Non so voi, ma io ogni volta che da Noha mi reco a Galatina percorrendo il viale Carlo Alberto Dalla Chiesa e imbattendomi nell’abbozzo della rotatoria di raccordo con l’inutile oltre che dannosa e costosa “circonvallazione interna” - voluta, anzi, di più, “rivendicata” da tutti i consiglieri comunali pappa e ciccia di ogni (sbiadito) colore politico - sono colpito da un certo malessere.
Sì, signora mia: conati di vomito per la precisione.
A procurarmeli non è soltanto lo spettro sempre più consistente di questo ossimoro (circonvallazione interna) i cui lavori, purtroppo, procedono alacremente (a dispetto delle false denunce di qualche esponente della sedicente opposizione “per accelerarne i tempi”), ma anche altre chicche di complemento.
Sì, i lavori, tra alti e bassi, sfortunatamente procedono.
Vogliono sbrigarsi.
Invece di smetterla una buona volta, invece di rallentare, anzi interrompere definitivamente questo scempio definito “opera pubblica” - e composto da un impasto mefitico di cemento, asfalto, degrado, interessi conto terzi, lottizzazioni, folgorazioni sulle circonvallazioni di Damasco da parte di compagni ex-ambientalisti, cambiamenti di destinazione d’uso di terreni agricoli, e sicuramente nuovi debiti fuori bilancio (scommettiamo?) - questi vanno avanti come un treno.
Se si fermassero qui saremmo di fronte ad uno dei rari esempi di opera incompiuta per il bene dell’umanità. Invece no: tiremm innanz!
Con determinazione verso il disastro.
Ma il problema non è solo questa benedetta circonvallazione, sono anche i suoi complementi d’arredo.
Sono certo che qualcuno di voi (e non mi riferisco stavolta ai nostri rappresentanti politici: questi non vedono, non sentono, in compenso sovente parlano a vanvera) avrà notato quel parapetto di delimitazione, quella specie di recinzione-ringhiera di assi in legno disposta su più file orizzontali e a X, sostenute da pali verticali infissi a terra, come quelli un tempo usati nelle campagne. Per ora ne hanno realizzato solo un tratto; ma sospetto che andranno oltre.
A cosa serve questa balaustra? Probabilmente alla “prova Olio Cuore” da parte di qualche podista galatinese.
Ora vi chiedo: avete constatato (pur senza essere degli occhiuti osservatori nohani) che quella staccionata di pali incrociati ad incastro con tanto di corrimano è identico in tutto e per tutto (dimensioni, materiali, colori, disegno) alla palizzata-ringhiera dei giardini Madonna delle Grazie di Noha? O meglio ex-palizzata, visto che non è durata più di tanto, per come si è sbriciolata (‘ncravulisciata direbbero gli accademici della crusca) dopo poco tempo, sotto il sole e le intemperie, diventando a tratti pure pericolosa per i chiodi arrugginiti che spuntavano un po’ ovunque, tanto che han dovuto rimuoverla tutta?
Non vi sorge il dubbio che il cosiddetto suo designer possa essere lo stesso? E così anche il fornitore
Poi uno si chiede quand’è che riusciremo ad andare oltre questa siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. E soprattutto chi pagherà i danni erariali di queste genialate.
Di questo passo temo mai e nessuno.
Eppure basterebbe poco per risparmiare un po’ dei soldi nostri. Come ad esempio evitare che i direttori dei lavori con committenza pubblica continuino ad essere cooptati direttamente dall’albo dei sadomasochisti (ogni riferimento a eventuali cabine elettriche di allaccio energetico a vecchi edifici scolastici ristrutturati rimaste per distrazione nella penna dei progettisti è puramente casuale ndr.), ed iniziare, a partire dai cittadini, ad aprire gli occhi e ad usare il cervello. Anziché, come al solito, la testa di un organo posto un po’ più in basso.