ott012011
ott022011
Questa mattina avevo un appuntamento importante con alcuni amici di Noha per visitare il poco conosciuto frantoio ipogeo che si trova tra vico Marangia e piazza Castello a Noha. Mi aspettavo, come poi si è rivelato un luogo da scoprire, pieno di fascino e che potesse conservare ancora qualcosa del passato. Ma non mi aspettavo certo di rivedere lo scjakùddhi. Voi penserete certo che mi sto inventando tutto, ma non ero il solo ad avere le visioni, quindi non penso nemmeno ad una suggestione, visto che eravamo tanti. Comunque presto un filmato dell’amico Albino di Noha.it potrà fare luce sull’accaduto. Infatti il folletto dispettoso di nascosto spiava le nostre mosse e solo la telecamera nel buio dell’anfratto ha potuto cogliere il movimento dell’elfo. Ma facciamo un passo indietro, l’invito a scoprire il frantoio ipogeo, era partito da Marcello D’Acquarica infaticabile cultore del territorio di Noha. Marcello insieme agli altri dell’Osservatore Nohano hanno in progetto di riaprire il frantoio ipogeo al pubblico, per trasformarlo in un contenitore culturale a disposizione di tutti. Infatti successivamente hanno raggiunto il luogo anche l’assessore Carrozzini, l’assessore De Paolis e l’ing. Gianturco per i rilievi del caso, da portare sotto forma di documenti alla sovraintendenza dei beni storico – artistico – architettonici di Puglia per avere un lasciapassare, primo passo per rendere fruibile il bene. Ecco come in un vecchio articolo del mio sito web www.rairo.it descrivo il folletto dispettoso. Lo Scjakùddhi, oppure secondo i luoghi carcalùru, lauru, monacizzu, scazzamurièddhu, uru. Altro non è se non il daimon dei greci, oppure l’incubo dei latini che durante la notte si sedeva premendo sullo sterno, impedendo la respirazione e provocando brutti sogni. Poteva essere ora tormentatore degli uomini, ora benefico. Lu scjakùddhi era descritto come un essere molto basso, ancora più piccolo di un nano, con un cappello rosso a sonagli in testa e ben vestito ( il nostro sembra essere vestito di nero ). Era un folletto tra il bizzarro e l’impertinente, cattivo con chi l’ostacolava o svelava le sue furberie, benefico con chi gli usava tolleranza. Bazzicava volentieri le stalle dove spesso si innamorava della cavalla o dell’asina che meglio gli garbava, l’assisteva e l’accarezzava, nutrendola della biada sottratta alle compagne o alle stalle vicine e intrecciava code e criniere, quando i cavalli non gli permettevano di mangiare la biada con loro. Lu scjakùddihi era il dio tutelare dei frantoi di olio, specie di quelli ipogei sua stabile dimora. In passato, quando nelle fredde serate autunno-vernine si vedevano esalare fumi dai fori sovrastanti il frantoio si pensava allo scazzamurièddhu che veniva considerato come il benefattore dei poveri e il folletto del focolare domestico. Spesso, si immaginava che fosse l’anima di un morto, che non aveva ricevuto i sacramenti.
Ma per essere concreti ecco una descrizione dei frantoi ipogei e del commercio dell’olio di Gallipoli.
Gallipoli già dall’inizi del XVI secolo, risultava la maggiore piazza europea in materia di olii per cui l’amministrazione dell’epoca tassava l’immissione degli olii provenienti dall’intera provincia che servivano nella stragrande maggioranza non per usi alimentari, ma in particolare si produceva un tipo di olio grasso e che non produceva fumo, un tipo di olio che serviva ad illuminare le grandi città d’Europa cosicchè Londra, Parigi, Berlino, Vienna, Stoccolma, Oslo, Amsterdam ecc. usarono l’olio salentino per illuminare le strade fino alla fine del XIX secolo quando l’arrivo dell’elettricità mando in crisi l’esportazione del cosidetto olio lampante. La produzione di quest’olio avveniva sottoterra, dove vi erano le condizioni ottimali di calore ed umidità per produrre un olio da esportare, nella stessa Gallipoli vi erano circa 35 frantoi ipogei che lavoravano a ciclo continuo da fine settembre fino a fine aprile due di essi sono stati recuperati e resi fruibili alla visita del pubblico sono quello di Palazzo Briganti in via Angeli e quello di palazzo Acugna-Granafei in via A. De Pace . Della lavorazione niente andava buttato ed anche il sottoprodotto della macinazione e torchiatura delle olive veniva usato per creare un sapone diventato famoso poi, come “sapone di Marsiglia” oppure veniva impiegato nei lanifici. Vi erano molte saponiere in città, tanto che ancora oggi esiste via Saponiere, proprio accanto alla chiesa di S.Francesco. La grande importanza del porto per il commercio degli olii fece accorrere in città vari commercianti, ma anche le rappresentanze di diversi governi europei . Era tanto considerevole il commercio di questo prodotto che papa Gregorio XIII nel 1581 e papa Sisto V nel 1590 accordarono l’assoluzione collettiva a tutti coloro che, impegnati nelle operazioni di caricamento, non avessero santificato la domenica. Per tutto il XVII secolo nel porto di Gallipoli da documenti dell’epoca si ricava la presenza di innumerevoli navi fino a punte di 70 di esse in un solo giorno. Nel secolo successivo la presenza divenne massiccia tanto che Gallipoli ebbe, seconda nel regno dopo Napoli il Consolato del Mare 29 Gennaio 1741, esattamente un mese dopo Napoli che era anche la capitale del regno. Il celebre pittore Filippo Hackert su incarico del re dipinse una tela raffigurante il porto di Gallipoli, questa tela, destinata alla reggia di Caserta insieme alle altre meraviglie del Regno si trova oggi nel museo di S.Martino . In Gallipoli ebbero sede, fino al 1923 i vice consolati di molte nazioni europee : Austria, Danimarca, Francia, Inghilterra, impero Ottomano (Turchia), Olanda, Portogallo, Prussia, Russia, Spagna, Svezia e Norvegia. La nomina a vice consoli avveniva per rilascio di patenti da parte del ministero degli esteri della nazione interessata convalidate dal ministero degli affari esteri Italiano. A corredo del nostro articolo corredato dalle foto del celebre quadro di Hackert, una vasca ed una antica macina per le olive presente nei frantoi ipogei , riportiamo la foto del documento datato 26 Marzo 1877 in cui si rilascia la patente di nomina di vice console di Svezia e Norvegia al commerciante gallipolino Vincenzo Palmentola, ed un paio di foto del palazzo che fungeva da vice consolato di Svezia e Norvegia nel cuore del borgo antico della città a due passi dalla Cattedrale di S.Agata.
ott032011
Marcello D’Acquarica
Indice
1. NOHA
2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
3. ARCHITETTURA CIVILE
4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
5. ARCHITETTURA MILITARE
6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE
8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. BENI CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. BENI ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. BENI CULTURALI LIBRARI
ott042011
Quella odierna è stata una mattinata particolare per gli alunni della scuola elementare e media di Noha. Appena iniziata la prima ora, i loro increduli occhi, hanno notato alcune strane persone con la maglietta blu ed una scritta che riportava:”Citta Nostra – Associazione di promozione sociale – Galatina”.
I volontari dell'associazione galatinese, armati di scope, palette e detersivi erano li per ripulire la palestra che, a causa della mancata pulizia, dovuta all'insufficienza del personale ausiliario, era in condizioni igieniche e di sicurezza talmente gravi, da non poter essere utilizzata.
Per salvaguardare la salute e il diritto degli alunni di frequentare una scuola pulita, Città Nostra, con i propri mezzi e le proprie forze, è intervenuta con una pulizia capillare degli spazi dedicati all'educazione fisica, dei bagni e dei corridoi attigui. Una soluzione, questa, solo momentanea, ma che è volta a sensibilizzare e informare sia i cittadini, che le autorità competenti.
ott072011
Del frantoio ipogeo e dello Scjakuddhi vi avevo relazionato, ma quella mattina del 1 Ottobre 2011 oltre la presenza del mitico folletto, abbiamo scoperto ed individuato in questo luogo buio ed umido, alcune cose, che faranno ancora parlare e discutere. Intanto la situazione delle sciave, cioè le stive dove venivano conservate le olive momentaneamente prima della loro molitura, murate e rese come deposito dei reflui fognanti delle case sopra il frantoio, sfruttando il camino di ingresso posto all’esterno, dove si svuotavano i sacchi di juta pieni delle preziose olive. Poi abbiamo scoperto un passaggio scavato nella roccia, che porta ad est dell’abitato, chiuso male da un muro posticcio non legato da calcina. Dove porta ? fa parte di una via di fuga ? e poi le vasche intonacate delle cisterne poste proprio sotto il marciapiede accanto all’ingresso superiore del palazzo baronale. Le stalattiti che pendono dalla parete, la data incisa 1771, la mancanza delle vasche di macina, dei torchi, delle lampade ad olio di terracotta, delle ruote di pietra delle stesse macine, ci fa pensare che in passato qualcuno si è impossesato di questi materiali, che hanno un senso solo se posti nel luogo dove si trovavano. Poi cosa ancor più straordinaria dello scjakuddhi è il ritovamento di ossa umane, si, ossa umane, poste sotto un mucchietto di vasellame sminuzzato. In particolare l’osso sacro, di chi è ? Come è finito sotto il frantoio ? Era un uomo ? Oppure una donna ? sarà stato vittima del tremendo ” Trabocchetto ” in cui sparivano le persone indesiderate posto in essere in tutti i castelli ? Quale sarà stata la sua vita, da quanto tempo si trova lì, perchè ? il resto dello scheletro ? spero di potervi aggiornare e rispondere alle mille domande. Ma quel sabato le scoperte non finivano mai.
ott082011
è da tempo ormai che l’Italia versa in una situazione più che preoccupante. Quello che sta avvenendo oggi, però, sotto gli occhi rassegnati di tutti, è l’ennesima dimostrazione di mancanza di responsabilità e non solo, direi completa assenza di un che minimo scrupolo di coscienza onorevole e matura. E se tutti siamo consapevoli dei problemi in cui tergiversiamo, dovremmo essere anche tutti consci delle soluzioni da adottare per risolverli, restituendoci un minimo di dignità per l’intelligenza che ci caratterizza. Ma quello per cui una volta ci distinguevamo e cioè l’ingegno, oggi si è tramutato, a scapito di molti, in furbizia criminale di una efferatezza inconsueta. I nostri problemi non vengono dall’esterno, sia ben chiaro, ma da una intimità ammuffita da tempo. La crisi di cui oggi tutti parlano (e di cui tanti in verità si beffano) non è dovuta soltanto ad una situazione instabile globale. Se l’imbarcazione fosse stata costruita nei modi dovuti, la tempesta non ci avrebbe completamente catapultato in questi flutti cupi e burrascosi. La realtà, invece, è che siamo stai sempre non in balia delle onde, ma degli stessi marinai che avrebbero dovuto garantirci una serena traversata.
ott092011
LA SOLITA SOLFA O TUTTA UN'ALTRA MUSICA? SIGNORE E SIGNORI ECCO A VOI IL NUOVO NUMERO DE "L'OSSERVATORE NOHANO". BUON ASCOLTO!
ott112011
Continua la nostra rubrica 'un'altra chiesa' con gli interessanti articoli di don Paolo Farinella. I preti-manager a volte si sentono talmente investiti da Dio da ritenere che per le loro "opere" sempre e comunque il fine giustifichi i mezzi
ott112011