Vi siete mai chiesti qual è la prima cosa che facciamo appena svegli? C’è chi si stiracchia, chi guarda fuori dalla finestra alla ricerca di un raggio di sole, chi sbuffa, chi borbotta, chi sbadiglia. Tutto ciò dopo o poco prima di aver lanciato un’occhiata all’ora. Tutti i nostri risvegli cominciano con il prendere atto dell’ora in cui ci troviamo e a seconda di questa prendiamo le nostre decisioni: restiamo ancora un po’ a letto (se ci siamo svegliati prima che la sveglia suonasse) oppure saltiamo giù dal letto (se ci siamo riaddormentati) e corriamo. La sveglia detta i ritmi e le corse della nostra vita. Corriamo a lavoro, corriamo a prendere i figli da scuola, corriamo a casa per non perdere l’inizio del nostro telefilm preferito, corriamo a comprare il regalo per il compleanno del nostro partner. Facciamo tutto di corsa, perché da qualche anno a questa parte non riusciamo più a stare nei tempi.
Siamo, in altre parole, diventati schiavi del tempo. Ci sembra di non avere più abbastanza tempo per poter fare le tante cose di cui abbiamo riempito la nostra vita: il corso di inglese, di nuoto, la palestra e poi come se non bastasse la corsetta, il corso di ballo, la cena con gli amici, con i parenti, con gli ex compagni di scuola e di università e via dicendo. Un fiume di attività che ci ostiniamo a portare avanti, continuamente angosciati dalla paura di non potercela fare. Non siamo più capaci di oziare, che non significa non fare nulla, ma piuttosto riappropriarsi del tempo per il bene di se stessi, per riflettere sulle cose, cogliere le sfumature, apprezzare i particolari e godere della bellezza della vita.
C’è chi dice che abbiamo premuto il piede sull’acceleratore, velocizzando la nostra vita, perché siamo perseguitati dalla paura della morte, siamo angosciati dalla prospettiva di poter perdere un giorno tutto quello che crediamo di aver conquistato e allo stesso tempo di non riuscire a fare tutto quello che ci siamo prefissati. Sinceramente, credo che questo spieghi solo in parte il cambio di passo che hanno preso le nostre vite. Non credo assolutamente che la gente pensi alla morte, quando corre per non perdere un treno della metropolitana che ripassa più o meno ogni due minuti, quando sgomita per entrare in un cinema con il posto assegnato, quando è già voltata di spalle e corre verso l’uscita prima che il sacerdote dica “la messa è finita”. Credo piuttosto che esista una fame insaziabile di velocità, che con gli anni si è insediata nella nostra natura umana, diventando trasmissibile da genitori a figli.
C’è un passo della Bibbia che tutti abbiamo ascoltato almeno una volta nella nostra vita e su cui credo sia bene fermarsi a riflettere. Così recita l’Ecclesiaste al Capitolo 3: “Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. (…) Che vantaggio ha chi si dà da fare con fatica?” Rallentare, quindi, non vuol dire andare piano, essere lenti, pigri, svogliati, rilassati: rallentare è innanzitutto mettere la persona umana con i suoi valori al centro del tempo. Solo rallentando impareremo a dare il giusto tempo e a godere di quello che riusciamo ogni giorno a fare. E a non fare!
Da leggere:
Carl Honorè. Elogio della lentezza. Rallentare per vivere meglio. BUR Varia 2014
Luis Sepúlveda. Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza. Guanda 2013