mag062015
Non so se qualcuno di voi abbia mai visto al cinema “Chocolat” (con Juliette Binoche) o “La finestra di fronte” (di Ferzan Özpetek) o “Il pasticciere” (tra l’altro girato tra Basilicata e Puglia, film diretto da Luigi Sardiello); o se gli sia già capitato per le mani il libro “Amore, zucchero e cannella”, di Bratley Amy (New Compton, 2012) o “Il pasticciere del re” di Anthony Capella (Neri Pozza, 2013); o se abbia mai visto le famose nature morte “con dessert”, che poi sono “nature vive”, di George Flegel (Olomuc 1566 – Francoforte sul Meno 1638): film, libri, tele che hanno tutti come leitmotiv storie più o meno dolci che ruotano intorno ad un pasticciere, i suoi sentimenti, la sua arte.
Orbene, ogni volta che mi capita di entrare in quel bijou che è la pasticceria “Zucchero & Cannella” di Leonardo Rizzo, la “bomboniera” che da circa un paio d’anni s’affaccia sui verdi giardini Madonna delle Grazie, proprio dirimpetto alla chiesa sussidiaria di Noha, vengo preso da un viluppo di emozioni che dunque mi riportano ad alcune pagine di bella letteratura o all’arte cinematografica o a quella figurativa. Ma il coinvolgimento non è, diciamo così, soltanto platonico ma anche (direi soprattutto) sensuale, in quanto in questo luogo del cuore vengono coinvolti tutti i cinque sensi.
L’indicazione dell’entrata in questo piccolo angolo di paradiso non ti è data (solo) dalla graziosa insegna ubicata alla sinistra dell’ingresso, ma dal profumo di pan di spagna, di mandorle, di farina, di biscotti fragranti appena tolti dal forno, e, appunto, di zucchero e cannella che si espande nei dintorni. E se pur dovessi trovarti in zona soltanto di passaggio non puoi fare a meno di fermarti un attimo anche solo per sbirciare all’interno, al di là dell’ampia vetrata, cercando di scoprire le gioie custodite nel bancone, cuore della raffinata e direi anche elegante bottega.
Una volta dentro sei accolto dal sorriso e dal garbo (non diciamo dolcezza onde evitare in queste righe tassi glicemici troppo alti) di Bernardette, la gentile consorte di Leonardo, nella sua divisa impeccabile, linda e stirata alla perfezione, pronta a riempire le spaselle di sublimi caleidoscopiche leccornie, a seconda del vezzo e del gusto del cliente avventore (tanto, una volta a casa, gli altri convitati di fronte alle evidenti squisitezze altro non potranno fare se non gradirne qualunque assortimento).
Certo, ogni volta è sempre la stessa storia con il consueto rito dell’imbarazzo della scelta. Ma non c’è verso: dando un’occhiata alla foresta incantata al di là del vetro del bancone, di primo acchito, non puoi non rimanere sbalordito: quel cabaret di prelibatezze ti farà letteralmente rimanere a bocca aperta a mo’ di puntini di sospensione.
Quel trionfo di babà, cestini o canestrelli di frutta fresca e crema pasticciera, cannoncini di pasta sfoglia, baci di dama, fiamme al cioccolato, e quei tiramisù, quelle crostatine alle marmellate più disparate e colorate (ma senza coloranti), quei bignè alla crema, allo zabaione, al pistacchio, alla nocciola o al cioccolato, i maltagliati, le napoletane, i cannoli siciliani con la ricotta, i tranci sacher, le millefoglie, le zeppole (soprattutto di San Giuseppe, ma non solo), e poi ancora i biscotti al burro con lo zucchero a velo spolverizzato, ma anche i dolci di pasta di mandorla (le cosiddette paste secche) e le altre sublimi celestiali specialità pare vogliano dirti: “Che aspetti? Mangiami subito”. E tu provi a resistere, ma non troppo, e pensi che forse (ma non ne sei mica tanto convinto, il dubbio t’assale) sarebbe meglio indugiare su un lavorato barocco di pasta di mandorla (che qui da noi cambia forma, ma non la bontà, a seconda della festa: agnellino o pecurieddhru a Pasqua, tronchetto a Natale, pesce non so più quando).
Che dire infine dei pasticciotti o dei krapfen o dei cornetti alla crema o alla Nutella, tipici del Nohan Breakfast? E le torte personalizzate che sembrano vere e proprie sculture, e che ti dispiace pure tagliare per non sciuparne l’opera d’arte? Proprio nulla. Da rimaner senza parole. Provare per credere.
Qualunque scelta tu faccia sarà comunque un successo se, come nel caso di questa pasticceria di Noha, le materie prime sono dalla prima sino all’ultima di primissima qualità e soprattutto se l’ingrediente base di tutti i prodotti è la passione di codesto maestro nohano, dolciere da quand’era poco più che un imberbe ragazzino.
Leonardo sta sempre in laboratorio, ma di tanto in tanto s’affaccia in sala - soprattutto su richiesta di Bernardette che gli chiede di integrare gli espositori in esaurimento - comparendo “in pubblico” con un bel vassoio in mano pieno zeppo di profumi e sapori, per poi scomparire subito dopo dietro la porta in fondo a destra alle spalle del bancone, quella che divide la pasticceria dal suo habitat naturale, cioè il laboratorio.
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Ah, dimenticavo: con la calda stagione da “Zucchero & Cannella” puoi degustare (pure all’aperto, seduto a tavolino, nella pace del parco) anche il vero gelato artigianale, manufatto come Dio comanda, squisito e cremoso, e così morbido e vellutato che la neve vorrebbe assomigliargli.
Su Leonardo Rizzo, data la sua giovane età, non si raccontano (per ora) gli aneddoti che circolano invece sul conto del mitico Andrea Ascalone.
Voglio dire che Leonardo, non è uno che ti squadrerà da cima a fondo prima di decidersi a servirti i suoi dolciumi, né ti negherà un’incartata di pasticciotti se questi dovessero essere ancora (troppo) caldi; non rifiuterà di darti una guantiera di bocche di dama alla crema se gli dicessi che il tutto dovrebbe essere spedito a Milano via corriere, né, infine, boccerà così su due piedi un’eventuale tua richiesta di una torta alla panna montata.
Al massimo potrebbe chiederti (ovviamente con discrezione, non perentoriamente come si racconta del suo collega galatinese) di dare una pulita preventiva al bagagliaio della tua automobile, prima di adagiarvi una bavarese alla nocciola o una bella torta saint honoré creata nella sua bottega artigianale.
Del resto Leonardo è un nohano doc, anzi dop, un ragazzo di poche parole, uno che non fa tante chiacchiere. Tranne quelle di Carnevale con sopra lo zucchero vanigliato.
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