Condoglianze a Tonia, alle altre sorelle, al fratello, al resto dei parenti, e alla Parrocchia tutta di Noha
Non avrei mai voluto scrivere queste righe, né Rita avrebbe mai voluto sentirle, attaccata com’era alla vita. Oggi, però, alla notizia della sua “partenza”, mentre più di una lacrima imperla i miei occhi, mi metto a vergare queste brevi note, così come mi vengono. Non posso e non voglio mancare all’appuntamento dell’ultimo saluto a questa donna nel modo che mi riesce più facile e al contempo difficile: scrivendo.
Nelle storie la scrittura arriva a fermare un piccolo residuo di quello che si sta perdendo, prima che si perda del tutto. E Rita, pur nella pochezza di queste mie parole, ha il diritto di rimanere impressa prima che su questi fogli nella mia, nella nostra memoria.
Sapevo della sua malattia (“è andata così” – mi disse quando l’andai a salutare tempo fa, e io non seppi cosa risponderle). L’avevo intravista nel corso della festa di San Michele, a passeggio, sottobraccio all’inseparabile Tonia, sua sorella, che la sosteneva nel percorso: era debole, per via di quel male che non sta risparmiando nessuna famiglia salentina, anzi galatinese, nohana. Aveva un vistoso collare: le metastasi avevano purtroppo intaccato anche le ossa cervicali.
E io la rivedo così, come un uccello spennato e spaurito nella gabbia dell’ospedale, protestando con lo sguardo l’estraneità a quel luogo.
Eppure Rita non fumava, non beveva, conduceva una vita tutta casa e chiesa, tutt’altro che una vita spericolata. E’ che purtroppo in questa terra non stiamo più riuscendo a difenderci da un male tremendo (e da quell’altro che ci va quasi a braccetto: la rassegnazione).
Ed io sono incavolato nero: ci stanno uccidendo in nome del profitto, con esalazioni di tutti i tipi, con cementifici trasformati in inceneritori di rifiuti, con impianti a biomasse e a cosiddetto biogas, con interramento in mezzo alle campagne di rifiuti tossici di ogni tipo, con mega-impianti di pseudo-compostaggio. E li lasciamo fare.
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La Rita nostra era una ragazza eccezionale, sempre pronta, disponibile, generosa. E soprattutto quando faceva una cosa, la doveva fare per bene. Non più tardi di qualche mese fa, prima della scoperta della sua malattia, era lei che, dopo la messa serotina, passava da casa mia a fare delle iniezioni a mia madre (mia madre – che le somiglia in molti tratti - si è sempre fidata della scrupolosità, dell’accuratezza e del buon cuore della “Rita nostra”).
Rita si è sempre prestata per ogni servigio: “Rita, ti dispiace andarmi a comprare il pane?”. E la Rita: “Pronta! Ti serve altro?”. Mai una mormorazione, uno sbuffo, un pensiero maligno, un pettegolezzo. E mai le è sfiorato il pensiero di “approfittarsi” di qualcosa o di qualcuno. Faceva tutto gratis et amore Dei.
La cura, la diligenza, la meticolosità, la solerzia con cui faceva le cose Rita sono proverbiali. Anche e soprattutto in chiesa: quando era “passata” la Rita te ne accorgevi eccome: brillavano i pavimenti e tutto il resto. Non ti dico le tovaglie degli altari, i purificatoi, i corporali: candidi come la neve, lavati e stirati alla perfezione. Se c’era qualcosa che non andava, era pronta a salire sull’altare, davanti a tutti, per sistemarla, anzi per “nderizzarla” (raddrizzarla).
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Era sempre lei, la Rita nostra, ad aprire le processioni con lo stendardo del suo san Luigi; la prima ad accorrere in aiuto del parroco, degli altri sacerdoti della parrocchia, e degli altri parrocchiani, per puro spirito di abnegazione (che nella chiesa cristiana chiamano Carità). Rita non era solo devota al suo Dio, alla sua Madre Santa, e agli altri santi, ma anche e soprattutto, come dice il Vangelo, ai suoi fratelli.
Mi piace pensarla ora nel Paradiso, che oggi sarà in festa per lei, accolta a braccia aperte da San Michele Arcangelo, dal suo San Luigi, dalla Madonna e dagli altri santi di cui pure era devotissima, pronti tutti insieme a presentarla “davanti al trono dell’Altissimo”.
E se lassù qualcosa dovesse per caso trovarsi fuori posto, d’ora in poi ci penserà la Rita nostra a sistemarla a dovere. Anche la veste splendente di Gesù, da oggi, se possibile, sarà ancora più bianca, lavata e stirata alla perfezione, senza nemmeno l’ombra di un piccolo lembo sgualcito.
Addio Rita, riposa in pace.
Commenti
Addio mia cara donna "ultima". Lo so che non ti offenderai se ti attribusco questo aggettivo poiché sappiamo io e te il suo significato. E ricorda, come ha detto Papa Francesco, "gli ultimi per gli uomini sono i primi per Dio". Ora so che tutto il popolo del Paradiso è accorso alle sue porte per ammirare il tuo stupore è la tua sconfinata gioia nel vedere Cristo, che tanto hai seguito in vita, e nell'abbracciarlo. La Chiesa peregrinante di Noha ti ringrazia e invidia tutti gli angeli del cielo che ora ti hanno lì con loro, davanti a Dio.
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