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Un murales a ore e il cemento ad attrattiva rapida (Sesta fetta di Mellone – estate 2023)
Di Antonio Mellone (del 12/11/2023 @ 10:50:30, in Fetta di Mellone, linkato 634 volte)

A Noha non fai in tempo a stupirti per un murales dal pennel fuggito che all’indomani te ne ritrovi un altro, sulla medesima parete, a mo’ di rattoppo a colori un tantino più kitsch del precedente. Assodato che il materiale usato è tutto men che inchiostro simpatico a scomparsa, assalito da vecchi e nuovi dubbi esistenziali ti chiedi: ma la fanno apposta a tirarti dietro i secchi di vernice per due soldi quando l’inflazione dell’Area Euro è ancora galoppante?  

Per chi non fosse addentro al mistero di The Wall provo a riassumere i termini della Quistione. Un bel giorno di fine estate i nohani si ritrovano il muro dell’ufficio anagrafe di via Calvario pitturato di un azzurro pastello tendente all’acquamarina quando è scirocco squaiato. Per la verità all’inizio non ci avevano fatto tanto caso, son fatti così e molti di loro si fanno scivolare addosso questo e ben altro; poi qualcuno ha iniziato a blaterare, a ragion veduta, di Bonus Sfacciati, mentre qualche altro ha ipotizzato l’apertura in quei locali di una succursale del mercato ittico gallipolino (ebbene sì, ultimamente la realtà sembra librarsi sulle ali di un ippogrifo).

Insomma, pennellata dopo spennellata, appaiono in tutto il loro splendore una ragnatela, un’enorme taranta pelosa ca mancu li cani, e soprattutto l’immagine di un San Paolo fuori le mura, anzi due San Paolo (la famosa bilocazione, prima e dopo la conversione sulla via di Damasco), con tanto di aureola, spada, mantello, barba, ma questa volta senza nemmeno gli occhi (per piangere). Dopo le prime paralisi facciali con bocca spalancata e sopracciglio immobile degli astanti, le consequenziali considerazioni circa la discutibile reputazione delle nonne dei rispettivi protagonisti dell’affaire, le interrogazioni dell’opposizione e la prima e ultima reazione della virginea amministrazione cittadina che aveva tutta l’aria di un: “E mo’ che cazzo gli diciamo a questi?”, i Macchiaioli de nohantri, tronfi manco avessero dipinto il Giudizio Universale alla Sistina, dopo aver cancellato il tutto fischiettando come niente fosse, tirano fuori dal cilindro di tinta una falce senza martello, un carretto bonsai volante, un campo di cereali del foggiano (con il Gargano incorporato), un rettangolo oblungo che vorrebbe somigliare al puteale di un pozzo, una spigolatrice da fare invidia a quelle del Millet, e finalmente alcune piante di tabacco del tempo che fu, vegetali del tutto sconosciuti alle Generazioni Alpha e Z, e credo pure ai Millennials, i cui esponenti, al pari del noto gruppuscolo di scienziati à la page, confidando nelle sempreverdi varietà “resistenti alla Xylella”, avranno esclamato a gran voce e alquanto stupefatti: “Evviva Maria!”.

Nell’attesa dell’aggiornamento del nostro Murales a Ore con un nuovo affresco però a caldo da parte del Bansky di turno, e del connesso Vernissage tutto circenses senza panem di cui l’attuale Giunta postdemocratica sembra essere l’incontrastata paladina, per non farci mancare nulla, gli ormai popolarissimi collezionisti di fiaschi (recipienti fatti apposta per i Negramaro), piuttosto che perder tempo, che so io, nella convocazione di un consiglio comunale per il conferimento della cittadinanza onoraria a Julian Assange (perché mai spendere una parola a favore di chi osi documentare i crimini di guerra del democratico Occidente), dichiarano la loro formidabile controffensiva a suon di esposti in Procura a prezzi di saldo contro chiunque ardisca mettere in discussione una delle quattro P del loro Marketing Mix (vale a dire Prezzo, Promozione, Pubblicità e Puttanate).

Scomparsa dalla circolazione la quinta P (quella della Politica), nell’attesa di conoscere chi sarà il fortunato vincitore del Premio Querelato Autunno/Inverno 2023 da scolpire a perenne monito nel Famedio Galatinese [nessun accesso agli atti per scoprirne il nome: basterà un comunicato del locale Club Unesco, ndr.], il sindaco manager/imprenditore, e a tempo perso brillante istrione, continuerà a deliziarci sopra o sotto ogni genere di palcoscenico delle sue genialate, fatte di patti d’acciaio, o forse di cemento tra Galatina e Assisi (leggermente all’insaputa degli assisiati); di innocenti inchini (vassallaggio tuonerebbero i malpensanti) alle tanto bio-green-eco-inclusive ciminiere di pertinenza del filantropo per antonomasia nonché mecenate e ovviamente Cavaliere del Lavoro (a cavallo di un elicottero), senza dubbio in nome della povertà francescana; di “inizio di un percorso” più volte ribadito ma non si capisce esattamente per dove; di piatti di lenticchie chiamati ristori offerti da aziende pronte a fare Terna al lotto in queste lande promosse al rango di colonie; di video motivazionali per i Pollowers in visibilio, e quindi di tanta cultura in kermesse piene zeppe di “forte attrattiva”, di “appeal assolutamente sovranazionale”, e di “bollini di qualità” in “connubio perfetto” con la meglio  “Galatina mia”.

Nah: da Galatina come eravamo, a Galatina come ci siamo ridotti.

Antonio Mellone

 

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