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Articoli del 12/11/2015

Di Redazione (pubblicato @ 22:11:00 in Un'altra chiesa, linkato 2255 volte)

Ancora Vatileaks. Ancora documenti trafugati in Vaticano che raccontano di scandali, cupidigia, speculazioni, ipocrisia, mancanza di carità. Un cardinale dovrebbe essere un “cardine” su cui poggia la Chiesa, uno dei prescelti a testimoniare il Vangelo fino all’estremo, fino al sangue, rappresentato dalla porpora che indossa; è un “principe” della Chiesa, ma essere principe nella Chiesa è diverso da essere potenti nel mondo: significa essere uno dei prìncipi di quel re, Gesù Cristo, che si è chinato a lavare i piedi ai suoi discepoli, prima di morire in croce.


Invece apprendiamo che molti cardinali assomigliano più a prìncipi mondani che a testimoni di Cristo; pavoneggiandosi nelle loro ricche porpore, hanno trasformato il Vaticano in una “spelonca di ladri”, usano le canonizzazioni per accumulare ricchezze, rubano i soldi destinati ai poveri.


Viene da chiedersi se questi cardinaloni appartengano alla stessa Chiesa della vecchietta che dona la sua offerta per l’obolo di san Pietro, togliendola dalla misera pensione, o del fedele che firma per destinare il suo 8 per mille alla Chiesa cattolica, perché lo spenda nel migliore dei modi. Anch’io mi sono più volte chiesto, indignato, se questi lupi travestiti da prelati appartengano alla mia stessa Chiesa: faccio i salti mortali per custodire e preservare le cinque antiche chiese presenti nel territorio della mia parrocchia, piene di opere d’arte da restaurare; cerco di racimolare soldi, in tutti i modi leciti, per pagare fitti, bollette e pacco alimentare alle tante famiglie in difficoltà che bussano alla porta della parrocchia; 150 bambini frequentano l’oratorio e durante l’inverno non possono usare il campo di calcetto perché non troviamo i soldi per coprirlo. E sono convinto che la maggior parte dei parroci del Sud Italia stiano nelle mie stesse condizioni.


È di un’attualità sconvolgente quanto scriveva don Lorenzo Milani a don Ezio Palombo il 29 aprile 1955: «Vengono onorati e elevati i preti che si distinguono nelle più corruttive attività e vengono destituiti i santi». Forse sono ingenuo, ma perché non cominciare ad immaginare una sorta di rotazione, se non tra vertici e base della Chiesa, almeno tra i suoi dirigenti apicali? Sarebbe bello se un cardinale o un vescovo, dopo alcuni anni di impegno ai vertici della Santa Sede andasse, o tornasse, a svolgere il proprio servizio in una diocesi.


Invece è triste pensare che il vero scontro ai vertici della gerarchia quasi immobile e inamovibile della Chiesa cattolica, non sia solo tra conservatori e progressisti, ma tra questi e i potenti vestiti da vescovi e cardinali, che non vogliono cedere né mettere in discussione il proprio potere, che anzi cercano di accrescere con ogni mezzo. Allora ben vengano queste rivelazioni giornalistiche che – lo spero tanto – alcuni sostengono essere i primi effetti della “rivoluzione” di papa Francesco di cui tanto si parla.


Nel XIII secolo lo scontro tra la Chiesa dei “poveri in spirito”, rappresentata da san Francesco, e quella del potere, rappresentata da papa Innocenzo III, si risolse in una sorta di tregua precaria. Morto il santo di Assisi, infatti, lo scontro si riaccese in modo sempre più cruento: il sangue era quello dei poveri e di chi li difendeva, schiacciati dalla maggior parte della gerarchia che, invece, pensava ad accumulare sempre più potere e ricchezze.

Il potere, che forse per un momento solo era sembrato scosso dalle scelte evangeliche di Francesco, dopo di lui trionfa, come sempre, vendicativo e spavaldo più che mai. Resta l’esempio concreto del giullare di Dio, che comunque attraverserà tutta la storia.

C’è da chiedersi se adesso che in Vaticano Francesco sembra aver preso il posto di Innocenzo, le scelte del poverello di Assisi possano finalmente diventare il programma del pontificato di un papa. Ce lo auguriamo in tanti. Ben sapendo – e lo sa bene anche papa Francesco – che scrostando e liberando il volto evangelico della Chiesa dal marciume, questo apparirà ancora più schifoso.

Ma non bisogna aver paura della verità: anche il pavone quando apre la sua splendida coda diventa bellissimo. Ma necessariamente mostra il culo.

don Vitaliano Della Sala

10/11/2015
 

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