dic132016
Ogni anno a dicembre inizia il viaggio nella storia del Salento: dal presepe vivente a quello di cartapesta, da quello di zolfo al presepe in miniatura, si può scegliere di vivere in vari modi la tradizione medievale della rappresentazione della Natività. Il primo presepe vivente venne realizzato nel 1223 da San Francesco D’Assisi: a metà tra tradizione cristiana e rappresentazione teatrale profana, ha origini italiane ed è proprio nell’Italia più viva del sud-est che sboccia e fiorisce, tra le campagne e i paesini del Salento.
Il presepe vivente di Noha, alla sua settima edizione, avrà luogo nel giardino dell’austero Castello del feudatario locale.
Si aprono le porte e cala il ponte levatoio vicino alla Torre Medievale, per allestire i luoghi del Palazzo Baronale al presepe e ai suoi visitatori, in un viaggio nel tempo e nella storia. Il castello risale al XIV secolo e fu edificato dalla famiglia baronale dei De Noha, che lo abitò fino al XVII secolo; nell’800 venne trasformato in masseria. Il Castello ha una memoria fatta di affreschi, che affiorano sulle sue antiche mura, e di botti dove il brandy continua ad invecchiare, accanto alla vasca ellittica e all’ombra delle ‘casiceddhre’.
dic082016
C’è qui un gruppo di ragazzi ai quali non importa la partita doppia.
La loro contabilità conosce solo il dare. All’avere preferiscono l’esserci. Per questo fanno a pugni con il destino.
Migranti in casa loro non si scoraggiano di fronte allo sfratto: ne hanno ormai il callo. La loro Bet Lèhem, casa del Pane, non riesce a trovare alloggio stabile: il suo destino sembra essere l’espulsione, l’allontanamento, una porta in faccia.
Fu così anche per la ragazza madre e per il padre putativo cui fu assegnato il compito di accogliere il Figlio dell’Uomo.
Sbaraccare con cortese sollecitudine è l’espressione che questi ragazzi non s’aspettano ma che arriva puntuale con cadenza periodica: ieri da una masseria, oggi dalle casette, domani da chissà dove.
mar012016
E’ giunta l’ora di smontare tutto e di riporre ogni cosa al suo posto. Si cari amici, anche questo natale ci ha narrato una favola straordinaria. Le prime figuranti a tornare al loro posto sono le pecore e le capre di Franco, che con cura e dedizione ha fatto si che potessero animare le serate del nostro Presepe Vivente. Vederle percorrere le vie del paese fa uno strano effetto, ci riporta a qualche anno addietro, quando a Noha c’erano molte famiglie che vivevano di pastorizia e spesso riempivano l’abitato con le loro greggi. L’ingresso alla masseria Colabaldi sembra il ritorno a casa di un’armata che ha lottato per non farci perdere il buon senso, quello che dovrebbe tenerci con i piedi per terra e farci ricordare che sulle nostre tavole bandite con ogni ben di Dio, spiccano ancora prodotti della terra e della pastorizia. E non manufatti e chincaglierie da super mercato, che in buona parte finiscono in discarica.
Il tempo macina tutto e dalla finestra da cui sicuramente s’affacciavano madri e figlie, sorelle e bambini, forse al mattino presto, per spiare il colore del cielo, farebbero fatica oggi a riconoscerne l’orizzonte. Correva voce che vi fosse un Convento dedicato, a Santu Totaru, si diceva e lo si dice ancora qualche volta, e loro, le madri e le figlie, le sorelle e i bambini, certamente avranno ancora visto i resti di antiche mura confusi nella terra. Ora cemento e case, ostruiscono la terra fertile dove una distesa di vigneti stava nel campo oltre la carrareccia che portava in poco tempo nel vicino abitato di Galatina.
Di quei resti abbiamo salvato poco, e l’antico pozzo, di cui si narra essere contenitore di tesori nascosti dai frati basiliani per non cederli alle razzie dei vandali, resta ora seppellito sotto un lastrone anch’esso di cemento. Solo più un pilastro in pietra alto quasi due metri, con il nome di una donna inciso in lingua messapica, ricorda l’antichità di questo nostro misterioso paese.
Eh si, l’unico pezzo indenne, salvato da questo secolo insaziabile è il prato che le pecore e le capre brucano ancora come allora. Eppure la nostra vita, la nostra stessa salute dipendono ancora da queste pecore, da quest’erba e da questa terra, e questo stralcio che apparteneva alla vita, lo abbiamo ristretto, avvilito e intriso di veleni.
Siamo avanzati tecnologicamente, siamo diventati piloti di auto e di aerei, diciamo di essere civili e colti, però mi chiedo se fra qualche anno i miei nipoti sapranno ancora distinguere una capra da una pecora, se avranno la fortuna di sentirne l’odore e i belati. Grazie ragazzi, madri e figlie, bambini e nonne, senza di voi ci saremmo persi anche questo scorcio di amore per la vita.
Marcello D'Acquarica
gen142016
Grazie a tutti e arrivederci alla prossima edizione del 2016/2017.
gen122016
Intervista a Luigi e Giuseppe Cisotta a cura di Marcello D'Acquarica
gen112016
L’arrivo dei Re Magi a cavallo nel presepe vivente allestito nel parco del castello Baronale di Noha
gen102016
Intervista a P. Francesco D'Acquarica
gen092016
Intervista al prigioniero rinchiuso nella torre del castello.
gen082016