mag102014
Quindi siamo al dunque.
Il dibattito apertosi nella Chiesa di Roma sulla possibilità di ammettere alla Comunione anche i divorziati e che trova ulteriore spinta alla "conversione" nel consiglio del Papa ad una divorziata e risposata a non aver paura ad accostarsi alla Comunione, trova, nella mia parrocchia, un porta già aperta. Da anni il sottoscritto distribuisce la Comunione ai divorziati risposati ed invita i suoi fedeli ad accostarsi alla mensa eucaristica anche senza la preventiva confessione.
E ciò, sia chiaro, non per una strana mania di protagonismo fuori dalle righe, né per quella bulimia clientelare che caratterizza tante delle iniziative pastorali, mirate, appunto, non alla formazione delle coscienze ma alla moltiplicazione delle frequenze. Per noi sacerdoti, l'adesione all'etica evangelica dovrebbe venire prima dell'obbedienza alla prassi pastorale e la coerenza con il messaggio evangelico dovrebbe informare di sé qualsiasi ottemperanza. Spesso nel vangelo ci si imbatte in episodi in cui l'accoglienza precede la penitenza e la "comunione" apre la strada al pentimento.
Basta rimeditare l'episodio della Samaritana, dell'adultera e la parabola del figliol prodigo.
In una Chiesa in cui la coerenza con un passato relativamente recente fa a pugni con la fedeltà alle istanze di origine, la disobbedienza diventa la più alta forma di obbedienza.
Don Aldo Antonelli, parroco
Antrosano, 24 aprile 2014
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