E così se n'è andata anche la Michelina nostra.
Chi non la ricorda tutto il giorno dietro la finestra, alla luce del sole (si sta nella luce per fare bellezza), nella sua casa di fronte alla Trozza di Noha, con il capo chino sul telaio - il cerchietto in legno - con ago e filo tra le mani intenta a ricamare tessuti. Era il suo modo per imbastire i sogni sulla tela bianca, far fiorire lenzuola, merlare asciugamani, impreziosire tovaglie con l'arte appresa sin da bambina.
Un tempo, quando i corredi non erano snobbati, anzi costituivano "la dote" imprescindibile in ogni matrimonio, lavorata anche di notte per riuscire a finire il lavoro in tempo utile. Anche l'orlo del camice liturgico del parroco è stato intagliato dalle sue mani preziose, e la tovaglia dell'altare maggiore, e pure quella con il disegno di San Michele Arcangelo, patrono di Noha. Voleva sempre fare bella figura, la Michelina nostra, e ci riusciva, a costo di consumarsi gli occhi in cerca della perfezione.
Un tempo, quando nella processione del Corpus Domini in ogni strada di Noha veniva allestito l'altarino, le sorelle Tundo facevano a gara perché il loro fosse il più sontuoso, con quel trionfo multicolore di coperte, centrini, tendaggi e tappeti, molti frutto dell'abilità particolare delle loro mani esperte di intaglio, tombolo, filet, punto a giorno, chiacchierino...
Michelina ha sempre lavorato con grande concentrazione, onde evitare errori e sprechi, anche quando insieme alla sorella Giovanna, nella propria casa, gestiva la bottega di generi alimentari - un negozietto di cose buone ed essenziali come si usava una volta, prima dell'avvento degli ipermercati pieni di tutto, anche di quello che non serve.
Sempre pronta nelle iniziative della comunità, Michelina non si è mai tirata indietro, nemmeno quando i ragazzi del Presepe Vivente le hanno chiesto di partecipare attivamente come attore protagonista. Per l’occasione non solo vestì i panni dell’antica ricamatrice, appunto, ma per la sua postazione, ubicata in una delle casette del Castello, tirò fuori dalla cascia tutto il suo armamentario, i pezzi più belli della sua collezione, gli attrezzi del mestiere degni del miglior museo della civiltà contadina.
È proprio vero che la nostra vita somiglia spesso a un ricamo, un universo di trame, colori, forme e figure, bellezza e armonia: e rimane pur sempre appesa a un filo.
Condoglianze ai parenti e agli amici, e alla comunità di Noha.
La redazione di Noha.it
Ultimamente a Noha sembra che non si riesca proprio a smettere di piangere: ieri abbiamo salutato per l'ultima volta il caro Dino, oggi ci tocca fare la stessa cosa con il povero Donato Bruno (Mariuggio), anch'egli partito senza preavviso.
Donato era persona buona, di poche parole e molti silenzi, come per fortuna si usa ancora nel mondo dei contadini. Amava la sua terra, la rispettava, la curava, di più, la custodiva: intensivo o superintensivo non facevano parte del suo vocabolario.
Era sempre pronto a darti una mano, e a farti dono delle sue derrate agricole. Pur non sapendolo, forse, era protagonista dell'economia del dono, l'unica economia in grado d'ora in poi di salvare il mondo.
Siamo certi che siano questi, e molti altri di buona creanza, i valori che lascia a quei bravi ragazzi dei suoi figli, Michele e Luca, che abbracciamo con affetto. Esprimiamo vicinanza e partecipazione anche alla moglie, sig.ra Giuseppa Donadei, ai fratelli, alle sorelle e a tutti i parenti e amici che ormai porteranno sempre con sé la paziente e benevola umanità di Donato.
La redazione di Noha.it