Una decina d’anni fa, in uno dei miei numerosi trasferimenti di sede lavorativa, una cliente, di professione imprenditrice, si presenta davanti a me per “conoscere il nuovo responsabile di filiale”. Nell’udire il mio cognome, la signora si blocca, sgrana gli occhi e mi fa: “Ma per caso lei è di Noha?”. Alla mia risposta affermativa, di rincalzo, aggiunge: “Allora conosce la maestra Bruna Mellone?”. “Certo, – replico – è mia cugina”. E mi racconta che Bruna fu la sua indimenticabile insegnante delle elementari di Supersano, che è stata fondamentale per la sua formazione umana e anche professionale (“dacché le scuole primarie sono forse più importanti di qualsiasi corso di laurea o addirittura master postuniversitario”, mi disse), e che al di là di tutto, della preparazione, dei metodi educativi all’avanguardia per il periodo (siamo a cavallo tra gli anni ’70 e gli ’80 del Novecento) “la Maestra Mellone è una Grande Donna”, parole testuali.
Qualche giorno dopo, compiaciuto, portai a mia cugina i saluti e il giudizio postumo della sua alunna del tempo che fu. Non ci crederete: Bruna, schermendosi da ogni lusinga, ricordava non soltanto i tratti di quella bambina (ormai cinquantenne), ma mi raccontò per filo e per segno alcuni aneddoti riferibili a quella allieva, le particolarità della sua classe bisognosa oltretutto di dedizione straordinaria, nonché i susseguenti tentativi della direttrice della scuola di trattenere Bruna in quell’istituto il più a lungo possibile, rifiutandone ogni richiesta di trasferimento verso altri collegi più vicini al paese di residenza della sua collaboratrice. Cambiamento di sede che comunque avvenne qualche tempo dopo, prima a Collemeto, poi a Galatina e finalmente a Noha. Cambia la geografia, ma la valutazione da parte di colleghi e discenti sul conto di Bruna rimane sempre quello.
Certamente non c’era bisogno di quell’ex-studentessa perché io venissi a sapere che Bruna era una Grande Donna: per me lo è sempre stata. Le mie prime Costruzioni (che oggi si chiamano Lego), il libri di favole, l’esortazione a lasciar perdere la volgare insolenza del quotidiano, i consigli su come scrivere (e soprattutto non scrivere) sono tutti suoi. Veramente ho ricevuto correzioni su grammatica e sintassi dei miei elaborati si può dire fino all’altro giorno, tipo quelle relative alle storie rilegate a libro (il mio “Don Paolo”, per esempio, fu revisionato da lei da cima a fondo), e incluse quelle altre cucite a mo’ di mensile cartaceo, dico de “L’Osservatore Nohano”, del quale Bruna fu generosa collaboratrice.
ott072024
Avevo riportato proprio qualche giorno fa sulla mia pagina Fb un diciamo articolo su Vincenzo Campa, già pubblicato su Noha.it nel 2018, nella rubrica estiva nata una decina abbondante di anni fa, denominata Fette di Mellone. Son contento di averla scritta, dacché m’apparve, e m’appare tuttora, come asserito oltretutto da alcuni commenti di allora, “una delle più dolci, fragranti e vere, di quelle che ti lasciano il gusto delle cose buone”.
Tra l’altro riportavo quanto segue: “[…] Vincenzo è ovviamente un mio amico. Lo conosco praticamente da sempre. A lui è associata la mia infanzia delle vecchie scuole elementari di piazza Ciro Menotti, quella del monumento ai caduti. Ci abita accanto con gli amati genitori. No, non veniva in classe mia, ma lo vedevo tutti i giorni all’ingresso e all’uscita da scuola, e anche durante la ricreazione.
Quando t’incontra, Vincenzo non ti saluta con freddezza, ma prima ti dà la mano e subito dopo ti abbraccia affettuosamente. E tu, davanti a tanta tenerezza, non puoi fare a meno di ricambiare con altrettanta simpatia e cordialità. Sissignore, gli abbracci gratis (o free hugs) non li hanno mica inventati una quindicina di anni fa in Australia: li abbiamo invece scoperti a Noha molto tempo prima, grazie proprio al compagno di scuola Campa Vincenzo. Dopo i convenevoli, Vincenzo mi racconta i fatti che succedono nel nostro paese, i giochi e i lavori che insieme agli altri ragazzi speciali svolge nelle aule del polivalente; io invece gli parlo di quello che faccio, delle iniziative, degli articoli che scrivo sul sito dell’Albino, delle battaglie che conduco e delle (più numerose) sconfitte che colleziono”.
Alle mie parole faceva eco l’Antonio Bovino, il dottore: “[…] Era una costante presenza nelle partite post-prandiali che giocavamo sul famoso campo sterrato di fronte l’attuale Chiesa della Madonna delle Grazie. Vincenzo si distingueva non tanto per tecnica (che peraltro nessuno di noi aveva) quanto per forza e tenacia. Non meno memorabili sono le sue presenze come chierichetto. Buono ed affettuoso a tal punto che spontaneamente tutti gli volevamo bene e preferivamo averlo sempre dalla nostra parte”.
Sono certo che le testimonianze belle su Vincenzo riempirebbero pagine e pagine ormai della storia di Noha, da parte di tanti amici, compagni di classe, parenti, vicini di casa, insegnanti, fratelli, nipoti, cugini… E soprattutto di papà Antonio e mamma Mimina: sì, era lui il bastone della loro vecchiaia.
L’avevo visto e salutato (come quasi ogni sera, quando passo davanti casa sua) proprio qualche giorno fa: era in veranda con i genitori, Giuseppe e Fernando, e altri amici. Poi la notizia inaspettata della sua fulminante malattia. E questa mattina la fine della sua sofferenza.
Ma io m’aspetto sempre, da un momento all’altro, uno degli abbracci a sorpresa del mio amico Vincenzo.
Antonio Mellone
nov062024
All'età di 93 anni ci ha salutato Luigi Giuseppe Scalese, nunnu Cici (fratello della Rita Scalese), contadino, ma colto e saggio come pochi: nessuna proposopea, ma ore e ore di lettura dei giornali del circolo cittadino, e i libri che aveva in casa. Non l'abbiamo mai visto adirato, ma sempre placido e pronto ad argomentare con serenità le sue posizioni sui temi di volta in volta in discussione. Ci mancheranno la sua bicicletta, il suo Ape Piaggio, e la generosità con cui donava ai vicini e ai lontani i frutti della sua terra.
Noha.it porge le sue condoglianze ai figli Pantaleo, Giovanna, Anna Maria, ed Elena, ai rispettivi consorti, e agli altri parenti e amici della famiglia Scalese.
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