mag142021
In mattinata i sindaci del circondario galatinese e i referenti del Comitato civico ambiente e salute incontreranno l’assessora Maraschio, in un tavolo avviato a marzo. Dal rapporto Arpa, redatto al termine dell’ispezione di luglio, emergono livelli di sostanze nocive nelle acque che supererebbero la soglia consentita
Potrebbe essere una giornata significativa, quella di oggi, per la vicenda Colacem di cui abbiamo scritto nelle scorse ore, allegando documenti in esclusiva. Nella tarda mattinata, infatti, il Coordinamento civico ambiente e salute e i sindaci del circondario galatinese incontreranno l’assessora regionale all’Ambiente, Anna Grazia Maraschio e il capodipartimento Ambiente, Paolo Garofoli.
Intanto, però, spunta un verbale di prescrizione nei confronti del cementificio che l’Arpa, l’Agenzia regionale protezione ambientale, ha inviato alla Procura della Repubblica di Lecce a settembre scorso. Al termine del rapporto di un’attività ispettiva ambientale eseguita all’interno dello stabilimento galatinese, l’Arpa ha inoltrato comunicazione di notizia di reato alla Procura, ravvisando ipotesi contravvenzionali in materia ambientale. Nel verbale si segnalano criticità e non conformità, solo parzialmente chiuse dall’azienda.
Dal Dipartimento ambiente provinciale dell’Arpa e dal Dipartimento Impiantistica e rischio industriale sono state impartite alcune prescrizioni nei confronti di Colacem, al termine di un sopralluogo ordinario eseguito in tre giornate nel mese di luglio del 2020. Nel rapporto conclusivo redatto dai funzionari dell’Agenzia regionale di protezione ambiente sono state riscontrate delle irregolarità in materia di tutela ambientale, poi comunicate alla Procura della Repubblica di Lecce. Limiti sarebbero stati per esempio superati relativamente alla presenza di Cadmio, Nichel, Piombo e Nitriti all’interno delle acque sotterranee: parametri superati di un decimo rispetto a quelli consentiti. Ma le anomalie - che l’azienda avrebbe solo parzialmente sanato - riguarderebbero diversi aspetti, legati tra gli altri anche ai sistemi idraulici di separazione delle acque. “Alcune superfici scolanti impermeabilizzate, limitrofe all’impianto di trattamenti delle acque meteoriche denominato Area B non sono dotate d una rete di raccolta e convogliamento delle acque meteoriche medesime”, si legge nel verbale.
Tra le criticità sollevate dagli ispettori regionali anche quelle relative agli impianti di trattamenti delle acque meteoriche denominati Area B e Area C: "Sono dotati ognuno di un dissabbiatore, ubicato a monte dell’impianto, che al momento del sopralluogo risultavano pieni d’acqua sebbene fossero trascorse più di 48 ore dall’ultimo evento meteorico, non garantendo, pertanto, le condizioni previste dall’articolo 10 del Regolamento della regione Puglia del 9 dicembre del 2013, e la separazione delle acque di prima pioggia dalle acque di dilavamento successive (acque di seconda pioggia)”. Tre le righe del verbale inoltrato alla magistratura si legge ancora: “Tutti gli impianti delle acque meteoriche, a servizio delle zone A, B,C, D, non sono dotati di un idoneo sistema di deviazione idraulica, attiva o passiva, che consenta di separare le acque di prima pioggia dalle acque di dilavamento successive”. Alla ditta è stato pertanto imposto di procedere con l’adeguamento degli impianti non in regola, entro 90 giorni a partire da settembre.
Il tavolo regionale, avviato già dal mese di marzo, si metterà in giornata al lavoro per un’analisi sull’impatto ambientale e sanitario prodotto dal cementificio di Galatina sul territorio. La richiesta giunta sulla scrivania dell’assessorato all’Ambiente è quella di ridurre la pressione ambientale, subordinando l’autorizzazione a Colacem alla Valutazione di impatto sanitario (Vis) da effettuarsi secondo linee guida accreditate a tutela della salute delle comunità del Galatinese. Una richiesta già indirizzata, a dicembre scorso, ad Aress Regione Puglia dal Dipartimento di prevenzione della Asl Lecce per “le potenziali ricadute cumulative di tutte le attività produttive presenti nell’area industriale di Galatina-Soleto”. (Alleghiamo nuovamente la missiva di Asl Lecce, qui accanto)
Tra le priorità prese in esame in giornata, la riduzione della pressione ambientale e del consumo delle risorse (244 litri di acqua per 309mila e 900 tonnellate di cemento prodotto a Galatina), lo stop cautelativo all’impianto, in attesa della realizzazione della Vis, nell’area Galatina-Soleto con la più alta incidenza complessiva di neoplasie e di malattie polmonari croniche della provincia. Valutazione che dovrebbe essere eseguita preliminarmente e non successivamente al rilascio dell’autorizzazione. Insomma, sarebbe un bene che l’ente Provincia accertasse la compatibilità di un simile stabilimento con il diritto alla salute della comunità, prima del rilascio di qualunque autorizzazione.
I riflettori del tavolo istituzionale sono dunque tutti puntati sul riesame dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale al cementificio sede legale a Gubbio, concessa nel febbraio del 2018 dalla Provincia di Lecce, rianalizzata nel 2019. Il tutto sebbene undici single mediche e due autorevoli studi realizzati da Asl Lecce, Cnr e Istituto superiore della Sanità abbiano già snocciolato preoccupanti dati scientifici relativi all’incidenza dei tumori polmonari proprio in quella porzione dell’entroterra salentino. L’intero circondario è stato infatti dichiarato dall’Iss “area cluster per tumori polmonari”.
I primi cittadini dei Comuni che orbitano attorno a uno dei cementifici tra i più grandi d’Europa hanno presentato ricorso al Tar: quest’ultimo si esprimerà a ottobre prossimo. Della questione se ne parlerà nella Conferenza dei servizi, in Provincia, prevista per il prossimo 18 maggio e rinviata nelle ultime ore al 4 giugno. Proprio l’ente di Palazzo dei Celestini, con presunte violazioni della normativa processuale, ripropone infatti di riesaminare l’Aia relativa all'impianto di produzione di materiale laterizio (clinker) per 500 tonnellate al giorno: ma quel provvedimento è oggetto di un giudizio di annullamento davanti al Tribunale amministrativo regionale. Lo stabilimento galatinese è inoltre oggetto di consulenza tecnica d’ufficio, conferita nel dicembre del 2019.
Diverse le presunte anomalie emerse nel provvedimento autorizzativo e sulle quali il Comitato e le amministrazioni comunali vogliono vederci chiaro, chiedendo alla Provincia di esprimersi. Nella voce “scarichi idrici”, per esempio, non sarebbe presente un richiamo al rispetto dei limiti dello scarico e per il monitoraggio delle acque sotterranee, mentre le prescrizioni sulle emissioni sono ritenute insufficienti. Senza tenere conto, inoltre, che il monitoraggio di alcune sostanze inquinanti emesse dovrebbe essere eseguito di continuo, non estemporaneamente. E, soprattutto, questo stesso controllo dovrebbe essere effettuato da soggetti indipendenti e non dalla proprietà dello stabilimento.. Mancherebbero, infine, dei vicoli circa l’utilizzo del coke da petrolio.
L’impianto industriale Colacem, attivo da quasi 80 anni, produce circa 600mila tonnellate all’anno di anidride carbonica. Se il progetto di utilizzare Css venisse autorizzato (il combustibile solido secondario, derivante dalla centrale di Cerano), le emissioni si andrebbero a sommare a carbone, olio pesante e coke da petrolio. Quest’ultimo era considerato fino ad alcuni anni addietro un rifiuto tossico e altamente nocivo. Tanto che un maxi sequestro di quella ritenuta sostanza ritenuta dannosa- eseguito dai carabinieri del Noe nel 2008 all’interno dell’ex Ilva - rappresenta un importante pezzo delle cronache pugliesi.
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