Da anni cerco di far comprendere a chi già non lo sapesse (specie fra i miei compaesani) che abitare a Noha è un lusso; e forse uno dovrebbe pure meritarselo.
In questo paese ci sono molte cose che non vanno, certo, basti pensare a quanti personaggi politici si sono alternati sui palchi dei comizi facendoci vergognare per loro, o i mille fatti di cronaca nera diventati quasi stigma di un’intera cittadinanza. Ma per fortuna nostra e loro, sugli uni, già irrilevanti, sembra ormai calato l’inesorabile oblio, sugli altri la consapevolezza che il senso di comunità, la cultura e la costante vigilanza della forza della ragione (contrapposta alla ragione della forza) possano quanto meno arrestare il propagarsi di certe cancrene.
E così da non so più quanto tempo vado proclamando la sacralità disoccupata del mio paese, provando a spiegare in qual misura la sua marginalità sia di fatto centralità, e la sua modestia dignità: che dico, nobiltà.
Da qualche lustro vado dunque spiegando ai nohani (ma il discorso varrebbe anche per galatinesi, cutrofianesi o canicattinesi) che la tutela del genius loci e la salvaguardia della sua economia passa anche dallo stile dei propri consumi. La regola di giurisprudenza economica da seguire, così invisa ai pescecani del capitale, è questa: se (proprio) devi spendere, almeno fallo rivolgendoti ai negozianti intorno a te, sceglili in maniera direttamente proporzionale alla loro dimensione (ovviamente partendo sempre dal più piccolo) e in funzione inversamente proporzionale al quadrato della loro lontananza. Acquista da chi conosci, ti chiama per nome, non ti considera un algoritmo, e da chi non devi rintracciare scaricando una App. Privilegia chi non fa sprecare a te e al mondo troppa energia, sostieni chi ti spiega le cose e non ti assegna a un Numero Verde, opta per chi ti fa acquistare il necessario, e non t’intasa la buca delle lettere e giacché pure il cervello con i suoi volantini.
Per questo ho già parlato e scritto di botteghe e negozi e artigiani e artisti e liberi professionisti del mio paese. Ne mancano ancora parecchi: pian piano arriverà anche il loro turno, secondo una priorità acquisita in base a un indice quali-quantitativo composto da saluti cordiali, parole gentili, sorrisi sinceri e non di circostanza rivolti al mio indirizzo.
Nel frattempo, sempre a proposito di micro-commercio, vorrei ricordarvi che ogni lunedì a Noha, in via Michelangelo, a due passi da piazza San Michele, c’è quella che un tempo tutti chiamavano “la chiazza”, vale a dire il mercatino delle bancarelle che vi assicuro è molto carino. Proviamo a mantenerlo in vita, non spegniamolo spegnendoci a nostra volta. Usciamo dai nostri telefonini e proviamo a incontrare quei piccoli commercianti all’aria aperta, eroi erranti che lottano come gli altri per la sopravvivenza contro i colossi della GDO e quelli dell’e-commerce (entità che prosperano sullo sfruttamento di molti, primi fra tutti i Riders: ah, se vedeste almeno il recente film di Ken Loach “Sorry, we missed you”).
Ma cosa vi costa aspettare il lunedì, invece di mettervi in fila al centro commerciale a rompere i coglioni di domenica ai lavoratori. Guardate che la differenza non sono sole 24 ore.
Antonio Mellone