mar162020
La morte di don Donato Mellone fu per me come un tuono nel cuore e il fatto di non aver potuto partecipare al suo funerale mi lasciò per giorni come in una nottata tempestosa. Oggi apprendo della morte di Antonio Guido e vedo Noha con una finestra chiusa: è un’epoca che oggi è finita del tutto poiché don Donato e lu Pasulu erano due universi dipinti su una medesima tela. Questa tela oggi è stata staccata dalla parete e appesa chissà dove, sicuramente anche nei miei cari ricordi.
Hanno condiviso lo spazio e il tempo. Amore e odio, sacro sarcasmo e indicibile rispetto l’uno per l’altro. Don Camillo e Peppone di una Noha passata e che mi manca indicibilmente; fintamente nemici, amorevolmente fratelli, come di sangue, più che di sangue.
Ho avuto molte famiglie perché famiglia è dove si trascorre il proprio tempo. Io ho trascorso anni interi con loro due e loro sono stati una delle mie tante famiglie, non perfette poiché la perfezione non fa parte dell’umano. Loro sono come quei protagonisti di un film che non ha tempo. Uno con gli abiti di un prete, l’altro vestito come il più pio dei laici in circolazione. Per anni sono stato a messa ogni giorno e loro insieme a me: parlavano pochissimo tra loro e le poche cose che si dicevano erano di un’ironia che nessun comico al mondo potrebbe eguagliare. S’intendevano con uno sguardo accennato.
Erano due veri cristiani.
Ricordo con quanta dignità e cura il laico vestiva delle vesti sacre il chierico, come adagiava la casula sul capo attento a non sfiorare gli occhiali del prete, come porgeva il cingolo tra le sue mani sui fianchi. E poi lo ricordo sull’ambone a scandire ogni singola parola della lettura del giorno come un megafono fiero prestato al sacro. Si è chiusa una finestra a Noha, l’ennesima da cui si vedeva un bel paesaggio. Ringrazio Iddio per avermi dato almeno la possibilità di stare affacciato a quella finestra per qualche tempo.
Ciao Antonio. Appena giunto lassù sai già cosa ti aspetta: c’è don Donato con la sua risata a dirti “era ora, finalmente sì rrivatu!”. Non oso immaginare come gli risponderai.
Fabrizio Vincenti
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