mar262020
Sul portale della porta accanto alla chiesetta dell’Annunciazione sono venute alla luce alcune
lettere di una scritta che quasi certamente si riferisce al Duca di Galatina “SPINOLA” che fu anche padrone di Noha.
Come si può vedere dall’albero genealogico qui riportato, da Gio.Filippo Spinola (1677-1753) nacque Maria Teresa Spinola che sarà la moglie di Gio. Battista Scotti. E proprio costui avrà dagli Spinola in eredità il feudo di Noha, che quindi apparterrà alla famiglia Scotti.
Nel mio libro “La Storia di Noha” avevo già scritto:
Nel 1754 morì Francesco Maria Spinola, Duca di San Pietro in Galatina. La vedova Anna Maria, tutrice dell'unica figlia ed erede universale Isabella Maria Spinola, si affrettò a prendere possesso del patrimonio ereditario.
Noha ne faceva parte ed è probabile che quella scritta si riferisca alla volontà di far sapere che anche il Palazzo Baronale di Noha con proprietà annesse appartenga agli Spinola/Scotti.
Giulio Cesare De Noha fu l'ultimo Barone di Noha. Non essendoci alla sua morte (1583) discendenza maschile il feudo della famiglia De Noha si divise. Il Casale
di Merine passò alla famiglia Palmieri. Quello di Giurdignano agli Alfarano Capece e quello di Cellino ai Chiurlia, Conti di Lizzano. Restò solo la Terra di Noha con i suffeudi di Pisanello e di Padulano che le appartenevano. Questo residuo dell'antica baronia toccò in eredità ad Adriana, figlia primogenita del defunto Barone Giulio Cesare. Quando costei si sposò con Geronimo Montenegro*, Marchese di Marigliano, gli portò in dote l'eredità avuta dal padre.
I Montenegro* furono un antichissimo casato genovese, le cui prime vestigia, rimontano al 1130, propagatosi, nel corso dei secoli, in diverse regioni d'Italia. La famiglia, passata in Napoli, già al tempo di re Federico II, il 14 aprile 1573, divenne possidente di alcuni terreni, tra cui il contado di Marigliano, in provincia di Napoli, grazie all'acquisto effettuato da Geronimo Montenegro, banchiere napoletano e tesoriere del Regno. In data 23 dicembre 1578, lo stesso Geronimo, ottenne il titolo di marchese di Marigliano, dall'Imperatore Filippo II. Nel 1611 Geronimo si sposò con Adriana figlia del nostro barone Cesare De Noha.
In un atto notarile del 1611 il Marchese Geronimo dichiarò di essere signore e padrone della Terra di Noha situata in Terra d'Otranto, con i feudi di Pisanello e di Padulano. Questa Terra confinava con Galatina, Soleto, Corigliano, Sogliano e altri confini.
Il Marchese di Montenegro a sua volta subaffittò a Giovan Battista Personè di Lecce, per un quadriennio a 2100 ducati l'anno la sua terra di Nohi e feudi di Padulano e Pisanello con giurisdizione civile e criminale. Ma l'affittuario si impegnava a non modificare, senza l'espressa volontà del Marchese il Castello, e a pagare una tassa sul grano, sull'orzo, sulla frutta e su tutti i prodotti della terra.
Nel 1631 Noha era posseduta da Pompeo Colonna Principe di Gallicano. Ma nel 1644 i Marchesi di Marigliano fallirono. Noha con i suffeudi di Pisanello e Padulano fu comprata da Giovanni Maria Spinola*, che aveva nello stesso anno comprato anche il ducato di Galatina e rimase in possesso della famiglia Spinola fino a tutto il Settecento.
La Famiglia Spinola* era una grande famiglia genovese di antica origine. Costituisce una delle quattro famiglie di nobiltà feudale più importanti della Repubblica di Genova, con i Grimaldi, i Doria ed i Fieschi. Arricchitasi con la mercatura, la finanza, e l'acquisto di terre, si divise in numerosi rami.
Nel 1754 morì Francesco Maria Spinola, Duca di San Pietro in Galatina. La vedova Anna Maria, tutrice dell'unica figlia ed erede universale Isabella Maria Spinola, si affrettò a prendere possesso del patrimonio ereditario.
Possediamo l'atto di possesso della Terra di Noha in cui sono descritti tutti i diritti e le prerogative spettanti questa Terra, come corpo distinto dagli altri beni del defunto Duca.
(Per chi volesse leggere il documento del 1754 può consultare “Noha - Storia, arte, leggenda” Francesco D’Acquarica-Antonio Mellone edito da Infolito Group nel 2006, alla pagina 78/79).
P. Francesco D’Acquarica
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