Non augurerei la lettura del famoso “Decreto Sblocca-Italia” nemmeno ai miei peggiori nemici (che in questo periodo a quanto pare s’annoverano a bizzeffe). Questo non solo nella speranza di indirizzarli a più amene o più colte e raffinate pagine di letteratura (figurarsi) ma perché codesto decreto - redatto da qualche burocrate e sicuramente non letto nemmeno da presidente e ministri firmatari - è orripilante, non solo nella forma ma anche e direi soprattutto nella sostanza.
Cosa stabilisce questo decre(pi)to che, già efficace, attende di essere convertito in legge dal fu Parlamento? Ovviamente una serie infinita di cosiddette “libertà”.
Per esempio già al primo articolo prevede che l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato sia nominato commissario per la realizzazione degli assi ferroviari Bari-Napoli e Palermo-Messina-Catania. Dunque, essendo “commissario” questo signore avrebbe un potere tale da considerarsi alla pari delle altre amministrazioni, anzi di più. Può decidere, per dire, se tenere o meno in conto eventuali pareri avversi da parte degli enti territoriali. In sostanza un potere privo di freni. Se, poniamo, si decidesse di sventrare un’altura, magari piena di amianto, o demolire un centro storico, nessuno potrà osare respingere il progetto per incompatibilità con la tutela del territorio.
Ma questo è il minimo. Tra le altre decretinate c’è anche quella che accorcia, anzi dimezza i tempi con i quali valutare la pericolosità degli inceneritori (alla Colacem ne gongolerebbero); e poi quella che sancisce la fine dell’“archeologia preventiva” (d’ora in poi, cioè, in caso di ritrovamenti archeologici, anche importanti, le Soprintendenze non potranno più indicare agli interessati come tutelare e valorizzare le scoperte, ma saranno costrette ad accettare le soluzioni proposte dalle ditte, che di fatto vengono abilitate a prendere “in consegna” gli eventuali reperti. Sarebbe come chiedere al lupo come desideri proteggere il gregge di pecore. Roba da manicomio criminale); c’è anche la chicca del silenzio-assenso. Come funziona quest’amenità? E’ presto detto: se nei famosi 60 giorni la Soprintendenza non riesce a esaminare un’autorizzazione paesaggistica – per la costruzione, dico a caso, di un Mega-Impianto di compostaggio da 30.000 tonnellate annue - il silenzio viene interpretato come assenso.
Con il silenzio-assenso ogni richiesta si intende accolta, anche se comporta la distruzione di un’area archeologica, lo sventramento di un palazzo barocco, la riconversione di una chiesa in una discoteca, l’edificazione di un condominio sulla spiaggia, la costruzione di un Mega-Porco in contrada Cascioni a Collemeto (anche se, a dire il vero, in questo caso c’è stato solo l’assenso: il silenzio è solo quello degli incoscienti).
Pazienza se poi una Soprintendenza non possa esprimere il suo parere entro i termini prestabiliti in quanto (dolosamente?) depotenziata grazie ai famosi tagli alla spesa pubblica. Come fa, infatti, un povero Soprintendente, che spesso deve lavorare con l’aiuto del bidello o della custode, a fronteggiare l’assedio di orde di impresari e costruttori assistiti da agguerritissimi studi associati di ingegneri, architetti, geometri, legulei e altri guastatori?
Ma non finisce qui. C’è un’altra disposizione che (obviously) liberalizza in modo selvaggio le torri eoliche e gli impianti fotovoltaici e a biomasse, per i quali di fatto non sarà più necessaria alcuna autorizzazione paesaggistica (già quella di prima valeva come il due di coppe con briscola a bastoni: basta vedere in che condizioni siamo nel Salento, anzi, senza andare tanto lontano, a Noha, con l’accerchiamento del fotovoltaico – che come dimostrato nel mio “Dai campi di sterminio allo sterminio dei campi” di circa un anno fa produce milioni di euro all’anno per una società a proprietà tedesca).
Che dire infine della libertà delle trivelle in mare, in terra, in cielo e in ogni luogo? Nulla altro, davvero, se non che questo decreto “Sciocca Italia” consegna il nostro Paese già devastato ai devastatori, traveste i costruttori in commissari delle cosiddette grandi opere, elimina nella sostanza ogni forma di controllo pubblico.
Mi chiedo con quale faccia chi approverà la legge di conversione di questo decretino andrà ai funerali delle vittime delle alluvioni causate dallo stupro edilizio del territorio nelle tante prossime venture Genova.
A fronte delle mille ragionevoli preoccupazioni per questo decreto (anzi secreto, come un muco) c’è invece chi si esalta, eccome. Già me li vedo i protagonisti delle larghe intese di Palazzo Orsini fregarsi le mani per questa ennesima Montagna spianata.
Antonio Mellone