Di Antonio Mellone (del 18/04/2021 @ 18:54:59, in NohaBlog, linkato 1157 volte)

Cari partiti o movimenti o liste civiche, tanto sempre là stiamo, sembra che di questi tempi abbiate ritrovato una verve dialettica, una vis polemica (vabbè comica), quando non una vena poietica che non si vedevano dalle precedenti amministrative per l’elezione del Consiglio e del Sindaco (s’intende quello con la maiuscola) del nostro povero comune. Non passa settimana che non si legga in giro, tra un dato dei contagi e uno dei Recovery, qualche comunicato-stampa dei vostri. Ma cosa v’è preso? Guardate che le votazioni sono ancora ben lontane dall’esser celebrate, seppur ci venissero gentilmente concesse, e di questo passo vi arrivereste spompati.  

A scanso di equivoci vorrei premettere che noi di Noha.it siamo di bocca buona, così tanto che abbiamo accolto e continuiamo ad accogliere per la loro pubblicazione veline di cani e porci. Basterebbe farsi un giro nell’archivio relativo alla diciamo politica locale e nazionale per rinvenire scritti, video, interviste, dichiarazioni, lettere aperte (mai una volta chiuse) e comizi di personaggi pneumaticamente defunti (r.i.p.) che con sintassi, grammatica ma soprattutto logica avevano lo stesso feeling che Erode doveva avere con gli innocenti.

Ergo lungi da noi, per carità di patria, qualsiasi intento censorio o peggio ancora intimidatorio nei confronti di chicchessia, tipico di chi è in contenzioso personale con la democrazia più che con qualche voce stridula; ma abbiate pazienza e prendete pure queste righe come una preghiera, un appello, anzi come una consulenza spassionata gratis et amore Dei.

Non è nostra intenzione stilare qui di seguito un decalogo del perfetto comunicato stampa, ma vivaddio almeno l’essenziale, tipo: la buona creanza di cambiarne l’immagine a corredo se non proprio la forma dell’elaborato per ogni sito internet destinatario (o pensate siano encicliche, le vostre?); l’accortezza di non firmare in calce lo scritto se nel testo il firmatario viene intervistato in prima o in terza persona da se medesimo; ma soprattutto, ove possibile, attenzione a non tradire la Politica tre volte prima di sentir cantare il gallo due volte. Guardate, ci sono così tante cose belle da leggere, libri, poesie, articoli, vedere video e film, per cui sottrarre tempo prezioso con certi interventi è un vero e proprio delitto. E mi riferisco al tempo reciproco: vostro nel mettervi a tavolino a battere su quella tastiera (che non è un marciapiede) e nostro nel leggervi (che non può trasformarsi in reggervi). Ma tant’è. 

 
Di Antonio Mellone (del 03/04/2021 @ 19:57:36, in NohaBlog, linkato 1067 volte)

Ci sono parole che si rovinano, invecchiano rapidamente, rischiano di dire il contrario di quel che avrebbero voluto, forse perché esauste, proferite con superficialità quando non in mala fede, ripetute a pappagallo, dunque razziate dal potere. Senza andare troppo lontano basti pensare a Crescita, Sviluppo, e ultimamente anche Economia Circolare, Sostenibilità, Resilienza, e ulteriori lemmi o locuzioni da Recovery. Del resto la storia è costellata dagli espropri dei vocabolari più che da quelli proletari, essendo il vocabolario probabilmente uno dei beni più preziosi di un popolo, che dico, di ciascun individuo (onde il povero don Milani aveva ragione due volte).

Altre parole sono sulla buona strada del loro (e nostro) logoramento, vista la puntualità svizzera con la quale vengono utilizzate in convegni o in programmi elettoral-amministrativi. Mi riferisco a Riqualificazione e a Valorizzazione. Ricordo, così solo per fare due esempi, che in loco era considerata Riqualificazione (e temo lo sia tuttora per molti conterranei) la trasformazione di ventisei ettari di campagna galatinese in un mega-parco commerciale; e si continua senza alcun ritegno a parlare di Valorizzazione financo della basilica di Santa Caterina d’Alessandria, manco fosse una merce da prezzare sul mercato o un business da quotare in borsa.

Ebbene, personalmente considero valore ciò che per altri (tanti altri) temo sia un disvalore. E viceversa. Tipo il turismo quale “volano” (anche Volano non scherza) di tante belle cose, mentre io ne provo perfino orrore, attesa la visione predatoria peculiare di molti fenomeni di massa, perniciosi anzichenò per loro stessa indole.

È inutile dire quanto l’abbandono del natio borgo selvaggio, più prosaicamente paesino, sia ormai una malattia conclamata, una vera pandemia con un indice Rt strettamente maggiore di uno (e non mi si dica che scimmiotto i virologi, ché l’Rt lo studiai in Statistica qualche decennio fa). Al di là delle buone intenzioni e delle eccezioni, la regola aurea sembra essere quella della forza centripeta il cui centro di gravità permanente diventa la città (preferibilmente metropolitana) con connesso spopolamento della provincia. Si tratta di un discorso sistemico, voluto dalla classe dominante e dai suoi caporali dotati di un iban da impinguare oltremodo, tanto i gregari si trovano sempre in abbondanza e perlopiù gratis.

 
Di Antonio Mellone (del 27/03/2021 @ 14:34:33, in NohaBlog, linkato 1023 volte)

Da quando Mr. What Else? (ah no, quello era George Clooney); insomma da quando Mr. Whatever it takes, vale a dire il capo del governo dei migliori e giacché dei competenti, fa pubblica ammenda sull’uso degli inglesismi, a me quasi quasi locuzioni o semplici lemmi British iniziano a starmi simpatici. È un mio problema, lo riconosco.

Prendiamo Megatrends, che sarebbero le macro-tendenze, ma chiamiamole pure mode condivise su ampia scala. Ebbene, premesso che il Capitalismo non si può definire come un Megatrend in quanto non è una tendenza ma un dato di fatto penetrato da tempo nella nostra realtà, possiamo definire Megatrends tutti quei “cambi di passo” che in maniera più o meno veloce, più o meno palese, aiutano il suddetto Capitalismo a farsi gli affari propri in maniera più efficiente, e con tanto di Resilienza incorporata (allusione all’arte di accettare intemperie e soprusi).  

Prendiamo ad esempio l’archetipo del Centro Commerciale visto dai più come una calamita (purtroppo senza accento sull’ultima). Ebbene si tratta di uno specimen che si fa viepiù impalpabile anche nella vita di ciascun individuo, tanto che non si riesce più ad avvertirne le contraddizioni. Si è giunti perfino a pensarlo come il “migliore dei mondi possibili” e amen.

Non mi riferisco evidentemente soltanto al settore del commercio o dell’artigianato tout court che cattura ormai consumatori di ogni dove con conseguente morte per strangolamento di botteghe e magazzini cittadini (tanto poi è sufficiente riempirsi la bocca di “valorizzazione dei borghi” e il problema scompare). E volutamente non tocco nemmeno il tasto delle piattaforme alla Amazon, le quali con la scusa della “convenienza” godono di ampi lasciapassare per lo sfruttamento di dipendenti e fornitori. Voglio invece aggiungere il fatto che il mito del superintensivo “polo aggregante” acchiappa i settori più disparati: dalla Giustizia (con la chiusura dei tribunali paesani costati non so più quanto in termini di debito pubblico, per concentrarli su di un'unica sede centrale, meglio se ubicata in una “cittadella della giustizia”: tanto una speculazione edilizia in più o una in meno cosa cambia ai fini della “legalità”) alla Sanità (in nome del “riordino” si spingono alla serrata gli ospedali sparpagliati sul territorio per comprimerli in grandi nosocomi: meglio se privati, modello efficienza lombarda); dalle sale

 
Di Antonio Mellone (del 07/03/2021 @ 10:25:28, in NohaBlog, linkato 1345 volte)

Insomma qui non vogliamo essere secondi a nessuno. A Palermo nasce Addio Pizzo (movimento contro le estorsioni), e diciassette anni dopo a Galatina e dintorni diamo vita ad Addio Pino (contro le torsioni. Dei tronchi).

Sì, perché come abbiamo già avuto modo di discettare, nella nostra città sembra siano stati banditi gli alberi di pino, tipo quelli mietuti in viale don Bosco, il quale - povero martire - per l’occasione ha dovuto cambiar nome, se non proprio sbattezzarsi.

Ma mica ci limitiamo ai soli pini: a noi fanno specie molte altre specie.

E qui scatta il governo di unità comunale, che dico, di solidarietà nazionale, che vede conflati insieme il PD (Partito Decespugliatore), il Movimento 5 Seghe (soprattutto mentali), l’Udc (Unione dei Calcestrunzi), Italia chi t’ha Viva, e il resto dei partiti usi intonare all’unisono Accetta Nera, senza scordare il rosario di Liste Ciniche (o forse erano cliniche), con l’appoggio esterno del comitato Amici del Massetto, cui aderisce la maggioranza qualificata della popolazione (ma con esclusione perentoria del reprobo di turno che ha il brutto vizio di canzonarne i soci onorari).

Voglio dire che codeste larghe intese sono ormai così conquistate dalla svolta green, dalla transizione ecologica, per non parlare di sostenibilità e resilienza, che ormai se non risolvono il problema alla radice si mettono a reciderne le chiome.

E dovreste sentirli nei loro dibattiti tra il serio e il lecceto: ma come si permettono questi fusti, anzi bellimbusti di creare dossi naturali (il dramma risiede in quel Naturali), di sporcare quel capolavoro di asfalto con tutti quegli aghi (non sia mai che superino, in numerosità, quelli delle siringhe), di insidiare la “bratella” che collegherà il centro al secondo tronco (tronco di circonvallazione, s’intende). E se poi questi alberi infiniti decidessero di cadere come tanti pali della luce, come la mettiamo?

In estrema sintesi, questi vegetali sono PE-RI-CO-LO-SI a prescindere. Quasi tutti eh, ché qui non siamo mica razzisti per fare dei distinguo. Sicché meglio prevenire.  

 
Di Antonio Mellone (del 25/02/2021 @ 19:34:12, in NohaBlog, linkato 1086 volte)

Certi gesti, lo confesso, li faccio per tornaconto personale, diciamo pure per mero egoismo. Questo, per esempio, ritratto nelle immagini gentilmente inviatemi da un amico (nossignore, non è il vaccino, bensì un prelievo di sangue), mi consente di allungare la vita. Ma mica quella degli altri: la mia.   

Ebbene sì, uso sbracciarmi perfino fuori stagione, e mi chiamano addirittura Donatore. Lo sono, ammetto, per tirare avanti, vagabondare senza dazi, arraffare tempo, e chissà che non anche conquistare in sodalizio scampoli di eternità.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 08/02/2021 @ 18:52:29, in NohaBlog, linkato 1150 volte)

"Quando l'ultima scheggia di corteccia avrà finito di gridare al cielo il mio dolore a te non resterà altro da bruciare che la tua abominevole ignoranza.
Nemmeno più il fumo sortirà dal sacco di sterco progredito in cui ti sei rintanato”

Oggi ho voluto fare un giro al cimitero, e come mi capita spesso guardando i volti di tutti quelli che ho incontrato e che sono esposti sui loculi, ho scambiato con loro qualche pensiero, così, in intimità silenziosa. Era tanto che li cercavo, oggi ho chiesto aiuto alla custode, così finalmente li ho rivisti. E ci siamo raccontati la storia dell’uliveto che ebbero in cura in vita e che si trova al fondo della via Giotto, verso ovest.

In quel campo fino a qualche decennio fa, c'era un bellissimo uliveto, tanti alberi grandi con le chiome brillanti come fossero addobbate da milioni di monete d’argento. Al fondo del campo, nella direzione opposta alla stradina che da Noha conduceva alla masseria Roncella, vi era una vecchia casa, piccola, senza intonaco, fatta di una sola stanza con un camino. Da qui, infilando la testa per guardare il cielo, di notte si vedevano le stelle. Il campo con gli ulivi argentati e la casa con le stelle apparteneva ad una coppia di sposi di Noha che abitavano in via Osanna, la via palazziata più affascinante di Noha. Dove perfino il barone volle costruire il suo palazzo nobiliare allorquando in via Castello s’affacciavano due masserie e si produceva olio grazie ai due frantoi ipogei.

Pietrangelo Blandini, e Addolorata Paglialunga, classe 1888, erano semplicemente una coppia di sposi che avevano scelto come dimora la casa in via Osanna al civico 18 e 20.  Non ebbero ruoli sociali di spicco, se non quello onorevole di essere cittadini di Noha e di averla vissuta come hanno fatto migliaia di nohani dalla notte dei tempi in cui Noha esiste. Chi ha vissuto come me il loro tempo, certamente li incontrerà ancora in giro affaccendati tra casa e lavoro. Lo zio Pietro si spostava da casa per andare in campagna con un carretto trainato da un'asina. Ci parlava con quell’animale, lui parlava e lei, l’asina, lo ascoltava e gli ubbidiva. La strada che dal paese giungeva fino al campo e proseguiva per la masseria, era in pietra calcarea ribattuta, come la maggior parte delle vie, e al ciglio del lato verso nord c’era un piccolo pozzo in cui confluiva l'acqua piovana. Forse per questo la zona si chiama “puzzieddrhu”. La ragione per cui lo zio Pietro era soprannominato “u focara” non si sa, ma possiamo solo immaginarlo. Ora a proposito di “focare”, ho dovuto riferire ai poveri zii, che del loro argenteo bosco di ulivi non è rimasto altro che un tizzone di tronco carbonizzato, andato in cenere e fumo grazie alla smania distruttiva trasmessa da questo strano progresso.

E noi, giovani conquistatori di sogni, ci siamo persi così a rincorrere un tempo che presto sarebbe scivolato in questa immane bolgia dove l'importante non è avere un pozzo da cui attingere acqua da bere, né un bosco di ulivi argentei, né una vecchia casa con il camino in cui infilare la testa a cercare stelle incantate e a osservare la luna. No, niente di tutto questo. Io davvero non so più cosa si ritenga importante oggi, e cosa rincorrano i nostri giovani, so che quel che c'era ora non c'è più. Pozzo compreso. E quel che c'è ha cancellato i sogni che davano gioia e perché no, anche speranza.

Marcello D'Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 06/02/2021 @ 18:04:23, in NohaBlog, linkato 1011 volte)

Per ovvi motivi lo scorso anno non ho potuto - e temo non potrò nemmeno nel corrente – ricevere inviti da licei o da altre istituzioni scolastiche per le mie Conversazioni sull’Economia, altrimenti dette Corsi di Disorientamento, giacché autori come per dire Leopardi o Manzoni avrebbero sui temi economici più peso specifico di un Premio Nobel del settore. Stiamo parlando di lezioni in presenza, ché la didattica a distanza, mi spiace per ragazzi insegnanti e genitori, oltre a essere una faticaccia per tutti rischia di costituire un ulteriore impulso alle disuguaglianze, preludio delle ingiustizie. Mi mancano, dicevo, codeste lezioni dalle quali ho sempre ricevuto di più di quanto non abbia mai restituito, visto che insegnare è il miglior modo per imparare, e che la partita doppia in molti ambiti, tipo questo, è una scemenza distopica.      

Insomma, tra le cose che vorrei trasmettere agli allievi, oltre a quelle già a suo tempo dette e scritte, v’è anche il fatto che lo studio (certo, dipende anche da cosa si studia e come) è il miglior antidoto contro il tifo, vale a dire la febbre enterica che trasforma l’uomo in un tifoso. E proprio in questi giorni se n’è registrato il picco di contagi tra chi sosteneva un governo, chi faceva finta di opporvisi e chi, con brio clownesco, lo ha apparentemente rottamato: ecco, solo l’immune dal tifo avrebbe certamente compreso che da tempo immemore in questa cosiddetta repubblica non esiste una maggioranza o un’opposizione, ma il Partito Monocratico dei tengo-famiglia, altrimenti detti responsabili, che renderebbe inutile ogni elezione (e purtroppo anche ogni lezione), e che fa delle piazze, oggi perlopiù virtuali, delle aie per le zuffe dei capponi, dimostrando ancora una volta che l’unica lotta viva vera e spietata è quella del servitore numero uno contro il servitore numero due.

 
Di Antonio Mellone (del 24/01/2021 @ 17:24:48, in NohaBlog, linkato 1440 volte)

La telefonata giuntaci qualche giorno fa dal locale comando di polizia municipale ci mise subito sull’attenti: “Oddio, cos’abbiamo combinato questa volta a Noha.it? Pestato i calli a qualcuno? Una multa? Qualche politico frignante che ce le manda a dire manu militari? La solita querela auto-caricaturale?”

Fortunatamente nulla di tutto questo, soltanto un garbato invito alla festa dei vigili urbani di Galatina per mercoledì 20 gennaio, solennità di San Sebastiano, protettore della categoria (come da breve di Pio XII del ‘57), da tenersi nell’omonima chiesa sorta a suo tempo sull’omonimo, diciamo, colle cittadino.

Senza alcuna illusione di eventuali Superbonus Contravvenzione a mo’ di adeguato guiderdone per la partecipazione, e in assenza di personali “improrogabili impegni” (dichiarazione sovente addotta con una certa prosopopea), al fronte fu inviato il sottoscritto. Che poi, diciamocelo francamente, intervenire a una siffatta celebrazione, tanto sobria per contenuto e durata, non è mai così defatigante come, per dire, ricoprire il ruolo di commensale in un matrimonio (il cui impegno continuativo è contenuto nella locuzione “finché morte non vi separi”). Oltretutto una festa è per definizione un’infrazione al divieto di sosta imposto dall’universale frenesia delle giornate, e perciò un’occasione per fermarsi a riflettere.

E la prima cosa che non può non venirti in mente in questi frangenti è la solidarietà nei confronti di questi lavoratori, un tempo chiamati semplicemente guardie ovvero  cuardie nello slang salentino (da cui Michelino-cuardia, Vito-cuardia…), che nella nostra comunità s’aggirano intorno alla ventina di unità (esclusi i quattro ausiliari a tempo determinato, cioè i precari a tutele decrescenti): troppo pochi invero per riuscire a fronteggiare serenamente la miriade di incombenze che il ponderoso manuale del poliziotto urbano contempla tra scartoffie d’ufficio, le più gravose, e i pattugliamenti in strada, gli interventi domiciliari, i controlli, le notifiche, i rilevamenti negli incidenti d’auto, i piantonamenti istituzionali, eccetera, e questo sotto ogni cielo e bollettino meteo.

Se a tutto ciò aggiungiamo l’interpretazione degli ultimi Dpcm sventagliati a raffica, l’indisciplinatezza annidata fin dentro la cavità midollare di certi concittadini, il tasso di litigiosità paesana corroborata da un’infinità di legulei pronti all’uso, si capirà quanto, per ricoprire certi incarichi, non sia sufficiente né il master in diritto privato penale e amministrativo, né la magistrale in sociologia con indirizzo in psichiatria comunitaria.

È inutile qui dilungarci sull’inciviltà domestica, tipo lo sport del lancio dal finestrino del sacchetto della spazzatura a guisa di giavellotto, roba da medagliere olimpico, o tipo gli scambisti da marciapiede, dico di certi proprietari di cani al guinzaglio usi a  scambiare i transiti pedonali per vespasiani cinofili.

Quanto al tasso di litigiosità temeraria meglio non infierire. Tutti risoluti a chiedere telecamere in ogni angolo di Galatina e dintorni in nome della sicurezza; ma quando finalmente codeste telecamere, sempre in nome della sicurezza, diventano implacabili autovelox apriti cielo: tutti pronti a contestare in giudizio l’accertamento dell’infrazione in quanto “il marchingegno non fu opportunamente segnalato” [ma, di grazia, non sarebbe già sufficiente il limite di velocità? Ndr.].

*

Due anni fa a Noha, economizzando sulla precedenza in un incrocio di uguale importanza, provocai un incidente: la vettura concorrente centrò in pieno lo sportello destro della mia (anzi entrò risoluta nello sportello destro della mia). Me ne accollai la colpa, anche al cospetto dei vigili intervenuti per i rilievi. Quel pomeriggio inoltrato avevo premura, in quanto invitato in quel di Melendugno a presentare un libro, e chiesi se fosse possibile velocizzare i tempi e includere l’eventualità di farmi vivo all’indomani per la multa di rito. La vigilessa, invero molto cordiale, si fidò di me: “Vada tranquillo, e vada piano. Ci vediamo domani”.

Il giorno seguente, dunque, mi presentai al Sedile di via Vittorio Emanuele II, la sede storica dei VV.UU., quella con gli stemmi civici scolpiti sulla facciata (il quattrocentesco con le sole chiavi decussate, e il settecentesco con chiavi, civetta e corona), ritirai il verbale, e chiesi l’Iban per il pagamento del dovuto. La medesima vigilessa della sera precedente mi chiese se per caso avessi intenzione di contestare quella sanzione pecuniaria. Le risposi: “ E perché mai? Ho sbagliato e quindi pago”.

Mi guardò come fossi atterrato da Marte.

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 15/01/2021 @ 20:05:43, in NohaBlog, linkato 1222 volte)

Premesso che sia il conteggio delle piante che dei metri quadrati sono calcolati a “spanne”, come si suol dire quando si fa un lavoro non precisissimo, e che le due situazioni a confronto, quella degli alberi esistenti a Noha negli anni ante sessanta e quelli esistenti oggi, sono eredità delle Amministrazioni Pubbliche, non certo dell’attuale i cui risultati, forse, riusciremo a vederli da qui a qualche anno, anche se i primi segnali di questo futuro non sono tanto confortanti.

Non voglio entrare nel merito dei “danni quantificati” che gli alberi possano causare ai cittadini, anche se mi piacerebbe avere un prospetto o una relazione anche da parte degli esperti agronomi interpellati dal Comune. I quale sembrano convenire sul taglio dei pini e di tutti gli alberi che con le loro foglie sporcano e con le radici sollevano mattonelle e asfalti.

Per par condicio non entro nel merito nemmeno dei benefici che possano apportare questi benedetti alberi.

Possiamo dire che negli anni del dopoguerra e fino all’inizio degli anni ’60, un po’ prima che si cominciasse a costruire su via Carso, diciamo nella seconda ondata di urbanizzazione nohana dopo quella del 1927, come rappresentato nella mappa allegata rilevata dall’archivio storico di Galatina, Noha urbanizzata era di circa 25 ettari e gli alberi erano quelli evidenziati in verde nel disegno, supportati anche da alcune vecchie foto e dalla memoria storica di qualche sopravvissuto.

Con l’evento della “zona 167” Noha ha quasi triplicato il consumo di suolo con altro catrame e cemento, mentre non possiamo dire altrettanto per gli alberi.

Infatti del viale di via Aradeo, che iniziava dalla grotta della Madonna di Lourdes e finiva al cimitero, sono rimasti appena dodici alberi e un moncone, che resistono ancora contro gli incendi annuali, previsti a quanto pare dalla desertificazione d’ordinanza.

Della via Castello abbiamo l’immagine delle vecchie case di corte in tutta la loro gloria, comprese le casiceddhre di Cosimo Mariano che finalmente si accingono a esalare l’ultimo respiro (a proposito di ossigeno).

 

Canto notturno di un pastore ...

Categorie News


Catalogati per mese:


Gli interventi più cliccati

Sondaggi


Info


Quanti siamo

Ci sono  persone collegate

Seguici sui Canali di

facebook Twitter YouTube Google Buzz

Calendario

< novembre 2024 >
L
M
M
G
V
S
D
    
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
14
16
17
23
24
25
26
27
28
29
30
 
             

Meteo

Previsioni del Tempo

La Raccolta Differenziata