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Ora o non ora?
Di Marcello D'Acquarica (del 14/01/2014 @ 14:40:40, in NohaBlog, linkato 4140 volte)

Cade o non cade? Questo è il dilemma. Penserete mica che questo dubbio se lo pongano i nostri politici? Ma nemmeno per sogno. “Se cade…dice il pollitico di turno… il Comune paga”. E chi sarebbe questo Comune? Da dove prende i soldi per pagare? Ci stiamo dicendo da lungo tempo che la casa e relativa torre con orologio sono la proiezione ortogonale della politica di Noha e di Galatina. Che ci piaccia o no, è così. E in questo la politica nostrana rappresenta benissimo quella romana: senza colore, né di centro, né di destra e né sinistra. Per guardarla (la politica) basta alzare la testa, e non è solo l’orologio fermo da lustri (o che segna l’ora giusta due volte al giorno), a destare sdegno e paura, ma tutta la struttura nel suo insieme. E non se ne esca il solito oratore di turno accusandoci di sventura profetica. Come se crolli del genere accadessero solo a Pompei.

Vorrei ricordare che sotto quella torre e relativa struttura comunale, con grande dispendio di parate in pompa magna e gloria, si svolgono cerimonie e feste previste dal calendario, che sia politico o religioso poco cambia. Un po’ come se il pranzo di nozze venisse servito in un pollaio. Le responsabilità non hanno due morali, ma incidono sulla stessa faccia, la nostra.

Non è che la religione si debba occupare dello spirito e la politica della carne, non entro nei meandri filosofici della differenza fra il concetto di anima e di corpo, bensì dovremmo semplicemente ricordarci della dignità come, per l’appunto, ho avuto occasione di ascoltare con le mie orecchie in uno degli ultimi sermoni liturgici. Dignità che prescinde dall’appartenenza ad una corrente di pensiero o religione che sia, ma che è di pertinenza dell’uomo in quanto figlio tale (e se vogliamo in quanto figlio di Dio). Cioè tutta l’umanità.

Per farla breve, la casa con torre e relativo orologio, sono per l’ennesima volta sotto le mire di fantomatiche opere di ristrutturazione. “Era ora”, direte voi. Non fatevi illusioni. Si tratta semplicemente di una lavata di faccia che si vuol fare facendo aggiustare solamente l’orologio (purché si faccia). Le solite vave nostrane.

Il genio che progettò e fece costruire quell’opera è stato un grande maestro d’arte. Un po’ meno lo è chi si arrampica là sopra appendendo lampadari natalizi, fari alogeni e sparando fuochi artificiali ad ogni parata. Errare è umano ma perseverare è diabolico. Le foto sono poco eloquenti, ma le pietre no. E’ quanto basta per sapere che il soffitto della prima stanza, quella che si affaccia sulla piazza, sta cedendo sotto il rigonfiamento del ferro annegato nel cemento. Le ali dell’aquila si potrebbero scollare da un momento all’altro (e magari spiccare il volo) così come la cornice del lato che guarda verso nord-est. Il resto del pietrame sovrapposto a regola d’arte nel 1861, e forse pure prima, soffre di gravi infiltrazioni ovunque. Viene da credere davvero che sia il nostro santo protettore a perpetuare il miracolo e che quelle pietre non siano normali pietre ma acrobati provetti senza rete.

E su questa roba si vorrebbe rimontare orologio, campane e relativa struttura di sostegno.

Cose dell’altro mondo.

   
 

Marcello D’Acquarica

 

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