ago032011
Senz’ombra di dubbio non si può non dire che la capacità di scrittura e di comunicazione di Fitzgerald è fuori dal comune: un linguaggio ricercato colmo di figure retoriche per nulla scontate, che contribuiscono in maniera essenziale alla riuscita della narrazione intercalandosi al momento giusto nel tessuto della storia. Quindi caro il mio lettore ci tengo ad avvisarti che, data la complessità dello stile, la lettura potrebbe risultare a tratti difficile e tortuosa la comprensione del testo. È una sensazione spiacevole, ma permettimi di consigliarti di non lasciarti assalire dallo sconforto, di andare comunque avanti, sorseggiando con gusto la bellezza della lingua e lasciando per il momento da parte il filo della storia.
Difatti la storia non è complessa, non si corre il rischio di perdere dei particolari per strada. Al lettore viene svelata lentamente l’ambigua figura del giovane Gatsby per bocca del vicino di casa, il quale non si limita a riportare i fatti ma li commenta fornendoci le sue impressioni, le sue emozioni. La storia non è nemmeno banale se si pensa che “Il grande Gatsby” è diventato l’emblema dell’America degli anni venti: la vicenda difatti è calata in un contesto storico ben delineato, con una geografia del territorio riscontrabile e riferimenti letterari e musicali attendibili.
Non voglio svelarti niente di più riguardo la trama, poiché così facendo correrei il rischio di intaccare lo stratagemma tecnico di narrazione dell’autore e quindi di annullare quella piacevole sensazione di pienezza che segue la conclusione di questo romanzo. Ti lascio con una seconda citazione e rinnovando l’esortazione a portarti sino all’ultima pagina godendoti il vero piacere della lettura. “Parlò molto del passato, e ne dedussi che cercava di ritrovare qualcosa, forse un concetto di se stesso che era scomparso nell’amore per Daisy”.
Michele Stursi
Il grande Gatsby, Francis Scott Fitzgerald, Einaudi, pp. 162, € 8,50
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