set162014
Credevate voi che l’affaire TAP fosse l’unico pensiero dei salentini sul fronte adriatico? Nossignore. C’è un tale Saverio Congedo, consigliere della Regione Puglia (e a quanto pare pure simpatizzante di CasaPound), che, tanto per cambiare, è intervenuto nel dibattito intorno al tema del turismo nostrano dicendosi “convinto, da tempo, che il Salento deve puntare sulla portualità per caratterizzare la propria offerta turistica e per andare incontro alle esigenze di chi vede il tacco d’Italia come una splendida meta da raggiungere via mare […] Un territorio a vocazione turistica come il nostro non può sprecare il treno di opportunità che, ad esempio, altri Paesi del Mediterraneo come Croazia, Montenegro o Albania stanno già cogliendo, sottraendo all’Italia e alla Puglia fasce molto importanti di utenza turistica […]” E ancora“[bisognerebbe] sbloccare una situazione paradossale, quella del progetto del porto turistico, ingarbugliata da ostacoli tecnici e volontà burocratiche che hanno reso la faccenda una telenovela lunga ben 8 anni”. [oh poverino, come s’offre, ndr.].
In parole povere il Congedo quando blatera di treno intende navi. Sì, vorrebbe un porto turistico nuovo di zecca a Otranto (e dove sennò?). Infatti come potevamo mai dar corso a prove tecniche di Salento Romagnolo senza Opere Pubbliche magnifiche e progressive come quest’altra? Potevamo noi, dopo il TAP, farci mancare sulla costa adriatica anche l’n-esimo torto turistico? Ovvio che no.
In altre parti d’Europa una notizia del genere infiammerebbe tutta la comunità; qui, invece, nulla, bocche cucite, penne giornalistiche a secco, vuoti pneumatici, elettroencefalogrammi lineari e aderenti al bordo inferiore del monitor.
In questo buttanissimo Sud sembra che la classe digerente a tutti i livelli sia assisa intorno ad un tavolo di concertazione per distruggere onza onza il nostro territorio, e giacché si trova anche il mare.
Funziona più o meno così: un politico lancia un’ideona come questa e un riccone calcola che duecento barche parcheggiate per due mesi estivi non sarebbe un cattivo affare (oddio, non si sa di preciso se sia il politico a dare lo spunto al riccone, o viceversa: sicché rimarremo sempre con il dubbio se sia nato prima l’uovo o il pollo), tanto poi l’accordo operativo si trova sempre. Sta di fatto che questa è la più classica delle trattative – altrimenti detta conflitto di interessi, vale a dire consonanza di interessi, partito trasversale, inciucio sottobanco, larghe intese, bicamerale costituente, banda larga, lobby politico-affaristica, patto (del Nazareno2), rete di influenti amicizie, fratellanza Pn (con n=2, 3, 4), profonda-sintonia-tra-le-parti, sistema informativo parallelo [il che, chissà perché, rievoca vagamente l’altra Trattativa, quella tra stato e mafia, anche se è difficile distinguere ormai quale sia l’uno e quale l’altra, ndr.] – la più classica delle trattative, dicevo, alla base dello scempio di ogni territorio.
Dunque dopo la trattativa il plutocrate di turno si fa stendere il progetto da alcuni studi tecnici tra i più smaliziati, quelli cioè che sanno nuotare nel mare delle mille e contraddittorie norme ambientali (anche se sovente codesti progetti sembrano redatti con i piedi: ma poi basta oliare un po’ i meccanismi di certi uffici pieni zeppi di funzionari di bocca buona e si riesce a far passare davvero di tutto e di più); subito dopo si presentano gli incartamenti al Comune compiacente (meglio se della maggioranza fanno parte due o tre consiglieri di Rifondazione per far sembrare il tutto più sofferto) e zac!, passano 90 giorni, arriva la Conferenza dei Servizi (“servizio” da intendere stavolta in quel senso là, insomma m’avete capito); si aspettano altri 90 giorni, e ri-zac! in quattro e quattro otto ti arrivano caterpillar, ruspe e betoniere, benedetti da un tweet di Renzi.
Signori, cosa volete da me: questo è il modello di sviluppo che ci hanno inculcato (volendo potreste anche togliere la seconda c).
Antonio Mellone
Commenti
Tredici milioni di euro, fatti di immobili di lusso, auto e conti bancari. Tanto vale il “tesoro” sequestrato dalla Guardia di Finanza ad Angelo Balducci, ex Provveditore alle Opere Pubbliche di Roma e presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che è stato al centro di indagini delle Procure di Roma, Firenze e Perugia sulla cosiddetta “cricca degli appalti“. La confisca – che ha colpito anche alcuni familiari dell’uomo – riguarda beni immobili, tra cui un casale con piscina a Montepulciano, automobili e quote societarie.
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