituzionalità di questa novella carta lunga deficiente e sordida sta nel fatto che i sostenitori del SÌ e quelli del NO si stanno reciprocamente sul culo (eufemismo usato per scansare l’altra ben più licenziosa metafora che coinvolge l’organo di riproduzione maschile e/o il binomio dei suoi attributi di complemento). I propugnatori dell’una e dell’altra sponda non si sopportano, non riescono a dialogare se non per il tramite di vicendevoli ingiurie, irrisioni, insulti, offese anche pesanti.
La Costituzione del 1948 nacque da un comune accordo dei padri costituenti dopo grandi discussioni, confronti, scambi di idee, tanto che in assemblea si riuscì a metter d’accordo le tre grandi macro-aree politiche: l’anima cattolica, quella liberale e quella social-comunista. Una Costituzione deve tenere insieme un Paese, non spaccarlo in due o più parti. Se invece non riuscisse in questo intento non sarebbe una Costituzione, ma una coglionata.
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Una seconda prova dell’incostituzionalità di questa riforma è il fatto che sia stata approvata a maggioranza da un parlamento eletto con il Porcellum, una legge elettorale a sua volta dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale. I fautori del sì ovviamente non riescono proprio a cogliere l’enormità del caso. Eppure il fatto che un parlamento eletto con una legge incostituzionale non possa cambiare la Costituzione lo capirebbe anche un bambino di seconda elementare nemmeno tanto sveglio. E se provasse a farlo – come sta succedendo qui in Italia, con addirittura tutto il governo schierato come un plotone di esecuzione - sarebbe un vero e proprio colpo di stato.
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La terza prova è che una Costituzione dovrebbe essere chiara, scritta bene in italiano e non in tibetano antico, accessibile a tutti, dal primo fino all’ultimo dei cittadini e non solo a “chi tiene le scuole alte”. Questa nuova costituzione (in minuscolo) scritta con l’alluce valgo dei piedi risulta ostica agli stessi estensori, o meglio stenditori dei 47 sgorbi articolati, tanto che nessuno, senza il testo per le mani, saprebbe spiccicare verbo nel tentare di spiegare il funzionamento, per esempio, del nuovo baroccheggiante procedimento legislativo. A questo proposito sarei curioso di dare un’occhiata ai libretti universitari (con il dettaglio del voto in Diritto Costituzionale) dei patrigni costituenti che rispondono ai nomi di Renzi, Boschi, Alfano (il fratello) e di Verdini, il macellaio prescritto. Il macellaio della Costituzione.
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La quarta prova è che il senato (che non viene abolito come invece vorrebbero farci credere) è composto da 100 senatori a vite: di cui 5 personaggi in cerca di presidente della repubblica, 74 consiglieri regionali (eletti per fare i consiglieri regionali possibilmente a tempo pieno visto quanto guadagnano), e 21 sindaci (che, considerato il daffare diuturno in un Comune, non dovrebbero/potrebbero abbandonare il loro ufficio nemmeno per un giorno di vacanza, figuriamoci per fare anche i senatori a tempo perso). Ora. L’articolo 1 della Costituzione ante-scempio parla di sovranità che appartiene al popolo e non al partito di relativissima maggioranza. Cosa significa? Che i membri di tutti gli organi legislativi di uno Stato dovrebbero essere eletti direttamente dal popolo e non indirettamente con elezioni di “secondo livello” e altre palle del genere.
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Una quinta prova di incostituzionalità - e dunque il fatto che il popolo vien sempre più considerato come un pelo superfluo - è relativa al numero di firme occorrenti per le leggi di iniziativa popolare: passano da 50.000 a 150.000. Triplicano. E buonanotte ai suonatori. Anzi ai sognatori.
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Una sesta prova di incostituzionalità risiede nel fatto che, con l’abolizione della “legislazione concorrente”, alle regioni, quindi ai territori, verranno sottratte le decisioni connesse a una serie incredibile di materie come le “grandi reti di trasporto e navigazione” (vi dicono niente TAV, SS. 275, porti turistici a Otranto e a porto selvaggio?); “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” (vi dicono nulla TAP, pale eoliche, fotovoltaici campali, trivellazioni adriati-coioniche nuove centrali nucleari? - Sì, torneranno alla carica anche con il nucleare, tranquilli); e - non ridete per favore - “tutela della salute” (vi dicono qualcosa Cerano, Ilva, Eni, Colacem, Xylella appetitosa, e altri gigli di camposanto?); eccetera, eccetera. Quale ciliegina sulla cacca abbiamo la clausola di “supremazia statale” nuova di zecca. E’ quella che prevede che in caso di contenzioso tra regione e governo centrale su di un tema qualsiasi (poniamo a caso lo stoccaggio delle scorie nucleari sulla Murgia), in nome dell’“interesse nazionale”, prevale il secondo. E i territori tutti zitti e mosca. Quando si dice una riforma costituzio-anale.
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Ma ora vi svelo un’altra chicca. Sebbene apparentemente non sfiorato, il vero obiettivo di questa schizzoforma è lo svuotamento dell’articolo 138, quello che prevede la procedura delle leggi di revisione costituzionale (e, dunque, anche del 139, secondo il quale la forma repubblicana non potrebbe essere oggetto di revisione costituzionale).
Ecco. Questo è il vero inconfessato fine di questo stravolgimento targato PD (Pi-Due).
Antonio Mellone
p.s. La prima foto vintage ritrae mia madre; la seconda è simbolo della Repubblica; la terza riporta le donne della Costituzione. Donne e madri si amano e si rispettano. Punto.
nov032011
Per far posto a una centrale fotovoltaica hanno commesso un delitto
«Un bel paesaggio una volta distrutto non torna più e se durante la guerra c' erano i campi di sterminio, adesso siamo arrivati allo sterminio dei campi», scrisse Andrea Zanzotto, scomparso una ventina di giorni fa. Pensava alla sua campagna veneta, ma non solo. Ed è il dolore del grande poeta trevigiano che ti viene in mente guardando l' angosciante servizio che una giornalista di Telerama, un' emittente pugliese, ha dedicato allo stupro del paesaggio nel Comune di Carpignano Salentino, poco a nord di Maglie, nel Salento. Dove le ruspe hanno estirpato centinaia di bellissimi ulivi per fare posto a una centrale fotovoltaica.
L' abbiamo scritto e riscritto: nessuno, a meno che non accetti la rischiosa scommessa nucleare, può essere ostile alle energie alternative e in particolare a quella solare. Ma c' è modo e modo, luogo e luogo. Un conto è sdraiare i pannelli in una valletta di un' area non particolarmente di pregio e da risanare comunque perché c' erano i ruderi di una dozzina di capannoni d' amianto, come è stato fatto in Val Sabbia col consenso di tutti i cittadini, di destra e sinistra, un altro è strappare quelle piante nobilissime che la stessa Minerva avrebbe donato agli uomini e che fanno parte della nostra storia dalla Bibbia all' orto di Getsemani fino alle poesie meravigliose di Garcia Lorca: «Il campo di ulivi / s' apre e si chiude / come un ventaglio...». C' è una legge in vigore, laggiù nel Salento. La numero 14 del 2007. Il primo articolo dice che «la Regione Puglia tutela e valorizza gli alberi di ulivo monumentali, anche isolati, in virtù della loro funzione produttiva, di difesa ecologica e idrogeologica nonché quali elementi peculiari e caratterizzanti della storia, della cultura e del paesaggio regionale». Né potrebbe essere diversamente: l' ulivo è nello stesso stemma della regione. È l' anima della regione. Eppure, denuncia Telerama, il progetto di quell' impianto «Saittole» da un megawatt della Solar Energy, è stato regolarmente presentato al Comune di Carpignano e da questi approvato nonostante l' area fosse agricola e fertile. Di più, l' autorizzazione finale è stata data dallo stesso assessore regionale all' agricoltura Dario Stefano che oggi dice: «Verificherò». Certo è, accusano il Coordinamento Civico apartitico per la Tutela del Territorio e il Forum Ambiente e Salute del Grande Salento, che quegli alberi che crescevano solenni su quattro ettari di uliveto secolare, come dimostrano le immagini registrate, «sono stati espiantati e ripiantati accatastati gli uni agli altri come pali di una fitta palizzata, lungo il margine del fondo, senza neppure le dovute prescritte cure d' espianto riportate nella stessa autorizzazione, ad esempio la prescrizione della presenza di una zolla del raggio di almeno un metro». Un delitto. Che fa venire in mente quanto scriveva Indro Montanelli: «Ogni filare di viti o di ulivi è la biografia di un nonno o un bisnonno». Buttare giù quelle piante non è solo una porcheria: è un insulto ai nostri nonni. RIPRODUZIONE RISERVATA
Stella Gian Antonio
(2 novembre 2011) - Corriere della Sera
mag272011
L'energia nucleare è presente in natura, Le prime bombe atomiche, del tipo di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki, erano basate sul principio della fissione. Si deve notare che in questo contesto il termine atomico è assolutamente inesatto o almeno inappropriato in quanto i processi coinvolti sono viceversa di tipo nucleare, coinvolgendo i nuclei degli atomi e non gli atomi stessi. Secondo gli ultimi dati noti, le centrali nucleari in funzione in tutto il mondo sono 450. In Europa ci sono 195 centrali nucleari. Quelle più vicine al nostro paese, sono
collocate in Francia a 200km.
L'energia nucleare è data dalla fissione o dalla fusione del nucleo di un atomo. La prima persona che intuì la possibilità di ricavare energia dal nucleo dell'atomo fu lo scienziato Albert Einstein nel 1905. Per ricavare energia dal nucleo dell'atomo esistono due procedimenti opposti:
A parte il rischio di incidenti, il maggiore problema ancora insoluto è costituito dalle scorie radioattive, che rimangono pericolose per migliaia se non milioni di anni.
Le preoccupazioni principali dovute all'uso di energia nucleare per la produzione di elettricità riguardano l'impatto sull'ambiente e la sicurezza delle persone. Il più grave incidente, il disastro di ÄŒernobyl', ha ucciso delle persone, provocato feriti e danneggiato e reso inutilizzabili per decenni grandi estensioni di terra. Si teme che possano ripetersi altri incidenti simili, come accaduto recentemente in Giappone con il Disastro di Fukushima Daiichi. Un altro problema è l'elevata quantità di acqua necessaria per il raffreddamento e l'immissione delle acque calde nei sistemi idrici: ciò in alcuni ecosistemi può causare pericoli per la salute delle forme di vita acquatica, rischi di contaminazione radioattiva nelle fasi di estrazione.
le scorie prodotte dai reattori si mantengono radioattive a lungo nel tempo, fino al caso estremo del Cesio 135 (135Cs) che impiega 2,3 milioni di anni per dimezzare la propria radioattività.
Un altro problema di sicurezza riguarda il pericolo di fughe radioattive non derivanti da guasti interni alla centrale, ma da eventi esterni che possono compromettere la tenuta delle strutture. Un evento climatico catastrofico, quale un tornado o un terremoto di particolare intensità, potrebbero distruggere l'edificio di contenimento, se non adeguatamente dimensionato. In Giappone gli impianti della centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, furono danneggiati nel 2007 a seguito di un terremoto di intensità superiore a quello considerato nel progetto e si ebbero rilasci di radioattività nell'ambiente non completamente ed univocamente quantificati (si veda la voce relativa per dettagli).
Le centrali di oggi sono più sicure, è vero, come detto sopra i costi sono aumentati anche per questo. Ma i rischi sono comunque elevatissimi. Non perché sia facile che un incidente catastrofico accada, ma perché ne basta uno per effetti terribili su vaste zone. In Italia come in Giappone la sismicità aumenta i rischi, ma non servono crolli per causare un disastro. In Giappone in questo momento è bastato un malfunzionamento dell'impianto di raffreddamento per provocare il rischio di una fusione del reattore (nuova Chernobil). A volte si sente dire "ma tanto siamo circondati da centrali". E' vero, ma se la centrale di Chernobil fosse esplosa in Italia, gli effetti sul nostro territorio non sarebbero stati uguali. Nelle immediate vicinanze si ha un'area invivibile per generazioni, sulle popolazioni confinanti un aumento esponenziale delle malattie genetiche, di leucemie, tumori... Un incidente in Francia oggi potrebbe anche interessarci, ma gli effetti sul nostro territorio, anche se gravi, non saranno mai come quelli in territorio francese.
Questo discorso vale comunque per incidenti catastrofici. Altra cosa che però in molti non sanno è che gli incidenti meno gravi non sono così rari, ma in giro per il mondo non sono poche le centrali che hanno avuto malfunzionamenti con il conseguente rilascio nell'atmosfera di radiazioni oltre il normale livello di funzionamento.
Sempre in Giappone, a seguito del terremoto di Sendai, nel marzo 2011, una serie di quattro distinti gravi incidenti occorsi presso la centrale nucleare Fukushima I hanno causato il Disastro di Fukushima Daiichi.
L'unico modo per smaltirle ad oggi è interrarle in profondità, ma le aree circostanti avrebbero comunque conseguenze, e non è facile individuare tali luoghi adatti, anche considerato che le scorie devono rimanerci per 1.000.000 di anni... Negli USA ad oggi non hanno costruito neanche un luogo sicuro per confinarle, e attualmente le scorie sono accumulate in decine di stabilimenti sparsi sul territorio nazionale.
I costi privi di una quantificazione monetaria, come ad esempio, i seguenti:
Secondo altri studi l'energia nucleare è economicamente svantaggiosa e gli enormi capitali necessari alla costruzione di un impianto ed alla gestione completa del ciclo del combustibile, non possono mai essere compensati dalla produzione di energia. Il professor Jeffrey R. Paine (Professore di Antropologia presso
l’Università del Massachusetts) ha dichiarato: «L'analisi [...] suggerisce che anche nelle condizioni più ottimistiche (dove i costi sono considerevolmente tagliati ed i redditi salgono notevolmente), le centrali nucleari dell'attuale generazione, nel corso della loro vita, possono arrivare al massimo a coprire i costi». l'impianto raramente funziona a pieno regime, solitamente è sfruttato soltanto in parte (Paine sostiene che il 58% sia la norma) dal momento che alcuni impianti periodicamente devono essere fermati per controlli di sicurezza. Aumentare questa percentuale ci esporrebbe inevitabilmente a un rischio;
la dimostrazione finale e incontestabile della non economicità dell'elettricità da fissione nucleare è che da decenni nessuna azienda privata ha pensato di costruire una nuova centrale, se non dove sussistono ingenti sovvenzioni statali in seguito a una precisa scelta puramente politica (si veda il caso del governo Berlusconi), come per certe fonti rinnovabili (ad esempio il fotovoltaico), che senza contributi statali non avrebbero alcuna convenienza economica.
Nel 2009 si sono avute infatti diverse rinunce da parte di compagnie elettriche: ad esempio, la Mid American Nuclear Energy Co, operante in Idaho, ha rinunciato alla realizzazione dei suoi progetti di espansione del numero di reattori[13]; la AmerenUE, operante in Missouri ed Illinois, ha anch'essa rinunciato alla costruzione di un reattore EPR[14].
Al costo di creazione dell'impianto, manutenzione, produzione elettrica e smantellamento ci sono da aggiungere i costi di smaltimento dei rifiuti. Questi costi sono ancora non chiari visto che non si sono ancora trovate soluzioni definitive operanti per il lungo periodo per le scorie di III categoria (caso differente per quelle di I e II, di cui esistono molti siti di stoccaggio già funzionanti da decenni); infatti sono o in fase di studio o in fase di realizzazione alcuni depositi definitivi, ma nessuno di questi è ancora attivo.
Chiara D'Acquarica
ago152023
Un tempo per provare un po’ di sollievo dal solleone (o canicola, o afa, o arsura, o semplicemente grande caldo) era sufficiente una fetta di Mellone fresco; ora pare non bastino più nemmeno i condizionatori (cui abbiam dovuto rinunciare per aver scelto la pace, come da diktat del Migliore), e dunque si debba ricorrere alle cure di uno psicologo, quando non a quelle di uno psichiatra. Eh sì, perché a fobie, tic, dipendenze e mille altre nevrosi della vita contemporanea oggi possiamo finalmente aggiungere pure l’eco-ansia.
All’inizio governi, televisioni, intellighenzia, maître-à-penser, finanza e mercati unificati parlavano esclusivamente di surriscaldamento; ultimamente, onde evitare di sbagliar segno (positivo o negativo), le stesse reti, circonfuse dalla consueta inconfondibile aura di prestigio, si accontentano di dibattere di un più generico mutamento climatico, forse per meglio corroborare la loro infallibilità oracolare.
Orbene, lungi da me il voler confutare la Scienza (e la eventuale dogmatica di complemento), o sfidare a singolar tenzone i novelli inquisitori, non essendo un climatologo non metterò in discussione il concetto di cambiamento (tutto cambia sempre, ci mancherebbe altro), ma vorrei sommessamente far presente due o tre cosette.
La prima è che non so cosa possa succedere al macroclima (o grande clima, o clima della nostra era geologica), ma il microclima (cioè quella microscopica, minuscola, trascurabile parte del macroclima terracqueo) registrerà sicuramente sensibili aumenti nei suoi gradi centigradi ogni qualvolta si procederà, per esempio, all’abbattimento degli alberi più o meno cittadini, in quanto molesti al traffico, all’asfalto, al cemento, e al piano regolatore; oppure alla loro eradicazione per via della vulgata secondo cui “Stassiccatuttu causa batterio” anche se sono vivi e vegeti, e quindi meglio non contraddire decretini e ricercatori dal verbo incarnato. Certo è che qui si sta segando alla grande, a partire dai rami su cui stiamo seduti.
Per dirne un’altra, a Matino (ogni buongiorno si vede dal Matino), proprio di fronte al cimitero qualche tempo fa troncarono alla radice una fila di enormi bellissimi pini marittimi: adesso, al loro posto, due colonnine di ricarica auto elettriche. Chissà che non sia questa la rappresentazione plastica della famosa Transizione Ecologica.
A Galatina, altro caso clinico, il famoso viale don Bosco (mai denominazione fu più azzeccata di questa) è stato finalmente disboscato. Per il momento, e per il prossimo decennio, sarà l’uomo a dover fare ombra a quegli zzippi sostitutivi che ironicamente continuano a chiamare alberi. Quanto a Noha stiamo possibilmente ancor più freschi, visto che da una decina d’anni, forse più, al Green abbiamo dedicato la parte più convessa del nostro corpo (non è la pancia, ma quella che si trova dall’altra parte, un po’ più in basso), seppellendo un centinaio di ettari di campagna nohana sotto una patina di pannelli fotovoltaici di ferro, alluminio, silicio e materiali vari. Per abbassare ulteriormente le temperature sono in arrivo non so più quante pale eoliche: ma non chiamatele pale che girano - eccome se girano - ma ventilatori. A me viene la pelle d’oca al solo pensiero, meglio indossare sin da subito un cappottino estivo.
Poco fa il sindaco di Milano piagnucolava a favor di telecamera sui disastri causati da un violento temporale abbattutosi nottetempo sulla sua città, anche questo evidentemente causa clima, incitandoci ad agire senza indugio. Mo’ non saprei dire se i centodieci ettari di piastra di calcestrunzo usata per l’Expo 2015, di cui fu amministratore delegato e commissario, contribuiranno all’aumento o alla riduzione della temperatura di quell’area, o se ormai non gli facciano più né caldo né freddo. Meno male che di là si son dati subito da fare con l’Albero della vita (che costò poco più di otto milioni di euro), con il Bosco Verticale downtown e, ovviamente, con la Milano da bere (ghiacciata).
Ci sono poi i promotori di (in ordine sparso) porti turistici, grandi navi da crociera, movida, costruzione di nuovi villaggi eco-so-ste-ni-bi-li, termovalorizzatori, produzione/vendita/spedizione/uso di armi perché così vinciamo la guerra (tra poco pure nucleare), jet personali usati da congressisti di fondi monetari internazionali, alta velocità, lidi privati chiamati simpaticamente Frescure con le pale di ficodindia in compensato spennellato di verde, navi gasiere e dunque rigassificatori, megacentri commerciali, agricoltura superintensiva, importazione di kiwi dalla Nuova Zelanda e uva dal Cile, trasformazione dell’attuale parco auto con motori a scoppio in un enorme scascia-machine, roghi nei campi, impianti di compostaggio anaerobico (o meglio analerobico) per la produzione di biogas, imminenti autostrade a quattro o più corsie, veleni che ci stanno tropicalizzando (tropico del cancro per la precisione), “infrastrutturazione del Salento” [sic], Sviluppo & Crescita, e altre cosette del genere da psicoanalista junghiano: esempi virtuosi senz'altro in grado di far calare di non poco le temperature medie del nostro Antropocene.
Voi mi direste a prescindere: “Anto’ fa caldo”. Vi risponderei che gli accorati appelli “a far presto” [sic], provengono quasi tutti dai suddetti promotori: ergo siamo in una botte di ferro. Persino la Bce s’è messa ad aumentare i tassi di interesse a più non posso al fine di raffreddare ‘sta benedetta inflazione. Roba da brividi proprio.
Non so perché insistete tanto nel dire che ci stanno prendendo leggermente, e ancora una volta, per il clima.
Pardon, volevo dire culo.
Antonio Mellone
mag312011
Sabato 4 giugno 2011 dalle ore 16,15 alle ore 20,00 a Noha presso la sala convegni dell'Oratorio Madonna delle Grazie ci sarà un incontro dibattito sul tema "Compromessi nella storia, custodi del creato: acqua bene di tutti". Al convegno, organizzato dall'A.C., parteciperanno tra gli altri p. Michele Carriero (dei frati minori francescani) e la prof.ssa Margherita Ciervo (docente di Geografia Politica dell'Università di Bari).
Ci auguriamo che in questo interessante convegno si parli finalmente dell'importanza dei Referendum del 12/13 Giugno prossimo (di fatto oscurati dalle televisioni del potere) e della partecipazione di tutti alla formazione della sovranità popolare. Il referendum è una buona occasione per dire la nostra in tema di acqua pubblica,di nucleare e di legittimo impedimento.
VOTANDO SI A TUTTI E QUATTRO I REFERENDUM DIREMO CHIARO E TONDO CHE:
Non se ne può più del mondo alla rovescia propagandato da chi ha un conflitto di interessi grande quanto una chiesa: non se ne può più di un mondo che bolla come pazzo chi tenta di rispettare la legge e indica come esempio chi è amico della mafia, un mondo che premia i furbi e penalizza gli onesti, un mondo che privilegia il censo al posto del merito, mondo che in nome di chissà quali libertà sta blindando il futuro di tutti. Non se ne può più di un mondo che continua a ripetere che "gli italiani sono fatti così".
No: gli italiani non sono fatti così. Sono meglio.
Cerchiamo di dimostrarlo tutti con i nostri SI al referendum del 12 e 13 giugno prossimi.
Antonio Mellone
gen132017
La raffinata doppiezza del comunicato-stampa diramato ‘urbi et orbi’ (soprattutto orbi) da parte di uno dei soci della discarica di famiglia, e già che si trova anche candidato alla poltrona di sindaco [Galatina, per grazia di Dio, non si fa mai mancar nulla, ndr.], ha tutta l’aria di una excusatio non petita.
Sì, perché nel mio pezzo dal titolo: “Cava De Pascalis: è permesso sapere?” quel “Cava De Pascalis” non era un vocativo, ma un complemento di argomento, seguìto appunto non da una virgola (questa, sì, avrebbe forse potuto trarre in inganno), ma dal comune carattere tipografico dei due punti.
Ergo: si parlava di, a proposito di, riguardo a, sopra, circa, about, insomma intorno alla Cava De Pascalis, e non a, all’indirizzo postale o al recapito della spettabile ditta.
Puntuale come la morte è arrivata invece (chi l’avrebbe mai detto) l’originalissima lettera a cielo aperto del titolare effettivo dell’immondezzaio nohan-galatinese (parlando con pardon: uso un sinonimo per non ripetere il solito lemma ‘discarica’ - del resto non stiamo mica discettando di un’oasi del National Geographic, sebbene avrebbe potuto benissimo diventar tale nel caso in cui il bene comune avesse prevalso su uno degli affetti più cari dei diretti interessati: il portafoglio).
Nell’enciclica sociale, il membro scrivente, nel ringraziare l’anonimo cittadino di Noha [che poi sarei io, ndr.], il quale aveva chiesto pubblicamente chiarimenti [non a lui, o all’amministrazione della cava - per considerazioni così scontate che capirebbe pure un bambino in seconda elementare e neppure tanto sveglio - ma a soggetti terzi possibilmente non in conflitto (vale a dire consonanza) di interessi con il padrone delle ferriere: del resto, cosa ti aspetti che dica un Marchionne se non che dai tubi di scappamento delle sue automobili fuoriesca profumo Chanel n. 5? - ndr.], ci attacca un pippone inenarrabile partendo dal 1950, citando antichi proverbi, blaterando di rispetto delle norme, di figli, nipoti e amici, nonché della sua “personale sensibilità alle tematiche ambientali” [giacché c’era poteva anche chiarirci in quali termini, e se per caso lui e i suoi amici di cordata politica fossero, per dire, ancora favorevoli al mega-porco commerciale di 26 ettari da colare nei dintorni di Collemeto: così, tanto per avere un’idea circa certe “sensibilità alle tematiche ambientali”, ndr.].
Il novello pezzo grosso della politica galatinese continua poi imperterrito a tranquillizzarci dicendoci che tutto è apposto e in regola [se lo dice la proprietà dev’esser vero, ndr.] e dichiarando che le porte dell’azienda sono sempre aperte per i dovuti controlli [ci mancherebbe altro che i cancelli dell’azienda rimanessero sprangati di fronte ai dovuti controlli, ndr.] e infine, ciliegina sulla discarica, il suddetto socio-ambientalista mette a disposizione dei cittadini il proprio indirizzo mail cui indirizzare qualsiasi dubbio o richiesta di chiarimenti [mei cojoni: vuoi che l’oste non ti dica subito subito se il suo vino fa schifo? Suvvia, uomo di poca fede. ndr.].
Non pago di tutto questo, il nostro aspirante sindaco, non si sa perché, termina il suo trattato con una dotta nonché interessantissima dissertazione sulla differenza tra traversine ferroviarie in legno e quelle in cemento [si sarà evidentemente laureato discutendo una tesi in traversine, ndr.], del che ovviamente non possiamo che rendergli grazie: del resto tutto è cultura, come diceva quel tale.
*
E Niente. Sarà che in certi settori (come quello delle discariche) la probabilità che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità; sarà che il sottoscritto è uno al cui confronto Murphy (quello della legge) era un inguaribile ottimista; sarà che certe supposizioni (o supposte) non portano nulla di buono; sarà che nemmeno il più sprovveduto dei cittadini può essere così ingenuo da prendere per oro colato il verbo del padrone di turno (che per definizione sarebbe capace di ogni ritocco pur di far sembrare presentabile persino Fukushima dopo l’esplosione); sarà tutto questo contemporaneamente, ma insomma l’epistola carica del socio nonché probabile futuro sindaco di Galatina non m’ha tranquillizzato per niente.
Oddio, qualcuno l’avrà tranquillizzato, eccome: tipo certi gggiornalisti di Gggalatina (già di per sé sereni e tranquilli per indole e formazione), che, anziché controllare questo o quel potere indigeno con inchieste, ricerche o almeno una domanda una che sia tale, si limitano a copia-incollarne i comunicati ufficiali, bistrattando così i loro poveri, inconsapevoli lettori.
Mi sa tanto che i veri rifiuti tossici da ammassare in discariche severamente controllate come manco un sito nucleare sono certi quotidiani appena usciti dalle rotative tipografiche.
Credo si tratti di veri e propri inerti contaminati, da non toccare nemmeno con una canna da pesca. E sottolineo inerti.
Antonio Mellone
set102015
Continuiamo con queste note (invero un po’lunghe, ma a puntate) a commento dell’enciclica di papa Francesco, la prima nella storia della chiesa scritta e presentata in italiano (o comunque non in latino), e forse proprio per questo negletta dalla gran massa degli italiani impegnati ad applaudire (come, per esempio, i ciellini a Rimini) ogni tribuno - specie se della compagine governativa - pronto a vendere speranze manco fossero pentole antiaderenti.
“Alcuni progetti, non supportati da un’analisi accurata, possono intaccare profondamente la qualità della vita di un luogo per questioni molto diverse tra loro, come ad esempio, un inquinamento acustico non previsto, la riduzione dell’ampiezza visuale, la perdita di valori culturali, gli effetti dell’uso dell’energia nucleare. La cultura consumistica che dà priorità al breve termine e all’interesse privato, può favorire pratiche troppo rapide o consentire l’occultamento dell’informazione” (tratto dal punto 184, pagg. 152 – 153, “Laudato sì’” di papa Francesco, Ancora, Milano, 2015; la sottolineatura è nostra).
Sembrano parole scritte dal Forum Ambiente & Salute, o dai Sognatori Resistenti, o da Ivano Gioffreda, o da Marcello D’Acquarica, o dall’Anita Rossetti, o da Tonino Baldari & Co. Invece – chi l’avrebbe mai detto – si tratta delle parole di un papa, vergate nero su bianco, su di una circolare inviata urbi et orbi (speriamo non troppi orbi).
Assunti che abbiamo espresso infinite volte allorché abbiamo avuto a che fare con il mega-porco Pantacom, il fotovoltaico selvaggio in mezzo alla campagna, la S.S. 275 che vogliono far giungere fino a Santa Maria de finibus terrae (ormai nomen omen), la statale 8, il gasdotto Tap, la Xylella vantaggiosa (ai soliti noti), il porto turistico di Otranto, le grandi navi nella laguna di San Marco, e, ultimamente, le trivellazioni in mare, magari a poche miglia dalla battigia: in una parola contro la mafia.
Sì, non c’è niente da fare: là dove si devasta l’ambiente, si deturpa il paesaggio, si mortificano i beni culturali, lì c’è mafia. La mafia non è (più) quella della lupara e della coppola (oddio, qualche pirla così conciato c’è ancora in giro, eccome, anche da noi, e non solo a Palermo o a Roma). La mafia più pericolosa è invece quella del sacco di Palermo (come di Galatina, del Salento, dell’Adriatico…), quella dello scempio ambientale presentato come “sviluppo”, “ricadute occupazionali” e “progresso” (sì, signora mia, saccheggiano anche il vocabolario della lingua italiana, e chiamano “progresso” la barbarie: la solita Itaglia alla cazzo-di-cane). Ma perché la mafia esista e prosperi c’è bisogno di quella zona grigia che è la trattativa stato-mafia: senza trattativa, infatti, non c’è mafia, la quale sta alla trattativa come l’automobile alla benzina: sicché l’una diventa il bene complementare dell’altra, come la scarpa destra e la scarpa sinistra.
“In ogni discussione riguardante un’iniziativa imprenditoriale si dovrebbe porre una serie di domande per poter discernere se porterà ad un vero sviluppo integrale: Per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali sono i rischi? A quale costo? Chi paga le spese e come lo farà?” (punto 185, pag. 153, ibidem). Qui invece chi pone delle domande è il solito disfattista, un “ecologista” (come se il lemma fosse una bestemmia), uno poco pragmatico, e soprattutto un rompicoglioni, un gufo per giunta “rosicone”. Come se la situazione politica, sociale e culturale che stiamo drammaticamente vivendo non fosse frutto appunto di una carenza di democrazia, a sua volta derivante dalla scomparsa del senso critico, che invece è cultura, senso civico tout court.
“L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente. Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. E’ realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni? [See, campa cavallo, ndr.] All’interno dello schema della rendita non c’è posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessità degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati dall’intervento umano” (tratto dal punto 191, pagg. 156 -157, ibidem – la sottolineatura è nostra). Più chiaro di così si muore.
“Quando si pongono tali questioni, alcuni reagiscono accusando gli altri di pretendere di fermare irrazionalmente il progresso e lo sviluppo umano. Ma dobbiamo convincerci che rallentare un determinato ritmo di produzione e di consumo può dare luogo a un’altra modalità di progresso e di sviluppo. […] Si tratta di aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo” (tratto dal punto 191, pag. 157, ibidem). Ritorna il concetto della decrescita felice, di un altro paradigma, di un’altra economia, a cui fa più volte esplicito riferimento questo papa “qui sibi nomen imposuit Franciscum” (e modestamente anche chi scrive).
Arrivederci al prossimo e ultimo appuntamento con la “Laudato sì”. Oggi e sempre sia laudato.
Antonio Mellone
mar142011
“L’elenco dei siti in cui potranno sorgere le centrali nucleari, nonché quello dei possibili siti del deposito nazionale delle scorie radioattive sono belli e pronti, anche se il governo non li rende noti”: lo sostengono i parlamentari del Pd che si occupano del Dossier nucleare, che hanno presentato una serie di interrogazioni.
Puglia
28. zona costiera al confine con la Basilicata (Taranto)
29. zona costiera a nord del promontorio del Gargano in prossimità di Lesina (Foggia)
30. zona costiera del Golfo di Manfredonia (Foggia)
31. la zona costiera ionica a nord di Porto Cesareo (Lecce)
32. la zona costiera ionica a sud di Gallipoli (Lecce)
33. la zona costiera adriatica a nord di Otranto (Lecce) vincoli naturalistici
34. la zona costiera a sud di Brindisi (Lecce) vincoli naturalistici
35. la zona costiera in corrispondenza di Ostuni (Brindisi)
fonte: www.giornalettismo.com
lug032024
Michele Scalese è un ragazzo nohano, vabbè un neo-trentenne, molto coraggioso. E non tanto per certe sue plateali dichiarazioni che avrebbe potuto tranquillamente tenere per sé ma che invece ha ritenuto opportuno rendere pubbliche (si chiama maieutica ed è un’arte), dichiarazioni oltretutto rivoluzionarie entrate ormai nelle pagine più belle della Storia di Noha, sicché finalmente questa frazione di mondo non è più da considerarsi un Jurassic Park; e nemmeno per la denuncia del vile episodio di qualche settimana fa compiuto ai danni della sede del Partito (di cui Michele è segretario politico) da parte del balordo di turno affetto evidentemente da omofobia con numerosi sintomi di ergofobia e l’aggravante dell’epistemofobia, dico di turbe psichiatrico-compulsive che, a richiesta, il nostro Michele potrebbe curare benissimo in una manciata di sedute (visto il suo lavoro di psicologo e psicoterapeuta); coraggioso, dunque, non solo per quanto precede, ma perché gli è venuto il ghiribizzo di invitare il sottoscritto a un convegno organizzato nella storica sezione downtown-Noha dei democratici sul tema dell’AutoTomia Differenziata (scusate, ma non riesco proprio a sostituire la seconda t con la n, ché “autotomia”, vale a dire la capacità di alcuni animali di auto-mutilarsi, rende meglio l’idea alla base di codesta iattura chiamata legge, approvata con atti di bullismo politico in piena notte dalla maggioranza legaiol-destronza in vena di scambio di favori: “Tu approvi l’Autotomia a me, io poi ratifico il Premierato a te e insieme distruggiamo quel che resta della magistratura”).
Dicevo del coraggio di Michele di convocare perfino me, così inviso a quasi tutti i partiti dell’arco costituzionale e a buona parte dei gruppi extraparlamentari, per aver servito loro nel corso del tempo più di un piatto di penna all’arrabbiata, con spruzzata di inchiostro niente affatto simpatico. E fosse soltanto questo: è che, mannaggia, nel corso della mia “carriera” ho portato avanti un sacco di battaglie afferenti la Pòlis - perdendole (quasi) tutte. Sì certo ho stravinto quelle in tribunale, ma non si tratta di battaglie, bensì di corsi di recupero in diritto e buona creanza impartiti a qualche caricatura della politica locale in commercio d’amorosi sensi con le intimidazioni a mezzo querele penose più che penali.
Devo dirla tutta: Michele non ha coinvolto soltanto me, ma anche un bel po’ di belle persone con storie, sensibilità ed estrazioni le più disparate, costituite in Unità Differenziata, pronte a dialogare sull’argomento di cui sopra.
Sarebbe bello che la novella agorà si aprisse ad altre questioni di impellente attualità come la pace (ancor oggi lemma-tabù in certi ambientini), l’escalation militare verso la guerra nucleare, i genocidi ai danni di popolazioni inermi con il silenzio assenso delle “democrazie” occidentali, la libertà condizionata di stampa, la nostra terra ridotta a un hub di rifiuti, cemento, veleni, campi di fotovoltaico e pale eoliche, e, ultimo ma non meno importante, i diritti civili da non slegare mai dai sociali. Dibattiti per molti, s’intende, non per tutti: i camerati nostalgici di saluti romani, per esempio, quelli degli inni e canti sciolti al loro duce con tanto di urlo finale “Presente!”, o peggio mi sento “Sieg Heil!”, potrebbero non esserne punto interessati, attesa la prematura scomparsa dal monitor di ogni segnale di relativa attività cerebrale.
Non so da chi abbia preso Michele, magari da nonna Saia (quando parla di lei mi fa piangere), perché lu vagnone oltre che coraggioso è anche capace di sopportazione e ascolto: una volta per istrada, eravamo in via Trisciolo, gli attaccai un bottone di dieci interminabili minuti sul concetto di lotta orizzontale tra servi, precari, sfruttati, vinti, ultimi e penultimi (in sintesi plastica i capponi di Renzo Tramaglino), che purtroppo in quest’era post-ideologica sembra aver preso il posto dell’antica lotta verticale, quella contro l’oppressore, il neoliberismo illiberale, le angherie più insostenibili, il mercato deregolamentato, l’ingiustizia promossa a sistema, e i padroni del pensiero: “Non esistono poteri buoni”, chiosai, citando De André. Mi rispose con un “grazie”, e non fu per svignarsela.
Chiudo qua. Non vorrei che, dopo aver letto queste righe, Michele Scalese mi convocasse per cantarmene quattro: ché il ragazzo, per chi ancora non lo sapesse, è anche un ottimo tenore, oltre che un eccellente organista.
Che invidia.
Antonio Mellone
mag252009
Proprio adesso che tutto il mondo mediatico verseggia e colora il Salento come il nuovo paradiso vacanziero. Adesso che si comincia a pensare al Salento come turismo di pregio, per la sua natura, per le sue coste, per i suoi paesaggi, per la sua arte e per la sua cultura, qualcuno propone di farlo diventare il polo nucleare italiano. Quel nucleare già portatore di morte e prolifico produttore di scorie ad alto rischio di inquinamento. Quelle stesse scorie che nel deposito di Asse, inaugurato negli anni ’60, situato tra Amburgo ed Hannover, in Germania, stanno riversando il loro micidiale contenuto nelle falde acquifere sotterranee. Il governo federale dovrà sborsare miliardi di euro imprevisti per riallocare in sicurezza i barili accatastati in un posto a tenuta stagna. Eppure, assicuravano i responsabili a suo tempo, era un sito appropriato, opportunamente scelto con criteri e conoscenze geologiche.
La prepotenza e l’inciviltà di pochi rischia di produrre scorie e arretratezza.
Il Piemonte ha già detto no alla decisione del Parlamento di riproporre il nucleare in Italia.
Nel Salento qualcuno, forse trascinato dall’inerzia di popolarità mediatica del potere, vorrebbe far diventare la nostra terra un deposito di scorie o addirittura produttore stesso!
"Sul nucleare pronti a sfidare il governo"- LASTAMPA.it
nucleare a Nardò - Il Paese Nuovo - Giovedi 21 Maggio
Marcello D’Acquarica
gen212011
Vuoi sapere la verità sul nucleare? Guarda lo spot che ha realizzato Greenpeace Italia per smentire le bugie del Governo, di Enel e del Forum nucleare.
L’energia nucleare è 'un problema senza soluzione' perché:
lug232023
Codesta seconda Fetta di Mellone 2023, complementare alla precedente, vuole trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha. Si sta dunque riportando qualche brano trafugato dai verbali del famoso processo boomerang, altrimenti detto farsa, trasformatosi poi, senza il volere esplicito del denunciante, in un processo di canonizzazione (previa beatificazione) dei miei scritti corsari finiti sul banco degli imputati.
Siamo ora perlopiù alle prese con l’arringa del mio difensore. All’inizio, a sentirlo blaterare così a favore del mio (invero dilettante) aguzzino, mi sorgevano spontanee, benché represse, risolute imprecazioni da anatema pontificio contro i suoi meglio avi defunti oltremodo putrefatti. Da alcune asserzioni proferite al cospetto del tribunale, il mio avvocato di diciamo fiducia appariva così d’accordo con il bi-querelante che sembrava quasi averne controfirmato la richiesta di incriminazione. Ma vedi tu che vado a pensare.
Giudice: “Posto che i follower, pardon, i testimoni della parte offesa (categoria fedeli abbonati) non possono testimoniare per via del “rido abbreviato”, sentiamo ora il cosiddetto difensore dell’imputato. Mena meh, ché la prescrizione incombe”.
Avvocato dell’imputato, compulsando le carte: “Ehm, cioè, io non saprei cosa dire. È che tutte le volte che parlo peggioro la situazione del condannato, scusi, volevo dire indagato, anzi imputato… Ah ecco qua, signori della coorte, cosa preferite voi: le Fette di Mellone o il condizionatore acceso?”. Imputato afflitto: “Minchia, ho scelto proprio il Migliore”.
Avvocato dell’imputato imperterrito nella sua arringa sempre più aringa: “A noi non rimane che ringraziare la parte offesa per queste querele: se non le avesse sporte, il mio patrocinato non avrebbe mai saputo che quello che scrive è legittimo, e magari avrebbe continuato a usare gli stessi toni con il timore di esagerare un po’”. Imputato tachicardico: “Quasi quasi gli portiamo un presente per sdebitarci”.
Avvocato dell’imputato, imperturbabile: “Lo so che un tempo si parlava di ‘Spada di Damocle’, mentre oggi per antonomasia di ‘Penna di Mellone’ penzolante sulla testa di chi osi affacciarsi sulla scena pOLITICA locale: una penna capitale, dico, feroce e ruvida contro il digiuno di metafore, iperboli, noir e autoironia. È che talvolta il mio assistito crede che i suoi scritti possano competere con gli epigrammi di Marziale o le invettive di Pietro Aretino. Ma non ha intuito una beneamata, visto che oggi la satira non ha più bisogno nemmeno di un Aristofane o di un Giovenale (figurarsi dunque di un Mellone qualsiasi), e che i testi migliori sono quelli auto-prodotti dai bersagli stessi della caricatura, sicché l’unico reale rischio giudiziario è il copyright”. Imputato sorpreso: “Questa è così sottile che rischiamo una strage di analfabeti funzionali per ictus da sforzo. Però, però questo avvocato…”.
Avvocato d’arringa/aringa: “Certo, al mio cliente prudono le mani, e dovrebbe smetterla di rappresentare certi protagonisti delle sue Fette con questi toni fortemente (e palesemente) caricaturali, paradossali, surreali e pure grotteschi”. Giudice: “Ma in tal caso, cioè se interrompesse la scrittura delle sue catilinarie, Mellone incorrerebbe nel ben più grave delitto di occultamento di cadavere”. Imputato estasiato: “Allora non c’è un giudice soltanto a Berlino [B. Brecht, ndr.], ma anche a Cavallino. Signor giudice, me lo lasci dire: lei oltre che togato è proprio togo”.
Avvocato finalmente d’arringa: “Oltretutto, scongiurando che il Mellone appenda la penna al chiodo rischieremmo di precipitare financo nella democrazia”. Imputato trasognato: “Ma tu guarda”.
Avvocato d’arringa, ormai di ringhio: “Quali allora i reati del mio assistito? Associazione a delinquere o non piuttosto istigazione a distinguere? Circonvenzione d’incapace o ‘perculazione’ di capace (di tutto)? Abuso d’ufficio (che tra l’altro sta per essere depenalizzato per il sindaco di turno) o abuso d’auspicio (di un mondo diverso)? Turbativa d’asta o di casta? Lesioni personali o non più volentieri, per quanto vane, lezioni personali? Apologia di reato o non invece di creato? È indiziato di procurato allarme o viceversa di ritrovato charme? S’è macchiato di oltraggio a pubblico ufficiale o non invece di resistenza a pubblico manicomiale? A voi la scelta. Certo, spesso è recidivo e abusa dei mezzi di correzione (matite rosse e blu contro ogni nichilismo grammaticale), ed è sospettato dell’efferato crimine di detenzione di armi (penna a grappolo, arma nucleare e tattica). Mo’ ditemi voi se questa è diffamazione o non semplicemente informazione a mezzo stampa, oltre che favoreggiamento della costituzione”.
Giuria: “Non ci abbiamo capito una mazza. Quindi questo galeotto è reo di morte”.
Imputato rassegnato: “Questa mi sembrava di averla già sentita nei confronti di quell’Altro della via crucis. Dichiaro comunque di rinunciare sin da subito a ogni attenuante, grazia o amnistia: meglio un insulto che l’indulto”.
E così, mentre il ritratto di Piero Calamandrei, dopo aver sobbalzato più volte nel corso dell’udienza, rimane inclinato di undici gradi, il giudice togato, assunto un Maloox contro il reflusso gastroesofageo, si ritira in camera di consiglio per deliberare sul maxi processo de Nohantri.
Dopo 72 ore ininterrotte di riflessioni, ripensamenti, riscritture in sanscrito e castime in aramaico, il magistrato parzialmente stremato sputa la sua sentenza: “In nome del popolo italiano, il tribunale assolve l’imputato per non aver commesso il fatto [il che equivale a condanna del citante per non aver compreso il fatto, ndr.], ma al contempo lo sanziona al taglio delle sue fette di Mellone estive in saecula saeculorum. Così è deciso, l’udienza è tolta”.
Fine penna mai.
Antonio Mellone
nov042010
Si terrà domani 5 Novembre a Galatina a partire dalle 17.30 nella sala 'Celestino Contaldo' del Palazzo della Cultura il convegno organizzato dalla Cgil dal titolo ' Quale energia per un futuro sostenibile? ' La Cgil a sostegno di una legge di iniziativa popolare per una politica energetica senza il nucleare'.
Il sindacato si propone di aprire un dibattito con i cittadini della provincia di Lecce per interrogarsi sulla situazione attuale nel territorio in fatto di politiche energetiche e su quanto queste favoriscano la diffusione delle energie da fonti rinnovabili garantendo un futuro sostenibile.
Interverranno al convengo Mario Barberio, Responsabile Dipartimento economico della Cgil Puglia, Luca Carbone, Sociologo dell’ambiente dell’Università del Salento, Giuseppe Serravezza, Presidente Lega Tumori, Antonella Cazzato, Segretaria confederale Cgil Lecce. Coordinerà il dibattito Daniela Campobasso, Responsabile Macroarea CGIL Sud Salento.
All’incontro sarà presentata la proposta di legge di iniziativa popolare sulle energie rinnovabili che la Cgil ha depositato in Cassazione il 7 giugno scorso. Anche in provincia di Lecce è stata avviata la raccolta di firme sulla proposta “SÌ alle energie rinnovabili NO al nucleare” da portare al Parlamento.
lug262011
Perché sia imposta una moratoria urgente per tutte le miriadi di impianti eolici e fotovoltaici industriali in progetto nel paesaggio del Bel Paese, l’ Italia, e che comporterebbero se realizzati la cancellazione totale di tutto ciò che significa “Italia” nel mondo, nonché gravi problemi di disagio e mobilitazione sociale a difesa del vitale spazio vitale e del territorio! Fatta l’Italia, fatti gli italiani, dopo 150° anni di speculazioni crescenti, ed impennatesi esponenzialmente oggi nella grave aberrante iper-speculazione della mala della Green Economy Industriale, ora abbiamo bisogno di rifare il paesaggio identitario, rurale, storico e naturale, d’Italia, e di farlo risorgere e restaurarlo a 360°!
Il gruppo, dall’eloquentissimo nome “Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi”, nato su facebook (http://www.facebook.com/groups/192311587488270), ma già attivo anche nella realtà delle relazioni umane e sul territorio, ha ormai raggiunto e ampiamente superato la simbolica soglia “dei 1000” iscritti, nonostante si sia costituito solo da pochissimi giorni! Vi è un malumore dilagante, enorme, in tutta la Nazione, da un capo all’altro della penisola e sulle sue isole, che sta trovando così sfogo e forme di coordinamento ed organizzazione, attraverso il canale iniziale del social network di internet facebook, per reagire contro la mala della Green Economy Industriale, che tiene quasi del tutto in mano l’informazione di molte tv nazionali, e ha creato una macchina di controllo mediatico fittissima, atta a non dare voce, e a gettare fango su chi sta cercando di fare emergere tutta la Verità relativa al sistema di fondamentalismo fanatico interessato falso-verde, neo-industrialista, mistificatorio, e iper-speculativo, cresciuto sul tema, strumentalizzato oltre ogni immaginazione, dei cambiamenti climatici causati dall’uomo.
Una macchina impressionante della menzogna che ha trasformato immoralmente le energie rinnovabili, che con forme virtuose di utilizzo dovevano negli intenti iniziali, salvare il nostro Pianeta, nel più grande e devastante per lo stesso Pianeta, business fraudolento di inizio millennio! La gravità di quanto avvenuto, se da un lato distrugge l’ambiente ed il paesaggio in ogni dove ed in ogni direzione con impianti di dimensioni mastodontiche a fini puramente economici, dall’altro sta erodendo democrazia e libertà, oltre che calpestando diritti fondamentali dei cittadini. Il gruppo pertanto indirettamente persegue anche l’obiettivo, altra faccia della stessa medaglia della protezione del paesaggio, di salvare anche la stessa “filosofia buona di fondo” delle energie rinnovabili, da queste aberrazioni mostruose industriali ed oligopolistiche che le stanno snaturando profondamente, e rubando di fatto ai cittadini medesimi!
La forza del vasto crescente gruppo sta anche nella sua costitutiva apartiticità ed al contempo apertura a tutti senza distinzioni alcune a tutti coloro che stanno percependo in tempo tutta la gravità della catastrofe falso-verde in corso! Anche da diverse associazioni nazionali, ormai nella sostanza del tutto pseudo-ambientaliste, scivolate nella macchina speculativa della Green Economy, numerosi sono coloro che stanno prendendo le distante dai loro direttivi degenerati, e stanno sostenendo queste nuove realtà organizzative espressione della necessità di reagire e di salvare la vera “ecologia”, dall’ ecologia malata e strumentalizzata che oggi l’ Italia subisce come un flagello! Il Gruppo è totalmente aperto a chiunque sia contrario e sensibile alla devastazione del paesaggio da impianti industriali fotovoltaici ed eolico sulle aree verdi.
In quasi tutto il territorio nazionale è in scandaloso corso una installazione selvaggia di impianti industriali fotovoltaici a terra in zone agricole e naturali e sui laghi, e di eolico, con torri di media e mega altezza (fin anche oltre 100 m ,e anche 150 m), tanto in mare quanto sulla terraferma, spesso anche senza alcuna informazione del cittadino. Viene calpestata il più delle volte ogni buona norma per la distanza degli impianti da abitazioni e presenze umane. Chi ne viene danneggiato, case sparse ed agriturismi, non è giusto che debba subire i danni materiali da deprezzamento dell’immobile oltre le spese per difendere i propri beni da tali scempi, e danni morali e psico-somatici da impatto ambientale (acustici, visivi, elettromagnetici) per 20 anni fino a dismissione dell’impianto. Inoltre essendo autorizzazioni “rinnovabili” è probabile che avendo già una predisposizione possano rimanere per sempre operanti in loco. Quindi dobbiamo batterci sia per noi stessi che per le bellezze naturali d’Italia, prima vanto e attrazione turistica, ora deturpate da questi mostri che dovrebbero produrre energie “pulite” alternative e non distruttive del territorio, che pertanto pulite non sono. Siamo favorevoli alle energie alternative, ma sui tetti e tettoie di tutti gli edifici recenti, per l’autoconsumo, sopra i capannoni industriali, nei parcheggi, autostrade ecc., purché si eviti di sottrarre i terreni all’agricoltura e ai paesaggi ricchi di verde della nostra nazione.
Siamo stati tutti in prima linea nella lotta contro la “Pazzia del nucleare”, e lo abbiamo fatto perché credevamo e crediamo davvero nella possibilità di produrre energia pulita per rispettare ambiente e paesaggio insieme, attraverso il fotovoltaico ubicato sui tantissimi tetti inutilizzati degli edifici recenti, ed è per questo che affermiamo che sarebbe un crimine continuare ad appioppare il falso nome di “energie pulite” al mega e medio eolico e al fotovoltaico nei campi e sui laghi con cui si vuole oggi distruggere la nostra nazione, l’Italia, il giardino bello del Mediterraneo con la cornice del suo incantevole mare, la più bella nazione del mondo culla di cultura e vita, da millenni! I principi fondanti delle richieste di questo gruppo: sono sintetizzati nel nome del gruppo stesso "Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi", e, alla luce dell'attuale tecnologia eolica falcidia uccelli e paesaggio, si aggiunga "e nel mare"; Pertanto:
-) Sì solo al fotovoltaico sui tetti di tutti gli edifici recenti – e sottolineiamo “recenti” per evitare di dare lo spiraglio ad altri disastri della Nazione da iper-sfavorire, dei suoi centri, palazzi e luoghi storici;
-) No al mega e medio eolico ovunque per il suo danno paesaggistico di portata chilometrica.
Il principio forte e nuovo, e più onnicomprensivo, che viene lanciato da questo comitato, è la “DECEMENTIFICAZIONE”, che noi chiediamo per la nostra Nazione, la sua bonifica dal cemento, di cui questa mala della Green Economy Industriale è figlia (vedi basamenti di cemento di torri eoliche e pannelli nei campi), e quindi la sua rinaturalizzazione, in cui crediamo, e che vogliamo e che sappiamo, in coscienza e scienza, essere davvero fattore strategico per la nostra vita e crescita culturale umana ed economica! Di fronte alla noncuranza con cui taluni difendono il fotovoltaico industriale a terra, sebbene quasi tutti, sono persone più o meno direttamente collegate al nero business sottostante, ci chiediamo retoricamente “quanti hanno un’idea di come viene prodotto il cibo che tutti noi consumiamo”!? Solarizziamo pertanto tutti tetti gli sconfinati tetti degli edifici recenti, e solo dopo averlo fatto valutiamo cosa serve ancora all' Italia davvero, e vediamo un po' intorno a noi, solo allora, cosa offrono i vari “pifferai magici” per poi decidere con saggezza; la stessa saggezza di chi dirà si oggi solo al fotovoltaico sui tetti per salvare campi, mare e cielo, vita, nerezza paesaggio! Sui tetti delle brutture della modernità del cemento i pannelli fotovoltaici non possano peggiorare in alcun modo tali orrori, al più su questi edifici recenti i pannelli possono dare un tocco di estetica! Tutt'altro il discorso per edifici storici e centri storici dove ai normali pannelli occorre sostituire e pensare, se proprio anche lì dei privati vogliano ubicarvi impiantini solari, a soluzioni iper-integrate, innovative e di zero impatto estetico!
Alcune associazioni falso-ambientaliste stanno tentando di favorire soluzioni miste tra fotovoltaico ed agricoltura, con serre fotovoltaiche, panelli sospesi ecc. che comunque sottraggono la risorsa “Sole”, al mondo vegetale e pertanto di dubbia efficacia e di conclamata dannosità paesaggistica, pur di favorire ancora la fotovoltaicizzazione ed iperelettrificazione speculativa dei campi, sulla cui nocività per innumerevoli fattori (dall’ uso dei diserbanti, ai campi elettromagnetiche, ai componenti nocivi dei pannelli, come per il Tellururo di Cadmio, l’Arseniuro di Gallio, ecc.) oggi colpevolmente da parte delle autorità pubbliche preposte (Asl, ARPA, ecc.) ancora non si indaga adeguatamente, con il grave rischio di avere tra qualche anno un’emergenza del tipo di quella “amianto” causata da una eccessiva superficialità iniziale!
Le stesse associazioni, mere scatole svuotate degli originari valori statutari ecologisti, si dicono, strumentalmente, “favorevoli all’ubicazione dei pannelli fotovoltaici in zone agricole”, che essi definiscono “degradate”! “Degradate” !? Ma non si deve assolutamente introdurre in queste logiche il concetto stesso di zone degradate!!! Sarebbe iper-sbagliato! Nelle cave, ad esempio, si facciano laghi, si piantino piante, si coltivi! Nelle aree degradate agricole, inquinate, cementificate, le si de-cementifichi, le si bonifichi dagli inquinanti e le si ri-naturalizzi! Le si rimboschisca, se si ha davvero a cuore i clima del globo, e soprattutto il microclima e la biodiversità! Le si facciano tornare campi e pascoli fertili e produttivi!
Le aree degradare dall'uomo ad hoc esistono già e si chiamano "zone industriali" preesistenti, e tante con tanti lotti inutilizzati ancora, o dismessi, e son pure già urbanisticamente infrastrutturate ad hoc per la sicurezza, e programmate non certo per viverci! I pannelli fotovoltaici vadano su tetti di tutti gli edifici recenti, migliaia di ettari inutilizzati e biologicamente morti, di nullo valore estetico! Solo dopo averli occupati ci metteremo a tavolino e decideremo cosa altro ci serve in termini energetici! E faremo eventualmente altre concessioni, come sistema Italia, ma intanto anche la tecnologia delle rinnovabili sarà avanzata, più efficiente e di minore impatto, rispetto a quella attuale di eolico e fotovoltaico, tecnologicamente disponibile sul mercato, e che siamo costretti ad affrontare! Il concetto di area degradata pro-fotovoltaico è pericoloso, pericolosissimo, si presta a mille invenzioni diaboliche da parte delle male lobbies di speculatori politico-imprenditoriali, scoraggia ogni futuro intervento di restauro paesaggistico, di cura del paesaggio che deve partire proprio dalle aree degradate e che deve essere il contributo che da noi tutti più deve giungere alla cultura amministrativa italiana, dove deve divenire pratica prioritaria!
Ed inoltre in un circolo vizioso, tale concetto porta a degradare strumentalmente aree oggi non tali, al fine di favorirvi la speculazione, quasi fisiologicamente “mafiosa”, della Green Economy Industriale, fisiologicamente tale poiché fondata non sui doni della terra o del sole e del vento, ma sui nostri incentivi pubblici, e poiché depreda noi tutti non solo dei nostri denari, ma anche del nostro vitale habitat e del nostro paesaggio, il libro aperto al cielo della nostra storia ed identità, la scenografia della piacevolezza della nostra esistenza! Paesaggio che questa estesa mala distrugge incostituzionalmente ed immoralmente come nulla mai sin ad oggi nella storia umana, con rapidità ed estensità inaudite! Si deduce oggi dalle ultime normative che: sono utilizzabili terreni da almeno 5 anni non coltivati per l’ubicazione dei pannelli nei campi per impianti industriali, cioè volti alla vendita dell’ energia”! Ma che significa?! Sono follie! Si vuole far passare per degradati terreni non coltivati da 5 anni almeno? Ma son proprio quelli i terreni più naturalmente fertili!! Ma si è smarrito ogni rapporto con la natura, con la scienza millenaria dell’agricoltura: sono i terreni a riposo, quelli più arricchiti di humus, quelli a più alto potenziale di fertilità! Si è dimenticato, nella pazzia speculativa dell’industrializzazione chimica dell’agricoltura che fa oggi massiccio uso di abbondanti, e anche nocivi, fertilizzanti chimici, concetti come il “riposo dei terreni”, le “rotazioni delle colture”, il “maggese”! I terreni "degradati" non esistono! E se esistono non devono esistere più!
Tutta la degenerazione del tessuto socio-politico ambientalista italiano si evince nella delittuosa scomparsa di qualsiasi politica di rimboschimento, e di riforestazione vera, estesa, partecipata e razionale dell’Italia, che dovrebbe essere la priorità di ogni impegno in favore del clima e del microclima e non solo, del suolo, della salubrità dell’ambiente, della biodiversità, del paesaggio e dell’economia silvo-agro-pastorale. Invece si concedono finanziamenti pubblici fortissimi per una speculazione, quella industrializzante del fotovoltaico a terra che desertifica artificialmente vetrificando migliaia di ettari ed ettari di territorio, depauperandone l’ humus vitale, cancellandone la biodiversità, ed estirpandone ogni cultura, anche persino della vite e dell’ olivo, delle blasfemie, in nome di politiche di facciata contro i cosiddetti “surriscaldamenti climatici” ed il conseguente rischio di naturale desertificazione cui ampie zone dell’ Italia e del Mediterraneo sono sottoposte, come dichiarato dall’ Organizzazione delle Nazioni Unite-ONU (si pensi solo ad esempio alla Puglia). Siamo al paradosso più totale ed umanamente intollerabile! Ed è questa una denuncia forte che il comitato lancia affinché il mondo politico-amministrativo italiano ripercorra con decisone la strada dei rimboschimenti, come stanno facendo numerosi paesi europei e del mondo, dall’ Inghilterra alla Cina, abbandonando la mala strada innaturale e esecrabile della industrializzazione all’energia delle campagne!
Urge una rievangelizzazione alla cultura dell’ elementarità della natura della nostra società e di tutta la nostra presente e futura classe dirigente! Quella odierna, di destra sinistra e centro, ha fallito non solo davanti al popolo italiano, davanti alla costituzione che calpesta! Ha fallito il suo ruolo storico davanti alla Natura, e questo è gravissimo! Anche questa è una missione culturale, tra le missioni politiche-ambientaliste fondanti! Un impegno per la vita e per la bellezza della nostra sacra nazione Italia! le procedure adottate da comuni e provincie che in molti casi risulterebbero difformi ed irregolari.le procedure adottate da comuni e provincie che in molti casi risulterebbero difformi ed irregolariDa tutta Italia, come prima iniziativa del comitato, di fatto spontaneamente costituitosi intorno a questo gravissima deriva della nostra democrazia che la Green Economy Industriale odierna fortemente rappresenta, con il grave logorarsi conseguente ed il venir meno anche delle più elementari garanzie e del rispetto dei diritti dei cittadini e dei principi sanciti dalla Costituzione italiana, Si leva un appello forte al Governo e al Parlamento tutto perché intervengano facendo rispettare la nostra Costituzione ed i diritti dei cittadini frodati, ingannati e danneggiati da questa maxi-speculazione della Green Economy Industriale in atto, ed un appello ogni uomo politico italiano, di qualsiasi schieramento, perché si abroghino d’urgenza gli immorali ed esosissimi incentivi pagati da tutti i cittadini a queste implementazioni industriali per la vendita delle energie rinnovabili, che come tali, per il loro elevatissimo impatto ambientale, non sono più energie “pulite” !!!
Chiediamo il taglio in maniera retroattiva di tutti gli incentivi pubblici per tutti gli impianti eolici e fotovoltaici già realizzati, di qualsiasi potenza, industriali, cioè destinati alla produzione di energia prioritariamente per la vendita e non per l’autoconsumo, e l’azzeramento del meccanismo mistificatorio e falso-ecologista dei “certificati verdi”, ma una tassazione permanente per tutti questi impianti per il danno immane che arrecano al Paese e alla qualità della vita dei cittadini, ovunque in rivolta contro questi orrori industriali ubicati sulle campagne, in mare e persino sui laghi! Una “tassa sul brutto” che scoraggi definitivamente e che renda economicamente del tutto sconvenienti ulteriori simili sfregi e tentativi speculativi ai danni del paesaggio italiano! In tutto il percorso autorizzativo degli impianti industriali da rinnovabili i cittadini, scientemente, nella maggior parte dei casi, non sono stati messi adeguatamente a conoscenza degli iter autorizzativi, né tantomeno dei progetti, della loro entità e dell’impatto sui luoghi e sulle economie locali. La mancanza di rispetto del diritto dei cittadini locali da parte delle amministrazioni, nel coinvolgimento e nell’informazione, previsti a norma di legge per queste tipologie d’industrie, è vergognosa, soprattutto alla luce dei fatti ormai noti di errori grossolani di progettazione, falsità e di anomale omissioni e dimenticanze. Si tagli il finanziamento statale a questa frode assurda della Green Economy Industriale, che, strumentalizzando e calpestando al contempo l’ “ecologia”, grava pesantemente sui cittadini e sulle casse dello Stato, con bilanci da intere finanziarie, senza alcun beneficio per l’ambiente, ma anzi con innumerevoli danni ad esso ed al paesaggio italiano tutelato dalla Costituzione italiana, art. 9, tra i principi fondamentali. Un danno incalcolabile all’economia del Bel Paese fondata sul paesaggio attraverso il turismo! Una speculazione che inoltre disperde le ricchezze finanziarie statali, le volatilizza, poiché gran parte dei guadagni finiscono all’estero attraverso il coinvolgimento nelle proprietà di questi impianti di istituti bancari stranieri e ditte estere, con sistemi di scatole cinesi, che portano talvolta, o meglio spesso, a società off-shore con sede nei paradisi fiscali! Anche ed ancor più all’indomani del referendum contro il nucleare, con il quale gli italiani hanno espresso la volontà di favorire forme di produzione dell’energia davvero ecocompatibili e pulite, il fotovoltaico industriale che vetrifica e desertifica i campi, sottraendo spazio alle colture, ai pascoli e alla vita selvatica, ed il mega e medio eolico che falcidia i volatili e sfigura catastroficamente il paesaggio quotidiano di ognuno di noi, devono essere fermati, e sostituiti da una politica volta a favorire le produzioni di energia rinnovabile in forme davvero pulite, eticamente parlando ed ecologisticamente, che sostituiscano le forme industriali sopra accennate fisiologicamente di grave impatto ambientale: occorre favorire pertanto l’autoproduzione di energia del sole con pannelli fotovoltaici ubicati sui tetti degli edifici recenti, superfici queste biologicamente morte, inutilizzate, estesissime per centinai e centinaia di ettari; le ubicazioni su di esse dei pannelli capta sole hanno pertanto un impatto nullo ambientale ed estetico, con azzeramento del consumo di vivo suolo, e massimo rispetto del paesaggio e degli edifici, luoghi e centri storici. Si pensi alle enormi superfici dei capannoni industriali, di scuole, altri istituti, ospedali, caserme, uffici pubblici, condomini, civili abitazioni di epoca recente, parcheggi coperti, stazioni ecc. ecc. Non solo, in tal modo si aiutano direttamente i privati che installando i pannelli sui tetti di loro proprietà ne conseguono immediati sgravi in bolletta, senza più alcuna speculazione ai loro danni e ai danni delle casse dello Stato intero! Prima si inizi, con la politica dei piccoli passi, a solarizzare i tetti degli edifici recenti, all’indomani del recente referendum, rimandando alla fine di tale operazione, la valutazione di ulteriori strategie energetiche, dopo aver ponderato i virtuosi risultati così ottenuti dal paese in termini energetici!
Inoltre un appello a tutti gli enti preposti ai controlli sulle autorizzazioni rilasciate, a tappeto, si laddove per situazioni omertose o altro non vi siano esposti, sia laddove ci siano già esposti alla Magistratura per irregolarità, falsità ed omissioni! Autorizzazioni che devono essere revocate in autotutela a difesa dei cittadini vittime di tali soprusi e vengano riconosciuti i danni morali e materiali subiti. Si chiede al Governo una moratoria urgente per gli impianti industriali fotovoltaici a terra ed eolici, considerata la necessità di verificare le procedure adottate da Comuni e Province che in molti casi risulterebbero difformi e irregolari, e soprattutto al fine di impedire la catastrofica e generalizzata devastazione che la loro realizzazione comporterebbe per grandissime aree dell’intero paese, che verrebbero stuprate profondamente e snaturate senza neppure poter trovare precedenti storici oggi, per descriverne sensitivamente l’ immane portata! L’appello ad un impegno politico-trasversale forte per salvare, con l’economia di questo nostro Paese, forse per la prima volta nella sua storia, anche il paesaggio e la natura, che questi impianti falso-ecologisti, e dalle falsissime e artatamente gonfiate ricadute occupazionali, di eolico e fotovoltaico industriali, distruggono ignominiosamente! La crescente rete di persone incontratasi su facebook costituirà un Comitato Nazionale legalmente riconosciuto che sia anche portavoce e cassa di risonanza forte di tutti e possa presentare delle mozioni ai responsabili dell’ambiente! Un comitato che nasce già dalla confluenza di tantissime realtà associative, e comitati locali e nazionali e di tantissimi cittadini italiani e non amanti del paese più bello del mondo! Vogliamo essere quanto più apartitici possibile, o pan-partitici, la lotta per la difesa del territorio è appena iniziata e chi condivide questo nostro approccio alla soluzione dei problemi di tipo ambientale è invitato ad iscriversi su facebook al link: “Comitato nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi” link: http://www.facebook.com/groups/192311587488270
Coordinamento Civico apartitico per la Tutela del Territorio, della Salute e dei Diritti del Cittadino
Forum Ambiente e Salute del Grande Salento – Rete Apartitica
mag292009
A proposito di nucleare e di briganti.
Barbari, Longobardi, Svevi, Normanni, Borboni, tutti invasori! Lo furono anche i Savoia che cercavano solo di emulare il gioco del colonialismo mondiale dell’epoca. Si adoperarono a “unificare l’Italia” sfruttando la passione di alcuni sognatori come Mazzini, si appellarono alla Massoneria, scelsero la complicità della mafia, corruppero molti ufficiali borbonici ed infine inviarono i loro mille briganti.
Gramsci nel ’20 scrisse:
Lo Stato italiano ha messo a ferro e a fuoco l’Italia meridionale e le isole crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori pagati dal regime tentarono di infamare col marchio di briganti.
Noi ci scandalizziamo sempre dei crimini commessi dal Fascismo ma la storia ignora tutti i deportati nel lager di Fenestrelle in Piemonte (La prima pulizia etnica della modernità occidentale operata sulle popolazioni meridionali dettata dalla Legge Pica, promulgata dal governo Minghetti del 15 agosto 1863). A Fenestrelle è stata affissa una lapide in memoria dei soldati borbonici segregati e lasciati morire di fame nelle carceri sabaude.
Per completare l’opera di occupazione del territorio massacrarono migliaia di poveri contadini che si ribellarono alla prepotenza ed all’oppressione delle tasse.
Oggi, dopo quasi 150 anni, lo Stato si ricorda del Salento solo per impiantarci il nucleare e le sue scorie. Per sfruttare il territorio con l’unico interesse della salvaguardia dei programmi di bilancio di una tornata elettorale. Purtroppo le amministrazioni passano ma i loro atti criminali restano sulla pelle della povera gente.
Marcello D’Acquarica
giu132011
Ore 15.10: Noha ha raggiunto il quorum, si sono recati alle urne oltre il 57% degli aventi diritto.
Voti | % | |
---|---|---|
Sì | 12.402 | 97,8 |
No | 276 | 2,2 |
Voti | % | |
---|---|---|
Sì | 12.466 | 98,1 |
No | 248 | 2,0 |
Voti | % | |
---|---|---|
Sì | 12.404 | 97,5 |
No | 314 | 2,5 |
Voti | % | |
---|---|---|
Sì | 12.258 | 96,6 |
No | 432 | 3,4 |
gen312023
Non sarà Dotta o Grassa, come mi pare si dica ancora di Bologna, ma almeno un po’ Rossa lo è. Mi riferisco a Noha e al fatto che alcuni fra i suoi monumenti più importanti - molti seppelliti dentro uno smisurato dimenticatoio quando non in bilico tra le due locuzioni “tienimi” e “mo’ casciu”, altri per fortuna redivivi - si presentano al pubblico con le loro facciate rubiconde, dico tinte di sanguigna, vermiglie puntualizzerebbe padre Dante, e dunque ocra scarlatto tonalità ruggine porporina, con prevalenza di rosso pompeiano, gradazione nohano.
La Casa Rossa, nomen omen, è l’aedificium paonazzo con più misteri in assoluto (avrebbe voluto progettarla Antoni Gaudì: ma l’architetto del modernismo catalano dovette accontentarsi della Sagrada Familia di Barcellona), segue la Torre Civica downtown con l’orologio più fermo al mondo e a rischio frana (qui siamo nel campo del bonus sfacciati per nuance rosso-vergogna), e quinci il Cinema dei Fiori, instradato sulla via del suo calvario, e quindi il Calvario stesso, rosso-sangue, versato per noi e per tutti.
Financo la vecchia scuola elementare di piazza Ciro Menotti era tinteggiata di rosso arroventato, emblema del fuoco di chi cercava il Sapere, concetto quest’ultimo agli antipodi di ogni forma di acculturazione (acculturare, spiace ribadirlo, è verbo da Minculpop: pur diluito nella ben più passabile Coca Cola sempre di olio di ricino si tratta). Pure la distilleria Galluccio ha frontespizio in pendant con il colore del suo brandy barricato; ora ne rimane solo lo scheletro, reliquia laica in concorrenza di degrado con le Casiceddhre collocate nei paraggi svoltato l’angolo. Dall’altra parte del paese, verso sud-ovest, c’è Levéra, baluardo di resistenza, circolo culturale con teatro, sala musica, biblioteca, palestra e scuola, vivi e vegeti nello stabile di via Bellini con il colonnato istoriato di cremisi/amaranto come l’emorragia del caposcorta Antonio Montinaro, vittima salentina nella strage di Capaci.
E infine il Castello preso per i capelli appena in tempo, anzi risuscitato dopo oltre mezzo secolo di rughe, rovine, tracolli e aristocratica sciatteria. Il suo prospetto monumentale ha ritrovato colore (e calore) per la forza dell'utopia, il volere dei nuovi proprietari, il travaglio di mani e testa degli artigiani del luogo, i saggi e i dosaggi (ben cinque) di graniglia e calce impastata di rosso antico puntualmente esaminati dalla Sovrintendenza (esami, mi pare, superati cum laude): ora è in buona compagnia con i monumenti eterni sparpagliati nel resto dell’orbe, da Roma a Mosca, da Pechino a Città del Messico.
Ma a pensarci bene Noha è anche “grassa”, non nel senso esiziale del termine, ma in quello buono: relativo cioè alle leccornie e all’arte culinaria che lascia parlare prima di tutto il vitto, e poi i personaggi e gli interpreti del progressivo passaparola. E così s’annovera un ristorante giovane tra mura secolari tra i più curati del circondario, pasticcerie delle quali non sapresti descrivere la raffinatezza delle delizie, gastronomie che sembrano produrre manicaretti fatti in casa da nonna, frutteria che è galleria d’arte vitamine e vita, pescheria che ha fatto di Noha una repubblica marinara, forno cui non occorrono insegne luminose (basta il profumo del pane), pizzerie ineguagliabili che mai renderanno pan per focaccia…
Quanto infine a quel “dotta”, parliamone. Intanto non è mai questione di titoli di studio (ché anzi diplomi, lauree, dottorati, master, specializzazioni e iscrizioni agli albi si sprecano in queste contrade, rischiando talvolta di rivelarsi aggravanti di certa autoctona ottusità), ma di cittadinanza sveglia e non manipolabile, di pensiero possibilmente divergente tutt’altro che sovrapponibile a quello egemone riportato dalle fotocopie del testo unico (gentilmente elargite da stampa padronale e televisione tutta slogan e propaganda live), di osservatori attenti della realtà complessa e collegata sopra e sottotraccia a mille reazioni (incluse le avverse), invisibili alla massa dei consumatori puerilizzati dalla fiction in programma da tempo. Ma basterebbe ogni tanto smettere di delegare le proprie scelte ai “migliori”, ai “competenti”, ai “salvatori della patria”, alla “scienza”, all’“autorità” di turno, i cui effetti sono sotto gli occhi di chi ha ancora i mano il cerino acceso della ragione: chissà che non riusciremmo a risparmiarci, dico a caso, sanzioni sadomaso, mortificazione del lavoro, scemi di guerra a gogò, genuflessioni allo zio Sam, invii di armi (soprattutto portentosi boomerang), voglia spasmodica ancorché inconsapevole del fungo nucleare, e ancora tagli ai servizi sanitari, riforme ammazza-giustizia, ospitate a festival canori di tragici guitti a capo di stati esteri, mortificazione dei parlamenti e cartigienizzazione della Costituzione.
Non mi sognerei mai di affermare che per esser dotti bisognerebbe diventare rossi dentro (come un bel Mellone). Ma continuando di questo passo, con la prostituzione del pensiero, le marchette degli storici e l’imbagascimento di questa geografia, di rosso non rimarranno che le luci.
Antonio Mellone
apr282011
[pubblicato su la Repubblica/Il Lavoro [edizione Ligure] il 24 aprile 2011 p. XV con il titolo «La Pasqua dei profughi tunisini e dei benpensanti cattolici»]
Di primo istinto volevo fare gli auguri ai lettori di Repubblica, ai quali sono grato per i continui attestati di stima che però deve essere restituita integra perché senza di loro il giornale non esisterebbe e nel giornale non avrebbe spazio la mia modesta opinione che rileva un sentire diffuso, profondo e autentico. Mi sono trattenuto chiedendomi quali auguri si possono fare ai nostri lettori, se Berlusconi sta facendo scellerato scempio dell’Italia, che continua ad ingannare con la finta retromarcia sul nucleare e con la abominevole idea di cambiare la Costituzione nell’articolo qualificante di tutto l’architrave della struttura democratica. Si vuole eliminare la «Costituzione come limite» del potere e sostituirlo con quello della maggioranza che così diventa una dittatura. Si vuole eliminare il richiamo al «lavoro» per sostituirlo con la menzione dell’«impresa». I padroni diventano i proprietari non solo del governo (quello ce l’hanno già), non solo della maggioranza (è fatta!), ma anche della Costituzione. Dalla dittatura dei proletari di Marx alla dittatura degli impresari di Berlusconi. Duecento e passa anni trascorsi inutilmente.
Pasqua vuol dire «andare oltre» e i cattolici la celebrano come fulcro centrale della fede, ma con le loro azioni testimoniano di non credere in nulla, solo nell’idolo della loro paura che usano come paravento della loro ignobiltà. Credono nel Risorto, ma dispensano la morte, cantano «alleluia», ma dal loro cuore esce solo un rantolo mortale. Dio stesso «è andato oltre» di sé, superando il vuoto della morte; gli Africani sono andati oltre la paura del mare, la fede va oltre le apparenze, ma i cattolici o finti credenti sono rimasti al di qua dell’«oltre», chiusi nei loro sarcofagi rituali, in compagnia dei loro vescovi-capi che al monte Sinai, il monte della libertà e della dignità hanno preferito Monte Citorio, lupanare di malaffare e fucina di corruttela. E’ Pasqua! Cristo non risorge nelle chiese, quasi tutte succursali di un immondo governo, ma vive in Vittorio Arrigoni, testimone vivo del Dio degli esclusi.
Paolo Farinella, prete
Parrocchia S. Torpete - Genova
lug052011
Continuiamo con la rubrica "Un'altra chiesa" a cura di Marcello D'Acquarica nel diffondere le analisi ed i commenti di don Paolo Farinella, in tema di eventi socio-politici e rapporti con la chiesa di “palazzo”.
Ad una mia riflessione critica sulla politica (parola grossa!) del PD, alcuni lettori del giornale on line «Domani» (Arcoiris) hanno reagito stizziti. E’ loro legittimo diritto dissentire e anche sentirsi offesi e quindi rispondere con stizza. Dipende dai punti di vista. Certo, se si continua a parlare del PD come dell’unica opposizione esistente della serie: o mangi questa minestra o salti dalla finestra … libero ciascuno di mangiare o saltare, io mi astengo, mi rifiuto, mi giro dall’altra parte e vado alla ricerca di una opposizione che sia degna di questo nome. Sinceramente, non la vedo.
Paolo Farinella, prete – Parrocchia San Torpete - Genova
feb212024
Costruzione ed esercizio di un impianto fotovoltaico BYOPRO DEV2 e opere connesse - Potenza impianto 31,91 MWp - Comune di Galatina (LE)
Venghino, signori, venghino, ché qui è tutta pianura, i terreni te li regalano (o al massimo te li danno per due soldi), le istituzioni non proferiscono verbo, i padroni del vapore comandano, la propaganda green fa il resto, e il gregge fa il gregge bevendosi di tutto, muto e rassegnato come sempre.
L’impianto, della potenzialità di picco di 31,9116 Megawatt (MW), sarà da realizzarsi nell’area ubicata nel comune di Galatina, in provincia di Lecce, località Collemeto e proposto dalla BYOPRO DEV2 S.r.l., società corrente in Milano, alla Via A. Manzoni n. 41. Quando si dice “a chilometro zero”.
L’area prevista per quest’ennesimo impianto di pannelli fotovoltaici resta nelle vicinanze di quell’altra zona per il Comparto D4. Si tratta di un’area di oltre 10 ettari a ridosso della S.S.101 Lecce-Gallipoli. La finalità del pianificatore era quella di allocare, di fronte al polo commerciale (o forse pollo commerciale), costituito dalla D7, una area-vetrina che desse risalto e sviluppo alle realtà produttive locali di Collemeto.
Ecco quanto emerge dalla relazione tecnica disponibile sull’albo pretorio della Provincia per l’ennesimo consumo di suolo:
“…A seguito dell’emergere di vincoli di natura urbanistico-edilizio, segnalati dai referenti del Comune di Galatina nel corso della Conferenza di Servizi, si è reso necessario stralciare una porzione dell’impianto, per cui la superficie complessiva occupata dall’impianto ha subito una riduzione di circa 23.800 mq. La potenza complessiva del generatore fotovoltaico passerà di conseguenza da 31,9116 a 30,0252 MWp.”
Apposto. Problemi risolti. In poche parole su 40 ettari sono stati tolti 2 per via di “vincoli di natura urbanistico-edilizia” e il mondo (e Collemeto e pure Santa Barbara) sono salvi.
Tanto poi per farci stare ancor più tranquilli basterà la promessa di qualche “ristoro”, che ovviamente arriverà con calma, cioè al tempo delle calende greche. Nel frattempo, in mancanza d’altro, mai sia che ci facciano un parco alberato, per evitare di agonizzare sotto il caldo tropicale tipico delle ultime stagioni, potremo rinfrescarci le idee comodamente sdraitai in salotto, sotto i nostri eco-climatizzatori corredati di pompe di calore, ovviamente green, come le bollette.
Galatina, avanti così. Mica possiamo fermarci ad appena il 5 % del nostro territorio ricoperto da una spessa coltre di pannelli, pale eoliche, e altre trovate del genere. Urge arrivare presto e senza indugio al 95% del suolo, ma direi anche al 100%. Se no come faremo a completare la famosa transizione ecologica con una bella centrale nucleare a km0?
Marcello D’Acquarica
(NoiAmbiente e Beni Culturali di Noha e Galatina)
mag172018
Ma cosa s’erano messi in testa quei rompicoglioni di alberi di pino marittimo? Di continuare a rimaner colà per anni, come se nulla fosse, quasi per diritto acquisito, grazia divina o usucapione centenaria?
Pensavano di esser meglio dei loro cugini di campagna, vale a dire gli ulivi, destinati a scomparire dalla faccia del Salento per decreto ministeriale?
Nossignore. Qui a Galatina e frazioni siamo così solerti nell’applicare le disposizioni di fra’ Martina ministro, che sindaco e giunta sfornano ordinanze di abbattimento alberi (e, giacché all’opera, anche colate di comparti edilizi, circonvallazioni, aree mercatali e centri commerciali) manco fossero i pasticciotti dell’Ascalone la domenica mattina.
E niente, dice che dobbiamo farcene una ragione.
Pensavamo (sbagliando anche stavolta) che la sega comunale si fermasse al primo bellissimo pino punito con la pena capitale (il famoso Pino Insegno) nel mese di settembre 2017 per aver osato intralciare la corsa di un camion, o cosa diavolo fosse, andato a impigliarvisi con tutte le corna; invece è andata oltre programmando lo sterminio di tutto il viale alberato di via Castello perché d’intralcio a traffico, asfalto, cemento, mattoni, portoni d’ingresso, muri, cessi, case, autotreni, auto, moto e forse pure aerei di passaggio.
Insomma, qui tagliano alberi come fossero nastri inaugurali.
A proposito di democrazia partecipativa, la popolazione di Noha non ne sapeva niente o punto. Ma tanto, se pur l’avesse saputo, difficilmente avrebbe mosso il culo dal divano e più di un neurone alla volta per storcere il muso, alzare ciglio o proferir verbo contro un’altra decisione, l’ennesima, che sta trasformando la nostra terra nel Deserto del Sacara [sic].
Signora mia, in questo mondo di sottosopra potrebbero devastare la campagna con il fotovoltaico, impiantare un centro commerciale nei pressi di Collemeto, varare una centrale nucleare in piazza San Michele, fare la Tap a Melendugno e altre amenità del genere, con le mani in tasca e fischiettando. Tanto i diretti disinteressati ti risponderebbero con il solito onomatopeico “embè?”.
Non so voi, ma io, visto l’inquietante tasso di infiltrazione politica sto pensando seriamente di trasferirmi a Casal di Principe.
Antonio Mellone
giu102011
Noi non avremo legittimi impedimenti per andare a votare ai referendum. Servono quattro SI. Quattro "scoppule" al disprezzo dell'ecologia (nucleare), allo svilimento dei beni comuni (privatizzazione dell'acqua) e alla mortificazione della legalità (legittimo impedimento).
Evitiamo, per favore, che ci privatizzino anche il pensiero.
Antonio Mellone
nov262022
Ci siamo quasi. Voglio dire che a Noha procedono di buona lena i lavori di ristrutturazione di uno dei due marciapiedi di via Castello: il primo, lato palazzo baronale, fu terminato – buona parte a spese dei titolari di Nohasi - verso i primi del mese di maggio di quest’anno; il secondo, dirimpettaio, lo sarà a breve, anche stavolta grazie al maestro Chittani Giovanni (prima il cognome e poi il nome, come usavamo appellarci tra compagni di classe), e ai suoi bravi collaboratori: maestranze a chilometri zero, come si dice, ma note in urbe et in orbe, dunque a più ampio chilometraggio, per serietà, impegno e puntualità.
Sicché, molto probabilmente entro Natale potremmo percorrere, meglio se a piedi, il nostro Boulevard de Noha (da leggere in francese, con l’accento tonico sull’ultima sillaba), con compiaciuto amor di campanile, tra due file di grandi lampade in cima ai pali artistici in ghisa, la nuova pavimentazione non più sconnessa da svariati lustri di comunale sciatteria, e i teneri alberi d’ordinanza al posto dei vecchi pini domestici colpiti dalla sega (sciagurati, “davano fastidio ai camion” [sic]).
Ma c’è un ma: ed è un neo in tutto ‘sto splendore, che continua a lasciare un certo amaro in bocca all’osservatore appena appena attento, ma assolutamente nulla al solito sbadato urbano che non vede, non sente, in compenso parla a vanvera. E non si tratta tanto dell’asfalto stradale che sarebbe appena il caso prima o poi di sostituire con un più decoroso basolato fino a comprenderne tutta piazza San Michele, nonché ovviamente via Aradeo e le altre strade del centro storico del paese (cose che avvengono da decenni non dico a Stoccolma o a Copenaghen, ovvero in alcune comunità del Trentino-Alto Adige o del Veneto, ma in numerosi altri comuni del Salento, frazioni incluse).
Dicevo: il neo, cioè il cruccio che a tratti diventa sconforto se non proprio tormento incazzatura & depressione, sta nel fatto che il famoso villaggio di casette in miniatura edificato all’inizio del secolo XX sulla terrazza di uno degli antichi alloggi un tempo di pertinenza del maniero nohano, parlo del caseggiato artistico meglio noto come Le Casiceddhre, sta cadendo a stozzi, sgretolandosi sotto il bombardamento nucleare dell'insipenza e dell'ottusita molto comuni in queste lande, in uno col paraculismo di cui soffrono o forse godono alcuni esponenti della classe padronale indigena detentrice di codesti peculiari pezzi d’antiquariato trattati come pezza da piedi [vorrei ricordare che il manufatto de quo non è l’unico capolavoro architettonico di pertinenza della nostra piccola patria abbandonato al proprio ineluttabile destino: ché anzi Noha, anche da questo punto di vista, è una discarica a cielo aperto, ndr.].
E non starò qui a confutare per l’ennesima volta la scemenza massima incautamente definita “proposta” dai novelli dadaisti, vale a dire quella della traslazione di codeste pietre scolpite e parlanti alla volta di un qualche museo: le Casiceddhre non sono cose (anzi case) da museo o da piedistallo, né normali soprammobili, men che meno una collezione di icone, ma un deposito di memoria culturale, uno dei simboli dell’identità nohana (stavo per scrivere Dignità, con la maiuscola, ma poi mi è venuto un crampo alle falangi). Ergo fuori contesto non avrebbero nulla da dire, e si dimetterebbero all’istante dal loro ruolo di monumento, di sito locale di interesse comunitario, e di emblema del Genius Loci casalingo.
Ora, è vero che la storia delle Casiceddhre non è in cima alle priorità dell’agenda Draghi, pardon Vergine, ma sarebbe d’uopo che il nostro sindaco intervenisse in qualche modo per dimostrare di avere a cuore persino quistioni annose come questa. Non stiamo mica chiedendo che metta mano al portafoglio delle finanze pubbliche (che, si sa, hanno più grane che grana) per un chimerico restauro, non previsto oltretutto per un bene culturale “privato”; ma soltanto che osasse provare a infrangere un tabù: quello di conferire con la proprietà del suddetto micro-complesso, tentando di spiegarle da un lato quanto sia importante la difesa delle eredità iconiche di un luogo, e quanto queste, se tutelate, contribuiscano a rendere l’ambiente cittadino più prezioso e civile; e dall’altro che gli oneri del restauro di quel che rimane di queste benedette sculture non sarebbero a carico del disponente, ma del gruppo di visionari che, loro sì incrollabili, sognano di salvare il salvabile.
Impresa titanica, lo sappiamo bene, tanto che sul tema sono in tanti (ma non tutti) ad aver gettato la spugna e da tempo. Ma magari il novello primo cittadino potrebbe pure farcela ricorrendo alle sue doti manageriali, all’innata leadership, all’ormai proverbiale ars oratoria e, con il permesso di Kant, alla dialettica trascendentale.
Oppure, senza permesso, al dialetto.
Antonio Mellone
giu092011
Mancano ormai pochi giorni al 12 e 13 giugno, quando tutto il Paese sarà chiamato ad esprimersi sui quattro referendum abrogativi riguardanti l'acqua, nucleare e legittimo impedimento. Nel Salento numerose le iniziative per informare i cittadini ed invitarli a partecipare alla consultazione popolare. A Galatina è stata organizzata la "carovana referendaria": pedala per far battere il quorum. Una carovana che ha attraversato tutta la città per diffondere le ragioni del SI e per quella che viene definita "la battaglia di libertà, democrazia e dignità".
fonte: salentowebtv
giu172011
Genova 12 giugno 2011 - Oggi non mi dilungo per due motivi: avete i fogli che sono un vero studio sulla festa di oggi e che potete leggere tranquillamente, seduti in poltrona, per aumentare la vostra cultura e, se volete, anche la vostra spiritualità. Sono consapevole del lavoro perché l’ho fatto io e so di cosa parlo. Sappiate che que-sto materiale in questo momento sta girando per tutto il mondo e in molti paesi è usato sia nella liturgia, sia come studio di formazione. L’altro motivo di brevità lo trovate sulla Repubblica di oggi [v. sotto articolo allegato] , dove faccio una brevissima omelia sul rapporto Pentecoste, Spirito Santo e Referendum. Oggi desidero solo mettere in evidenza telegrafica alcuni concetti essenziali della solennità di oggi. Il primo pensiero è la festa di Pentecoste stessa. Pentecoste da greco significa «cinquanta giorni» e si rife-risce al tempo che intercorre tra il passaggio del Mare Rosso e l’arrivo al Monte Sinai: una massa di schiavi scappa dall’oppressione di un faraone e si butta in mare e nel deserto perché la libertà è più forte di qualsiasi altra necessità. Al monte Sinai arriva una massa di disperati aspiranti suicidi, senza arte né parte. Là, sotto la guida di Mosè questa massa anonima diventa popolo e nazione con la prospettiva di un futuro che si chiama terra promessa. Ai piedi del Sinai, Israele diventa il popolo di Dio perché riceve la sua identità nella Toràh, che per comodità chiamiamo «Legge». La Legge è il fondamento del diritto e della dignità di un popolo, la chiave che garantisce le relazioni sociali all’interno e all’esterno nel rapporto con gli altri popoli. Israele riceve l’ordine da Dio di accogliere gli stranieri come parte di sé, fino al punto di farli partecipare alla celebrazione della Pasqua. Nel 2° millennio a. C. il popolo di Israele aveva come condottiero Mosè, nel 3° Millennio d. C. il popolo d’Italia, per opera dei cattolici, ha come presidente del consiglio Berlusconi. Mosè è il profeta che consegna la Legge di libertà; Berlusconi è il corrotto che corrompe ogni legge per restare delinquente impunito. Bel progresso abbiamo fatto! In questo degrado, dalla cima del Sinai all’abisso del berlusconismo, virus letale per la società, merito privilegiato spetta alla gerarchia cattolica che invece di salire sul monte di Dio, ha preferito sedersi ai piedi di un immondo immorale, accettando da lui briciole di favori al prezzo di restare schiavi della sua malattia e della sua delinquenza. Complici e còrrei, vescovi, preti e cattolici devono rendere conto a Dio di essersi venduti ad un faraone da strapazzo che ha svuotato la spiritualità di un popolo sostituendola con l’illegalità come norma. Il secondo pensiero di Pentecoste è l’universalità: oggi tutti i popoli per i credenti acquistano la dignità di essere figli di Dio e cittadini del mondo: a Pentecoste lo Spirito viene dato a tutti i popoli della terra. Abbiamo letto nella prima lettura di oggi: c’erano a Gerusalemme «di ogni nazione che è sotto il cielo … 9 Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, 10 della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proséliti, Cretesi e Arabi» (At 2,5-10). Questo avveniva nell’anno 30 del sec. I d. C. Dopo oltre 2000 anni da quell’evento, i cattolici e i cristiani che siedono anche al governo, sono xenòfobi e responsabili delle morti di migliaia di persone nel Mare Mediterraneo, che da Mare Rosso verso la libertà hanno trasformato in inferno di morte. Il terzo pensiero è lo scenario che accompagna la Pentecoste che è il contro altare della torre di Babele. A Babilonia, l’umanità ha sfidato il cielo perché voleva essere come Dio e dalla quella prevaricazione spavalda nacque la distruzione del pianeta: le lingue si confusero, la comunicazione divenne impossibile, la collaborazione si trasformò in conflitto e violenza. A Pentecoste la dispersione e l’incomprensione diventano unità e dialogo, anzi preghiera comune di un unico Dio, sorgente di convergenza per tutti coloro che sono attenti a cogliere la Parola di Dio. Questo evento è accompagnato da tuoni, vento e fuoco, quasi a dire che la natura tutta partecipa del Dio che si manifesta all’umanità senza confini. Oggi la presunzione degli uomini e la spudorata ingordigia di una minoranza, appoggiata dalla peggiore specie di politici senza dignità ed etica, vogliono trasformare l’acqua bene primario e fondamentale di esistenza in merce di guadagno; non solo, ma pur di accumulare ad ogni costo, non esitano a costruire centrali di fuoco che, allo stato attuale, non possono essere governati in sicurezza. Il fuoco di Pentecoste libera il vento della vita e della fraternità; mentre il fuoco del nucleare uccide gli uomini e contamina la natura per oltre 200 mila anni. A Pentecoste soffia il vento della vita, che vive di acqua, di energia pulita e di giustizia; nella Babele del berlusconismo domina l’interesse, la depravazione, l’odio, la falsità e la religione di convenienza. In nome dello Spirito di Pentecoste, noi possiamo e dobbiamo fermare questo malato, narcisista patologico, pericoloso per tutti. L’ultimo pensiero va alla musica come espressione somma di cultura e di spiritualità per un popolo. Pur con grandi sacrifici, mio fratello ed io, abbiamo voluto continuare le attività di San Torpete, in modo speciale i concerti per stima e rispetto verso di voi che li frequentate con amore e fedeltà. Davanti a voi, donne e uomini, noi ci inchiniamo con stima e deferenza. In un tempo di aridità, è importante resistere sugli spalti del sapere e della cultura perché qualsiasi crisi non si risolve solo con più lavoro, più pane e più acqua, ma anche con più cultura, più sapere, più laicità, più pensiero e più letteratura. La presenza della nostra Cappella Musicale di cui andiamo orgogliosi e che condividiamo con la Scuola Musicale Giuseppe Conte, e diretta dal M°. Luca Franco Ferrari, è per noi motivo di coraggio e di speranza per il futuro. La presenza di Alessandra Vavasori che ci regala questa potente Messa ci incita ancora di più a cercare e a trovare il meglio e il sublime della Bellezza perché la musica è il linguaggio degli angeli. A voi tutti: siate orgogliosi di essere voi stessi perché oggi io, Paolo prete, vi annuncio che lo Spirito Santo è già in voi e vi genera cre-ature nuove, figlie di un mondo nuovo che è già cominciato con il voto dei referendum di oggi e di domani.
Paolo Farinella
Parrocchia San Torpete - Genova
mag182020
Anche quest'anno non ci fermiamo. Parte la seconda edizione dell'iniziativa denominata LA SCIENZA E LA TECNOLOGIA COME NON L'AVETE MAI VISTE. I nostri ragazzi incontrano gli scienziati.
A cura del gruppo STEM (Scienze, Tecnologia, Matematica)
Anno Scolastico: 2019/2020 – II edizione
OSPITI
MALÙ COLUCCIA
Malù Coluccia (Galatina, 1973) si è laureata in Scienze Biologiche (1999) presso l’Università di Pavia ed ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Ematologia Sperimentale (2004) presso il Laboratorio di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Nel 2003 ha conseguito un Diploma di Perfezionamento in Nanotecnologie Biomediche presso il Politecnico di Milano iniziando a coltivare un interesse specifico per l’innovazione tecnologica nel campo dell’onco-ematologia sperimentale. Dal 2009 al 2019 ha coordinato due progetti di ricerca finanziati da AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) presso il Polo Oncologico ‘Giovanni Paolo II’ dell’ ASL di Lecce contribuendo a chiarire meccanismi molecolari associati alla resistenza farmacologica in pazienti affetti da Leucemie e Mieloma Multiplo. I suoi studi hanno fornito una validazione preclinica di nanovettori a rilascio controllato di farmaci e biomolecole attive con attività antitumorale. E’ docente a contratto nel Master di II° livello in ‘Biomedicina Molecolare’ dell’ Università del Salento (Lecce).
LORENZO PERRONE
Lorenzo PERRONE (Firenze 1973). E' un fisico laureato all'Universita' degli Studi di Firenze con una tesi dal titolo "Studio dell'interazione di neutrini extragalattici con la materia: propagazione dei muoni indotti e loro rivelazione tramite l'apparato NESTOR". Ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca con una tesi dal titolo: "Search for Astrophysical Sources of high energy neutrinos with MACRO detector". Ha lavorato all'Universita' di Karlsruhe (Germania) e ha svolto attivita' di ricerca nell'ambito della collaborazione dell'esperimento AUGER, finalizzato alla rivelazione di raggi cosmici di energia estrema (1-100 EeV). Ha lavorato presso la Facolta' di Fisica dell'Universita' di Wuppertal (Germania) e ha svolto attivita' didattica nel corso di esperimenti di Fisica ("Praktikum") della medesima Universita'. Dal 2016 lavora come Ricercatore Universitario Dipartimento di Matematica e Fisica “Ennio de Giorgi”), con incarico di ricerca presso la sezione di Lecce dell'Istituto Nazionale di Fisica nucleare (INFN). Svolge attività didattiche nei corsi di Fisica Generale I (Ingegneria Industriale) e nel corso di Laboratorio di Analisi Dati (Laurea magistrale in Fisica) presso la Facoltà di Ingegneria e la facoltà di Fisica dell'Università del Salento. Svolge attività di ricerca nel settore della fisica delle astroparticelle e partecipa all'esperimento internazionale AUGER.
LAURA DE LORENZIS
Laura De Lorenzis (Gallipoli 1974). Designata "Alfiere del Lavoro" dal Presidente della Repubblica al termine degli studi secondari, si laurea in Ingegneria dei materiali presso l'Università di Lecce con lode e menzione speciale. Successivamente consegue il Master of Science in Ingegneria strutturale presso la University of Missouri - Rolla (USA) e il Dottorato di ricerca in Materiali compositi per le costruzioni civili presso l'Università di Lecce. Le sue significative esperienze professionali sono state:
1999 - Assistente di ricerca laureato, Center for Infrastructure Engineering Studies, University of Missouri-Rolla, USA
2000 - Professore assistente di ingegneria strutturale, Università di Lecce, Italia
2001 - Visiting Scholar, Chalmers University of Technology, Göteborg, Svezia
2005 - Ricercatore presso il Politecnico di Hong Kong, Cina
2006 - Fulbright, Massachusetts Institute of Technology, Cambridge, USA
2010 - Alexander von Humboldt Scholar, Leibniz Universität Hannover, Germania
2008 - Professore assistente di Meccanica Solida e Strutturale, Università del Salento, Italia
2011 - Alexander von Humboldt Scholar, Leibniz Universität Hannover, Germania
2012 - Professore associato di Meccanica solida e strutturale, Università del Salento, Italia
2012 - Visiting scholar, ICES, University of Texas ad Austin, USA
2013 - 2019 Professore e direttore dell'Istituto di meccanica applicata, Technische Universität Braunschweig
2020 - Professoressa di Meccanica Computazionale presso Department of Mechanical and Process Engineering - ETH Zurigo
Distinzioni e premi
• IIFC Distinguished Young Researcher Award, International Institute for FRP in Construction, 2012
• Premio Junior AIMETA, Associazione Italiana di Meccanica Teorica e Applicata, 2011
• Borsa di ricerca indipendente avviata dal CER, Consiglio europeo della ricerca, 2011
• RILEM Robert L’Hermite Medal, 2011
• Premio di eccellenza scientifica, Università del Salento, 2009
• Selezionata per il Forum dei giovani ricercatori dell'ESF-ALLEA, 2009
• E' Membro eletto del Consiglio, International Institute for FRP in Construction, 2006
• Documento di ricerca applicato alla menzione d'onore, Journal of Composites for Construction, 2003
• Laura De Lorenzis è laureata al conservatorio di musica Tito Schipa di Lecce in Pianoforte con il massimo dei voti all'eta di 20 anni.
La dirigente ANNA ANTONICA: "La Didattica a distanza non è solo un’attività che si pone come obiettivo quello di non lasciar dormire i ragazzi in un sonno che avrebbe cancellato saperi e conoscenze,essa è un nuovo modo di fare scuola che sviluppa le diverse intelligenze dei nostri ragazzi.
In questa ottica e forti di questa convinzione ,noi del Polo1 non abbiamo voluto rinunciare a nessuna delle iniziative formative che fanno ormai parte del nostro DNA. L’ amore per la cultura classica a partire dal GRIKO al latino, all’ approfondita conoscenza della lingua italiana si coniuga perfettamente e non si contrappone allo studio delle STEM, le materie scientifiche che un tempo si ritenevano appannaggio dei maschi.
E così i nostri ragazzi continuano ad incontrare gli scienziati,intesi come uomini e donne che fanno della ricerca,dello studio non solo una professione,ma una ragione di vita. E questi incontri,dove” il difficile” viene posto in maniera” seria ,ma fresca”,porteranno gli studenti alla scoperta di argomenti interessanti accattivanti".
ISTITUTO COMPRENSIVO PRIMO POLO GALATINA
mar012012
Tra le tante novità storiche introdotte dalla buonanima dell’Osservatore Nohano non si può non menzionare quella delle vignette satiriche. Si badi bene: qui non si sta dicendo che codeste scenette umoristiche illustrate fossero cosa ignota ai nohani; si sta invece ribadendo il fatto che vignette satiriche a contenuto glocal (ma soprattutto local con personaggi e situazioni nohan-galatinesi) siano comparse per la prima volta nella storia della nostra comunità su quel giornalino che fu ciclone benemerito per alcuni, iattura per altri. E questo proprio grazie all’arte e al genio enciclopedico di Marcello D’Acquarica, maestro d’amore per Noha.
Le vignette di Marcello si contano ormai nell’ordine delle centinaia di unità (se non proprio delle migliaia) e da un po’ di tempo a questa parte abbiamo la fortuna di goderne via web quasi quotidianamente - così come si fa con la tazzina del caffé mattutino - ammirandole nella sua rubrica “Una vignetta al giorno”, regolarmente aggiornata dall’Albino Campa, patron di questo sito.
Confesso che, tranne qualche rarissima eccezione, mi piacciono le vignette di Marcello; le trovo esteticamente belle, originali, e poi ancora sagaci e mordaci al punto giusto. Certo, è capitato anche a me di dissentire da qualche sua striscia satirica, diciamo così, poco felice o poco azzeccata. Ed ho anche espresso codesto mio disappunto, scrivendone liberamente sul sito di Noha. Ma una cosa è dir questo (di una vignetta), un’altra è indire le crociate contro una persona (vi assicuro mitissima) che fa dell’arte e della libertà del pensiero il suo modo di essere e di fare.
Non è mia intenzione fare qui il panegirico di Marcello D’Acquarica, non essendone né il suo avvocato difensore (credo non ne abbia il bisogno) né il suo sanctificetur. A me interessa invece spendere qualche parola in più sulla satira, inclusa quella nostrana.
L’obiettivo della satira è esprimere un punto di vista in modo divertente. Divertente per chi la fa, s’intende. E ogni risata dell’autore contiene una piccola verità umana (che a volte fa male). Se poi il pubblico ride, tanto meglio, ma non è un criterio per giudicare la satira. Certo la satira mica può piacere a tutti: i suoi bersagli, ad esempio, non ridono.
Insomma, bisogna togliersi dalla testa l’equivoco secondo cui la satira debba per forza far ridere, perché a volte deve far piangere. Anzi talvolta la satira più riuscita, la più tagliente e corrosiva, è quella che fa scoppiare di rabbia (per la verità, soprattutto i bacchettoni). E il disagio che aumenta è solo quello dei parrucconi (gli spiriti liberi, invece, riescono perfino a ridere di se stessi).
Non ricordo più dove ho avuto modo di leggere che la satira distrugge ciò che è vecchio in funzione della generazione del nuovo, e che essa “è la festa di una comunità che vive”. Che bello! Io mi rifiuto di pensare che a Noha siamo regrediti a tal punto che la gente debba addirittura essere rieducata alla libertà del pensiero, di cui la satira, con il suo potere a volte dissacrante, è uno dei sapori.
Purtroppo, a volte, si è costretti ad osservare reazioni sproporzionate o scomposte, divieti o condanne senza se e senza ma, e, ahinoi, anche tentativi di emarginazione da parte di alcuni censori (che forse non sanno nemmeno di esserlo, e che scordano che a volte è la censura che della satira certifica il valore).
Invero, il potere è sempre soggetto alla tentazione di svolgere il suo oppressivo mestiere, infastidito non tanto dalla vignetta o dallo scritto in sé, quanto dalla scalfittura del “pensiero unico” e soprattutto dall’apprezzamento di un’idea controcorrente da parte di un crescente numero di estimatori.
A volte nasce il dubbio che certe reazioni smisurate, da “apriti cielo!”, siano una forma di disperazione. Chi è in pace con se stesso, infatti, non darebbe importanza né a vignette, né ad articoli, né ad altro, visto che chi scrive o disegna o chiosa è una “parte minoritaria, piccolissima, insignificante della comunità”.
Questo non implica che non si possa criticare, o ribattere ad un articolo o ad una vignetta. Ci mancherebbe altro. Solo che la reazione, secondo me, dovrebbe essere, diciamo così, proporzionata. Si dice che ogni difesa dovrebbe essere commisurata all’offesa (eventuale). Non è che se uno ti tira uno schiaffo tu controbatti con una archibugiata o con una pugnalata alle spalle o con il lancio di una bomba nucleare (con il rischio di un automatico, gratuito e ridanciano cupio dissolvi).
Io credo che nell’arte (e la satira di Marcello D’Acquarica è una forma d’arte) l’unica censura ammissibile sia lo sbadiglio, l’indifferenza, e non la scomunica fulminata in diretta coram populo (che mutatis mutandis ricorda un po’ le minacce terroristiche di alcuni fanatici islamici quale reazione alle vignette su Maometto, o la condanna a morte per bestemmia di Salman Rushdie per il suo romanzo “I versi satanici” scagliatagli contro dall’ayatollah Khomeyni). Che bello sarebbe ritornare a vivere quel che dai pulpiti un tempo si insegnava (prima a se stessi e poi agli altri): l’evangelico concetto del porgere l’altra guancia.
Daniele Luttazzi, censurato insieme a Biagi e Santoro (indovinate da chi) scrive sul suo “La guerra civile fredda” (Feltrinelli, Milano, 2009), libro che vivamente consiglio: “La satira è innanzitutto arte: in quanto tale, agisce sulla storia offrendo all’umanità uno sguardo rinnovato sul mondo; per questo, sin dal tempo di Aristofane, la satira è contro il potere, di cui riesce ad annullare la natura mortifera mantenendo viva nel nostro immaginario quella sana oscillazione tra sacro e profano che chiamiamo dubbio. L’effetto concreto della satira è quello della liberazione dell’individuo dai pregiudizi inculcati in lui dai marketing politici, culturali, economici, religiosi. Il potere s’accorge che questo va contro i suoi interessi e ti tappa la bocca. La satira dà fastidio perché esprime un giudizio sui fatti, addossando responsabilità. E’ sempre stato così ed è un ottimo motivo per continuare a farla. Dove possibile”.
Bè, auguriamoci davvero che a Noha sia sempre possibile fare un po’ satira. Anche attraverso i (tutt’altro che satanici) fumetti di Marcello.
giu272011
Genova 22-26 giugno 2011-. Il papa, e a cascata, cardinali, vescovi, monsignori (qualche chilo), preti ( a quintali), suore e frati (a tonnellate) hanno preso posizione sull’acqua e invitato indirettamente a votare «Sì». Il papa ha fatto capire anche che sul nucleare bisognava andare cauti, come dire andate a votare pure e fateci una croce sopra che è cosa buona e giusta. Non facciamo tanto schiamazzo altrimenti poi Berlusconi si vendica chiudendo i cordoni della borsetta. Sull’ultimo referendum, il legittimo impedimento, solo la bontà di chi è andato a votare per forza di inerzia ha messo anche la quarta croce. Una più una meno, pazienza.
Ringraziamo il papa e quanti nella chiesa cattolichetta ha votato «Sì-Sì-Sì-Sì», poi punto e a capo. Dopo il pic nic di Pontida, la Cei ha gridato che bisogna impedire il disfacimento dell’unità d’Italia con il trasferimento di quattro ministeri a Monza. Non ho mai capito perché non Milano, ma perché proprio Monza! Forse per via della monaca che «sventurata, rispose» come la sventurata Lega risponde a Berlusconi sia la invita a nozze sia che la stupra o forse perché i furbi leghisti sanno che se vanno a casa, tornano a mungere vacche e a pagare quote latte su cui hanno fatto imbrogli e affari.
I vescovi che ora gridano sono quelli che fino ad oggi hanno taciuto, cecandosi da soli per non vedere, rompendosi i timpani per non sentire, cucendosi le labbra senza anestesia per non parlare. Ora che il vento soffia per altre valli e altri monti, ecco i togati satrapi d’altri tempi, belli belli, lemme lemme che fanno finta di essere stati sempre dalla parte giusta: cioè quella vincente. Quando morivano gli immigrati nel Mar Rosso del Mediterraneo, tacevano, ma il giorno stesso difendevano la vita; quando il governo faceva leggi contro le Istituzioni, non parlavano, e nello stesso giorno inneggiavano all’unità d’Italia; quando il governo ammazzava i suoi cittadini nelle carceri, per le strade, tagliando anche pensioni, salari, lavoro, occupazione, i vescovi belavano sulle famiglie e sulla sacralità della vita e la dignità della persona; quando il ciellino peccaminoso Formigoni e Lupi pontificavano sulla sacralità e centralità della «persona», nessun vescovo ha lanciato il proprio pastorale mirando al cuore di plastica di due miscredenti dediti solo al malaffare e agli affari della Compagnia delle Opere che è figlia diretta e naturale di satana.
Vogliamo vedere i vescovi e i cardinali scalzi, a piedi nudi camminare sui carboni accesi della vergogna; vogliamo vederli senza fronzoli colorati chiedere perdono al popolo italiano per il loro sistematico ed osceno silenzio davanti alle immoralità e attentati alla dignità del loro popolo da parte di un governo immorale e di una maggioranza malavitosa che hanno ridotto il parlamento ad una latrina pubblica senza nemmeno il risciacquo. Volgiamo vedere il papa che adesso e, «se non adesso quando?» revochi il diploma di «nobiluomo» a Gianni Letta, vero demonio suggeritore di Berlusconi e anima delle cricche di malaffare, prosseneta a pagamento, magnaccia del capo e smistatore di traffico indecente. Con quale dignità il papa lo onora ancora con una delle massime onorificenze? Vogliamo vedere i cardinali e i vescovi assumersi la responsabilità della loro correità nel degrado dell’Italia perché solo essi che hanno fatto da piedistallo del berlusconismo di cui hanno avuto vantaggi ma che hanno alimentato, sostenuto e vivificato con il loro appoggio concreto, diretto e cosciente, che in termini morale di traduce con «piena avvertenza e deliberato consenso» commettendo così un pieno peccato mortale di cui dovranno rendere conto alla loro coscienza se ne hanno una, a Dio se ci credono ancora o qualche volta e al popolo che non va mai in ferie, aspettando paziente sulla riva del fiume.
Verrà un giorno ed è questo, in cui facendo la storia dei nostri tempi, lo storico del futuro, compatirà la gerarchia contemporanea e con il distacco del ricercatore e dello studioso, emetterà un giudizio di disprezzo inappellabile perché i cattolici potevano cambiare il mondo, hanno preferito un tozzo di pane; potevano annunciare Cristo e il suo messaggio di liberazione, hanno preferito la mensa di Berlusconi; potevano guidare il popolo smarrito nel deserto della democrazia assediata e invece hanno preferito il rifugio del quieto vivere dormiente; potevano stare alla testa di una rivoluzione di civiltà, sono stati la coda di un caimano; potevano segnare altri 150 anni di italianità, si sono lasciati segnare dal marchio della schiavitù di un padrone senza etica e dignità; potevano annunciare Dio, hanno scelto l’idolo della convenienza e degli affari.
Oggi costoro, che hanno vissuto nella corte di Berlusconi, per scelta o anche per necessità o peggio per convenienza, non possono più parlare di morale, non possono più ergersi a maestri di etica a modello di cittadinanza: sono solo opportunisti vomitevoli che possono fare una cosa sola, l’unica che li possa cominciare a riscattare, le dimissioni. Dimissioni del papa che accogliendo Berlusconi all’aeroporto di Ciampino, in piena bufera di prostituzione organizzata con tratta di prostitute, lo accoglie a braccia aperte: «Che piacere vederla!»; Noi vorremmo il piacere di non vedere più un simile personaggio vestito di bianco con le scarpette rosse. Vogliamo vedere Bertone, compare di mafia e di spada di Berlusconi dare le dimissioni per manifesta ignoranza e incapacità di vedere oltre la sua insignificante persona. Vogliamo vedere Bagnasco dare le dimissioni perché le votazioni amministrative e i referendum sono stati una sconfitta cogente di tutta la politichetta del sedicente episcopato italiano, gruppo folcloristico, utile forse nelle fiere di paese per il tiro a bersaglio, ma assolutamente inutili, anzi superflui nella concreta vita del popolo di Dio che tanto cammina verso il regno senza di essi e nonostante essi.
apr302011
E’ il messaggio apparso sulla pubblicità effettuata da Ikea, l’azienda svedese che produce mobilio a basso costo, a Catania da oltre un mese. Lo slogan riporta, a completamento del testo, l’immagine di due ragazzi che si tengono per mano.
E’ risaputo che le aziende dedicano il fior fiore delle risorse e della genialità alla comunicazione visiva sfruttando l’effetto placebo che può generare nell’osservatore, difatti dalla buona riuscita del contenuto dell’immagine dipende il successo economico di quella stessa azienda. Di contro, da qualche anno a questa parte, siamo bombardati dalle più inattese parole e fatti di livello morale sempre più infimo da parte dei giornali, televisione e personaggi politici. Per cui quasi nulla ci meraviglia più e per attrarre la nostra attenzione (“nostra” in quanto consumatori e/o elettori) il guascone di turno non demorde nell’affermare le più strampalate bugie ritrattate in un continuo senza fine. Ultima quella sulla scelta del nucleare da parte del parlamento, in cui dichiara senza peli sulla lingua (tanto lui i peli li mette e li toglie alla bisogna), che la sospensione del progetto del nucleare in Italia è solo momentanea e che comunque serve soprattutto al governo (ministri assoldati e assoldante) per boicottare il Referendum popolare del 12 Giugno in cui c’è la pericolosissima (sempre e solo per il nostro Presidente del Consiglio) probabilità che gli italiani scelgano di non far passare il “Legittimo impedimento” e la Privatizzazione della gestione dell’acqua, oltre alla scelta del nucleare. Ma questa è un’altra storia, anche delle peggiori.
Marcello D'Acquarica
set202012
La matassa della vecchia scuola elementare di Noha è ben lungi dall’essere sgarbugliata: c’è un continuo scaricar di barili da una società ad un’altra, da un “responsabile” ad un altro, e soprattutto c’è da costruire questa benedetta cabina per l’energia elettrica.
Ma sapete voi cosa significhi costruire una cabina elettrica all’interno della scuola? Potete provare ad immaginare che cosa serva per ottenere codesto ulteriore “prodotto finito”? Proviamo a ragionarci insieme. Per la costruzione della cabina de quo, servono una serie di personaggi ed interpreti (del resto stiamo parlando di un film dell’horror), unitamente ad un insieme di fatti e condizioni che, senza necessariamente rispettare l’ordine di apparizione, potrebbero essere identificati nei seguenti elementi come: l’individuazione della sua ubicazione, un progetto da far predisporre (e speriamo che la soluzione dei problemi non venga affidata ancora una volta ai progettisti ed ai “tecnici” che li hanno creati), l’approvazione del progetto, il reperimento dei fondi per finanziare il progetto, l’identificazione della ditta che dovrà occuparsene previa aggiudicazione di una gara, l’inizio e poi la fine dei lavori, il collaudo, la loro consegna, ed infine - se Dio vuole, purché nel frattempo non siano di nuovo cambiate le leggi che magari, per l’allacciamento alla rete elettrica nazionale, richiedano in loco una piccola centrale nucleare in miniatura – e solo infine, avverrà il tanto agognato allacciamento.
Ecco a cosa ci siamo ridotti per colpa di ingegneri (si fa per dire) che non hanno previsto quel che si sarebbe dovuto prevedere. Eppure, salvo errori, il lemma “progetto” significa oltre tutto anche previsione.
E cosa pensate? Che sia finito qui? Con un banale allacciamento (alle cinture di sicurezza)? Nossignori. Dopo l’allacciamento alla rete elettrica bisogna far partire la macchina, pensando a progetti, trovando persone di buona volontà che più che interessi abbiano idee (quindi non potranno essere i nostri rappresentanti politici, né altri pezzi grossi locali).
* * *
Nei giorni scorsi, a proposito degli ultimi avvenimenti di cui stiamo discettando in queste note è apparso su questo sito un commento satirico del sig. Lino (che credo di conoscere). Dapprincipio, non avendo colto subito l’ironia, di più, la sagacia e la mordacia del pensiero di questo vecchio marpione, avevo pensato che si fosse trattato del solito commento a base di dosi industriali di saliva, anzi, vista la fonte, di linoleum. Sicchè queste parole: “…il vento è cambiato sensibilmente, abbiamo un sindaco ed una giunta preparatissima e attenta alle istanze dei cittadini. Non è tifoseria, la mia, ma all’assessore ing. Andrea Coccioli coadiuvato dal direttore dei lavori ing. Marcello Memmi accompagnati dalla consigliera comunale avv. Daniela Sindaco vanno per intero i miei ringraziamenti per essere stati esaustivi nell’esposizione dei fatti e per aver dimostrato la ferrea volontà di soluzionare [sic] al più presto il problema dell’allacciamento alla rete elettrica della bellissima struttura dell’ex-edificio scolastico di Noha e renderla così fruibile all’impiego preposto”; queste parole, dicevo, m’avevano lasciato talmente perplesso che di primo acchito avevo pensato che è difficile concentrare in così poco spazio un così alto numero di cazzate. Poi ho capito che la chiave di lettura del sottile pensiero “mariano” fosse tutta in quel “soluzionare” (e addirittura “al più presto”). E in quel “soluzionare” c’è la volontà di ripiegare con l’allaccio provvisorio (se non abbiamo capito male) dei 10 kwh, che serviranno soltanto ad accendere qualche lampadina, sempre in maniera precaria, temporanea s’intende, magari ad intermittenza (tanto Natale è vicino e non se ne accorgerebbe nessuno). Quella provvisorietà che a Noha, frazione impropria, in men che non si dica, diventa spesso eternità. Da qui, il motto che potrebbe essere scolpito alla base dello stemma di Noha, città dei cavalli: campa cavallo! Appunto.
Lo stato dell’arte è questo, cari concittadini. Se qualcuno dovesse chiedervi lumi o notizie in merito alle previsioni del tempo o dei tempi per “soluzionare” i problemi nohani, non sbagliereste nel rispondere ancora una volta: nebbia in val nohana.
E’ vero: tutto questo è molto ridicolo. Ma il ridicolo non ha mai ucciso nessuno. Se no a Noha e a Galatina farebbe una strage.
Antonio Mellone