gen312013
Giorni fa, su di uno dei siti di Galatina, ci è toccato di leggere con la santa pazienza un’avvincente “intervista senza filtri” ad un responsabile dei progetti per il mega-parco della Pantacom.
Il tutto, francamente, ci ha dato l’impressione di una pantomima (in nome omen: mo’ siamo llà). S’intende che nulla vieta che si discetti in interviste senza filtri del più e soprattutto del meno, come la fantaeconomia, la fantapolica o la fantascienza. E chi le vieta? Se un’intervista è senza filtri, è senza filtri. E’ inutile andare a trovare il pelo nel parco. Punto.
E poi che bisogno c’è di crearsi tanti crampi mentali volendo a tutti i costi trovare la differenza tra una Fantacom ed una Pantacom (il cui acrostico a questo punto potrebbe suonare così: Per Allocchi Non Tanto Accorti Contro Ogni Megacazzata).
Orbene, il “giornalista” (ci piacerebbe tanto, almeno una volta, scrivere giornalista senza virgolette: ma per ora non ci è dato) ha rivolto al suo interlocutore delle domande diremmo pure magnifiche, sorprendenti, impensate, a tratti struggenti, roba da manuale del perfetto intervistatore.
Voi ci chiederete curiosi: l’ha forse steso con queste benedette domande da manuale? E’ scoppiato a ridergli in faccia ad ogni risposta? Avrà quanto meno usato l’arma sottile dell’ironia? Gli ha forse chiesto quali garanzie reali o personali, anzi, meglio, fideiussorie, l’azienda avrebbe potuto offrire a fronte degli impegni sbandierati a destra e soprattutto a centro-sinistra? Si è comportato come dovrebbero tutti i giornalisti: cioè da whatchdog, cane da guardia, attento, anzi pronto a mordere ad ogni eventuale corbelleria propinata dall’interlocutore? Visto che l’intervista era condotta in assenza di filtri, gli ha scucito qualcosa in merito alla fantastica storia dell’azienda, al suo valore, al suo capitale, al suo fatturato, alla sua consistenza patrimoniale, alla compagine sociale? L’ha inchiodato sulla possibilità di pratica realizzazione di quei numeri sciorinati manco fossero quelli del Superenalotto?
Purtroppo nada de nada. Non s’è visto alcun whatchdog, ma solo una serie di arf arf, scodinzolii, linguate affettuose, domande scendiletto, addirittura dei mugolii di piacere, come di un innamorato perso pronto a scappellarsi di fronte alla sua adorata. Si potrebbe ragionevolmente arguire che nemmeno dei turiferari alla Minzolini avrebbero saputo fare di meglio.
E così, come con una canna senza filtro, abbiamo potuto respirare boccate d’aria salubre fatta di: pucci pucci, non te ne andare a Nardò, resta con noi, non ci lasciar, la notte mai più scenderà. E ancora: trottolino amoroso, e tutù dadadà, e se facciamo così poi tu ritorni da noi? Se non ci dai nemmeno una speranza il cuore ci si infrange: e tu permetterai mai questo? E se il sindaco ci ripensa, allora ci ripensate anche voi? Su dai, non fare così, lasciaci almeno uno spiraglio. Prometticelo. Non ci vorrete mica tradire con il primo salumificio Mera che vi capiterà a tiro [forse, a proposito di fette di salame sugli occhi, avrebbe voluto dire chi-Mera, ndr].
Dopo aver letto questa sorprendente intervista ti vien da pensare, anzi t’accorgi, che dopo la categoria degli pseudo-giornalisti (che, recidivi, copia-incollano comunicati stampa senza pietà), c’è anche quella dei giornalisti che s’offrono. Eccome s’offrono.
Commenti
Gentile Antonio Mellone, leggendo il Suo gradevole ma disinformato articolo mi sono chiesto come mai Ella, così coraggioso, non abbia avuto l'ardire di scrivere il nome e il cognome di quel "giornalista" con le virgolette. Sopperisco alla sua paura di una querela (tranquillo non uso questi metodi come, invece, fanno certi Suoi amici politici) dicendo che sono io la persona di cui Ella teme di scrivere il nome. Non ho mai scondinzolato nella mia ormai lunga vita a servizio dell'informazione. Si figuri se posso cominciare a farlo ora. Gentile Antonio, con le mie domande sono riuscito a far dire a Barrotta quello che nessuno era riuscito a fargli ammettere. Saranno i miei quattro lettori a decidere se quelle virgolette siano al posto giusto. Accetto le Sue critiche e sono pronto a discutere con Lei quando e come vuole ma la prossima volta sia più coraggioso! Scriva senza paura Dino Valente, direttore responsabile di galatina.it. Con i più cordiali saluti.
Gentile sig. Dino, a leggere certe interviste o pezzi, a volte si hanno delle remore ad apporre certi cognomi accanto al lemma "giornalista": si corre il rischio che vengano equivocati, scambiati cioè per un aggettivo qualificativo.
Convengo con Lei (peccato, un tempo ci si dava del tu: ma capisco che la penna a volte possa portare a questo) sul fatto che oggi per ogni quisquilia o inezia, anzichè controbattere con un articolo, smentire con un'intervista, un commento o una rettifica (ma a volte sarebbe sufficiente una risata), si utilizzi subito l'arma impropria della querela, cercando con l'intimidazione di zittire il pensiero e la libertà d'opinione contraria.
La ringrazio per il Suo intervento, e a mia volta La incito ad essere ancor più coraggioso di me la prossima volta, magari nell'indicarmi con più precisione nome e cognome dei "miei amici politici" (di cui francamente mi sfugge l'identità).
Con altrettanta cordialità.
Gentile Antonio, è noto che il sottoscritto è stato querelato da Giuseppe Garrisi e Giuseppe Spoti. In entrambi i casi ha vinto la causa. Spero che l'averLa associata a questi due politici non La disturbi. Se così fosse La capirei e Le chiedo subito scusa. Nell'altro commento mi ero scordato di fare i complimenti al vignettista. Riparo adesso chiedendo all'autore una copia autografata del disegno. Per la prossima volta però non mi metta in mano un microfono, per piacere. Uso nascondere la mia barba dietro alla videocamera. Lascio volentieri ad altri più fotogenici intervistatori la voluttà di apparire accanto all'intervistato. Cari saluti.
Gentile sig. Dino, diciamo che si tratta di un'associazione un po' forzata. Aggiungerei anche che ho poco o nulla da spartire con i soggetti citati, e con molti, moltissimi altri personaggi che bazzicano nella politica locale (scritta spesso e purtroppo in minuscolo). Non sapevo di questa Sua, diciamo così, disavventura (son sempre delle noie), e solidarizzo con Lei. Evidentemente l'atteggiamento querulo di questi e di altri avventori deriva dall'allergia (seppur fosse a loro nota) alla massima di Voltaire che suona più o meno così: "Non son d'accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee".
Cari saluti.
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