Una delle domande iniziali poste al primo cittadino di Galatina verteva ovviamente su quel bene culturale che è la Masseria Colabaldi.
Orbene, non ci crederete: non appena l’intervistatore chiede qualche considerazione in merito all’antica masseria, facendo riferimento al fatto che questa fosse l’antesignana dei moderni centri commerciali, il sindaco, mettendo subito le mani avanti (evidentemente certe locuzioni come “centro commerciale” provocano nel soggetto reazioni difensive a prescindere) – benché, c’è da riconoscere, con un sorriso lenitivo di ogni eventuale forma di scortesia - esclama: “Ma questa è polemica!”.
E per fortuna che, stavolta, il Nostro ci ha risparmiato l’aggettivo “politica” o lo stucchevole termine “strumentalizzazione” (altrimenti m’avrebbe sentito); ma il rischio che abbiamo corso (entrambi) è stato enorme.
Ora, vista l’urgenza di far tutto e subito (ricordo l’impellenza da parte del sindaco di correre a premiar presepi a Galatina) non ho avuto modo né tempo di spiegare al mio interlocutore che non si trattava di una provocazione ma di un concetto già espresso dal prof. Mons. Antonio Antonaci nel suo stupendo volume “Galatina, storia e arte” (Panìco Editore, Galatina, 1998) - tomo che il dott. Montagna avrà sicuramente compulsato - alle pagg. 166 e seguenti, dove l’insigne studioso galatinese così si esprime: “[…] la masseria è l’antenata, non troppo lontana nel tempo e nello spazio […] del più fornito dei supermercati, per la varietà dei mezzi di vita che servivano alle necessità quotidiane di tutta una comunità che vi operava all’interno, nei tre cardini principali del sistema agrario antico: agricoltura, pastorizia e allevamento del bestiame. I prodotti di queste tre fonti di vita costituiscono la base dell’alimentazione in tutti i tempi [e quindi, salvo errori od omissioni - mi permetto di inferire - anche del futuro, ndr.]”.
Avrei voluto ribadire al mio sindaco che questa è storia e attualità, anzi buon senso, e che non credo che mons. Antonaci nel vergare codesti concetti elementari ormai quindici anni fa avesse intenzioni polemiche. A meno che (il che, invero, è molto probabile) quel profeta non avesse così bassa stima nei confronti della classe politica galatinese di allora (ergo anche dell’attuale, vista la continuità senza soluzione di una certa mentalità dura a morire) da produrre nel suo libro monumentale espressioni così sagaci e mordaci, ed, appunto, polemiche.
Non è che per caso il mio sindaco temesse, chessò io, qualche riferimento al famoso Mega-Porco di Contrada Cascioni deliberato a furor di consiglio comunale (ma certamente non a furor di popolo) in nome del cosiddetto “pubblico interesse”? Non è che al solo sentir proferire sostantivo e attributo come “centro commerciale” il Montagna abbia sentito tutto il fastidio, la seccatura, il disagio, in merito, per via della sua ingombrante chilometrica coda di paglia?
Io mi augurerei davvero di sì, confidente come sono nella redenzione di tutti, anche del più incallito e convinto sostenitore di sesquipedali scemenze degne di una prima repubblica delle banane.