Per completezza di trattazione bisognerebbe includere nella categoria “rappresentanti delle istituzioni” molti, troppi personaggi pubblici in divisa o in alta uniforme, come Vigili Urbani, Carabinieri, Poliziotti et similia, che a volte sembra facciano a gara – oltre a chi la spara più grossa - a chi sia più deferente, ossequioso, stucchevolmente prono nei riguardi delle cosiddette ed a volte sedicenti “autorità religiose”. Come accertato anche da sentenze passate in giudicato, alcuni esponenti delle forze pubbliche (o meglio forse pubbliche) sanno essere forti con i deboli e smidollati con i potenti. Ma queste sono altre (tristi) storie.
Detto questo, credo che non si possa anzi non si debba abdicare alla sovranità ed alla dignità di un popolo, del quale fanno parte eventualmente anche fedeli di altre religioni, nonché atei, non credenti, scettici, agnostici, dubbiosi, critici, eccetera eccetera, oltre che cattolici. I politici e le forze pubbliche, nell’esercizio delle loro funzioni, non sono eletti e remunerati dai cittadini per dare spettacolo di condiscendenza o, peggio ancora, servilismo o cortigianeria, ma per occuparsi di ben altro.
Aggiungo che i cattolici (adeste fideles!) per primi dovrebbero indignarsi di fronte a codeste oscene manifestazioni di “cultura” offensiva dell’eguaglianza fra le persone, invece che ancora una volta stracciarsi le vesti, seguendo le orme di qualche loro sommo sacerdote, sol perché si osa metter in discussione alcune forme anacronistiche, queste sì, di archeologismo o archeologite acuta.
Per fortuna, sembra finalmente che sia lo stesso vescovo a voler per primo abolire paludamenti e prostrazioni preconciliari che hanno tutto l’odore pestilenziale della muffa di una chiesa ferma ai primi dell’ottocento (questo si evince, salvo errori od omissioni, da certi scritti natalizi, in cui l’ordinario diocesano idruntino, citando il papa Francesco, sembra benedire, almeno a parole, lo slancio innovatore del nuovo vescovo di Roma).
Quanto sarebbe più bello, giusto, saggio, sobrio, laico, direi anche ecumenico - da parte dei nostri rappresentanti pubblici - limitarsi a stringere la mano all’interlocutore ospite, qualunque palandrana vesta o di qualunque lignaggio questo sia, guardandolo dritto negli occhi, piuttosto che sottomettersi di fronte ai segni del potere, con il rischio di scivolare sulla propria stessa saliva.
Il santo vescovo salentino, don Tonino Bello, preferiva evidenziare il potere dei segni più che i segni del potere. Peccato che gli adulatori da retro-sacrestia di casa nostra non abbiano tanta dimestichezza con l’insegnamento di questo profeta.
E che dire, infine, dei pubblici discorsi di benvenuto a reliquie, effigi, ecclesiastici di ogni risma, vere e proprie prolusioni in cui il rappresentante politico locale, come per esempio il delegato della frazione (e giacché ci siamo anche della fazione), sempre con tanto di fascia tricolore, si mette a citare, lodandolo e ringraziandolo ogni momento, il proprio gruppo politico o partitico (onde PD significherebbe ormai Prostrati Devoti)?
Nulla, davvero nulla altro. Su questo punto meglio stendere un velo pietoso; anzi, visto che siamo in tema di reliquie, una sacra sindone.
Antonio Mellone