E' il 1961, dietro alla cisterneddha è ancora campagna, l’asilo è appena stato costruito, ci sono solo alcune fesserie da finire e tutta la zona è in espansione.
Io c'ero ma ricordo poco e niente.
Ricordo una cosa in particolare e cioè che le suore per quel giorno di festa dedicato al sacerdozio di mio fratello P. Francesco, avevano preparato, solo per me, un pranzo a parte.
Pare che fossi discolo nel mangiare e mamma mi viziava molto. Come poteva ovviamente.
Santa donna mia mamma.
Sono cresciuto con le sue coccole "pizzacate"comprese.
Una specialità tipo i "picozzi" di Don Donato o gli “scoppoloni” di Don Paolo.
Indimenticabili.
Altro che le burlesque del nostro piccolo pagliaccio miliardario.
Quello che ricordo anche di quel periodo era il "pane bianco".
Per noi era una prelibatezza. Un lusso. Roba da ricchi.
Lo compravanmo per il nonno che non aveva denti e abitava in vico Pigno, una parte gliela mangiavo cammin facendo, dalla bottega di fronte a casa a vico pigno.
Per noi c'erano le frise e quando andava bene il panetto con la muffa verde che pare facesse venire i denti d’oro e le pucce che duravano si e no una mesata e poi frise e frise, sempre e solo frise.
Frise e malote. Bei tempi.
Marcello D'Acquarica