Stamattina al bar m’è andato il caffè di traverso.
E stavo pure rischiando un aneurisma cerebrale per il superamento dei picchi di guardia della pressione arteriosa. Mica per il caffè (oltretutto decaffeinato), ma perché m’è venuta la felice idea di dare un’occhiata al Diciamo Giornale più letto in loco, vale a dire il Quotidiano [non il Fatto, quell’altro: lo strafatto, ndr.].
Perché?
Date un’occhiata, per favore, alle pagine 2 e 3 del giornale datato 9 aprile 2018, e ditemi voi se non sono tutte da incorniciare.
Si parte con l’Economia - probabilmente studiata su Millionaire (o forse nel Billionaire) - con un bel titolone: “I lacci della burocrazia frenano gli investimenti «Più facile in Russia»”.
L’autore piagnucola su quanto sia “faticoso programmare investimenti sul territorio” [poverini, come sudano, e soprattutto come s’offrono, ndr.], e sul fatto che questo benedetto “sviluppo” e questa sacra “riqualificazione del territorio” sono costretti a scontrarsi contro il “‘muro in cemento’ della burocrazia” [mica con quell’altro meno metaforico, cioè con il muro di calcestruzzo, nossignore, ndr.].
E, mamma mia, ma quanto tempo si perde per creare “strutture turistico ricettive extra-lusso” visto che stiamo qui ad interrogarci “ancora sull’impatto ambientale delle stesse”. Meglio dunque dare subito il via alle Opere che farne fare una Via.
Be’, in effetti non si capisce come mai, nonostante lo “Sblocca-Italia”, in Puglia ci siano delle riserve naturali non ancora trasformate in “eco-resort”, foreste di ulivi secolari non ancora destinati a “villaggi all-exclusive”, porti selvaggi non ancora corretti in “porti turistici”, e torri antiche non ancora convertite in “case-vacanze”.
Il “giornalista” continua a parlarci di “riqualificazione” [quando sento questo lemma avverto subito puzza di fregatura: il solito malpensante, ndr.], riqualificazione, dicevo, di “una fortezza che risale al 1450, nella marina tra Savelletri e Torre Canne” per “realizzare […] un centro per avvenimenti sociali, culturali e matrimoni”.
E certo, il matrimonio di lusso prima di tutto. Poi – ma solo se rimarrà qualcosa del banchetto nuziale – tutto il resto, come la storia, gli studi, la ricerca, l’arte, l’intangibilità del patrimonio culturale, e dunque l’articolo 9 della Costituzione.
Nell’altra pagina, un altro Diciamo Articolo dal titolo: “Da Colaninno a Briatore: voglia di Puglia, e poi la fuga” [per fuga s’intenderà la sfiga del Twiga, ndr.], con tanto di riporto del Pensiero Unico Briatoregno, tipo: “Nel Salento siete indietro di 30 anni”, e poi ancora: “Vi servono alberghi a picco sul mare”, e altre delizie del genere.
Non manca il doveroso riferimento al progetto dell’“Oasi Sarparea” di Mrs Daighton, la lady di ferro (e cemento) inglese che s’è messa in testa, anch’ella, di farci sviluppare come si deve, e con decine, che dico, centinaia di nuovi posti di lavoro. A completare la grande opera, e a far schizzare il Pil locale, mancherebbe soltanto un novello centro commerciale, un bel gasdotto nuovo di zecca, e l’eradicazione di un po’ di ulivi (ma solo qualche decina di migliaia, tra sani e curabili) con la scusa dell’emergenza Xylella.
Sapete da dove son nate queste due interessantissime pagine di Economia & soprattutto Commercio quotidiano [roba da 110, lode, e calcio in culo accademico, ndr.]? Dal racconto della storia di un magnate [che sarà probabilmente voce del verbo, ndr.], uno “tra i 300 più ricchi della Svizzera”, desideroso di ballare in Puglia, un uomo di 73 anni dall’occhio vispo e una bella $ sbarrata incisa nell’iride: il signor René de Picciotto. Un nome che è tutto un programma.
Antonio Mellone
La storia non fa salti. Con il vescovo Orazio Fortunato varchiamo la soglia del 1700, e iniziamo, grazie anche ai registri redatti e conservati con più rigore, ad avere notizie più dettagliate circa la chiesa particolare di Nardò e quindi anche di Noha. Una curiosità: come si evince dalle immagini, tutti (o quasi tutti) i Vescovi del tempo erano muniti di baffi, barba, ovvero, come nel caso del Vescovo Fortunato, di pizzetto.
La redazione
ORAZIO FORTUNATO (1635 – 1707)
Vescovo di Nardò dal 10 gennaio 1678 al 23 luglio 1707
Dal 1678 al 1707 i Pontefici furono:
Innocenzo XI (1611-1689) Papa dal 1676 al 1689
Alessandro VIII (1610-1691) Papa dal 1689 al 1691
Innocenzo XII (1615-1700) Papa dal 1691 al 1700
Clemente XI (1649-1721) Papa dal 1700 al 1721
Arciprete di Noha:
Don Ant. Donato Palamà (1625-1689), parroco dal 1650 al 1689
Don Nicolantonio Soli (1662-1727), parroco dal 1689 al 1727
Orazio Fortunato nacque in Sant’Arcangelo di Lucania il 18 gennaio 1634.
Il 6 dicembre 1666 Alessandro VII (il nostro Fabio Chigi) lo nominò protonotario apostolico. Il 6 ottobre 1670, a 36 anni, fu eletto Vescovo di San Severo (Fg) da Clemente X, papa dal 1670 al 1676. Dopo circa otto anni, il 10 gennaio 1678 fu trasferito alla diocesi di Nardò da Innocenzo XI.
Era una persona dotta, padre dei poveri, amante della giustizia, e oratore sacro di grande fama.
Lo stesso anno in cui venne a Nardò, diede inizio alla visita pastorale della diocesi, della quale ci ha tramandato un’ampia relazione. Nel 1680, terminata la visita pastorale, nei giorni 9, 10 e 11 giugno, celebrò il primo sinodo diocesano, le cui costituzioni sono pervenute integre sino a noi.
Il 7 luglio 1688 morì il Sac. Domizio Zuccaro, che lasciò a disposizione del Vescovo la somma di 619 ducati e grana 28. Orazio Fortunato, grato alla Provvidenza per quella offerta, la assegnò a favore del seminario e precisamente per aumentare il numero degli insegnanti e aprire nuove scuole a vantaggio dei giovani che accorrevano da più parti, desiderosi di una guida sicura nell’istruzione, nella pietà e nella formazione sociale e religiosa. Mentre attendeva ad opere di bene e di apostolato in diocesi Innocenzo XII, che ne conosceva bene le capacità, la rettitudine e le rare virtù, lo chiamò a Roma per un incarico di curia. Egli però, dopo aver assolto tale incarico per qualche anno con somma saggezza ed incorrotta fama, vi rinunziò. Grande fu il dispiacere della curia romana, ed il Pontefice acconsentì a malincuore che facesse ritorno tra i suoi fedeli di Nardò.
Il 26 dicembre 1690 celebrò il secondo sinodo diocesano, nel quale integrò quanto aveva stabilito nel primo. Le costituzioni sono tuttora conservate in archivio.
Diede grande incremento al seminario diocesano: ne accrebbe le rendite, ne ampliò la costruzione, aggiungendo nuovi locali, lo rese più bello e più accogliente e, sopratutto ne affidò l’insegnamento a dotti e valenti insegnanti. Sotto la loro guida si formarono buoni e saggi sacerdoti, alcuni dei quali raggiunsero la dignità episcopale. Il seminario acquistò vasta fama, tanto che vennero a studiarvi non pochi giovani provenienti da altre diocesi e perfino da altre regioni. Egli stesso negli atti del secondo sinodo diocesano del 1690 aveva lasciò scritto: il seminario, che a lungo fu desiderato in questa diocesi, ebbe un’esigua origine dall’ Ill.mo vescovo Brancaccio, nostro predecessore, da noi poi, o piuttosto da Dio, ricevette splendore negli edifici, qualche incremento nelle rendite, ma non tale da non avere ancora troppa indigenza, che anzi, di giorno in giorno (cosa che noi sopportiamo mal volentieri) per la durezza e contumacia dei convittori nel corrispondere la retta, verte in maggiore bisogno.
Per dare stabilità all’economia del seminario proibì al rettore di ricevere convittori che non avessero versato anticipatamente un semestre della retta, che stabilì in 36 ducati l’anno per i diocesani e 40 per gli extra-diocesani.
Nel 1696 celebrò il terzo sinodo diocesano, le cui costituzioni si conservano in archivio.
Dal 1682 al 1706 compì, per la seconda volta, la visita della diocesi, della quale ci ha tramandato un’ampia relazione. Nell’archivio di Nardò si conservano gli atti dei sinodi diocesani del 1680, 1690 e 1696 e gli atti delle visite pastorali del 1678 e del 1706.
Ebbe come collaboratore il vicario generale don Carlo Cioccolo di Sant’Arcangelo della Lucania, dottore in diritto e protonotario apostolico.
Il Fortunato si spense santamente a Nardò il 23 luglio 1707, all’età di 73 anni, sei mesi e sei giorni, dopo oltre 36 anni di episcopato, di cui circa 29 in Nardò.
Relazione con la chiesa di Noha
Nei i primi dieci anni di servizio pastorale di Orazio Fortunato, l’arciprete di Noha era ancora don Antonio Donato Palamà che sicuramente accolse il Presule per la visita pastorale del 1678 e partecipò al Sinodo diocesano del 1680.
Inizia in questo tempo il lungo periodo dell’arcipretura di don Nicolantonio Soli, dal 1689 al 1727. Fu il Vescovo Orazio Fortunato ad affidargli l’incarico per la chiesa di Noha. Don Nicolantonio Soli fu il primo parroco che compilò i registri parrocchiali secondo le indicazioni del Concilio di Trento, e lui stesso sulla prima pagina del registro dei morti scrisse:
J.M.J.
Libro nel quale si scrivono li Morti secondo il Rituale Romano, fatto da me Don Nicol'Antonio Suli di Sugliano, Arciprete di Nohe, fatto àdì p.mo Xbre 1689 nell'istesso giorno che mi fu dato il possesso in detta Chiesa di Nohe sotto il titolo di S. Michele Arcangelo da Don Alfonzo Vernichio, Mastro d'Atti nella Curia del Vescovado di Nardò con ordine del Rev.mo Abbate D. Carlo Cioccolo, degnissimo Vicario Generale di Nardò sotto la prelatura dell'Ill.mo e Rev.mo D. Orazio Fortunato, Vescovo degnissimo della Città di Nardò.
Laus Deo, Beate Marie Virgini
et Divo Michaeli Archangelo.
Don Nicol’Antonio fu Arciprete per 38 anni, dal primo dicembre 1689 all’11 dicembre 1727, data della sua morte. Siccome sappiamo per certo che questo arciprete è morto all’età di “anni 65 in circa”, possiamo dire che era nato a Noha verso il 1621 da genitori di Sogliano ma residenti a Noha. Per questo motivo lui si considera di Sogliano.
Non è sbagliato pensare che si sia formato nel Seminario di Nardò. All'età di 27-28 anni, forse già Sacerdote da un paio d’anni, divenne Arciprete di Noha. E' il primo parroco che con diligenza cura i registri parrocchiali resi obbligatori dal Concilio di Trento (1534-1563). I Registri da lui compilati sono redatti con scrittura lineare e chiara e sono per noi fonte di preziose notizie.
Ai tempi di Don Nicola Antonio Soli la chiesa era di dimensioni molto più piccole dell'attuale: era quella che don Stefano Sergio aveva rifatto dalle fondamenta. Era larga metri 6,25 e lunga metri 12,50 dalla Porta Maggiore al Presbiterio. Don Nicola Antonio la arricchì di un nuovo Coro nel 1706: lungo m.5,25 e largo m.3,75. Nel 1705 sostituì la lapide che era sopra la porta che conduceva alle tombe con un’altra in latino che traduciamo così:
“Qui giacciono ossa aride;
udranno la Parola di Dio. A.D. 1705”.
Nel 1723 fece costruire il nuovo Altare Maggiore a spese proprie e con le offerte della gente. Fu questo arciprete che fece fare l’altare e la relativa pala della Madonna di Costantinopoli (1717) come quella di S. Vito (1721) e anche quella delle Anime Sante del Purgatorio (1725) oggi non più esistente. E penso che anche l’organo a canne che si trovava sopra il presbiterio (rimosso nel 1969-70) fosse di questo periodo. Le foto di quell’organo che ancora si possono trovare, mettono ben in evidenza lo stemma dell’antico Comune di Noha, posto in alto sulla parte centrale dell’organo.
Certamente partecipò al Sinodo diocesano del 1696 e accolse il Vescovo nella visita pastorale del 17 maggio 1694 e quella del 1706.
In questo periodo si annoverano diversi sacerdoti nativi di Noha. Oltre al parroco ci sono don Giovanni Turre (1682-1726) e don Nicolò Paglialonga (1685-1737) entrambi viceparroci. C’è inoltre don Francesco Donno (1680-1764), che fu poi arciprete di Tuglie; e c’è anche un seminarista nel seminario di Nardò, Andrea Soli (1695-1754) nipote del parroco, che diventerà poi arciprete di Tuglie e successivamente di Noha succedendo allo zio don Nicolantonio.
Se volessimo confrontare il clero e l’arciprete di questo periodo con quelli che abbiamo trovato verso la metà del 1500 possiamo dire che la parrocchia di Noha in questi anni riprende vigore e prosperità.
[continua]
P. Francesco D’Acquarica
Alcune immagini a corredo di questi scritti sono estrapolate dal bel volume di Mario Mennonna, “Nardò e Gallipoli – Storia delle diocesi in oltre seicento anni (1387 – 2013), Congedo Editore, Galatina, 2014
Il Club per l'UNESCO di Galatina, in collaborazione con il Comune di Galatina, intende celebrare la memoria di quei Giovani Galatinesi che il 19 Aprile 1903, ricorrenza e festa del Cristo Risorto, caddero uccisi, vittime della miseria e dello sfruttamento, ma che, allo stesso tempo, con il loro sacrificio, contribuirono al risveglio delle coscienze civili del Salento, e finalmente alla pronuncia di uno dei Primi Contratti di Lavoro tra Contadini ed Agrari.
Il programma dell'evento prevede:
Sabato 14 Aprile 2018, Auditorium Liceo Artistico di Galatina in Via Martinez, 4
Ore 17.30 - Saluti del Sindaco Marcello Amante, dell'Assessore al Turismo Nico Mauro e dell'Assessore alla Cultura Cristina Dettù.
Convegno sui fatti del Cristo Risorto, con la partecipazione di Giancarlo Vallone Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Lecce, di Salvatore Coppola Storico, di Pino Gismundo Segretario Generale CGIL Puglia, di Maurizio Nocera Storico, di Valentina Fragassi Segretaria Generale CGIL Lecce, di Ninì De Prezzo Segretario Provinciale SPI Lecce. Modera Salvatore Coluccia, Presidente Club per l'UNESCO di Galatina.
Ore 18.30 - Presentazione del Saggio "Per amore di libertà, I caduti del Cristo Risorto - 19 Aprile 1903" di Giuseppe Serra, Edizioni Club per l'UNESCO di Galatina.
Ore 19.00 - Presentazione dello Spettacolo di Elio Coriano "Galatina 1903, Pane, lavoro e Sangue", con Elio Coriano testo e voce narrante, Stella Grande canto, Vito Aluisi musica e canto.
Domenica 15 Aprile 2018, Piazza San Pietro
Ore 11.30 - Raduno delle Autorità, dei Cittadini e delle Scolaresche in Piazza San Pietro e successivo Corteo in Via Vittorio Emanuele sino a Largo Orologio.
Ore 12.00 - Esecuzione dell'Inno Nazionale ad opera degli Studenti della Scuola Media "G.Pascoli" di Galatina diretti dal Maestro Antonio Mastria, Saluti del Sindaco Dr Marcello Amante e Scopertura della Targa Commemorativa alla Memoria dei Caduti del Cristo Risorto del 19 Aprile 1903.
Evento realizzato con il contributo incondizionato di Istituto Immacolata ASP - Galatina