dic162013
Eccovi la terza tappa del viaggio verso il presepe vivente che avrà luogo presso la Masseria colabaldi di Noha. Abbiamo provato acchiappare di sfuggita e per caso i volti dei volontari, lavoratori-guerrieri senza patria e senza spada con voglia di andare avanti "muso duro"
25-26-29 dicembre 2013 e 1-5-6 gennaio 2014
ott182012
"Pubblichiamo l'intervento di Marcello D'Acquarica di domenica 25 Agosto 2013 in occasione del 6° Motoraduno Moto Guzzi, Miero e Pizzica svoltosi a Noha"
Oggi è una giornata di festa. Approfitto di questa occasione per riflettere insieme su ciò che consideriamo bene comune.
Se è chiaro il significato di questi due presupposti: “Insieme” e “bene comune”
possiamo considerare questo momento costruttivo. Altrimenti vuol dire che non siamo né insieme né in grado di intendere il significato di bene comune.
In questo momento mi viene in mente il film “I 100 passi” di Marco Tullio Giordana con Lo Cascio.
Cento passi è una breve distanza. E noi vogliamo contare i cento passi. Cento passi sono lo spazio che ci separa da certe volontà politiche. Sono la distanza che ci separa dal concetto di bene comune, dal rispetto per l’ambiente, da mentalità truffaldine in nome di alti valori.
Cento passi. Dovremmo tutti fare 100 passi, insieme, anche in moto.
Facciamoli insieme questi cento passi: noi cittadini, la Pubblica Amministrazione, la Chiesa, e in questo momento anche voi ospiti di Noha. Facciamoli per vedere che cosa ci circonda cominciando da qui.
Alle mie spalle abbiamo la chiesa madre di San Michele Arcangelo, che mostra sul frontone in alto l’elegante stemma di Noha: tre torri che sorvegliano sul mare tempestoso il pericolo portato da due velieri di pirati. All’interno della chiesa si trovano esposte delle tele seicentesche e altari barocchi, che ci raccontano della sua storia.
Poi voltando le spalle abbiamo, svettante nella nostra pubblica piazza, l’orologio pubblico più fermo del mondo: è rotto da più di un decennio. E mai nessuno ha pensato di compiere i 100 passi per ripararlo. Noi intanto ci consoliamo pensando che segni l’ora esatta due volte al giorno.
Sotto le vostre ruote, cari amici motociclisti, sempre a cento passi c’è un frantoio jpogeo, unico nel Salento, e forse al mondo, per la sua architettura. A cosa serve? A essere adoperato abusivamente come sito per discariche private? Probabile.
Verso la fine di via Castello, a cento passi da qui, potete ammirare le cosiddette “casiceddhre” in miniatura. Dovrete però prestare attenzione ed utilizzare il casco (anche se siete a piedi). C’è il rischio che vi becchiate qualche pietra storica in testa.
Basterebbe poco, giusto 100 passi, per sistemarle una buona volta e per creare quella bellezza in grado di salvarci tutti insieme.
La torre medievale ed il ponte levatoio con il suo stupendo arco a sesto acuto, che sono riprodotte sulle miniature in terracotta offerte da Daniela Sindaco, appartengono al complesso del palazzo baronale. Anche questo si trova a meno di cento passi da qui. Tutto abbandonato nella più totale trascuratezza, come se il comune non esistesse affatto, come se i beni culturali “non ci dessero da mangiare”.
A 100 passi dal palazzo baronale c’è la casa rossa di Noha, un gioiello d’art nouveau, in stile liberty, più o meno come la casa pedreira di Gaudì che si trova a Barcellona (in Spagna) e che certamente alcuni di voi avranno già visitato. La nostra casa rossa di Noha, non solo reclama il restauro - schiaffeggiata com’è dagli anni e dall’incuria dei privati – è pure circondata e nascosta da una muraglia di rara bruttezza.
Sempre a poco più di cento passi da qui potrete ammirare l’antica masseria colabaldi e i resti messapici, la trozza (un pozzo profondissimo che dava da bere ai nohani), il calvario, le vecchie scuole elementari ristrutturate (ma purtroppo non funzionanti al 100% per via di un allaccio all’energia elettrica, diciamo così, poco funzionale) e non da meno il nostro singolare centro storico di via Osanna e piazzetta Trisciolo.
Ecco, tutte queste testimonianze storico culturali vorrei farvi conoscere e ammirare, ma ahimè, non manca solo il tempo, manca purtroppo la decenza.
Quindi, cari amici, noi ci auguriamo, anche con l’aiuto delle istituzioni qui presenti (se presenti), che nel prossimo futuro saremo in grado (noi ed i ns beni culturali) di accogliere voi e tutti i visitatori di Noha in maniera un po’ più decorosa.
Vi auguro di compiere tutti quanti 100 passi, in avanti.
feb022013
All’alba delle elezioni politiche, Noha si barderà per la festa. Certamente qualcuno verrà a chiederci il voto dicendoci: “Io sono meglio degli altri”. Così si da inizio al dilemma: “Chi voterò questa volta?”. Stranamente poi, chi se lo chiede, ha già provato a votare prima per uno schieramento, poi per un altro, con la speranza che i due non sono la medesima cosa e che dunque o l’uno o l’altro è la scelta giusta. Poi però ci si accorge che, il giorno dopo aver votato o per l’uno o per l’altro, chiunque vada a governare, le cose non cambiano. Ed è qui che il mistero si fa più fitto: a cosa è servito votare? Sicuramente a far prendere vitalizi agli uni piuttosto che agli altri. Che senso hanno quei tremila voti di Noha se nulla cambia? Io non ricordo differenze eclatanti tra i vari governi. Noha , come il resto d’Italia, vive le stesse difficoltà di sempre. Noha vota per i motivi qui di seguito riportati: creare occupazione per giovani e donne; diminuire la pressione fiscale e incrementare il benessere delle famiglie; formulare delle agevolazioni per i meno abbienti e per chi è affetto da malattie; salvaguardare la natura e il territorio, la salute e l’istruzione; incrementare la ricerca e lo sviluppo; tagliare sprechi nella pubblica amministrazione e fondi per le spese militari; incrementare il turismo orientando attenzione e sforzi verso beni artistici e culturali; eliminare quanto più possibile la burocrazia facendo risparmiare tempo e denaro, impiegandoli per altre risorse; eliminare finanziamenti pubblici a chi non ha requisiti e a chi non se li merita; estirpare la criminalità e le mafie dal tessuto sociale recuperando fior di miliardi di euro da investire in risorse umane; facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro riducendo al minimo il fenomeno del precariato e agevolando le assunzioni a tempo indeterminato; diminuire le trattenute in busta paga per rilanciare l’economia reale; legiferare in materia di speculazione economica evitando di salvare con i nostri sacrifici le banche dissennate; cancellare il gioco d’azzardo e aumentare il prelievo fiscale ai grandi patrimoni, non solo immobiliari; dichiarare guerra aperta al carovita; ridurre al minimo l’inquinamento atmosferico; individuare una legge veramente efficace contro la corruzione; ridurre al minimo le spese per la politica e i partiti; mettere un tetto massimo etico e decente per gli stipendi dei dirigenti pubblici; ridare la dignità ai pensionati; etc…! Insomma, tutto questo è lo scopo per cui votiamo. Alla gente di Noha, alle nostre famiglie, a piazza San Michele, alla Trozza, alla masseria colabaldi, alle case Rosse, ad ogni singolo cittadino nohano serve questo. E invece? E invece si parla di premio di maggioranza, di spred che interessa più gli investimenti delle banche che i nostri, di nozze gay, di bipolarismo, di europeismo, di redditometro… A proposito di redditometro: cosa interessa a Noha il redditometro? Hanno impostato una campagna elettorale sul redditometro, un programmino di scuola materna dove si gioca con il colore verde o rosso! Vi prego, cara gente di Noha, apriamo la mente. Con tutti i problemi che ci sono, vogliono concentrare la nostra attenzione sulle sciocchezze! Il redditometro! Quando andremo a votare, cari nohani, andiamoci in massa, ma il giorno dopo vietiamo a questi quattro politicanti di smontare le loro “impalcature comiziali” perché, dopo che abbiamo messo la nostra “ics”, su quei palchetti improvvisati di piazza San Michele, dobbiamo salirci tutti noi per controllare che il nostro voto serva a quello per cui siamo andati a votare. In fondo è questa la politica che è come la libertà, quella che Gaber definiva “PARTECIPAZIONE” non solo al voto ma anche e soprattutto dopo il voto.
dic262011
ago092018
Anche quest'anno l'estate Nohana sarà caratterizzata dall'evento sportivo che tutta la comunità aspetta: Il Torneo dei Rioni.
Organizzato come sempre dall'Oratorio "Madonna delle Grazie" è arrivato oramai alla sua 9^ edizione.
L'appuntamento e quindi per la partita di esordio venerdì 17 agosto alle ore 20,30.
Il resto delle giornate si svolgerà sempre nei giorni di lunedì e giovedì per concludersi con la finale il 6 Settembre alle ore 21,00 alla vigilia della festa della compadrona della nostra comunità la Madonna delle Grazie.
Vi aspettiamo numerosi per fare il tifo per il vostro rione e per condividere insieme quello che i collaboratori del nostro Oratorio ci prepareranno.
Di seguito il programma completo delle partite:
- 17 Agosto (1° giornata riposa Castello):
Ore 20.30 "Roncella - colabaldi"
Ore 21.30 "Piezzu - Trozza"
- 20 Agosto (2° giornata riposa colabaldi):
Ore 20.30 "Piezzu - Roncella"
Ore 21.30 "Castello - Trozza"
- 23 Agosto (3° giornata riposa Roncella):
Ore 20.30 "Piezzu - Castello"
Ore 21.30 "colabaldi - Trozza"
- 27 Agosto (4° giornata riposa Piezzu):
Ore 20.30 "Roncella - Trozza"
Ore 21.30 "colabaldi - Castello"
- 30 Agosto (5° giornata riposa Trozza):
Ore 20.30 "colabaldi - Piezzu"
Ore 21.30 "Roncella - Castello"
- 3 Settembre (PLAYOFF):
Ore 21.00 "2^ Classificata - 3^ Classificata"
- 6 Settembre (FINALE TORNEO RIONI 2018):
Ore 21.00 "1^ Classificata - Vincente Playoff"
Rosario Centonze
gen062013
Con questa photogallery si conclude il nostro lungo reportage dedicato al presepe vivente di Noha allestito nella Masseria colabaldi.
Un grazie a tutti i partecipanti con la speranza di rivederci anche l’anno prossimo.
ott132016
A Roma han detto finalmente di NO alle Olimpiadi del 2024. Quindi ora siamo liberi di organizzarne a bizzeffe ovunque, ma senza cementificazioni per invadenti “cittadelle dello sport”, senza indebitamenti di intere generazioni future e soprattutto senza mafie.
Ora. Siccome tutte le strade portano a Noha, il tedoforo con la torcia s’è deciso di venire ad accendere la sua fiaccola olimpionica proprio nel cuore della nostra cittadina.
La prima Olimpiade di Noha si terrà, dunque, domenica prossima 16 ottobre 2016 da mane a sera. Sicché la centralissima via Castello e il parco dell’antico maniero nohano si popoleranno di grandi e piccoli concorrenti nelle varie discipline di:
Dopo le iscrizioni aperte a tutti, alle ore 11 inizieranno le prime gare di questa prima Olimpiade.
Le attività si protrarranno fino alle 13.00, orario d’inizio della doverosa pausa pranzo (al sacco).
All’interno del parco del Castello, all’ombra della torre e del ponte medievali, sarà allestita l’area pic-nic aperta a tutti, mentre i ragazzi dell’associazione del Presepe Vivente, come è loro solito, prepareranno pucce e panini imbottiti di leccornie salentine. Ma anche mortadella bolognese (eh, sì, quando si parla di giochi senza frontiere bisogna per forza andare oltre gli angusti ambiti provinciali).
Alle ore 15.00 riprenderanno i giochi olimpici e il resto dell’animazione con la colonna sonora della Musica Anni ’80.
Il programma olimpico prevede la consegna delle medaglie agli atleti dopo ogni gara. La salita sul podio è accompagnata dal canto dell’inno nazionale (ma quest’ultimo programma potrebbe registrare delle varianti a sorpresa).
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L’occasione di questa straordinaria festa dello Sport è il battesimo della ASD NOHA CALCIO, la nuovissima squadra di calcio del Noha, che inizierà a disputare le sue partite in Terza Categoria a partire dal prossimo mese di novembre 2016. La festa è promossa e organizzata dall’omonima neo-associazione Sport Calcio Noha, dalla Parrocchia di San Michele Arcangelo, dall’Associazione Culturale Presepe Vivente “Masseria colabaldi”, dalle Acli, da Noha.it, dall’Associazione L’Altro Salento, e da tantissimi altri cittadini liberi e pensanti.
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La bandiera della ASD NOHA CALCIO che garrirà ad ogni vento è un vessillo a due colori, composto da azzurro e bianco, a due bande verticali di eguali dimensioni. Mentre lo stemma è un’ellisse con l’asse maggiore in verticale (ovale è anche la forma dello stemma cittadino, per dire), nove stelle di contorno (non poteva essere altrimenti: NOVE = NOHA), un diavoletto nero (la prima squadra di calcio del Noha era denominata appunto “I diavoli neri”) con in mano un tridente (simbolo delle tre torri nohane) pronto a infilzare un pallone (segno del globo terraqueo).
Durante le Olimpiadi entrava in vigore la “Tregua Olimpica”. Gli antichi greci la chiamavano ékecheirìa ed era un periodo sacro durante il quale cessavano tutte le inimicizie pubbliche e private, venivano abbassate le armi e salvaguardata la vita di chi si recava a Olimpia, e nessuno poteva essere molestato per gareggiare o per assistere alle gare. Siamo certi che la ékecheirìa, per l’occasione, si realizzerà anche a Noha.
Nella locandina della manifestazione campeggiano in alto il logo della ASD Calcio Noha e il nome della Parrocchia. Cos’è questo se non un bellissimo segnale di conciliazione tra il diavolo e l’acqua santa?
Antonio Mellone
dic262012
ott102014
Mi rendo conto, da tutte le battute che si dicono in giro e che anche Antonio ha raccolto nel suo ultimo articolo dal titolo “Ennesima sparatoria a Noha”, che è ben radicato nel cervello di molte persone un modo di pensare come il seguente: “se non ti fai i fatti tuoi, sei uno sprovveduto oppure un opportunista”.
Ci siamo talmente abituati a pensare che senza un tornaconto non dobbiamo muovere nemmeno un dito che alla fine i risultati deleteri si vedono, eccome. Vi risparmio l’elenco, sarebbe troppo facile compilarne uno infinito.
Le abitudini a volte sono dei blocchi mentali che ci impediscono di cambiare e quindi anche di migliorare. Ci manca fondamentalmente il senso del gratuito e ci soffoca la paura di perdere. E per non perdere ci escludiamo dall’essere protagonisti. Di conseguenza vince il malcostume. E’ matematico, come il calcolo delle probabilità.
Così capita che percorriamo strade invase da rifiuti di ogni tipo, rotonde che sono delle vere schifezze, mura di cinta sventrate, allagamenti per una banale pioggerella, asfalti sconquassati a macchia di leopardo, edifici in disuso che diventano rifugi per pantegane (vedi per es. il sito dell’ex palazzo baronale e relativo giardino a Noha. E obbligare i proprietari alla bonifica, alla manutenzione e al decoro per il pubblico interesse, no eh?), piste ciclopedonali inesistenti, puzza di fogna un po’ ovunque, e via di seguito. Insomma possiamo dire che, dove ti giri e ti volti, il degrado la fa da padrone. A partire dalla piazza san Michele, dove troneggia maestoso, non sappiamo fino a quando, un ricordo del passato come l’orologio e la relativa torre, donata nel 1861 dai fratelli Gaetano e Orazio Congedo, il cui stemma è scolpito sul frontespizio del minareto (cfr. anche L’Osservatore Nohano, n°1, Anno III, 9 febbraio 2009).
Ci siamo talmente abituati al brutto che manco più ci facciamo caso, nemmeno quando ci capita di frequentare la piazza nel corso della festa di San Michele Arcangelo, nostro Santo patrono. Ma forse in quest’occasione saremmo pure giustificati in quanto forse accecati dalle luminarie.
Respiriamo aria intrisa di fumi di dubbia provenienza che manco più ci dà fastidio. Dice il mio amico Giuseppe: “Durante il giorno, quando la pressione atmosferica è lontana da terra, non si sente niente, ma verso l’imbrunire, con l’aumento della pressione, insieme alla nebbiolina si diffonde nell’aria ed entra prepotentemente anche in casa, un odore nauseabondo di cose bruciate. E che possiamo fare?”.
Siamo così presi dai nostri affanni quotidiani che non ci accorgiamo della meraviglia del silenzio senza i rumori del progresso, dei colori del cielo e della campagna, del cambio delle stagioni, della musica del vento, del frinire delle cicale, del volo delle rondini...
Siamo così convinti che quello che conta è l’auto XXL (extra large), il televisore da 300 pollici o l’ultima versione di iPod e relativo cover, che concentriamo tutte le nostre energie nel voluttuario di questo becero consumismo, dimenticandoci dell’Essenziale, volutamente con la maiuscola.
Io credo intanto che serva eccome studiare le regole della grammatica (almeno per sapere finalmente su quale “e” vada o meno l’accento), e nondimeno bisognerebbe metter in pratica il loro rispetto, che dovrebbe diventare per tutti uno stile di vita. Questo proprio perché la grammatica senza pratica non serve a nulla, così come altrettanto inutile sarebbe la pratica senza la grammatica.
Indro Montanelli diceva che noi italiani siamo come il cane che si morde la coda, siamo cioè come quell’infermiere che rubando una siringa dal pubblico ospedale non porta a casa un bene, ma lo toglie alla comunità, di cui egli stesso fa parte.
Starete pensando che sono andato fuori tema e che le casiceddhre centrano poco con tutto questo e che non risolvono i problemi. No di certo. Infatti se dovessero scomparire all’improvviso non cambierebbe la vita a nessun nohano, e se dopo le casiceddhre scomparissero anche la trozza, la casa baronale, la torre e relativo arco a sesto acuto, la casa rossa, la Masseria colabaldi, la torre con l’orologio, il frantoio ipogeo, e se scomparisse persino Noha, magari fagocitata per sempre da Galatina, a nessun nohano cambierebbe la vita. E’ solo questione di salvaguardia dell’identità e di sapersi ricollocare da qualche parte, sempre che anche il “qualche parte” esista ancora.
ago122014
Il Rione Roncella, vincitore del Torneo del 2013, il 16 agosto alle ore 20.30 in Via Cornelio Silla ospita i Rioni Castello, colabaldi, Piezzu e Trozza con la “Festa dei Rioni” con grandi tavolate, musica, balli, vino e "Lu Fruttu Novu" in concerto.
Lunedi 18 agosto alle ore 19:30 apertura della quinta edizione del "Torneo dei Rioni" con la Manifestazione dei Rioni presso la piazza San Michele Arcangelo di Noha a seguire sfilata trionfale con i Banditori e i cavalli verso la chiesa “Madonne delle Grazie” per raggiungere il campo da gioco.
Alle Ore 20:30 inizio della prima partita "Roncella - Piezzu" e alle ore 21:30 inizio della seconda partita "Trozza - colabaldi".
Di seguito il programma completo delle altre partite:
Ore 20.30 "Piezzu - Castello"
Ore 21.30 "Roncella - Trozza"
Ore 20.30 "Roncella - Castello"
Ore 21.30 "Piezzu - colabaldi"
Ore 20.30 "Roncella - colabaldi"
Ore 21.30 "Trozza - Castello"
Ore 20.30 "Piezzu - Trozza"
Ore 21.30 "colabaldi - Castello"
Il 04 settembre alle ore 21.00 verrà giocata la finale dei Rioni a seguire premiazione della squadra vincitrice del Torneo 2014.
dic262010
mar012016
E’ giunta l’ora di smontare tutto e di riporre ogni cosa al suo posto. Si cari amici, anche questo natale ci ha narrato una favola straordinaria. Le prime figuranti a tornare al loro posto sono le pecore e le capre di Franco, che con cura e dedizione ha fatto si che potessero animare le serate del nostro Presepe Vivente. Vederle percorrere le vie del paese fa uno strano effetto, ci riporta a qualche anno addietro, quando a Noha c’erano molte famiglie che vivevano di pastorizia e spesso riempivano l’abitato con le loro greggi. L’ingresso alla masseria colabaldi sembra il ritorno a casa di un’armata che ha lottato per non farci perdere il buon senso, quello che dovrebbe tenerci con i piedi per terra e farci ricordare che sulle nostre tavole bandite con ogni ben di Dio, spiccano ancora prodotti della terra e della pastorizia. E non manufatti e chincaglierie da super mercato, che in buona parte finiscono in discarica.
Il tempo macina tutto e dalla finestra da cui sicuramente s’affacciavano madri e figlie, sorelle e bambini, forse al mattino presto, per spiare il colore del cielo, farebbero fatica oggi a riconoscerne l’orizzonte. Correva voce che vi fosse un Convento dedicato, a Santu Totaru, si diceva e lo si dice ancora qualche volta, e loro, le madri e le figlie, le sorelle e i bambini, certamente avranno ancora visto i resti di antiche mura confusi nella terra. Ora cemento e case, ostruiscono la terra fertile dove una distesa di vigneti stava nel campo oltre la carrareccia che portava in poco tempo nel vicino abitato di Galatina.
Di quei resti abbiamo salvato poco, e l’antico pozzo, di cui si narra essere contenitore di tesori nascosti dai frati basiliani per non cederli alle razzie dei vandali, resta ora seppellito sotto un lastrone anch’esso di cemento. Solo più un pilastro in pietra alto quasi due metri, con il nome di una donna inciso in lingua messapica, ricorda l’antichità di questo nostro misterioso paese.
Eh si, l’unico pezzo indenne, salvato da questo secolo insaziabile è il prato che le pecore e le capre brucano ancora come allora. Eppure la nostra vita, la nostra stessa salute dipendono ancora da queste pecore, da quest’erba e da questa terra, e questo stralcio che apparteneva alla vita, lo abbiamo ristretto, avvilito e intriso di veleni.
Siamo avanzati tecnologicamente, siamo diventati piloti di auto e di aerei, diciamo di essere civili e colti, però mi chiedo se fra qualche anno i miei nipoti sapranno ancora distinguere una capra da una pecora, se avranno la fortuna di sentirne l’odore e i belati. Grazie ragazzi, madri e figlie, bambini e nonne, senza di voi ci saremmo persi anche questo scorcio di amore per la vita.
Marcello D'Acquarica
gen042014
Sempre affascinante ritrovarsi in un posto così suggestivo. Dal 1593 questo luogo divenne “la masseria colabaldi” perché un ricco commerciante toscano, il sig. Baldi Nicola che viveva a Galatina, rimase anche lui affascinato da questa altura e dall’attiguo convento e chiesa di Santu Totaru che già esistevano, ancora prima dell'anno mille. Chiesa e convento, devastati dai Turchi che saccheggiarono tutto il Salento, furono messi in vendita dalla chiesa di Noha che ne era la proprietaria, sicuramente fino al 1452. Furono così comprati dal Signor Baldi che costruì la masseria.
Questa sera sono qui davanti a questo portale cinquecentesco. Dietro di me una folla enorme, tutta ordinata e paziente, al freddo, attende il suo turno per la visita al Presepe Vivente di Noha, quarta edizione.
Che ci sarà mai di straordinario che attira qui tanta gente?
Io sono accompagnato per la visita in questo spazio di fiabe dove per incanto la masseria è ritornata palpitante di vita. Il percorso comprende una visita all’interno dei locali che un tempo furono abitati anche da mia nonna, la mamma di mio papà, la nonna Nunziata o se vi piace la Sig.ra Annunziata Bianco che nel 1885 sposò mio nonno, Francesco D’Acquarica.
In alcuni locali sono perfettamente ricostruiti gli ambienti domestici delle famiglie dell’antica Noha. Eccomi ora davanti al forno dove gusto la fragranza delle “pucce” appena sfornate: le memorie olfattive dell’infanzia si mescolano con le emozioni per le cose genuine. Ora mi incammino dentro l’abitazione ed eccomi come se una bacchetta magica mi avesse portato indietro nel tempo. Entrando, in un angolo scorgo una ragazzina che si esibisce con il mortaio, lu stompu, per pestare il frumento. Poi c'è lu scarparu che ancora aggiusta scarpe, più avanti una donna lavora ccu lu talaru, visito una cucina completamente attrezzata, lu cconza limbi, e in una stanza donne che lavorano e filano la lana come ai tempi di mia nonna. Più in là visito lu seggiaru che sta impagliando le sedie.
Ora la visita continua all’esterno. Persone e animali domestici ripropongono le scene delle famiglie di un tempo. Incontro oggetti, tradizioni rurali e artigianali del nostro territorio, gli strumenti del lavoro contadino, le ceramiche, le terrecotte e c’è anche chi crea personaggi con la cartapesta.
Mi trovo davanti all’imboccatura di una cisterna. Sicuramente l’avrete notato anche voi. I solchi scavati dalle catene dei secchi armeggiati qui per secoli, mi incantano. Mi fermo e immagino la fatica dei ragazzini delle famiglie che abitavano in masseria: qui venivano ad attingere acqua. Penso alla fatica e anche al rischio e al pericolo. Infatti nei registri antichi di Noha avevo letto che nel maggio 1736 alle ore 22 in circa che per noi significa verso le 17, Giovanni Domenico passò disgraziatamente all'altra vita tirando acqua nella cisterna del colabaldi, e spezzata la fune precipitò dentro, d'età sua d'anni sei in circa. Sì, avete letto bene, di anni sei. Che tristezza. Così è terminata la vita del nostro piccolo Giovanni Domenico: una disgrazia che oggi non riusciamo a capire.
Mi è piaciuta la ricostruzione della “throzza”. Mi auguro che l’esperienza continui. L’anno scorso vidi la ricostruzione della torre, quest’anno la “throzza”, un altr’anno forse vedrò la “casa rossa” , poi il Calvario, chissà… insomma è cosa ottima riproporre all’attenzione dei visitatori i nostri beni culturali, tanto ignorati, trascurati e poco apprezzati.
La mia visita ogni anno si conclude dove c’è la scena della santa Natività. Ogni anno provo le stesse emozioni. Gesù nasce di nuovo in questo luogo, stalla per gli animali per 420 anni, e prima ancora luogo sacro (la chiesetta di Santu Totaru) per più di sette secoli. Avete notato il pavimento? È ancora quello della chiesetta. E la struttura architettonica? È quella di una chiesetta bizantina. Forse voi non vi siete accorti perché non avete guardato in alto nel buio, ma nella volta a botte si apre un quadrato che dà luce all'interno: è il residuo del lucernario delle antiche chiese greche. Infine mi fermo ancora un attimo ad ammirare il portale dell’entrata del convento. Intravedo sulla parete le impronte ormai cancellate degli affreschi di un santo monaco. Chissà quanti frati hanno vissuto qui, e quanti massari hanno faticato per noi.
Congratulazioni per l'iniziativa e complimenti per il recupero di così tante e importanti memorie.
Grazie organizzatori del presepio vivente Natale 2013.
Grazie gente di Noha per la vostra partecipazione e collaborazione serena e sorridente.
Posso immaginare e capisco la fatica che ci sta dietro per realizzare una cosa così: iniziativa da variare perché non appaia ripetitiva, ma sicuramente da mantenere.
P. Francesco D’ Acquarica
gen052011
dic152015
Piccola ma preziosa, Noha sembra svelare ogni anno un gioiello nascosto e la rappresentazione del presepe vivente è l’occasione per valorizzare e far conoscere le peculiarità della graziosa frazione di Galatina. E’ così che l’ambientazione della nascita di Gesù, e di tutto quello che nel frattempo si svolgeva intorno, lo scorso anno fece scoprire ai visitatori la misteriosa “Casa Rossa” e le caratteristiche “Casiceddhre” e, ancora prima, la bella architettura rurale della masseria colabaldi.
Per questa edizione i solerti nohani si sono impegnati nel recupero del parco del Castello, da anni inaccessibile e tristemente lasciato all’abbandono.
E’ qui che spicca la Torre Medievale del XIV secolo e ciò che rimane del ponte levatoio, due pezzi di storia locale che, grazie all’impegno di tutti, dopo un lungo periodo di pulizia e messa in sicurezza, faranno da nobile scenografia alla sacra rappresentazione.
E tra ambientazioni bibliche e popolari si scorgono i frammenti di un passato salentino quasi dimenticato, come le cantine con le enormi botti di rovere dove s’invecchiava il Brandy Galluccio, prodotto a Noha e imbottigliato a Martina Franca, una piscina in perfetto stile Liberty, il particolare impianto elettrico e idraulico del castello e l’acquedotto.
In questi suggestivi scorci si muovono i personaggi che animano il presepe e che, oltre agli artigiani – reali - come lo scalpellino, il falegname, la ricamatrice al tombolo, il maniscalco, il calzolaio e molti altri, comprendono anche pecore, agnellini, capre, mucche, il bue e l’asinello, conigli, maialini, cinghiali, vitelli, galline, pavoni, anatre, e, dato che Noha è conosciuta come “la Città dei Cavalli”, anche i bei destrieri di casa.
Non mancano anche gli angoli per rifocillarsi lungo il cammino nella storia, con piccoli stand dove è possibile gustare pasta fatta in casa, “pittule”, panini imbottiti, dolci natalizi, formaggi, “schiattuni di cicora” e vin brulé.
IL PRESEPE VIVENTE DI NOHA E’ APERTO DAL 25 AL 27 DICEMBRE E NEI GIORNI 1, 3 E 6 GENNAIO, DALLE 17 ALLE 21.30.
Mel
[Fonte: quiSalento, 15-31 dicembre 2015]
mag302013
Veramente il titolo di queste note avrebbe potuto (o forse dovuto) essere un po’ più triviale con l’utilizzo di un lemma dalla medesima radice ma con una desinenza in rima con le parole ioni, milioni, delusioni. Ma per non urtare la suscettibilità dei puri di cuore ai quali capita talvolta di visitare perfino questo sito abbiamo utilizzato un vocabolo meno volgare, ma non meno icastico.
Ma andiamo con ordine.
L’altro giorno, precisamente domenica 26 maggio 2012, avevo voglia di comunicare a qualche consigliere comunale nohano (categoria che sembra sempre più cieca, muta e sorda) il fatto che l’illuminazione in via Carlo Alberto Dalla Chiesa sembra funzionare ad intermittenza. Ricordo che si tratta del viale alberato che unisce Noha a Galatina (viale che tra poco verrà pure interrotto dalla mega-rotonda della circonvallazione interna che perfino la Roberta “rivendica” [sic!], ma questa è un’altra storia). Voglio dire che le luci issate in cima a quei pali metallici attualmente sono accese più o meno a partire dall’uscita di Galatina e fino alla metà della distanza che intercorre tra la masseria colabaldi e la chiesa parrocchiale di San Rocco; da questo punto in poi, continuando sempre verso Noha, queste luci sono invece spente sia a destra e sia a sinistra, e, per un certo segmento, solo da un lato, e fino all’altezza del secondo semaforo, quello della rotonda (un’altra) che porta a Collepasso.
Domenica mattina, dunque, avevo provato a chiamare al cellulare i due consiglieri comunali di maggioranza locali (sperando di poter comunicare almeno con la maggioranza relativa di questi, dunque con il loro 50%, cioè uno), ma mi sbagliavo di grosso: la maggioranza stavolta è stata compatta. Il 100% , l’unanimità degli assenti, cioè, non ha risposto punto. Nella mia dabbenaggine avevo pure pensato che vedendo il mio numero di telefono, non appena fosse stato possibile, qualche autorità-anima-pia mi avrebbe richiamato. Ed a dire il vero qualche altra volta questo è pure avvenuto. Ma stavolta nulla di nulla. Il black-out – ho pensato - avrà colpito, oltre che l’Enel, anche le linee telefoniche dei nostri magnifici due.
Nel pomeriggio inoltrato della stessa domenica ho ritentato (non è mica facile farmi desistere dai miei intenti) sperando di essere più fortunato. Dopo un tot di squilli maggiore di sei, poco prima che riattaccassi, mi ha risposto finalmente (ciò che giusto e giusto e va riconosciuto) il pezzo grosso della nostra bella amministrazione comunale che avevo chiamato (e di cui è opportuno celare il nome in quanto è nostra intenzione chiosare sui fatti e mai infierire sulle persone).
Mi presento dicendo di essere quel rompiscatoloni dell’Antonio Mellone (ma, ribadisco, ho detto qualcosa di assonante a rompiscatoloni perché fosse più immediatamente intelligibile, benché certe espressioni non facciano parte del mio idioma). E dall’altra parte, di rimando, quasi a suggello della mia autoironia : “Tu stesso lo dici”.
Ora, di grazia, con questa risposta potevo io far finta di nulla e tacere oltremodo?
Sicché alla battutona del politico replico: “Ma scusa, [Mister x], se non volevi seccature (non ho detto seccature, ma rottura di…, insomma avete capito) perché cavolo ti sei candidato diventando pure rappresentante del popolo? Per star tranquillo? Ma se volevi stare tranquillo era inutile fare tutta ‘sta manfrina. O no?”
Dopo questa breve paternale da parte mia all’indirizzo del malcapitato interlocutore, e qualche schermaglia della serie excusatio non petita si parla finalmente dell’argomento.
Ora il consigliere comunale de quo, per troncare sul nascere la conversazione avrebbe potuto dirmi di occuparsi di questioni politiche comunali alte (ma non gli conveniva, altrimenti avremmo dovuto parlare di Megaparco, di Pantacom, della nuova area da cementificare per le baracche del mercato, o dell’apertura della vecchia scuola elementare di Noha ristrutturata al novantanovesimo cancello a meno dell’ultimo - come la barzelletta dei pazzi) e non del funzionamento delle luci di una strada o dei cessi del mercato comunale o, chessò io, del cassonetto della spazzatura troppo pieno, o dell’erba sul marciapiede (come si legge su certi ineffabili siti), rimandandomi agli uffici preposti alla bisogna.
Invece con la santa pazienza il politico nostrano mi dice pure che il dirigente comunale (probabilmente quello addetto ai pali della luce) era assente da circa quattro giorni. Al che ho ribadito che questa storia non va avanti da soli quattro giorni, ma da oltre un mese, quasi due, aggiungendo che se le luci di viale C.A. Dalla Chiesa fossero spente per ragioni di risparmio energetico (nonostante siamo circondati da pannelli fotovoltaici) sarei pure stato d’accordo. Ma a questo punto perché non spegnere anche tutte le altre luci?
Ed ho concluso supplicandolo per favore che ci tenessero informati sullo stato dell’arte, magari con due righe scritte su questo sito, ancorché ormai a quanto pare inviso ai più, forse a causa del fatto che pone troppe domande (che puntualmente rimangono senza risposte).
Ecco, signore e signori, siamo arrivati fino a questo punto.
Tu denunci un atto osceno in luogo pubblico, come per esempio il fatto che a Noha c’è una bellissima scuola ristrutturata, ed inaugurata precisamente
da a meno del particolare dell’energia elettrica, e pertanto non potrà mai funzionare; gli vai a dire che, ancorché chiusa, quella scuola potrebbe far “guadagnare” dei soldi al comune con la produzione e la vendita dell’energia elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici (che stanno sul terrazzo inutilmente ad abbronzarsi ormai da quasi due anni), e i nostri rappresentanti ed il loro codazzo di aruspici del pragmatismo che fanno? Ti danno del rompiscatole. Per non dire di peggio.
Ora vorremmo ricordare ai nostri rappresentanti al Comune di Galatina (se ne facciano una ragione) che accanto a questi articoli, che continueranno imperterriti come sempre a comparire su questo sito fino alla soluzione del problema (o più probabilmente fino al crollo della struttura), inizieremo a mobilitarci anche utilizzando altri canali. Per esempio interpellando le televisioni locali, girando dei video di denuncia e mettendoli in rete, raccogliendo le firme dei cittadini…
E già che ci siamo, visto che molti concittadini non avendo di meglio da fare guardano Canale 5 e pare s’informino anche (o solo) per il tramite di “Striscia la notizia”, facendoci un po’ di violenza psicologica, adeguandoci dunque al target dell’audience, abbiamo pensato di invitare anche noi Fabio e Mingo (o il Gabibbo in persona) per un servizio su questa vergogna. Va bene? Contenti così?
Sono certo che anche stavolta non si muoverà foglia.
Però come diceva Trilussa: quanno ce vo’ ce vo’. E almeno sarà a ragione e non a torto quando questi personaggi, in conciliabolo tra loro, ci daranno dei rompicoglioni.
gen292013
Eccovi di seguito il dettaglio del discorso di Giuseppe Cisotta, del quale, sabato scorso - in occasione della stupenda (e molto partecipata) festa di ringraziamento presso la Masseria colabaldi indetta per l'ottima riuscita del presepe vivente di Noha - è stato pronunciato a braccio un condensato molto sintetico per via dell'emozione dell'interessato
Buonasera a tutti, e grazie per aver accettato l’invito per questa serata, spero piacevole per tutti.
Il presepe vivente di quest’anno, a detta di molti, è stato un presepe da dieci e lode. Quello che fino ai primi di novembre sembrava impossibile, nell’arco di un mese e mezzo è diventato realtà. Come per miracolo.
Ho visto volti sereni e volti preoccupati, voci fiduciose e voci sfiduciate. Non so se, all’inizio, io facessi parte dei primi o dei secondi.
Ma poi, superata ogni barriera, grazie a voi, ho visto finalmente donne e uomini lavorare con armonia. Non più facce contrite o arrabbiate, e non più voci di capi o duci, ma persone unite da un solo obiettivo: l’amore per noi, per Noha, per la nostra comunità, nel vero clima natalizio.
E’ stata, anche quella di quest’anno, un’esperienza bella, esaltante, una sfida contro noi stessi, superata grazie a tutti.
Se dovessi qui ringraziare uno per uno i protagonisti di questo presepe, dovrei parlare da mo’ fino a domani mattina.
E sicuramente mi dimenticherei di qualcuno.
Sì, perché qui dovrei partire ringraziando i proprietari della masseria per averci permesso anche quest’anno di allestire una vera e propria opera d’arte, per finire citando uno per uno i tecnici, i sostenitori, i responsabili della parrocchia, i vigilanti, il servizio d’ordine, gli addetti al pronto soccorso, i vigili urbani. Ed ovviamente tutti i personaggi del presepe, l’angelo-cantante, e poi i famigliari dei personaggi ed i famigliari degli organizzatori, mogli, padri, figli, fratelli, nonni, sorelle (non fosse altro che per la pazienza dimostrata nel sopportarci).
Dovrei ringraziare chi ha lavorato di giorno e di notte affinché questa antica masseria diventasse un set perfetto per il teatro del presepe più bello del Salento. Ognuno ha lavorato secondo le proprie possibilità, ma certamente senza risparmiarsi.
Dovrei ringraziare anche chi si è occupato della comunicazione, chi della fotografia, chi dei video, chi dei contatti con il pubblico, chi ha disegnato i manifesti e volantini, chi ha dato un parere, chi ha votato sul sito di Noha per le ormai famose “presepiarie”, chi ha stampato i manifesti, chi li ha distribuiti, chi si è occupato dei vestiti dei personaggi, chi ha dato una mano al bancone dell’offerta dei prodotti e chi da dietro le quinte ha prodotto il cibo per i visitatori, chi ha fatto da sponsor ed anche chi mi ha detto di non poter mettere mano al portafogli. Ringrazio davvero anche questi ultimi, perché so che se avessero potuto, avrebbero sostenuto con tutto il cuore il nostro che è anche il loro presepe vivente di Noha.
Ringrazio anche chi ci ha dato delle idee per l’allestimento, ed anche chi ci ha fatto delle critiche (che guai se non ci fossero).
Ringrazio chi ci ha concesso il patrocinio: la regione Puglia, la provincia di Lecce ed il comune di Galatina.
Ma dovrei ringraziare anche chi ha trascorso le notti qui in masseria per fare la guardia, chi ci ha preparato qualcosa da mangiare durante i lavori, chi ha prestato i suoi automezzi per il trasporto delle cose, delle strutture, dei bagni chimici, delle luci, degli altoparlanti, del fieno, del legno, dei tavoli; dovrei ringraziare chi ci ha prestato le attrezzature, chi la filodiffusione, e chi ha messo a disposizione quello che aveva di più caro: gli utensili antichi che hanno trasformato questa masseria in un vero e proprio museo degli antichi mestieri e dell’arte contadina.
Dovrei ringraziare anche coloro che hanno messo a disposizione i loro animali da cortile che contraddistinguono il nostro presepe rendendolo particolare, e forse più originale rispetto a tutti gli altri.
E per essere giusto dovrei ringraziare uno per uno anche i cavalli, gli asinelli, i maialini, le oche, le pecore e gli agnellini, i vitelli, i conigli, e via di seguito, che hanno recitato la loro parte nel migliore dei modi. E ovviamente uno per uno le migliaia di visitatori provenienti da ogni parte della provincia di Lecce, d’Italia ed anche dall’estero.
Ma devo ringraziare anche questa stupenda Masseria colabaldi, le sue mura rugose, il suo cortile, il suo portale, l’atrio, le stalle, il forno, le cucine, le stanze nobili, le terrazze. Abbiamo fatto rivivere questo bene culturale molto caro ai nohani, un monumento che sta in piedi da secoli, sfidando i colpi secchi del tempo.
Grazie a tutti. E grazie anche a tutti quelli che ho dimenticato di citare.
Concludo dicendo che questa esperienza mi ha fatto capire tante cose.
Intanto che la felicità si trova nelle piccole cose, nell’armonia con le persone, con la natura, con noi stessi, nell’ascolto dei nostri figli. Dovrebbero essere i desideri dei nostri figli a dare ordini al futuro.
Io penso che le persone felici non siano quelle che vivono la propria vita nel lusso più sfrenato, ma quelle che vivono pienamente in un piccolo mondo (come per esempio quello di Noha) fatto di strette relazioni basate sulla famiglia e sull’amicizia. Questo presepe mi ha insegnato che siamo sulla buona strada per eliminare le barriere tra di noi, per eliminare dal vocabolario le parole “estraneo”, “egoismo”, “interesse di parte”, “avidità”.
Con questa esperienza abbiamo creato relazione, dialogo, solidarietà, condivisione, comunicazione, rapporto con gli altri, stima reciproca. Mettendo in comune la passione per le cose belle, genuine, senza secondi fini, facendo sparire l’io per concentrarci sul noi, abbiamo ottenuto quella che si chiama “qualità della vita”.
Abbiamo cercato e raggiunto un terreno comune, un cemento sociale, una sfida comunitaria, una forza comune.
Se ci rendiamo conto di questa forza, noi possiamo fare miracoli, e non soltanto a Natale, e possiamo davvero raggiungere qualsiasi obiettivo.
Noi nohani possiamo, anzi dobbiamo dire che non siamo secondi a nessuno.
Con le piccole cose, con la solidarietà senza steccati, con lo scambio gratuito del tempo e dei beni, con la pura gioia di contribuire al bene comune, con l’idea che il beneficio per uno non sia un danno per l’altro, noi riusciremo a far fronte tranquillamente alla crisi che sembra non lasciarci speranza.
Solo in questo modo, restando uniti, aiutandoci e incontrandoci come abbiamo fatto qui alla Masseria colabaldi per il nostro presepe, costruiremo una corazza forte contro tutte le crisi, e soprattutto daremo un futuro migliore e più umano ai nostri figli. Saremo una comunità migliore.
Qui ho capito, grazie a voi, che il benessere degli altri è il mio benessere.
Grazie a tutti, e buona serata.
Giuseppe Cisotta
dic252012
Con questa prima photogallery, del Presepe Vivente di Noha, diamo il via a questa terza edizione.
A breve anche i primi video della prima serata.
gen072013
Sull'arcata del portone principale dell’attuale masseria colabaldi si legge la data 1595 che indica l'anno di costruzione dell'ultima parte del fabbricato. In alto, scolpito su pietra, c'è lo stemma della famiglia Baldi (o Bardi) Nicola.
Vediamo di capire meglio chi erano i Baldi o Bardi.
I Bardi furono una famiglia fiorentina di banchieri e mercanti che creò una ricchissima compagnia commerciale nel Basso Medioevo. Li troviamo a Firenze fin dal secolo XI e si dedicarono all'attività mercantile e in seguito bancaria.
Al massimo del loro splendore la loro compagnia era una delle più ricche d'Europa. Aveva numerose filiali in Italia (Ancona, Aquila, Bari, Barletta, Castello di Castro, Genova, Napoli, Orvieto, Palermo, Pisa, Venezia) e in tutto il continente (Avignone, Barcellona, Bruges, Cipro, Costantinopoli, Gerusalemme, Maiorca, Marsiglia, Nizza, Parigi, Rodi, Siviglia, Tunisi). Con i Peruzzi e gli Acciaiuoli essi ebbero di fatto il monopolio delle finanze pontificie.
Per dare un esempio dell'efficienza della loro "holding", nel 1336 essi ricevettero dalla loro filiale di Avignone l'incarico da parte di Papa Benedetto XII di inviare agli armeni, assaliti dalle popolazioni turche, il corrispettivo di diecimila fiorini d'oro in grano. Detto fatto: il 10 aprile arrivò l'ordine, poche settimane dopo gli agenti italiani dei Bardi comprarono il grano sulle piazze di Napoli e Bari tramite le loro filiali, e prima della fine del mese navi cariche delle vettovaglie erano già salpate verso il Mar Nero.
Per capire le ragioni del repentino crollo è necessaria un'analisi della struttura della compagnia commerciale. Ciascuna filiale, sulla carta, era considerabile come un'agenzia indipendente che aveva il diritto di stipulare affari, di fissare i prezzi e di auto regolamentarsi. Tutte queste agenzie erano però legate tra loro da un accordo di solidarietà che faceva sì che non fossero troppo esposte ai capricci dei singoli mercati e che potessero lavorare in modo coordinato. Un tale modello organizzativo offriva una notevole flessibilità alla struttura che si vedeva tutelata in tutte le sue parti dalla solidarietà interna. Era perciò possibile decidere i punti vendita delle merci a seconda dei vari valori di mercato locali, massimizzando così i profitti. Fu questa la forza della compagnia, ma anche la sua debolezza.
Nel caso in cui una filiale fosse fallita trovandosi con un profondo rosso, le altre sedi avrebbero dovuto aiutarla a ripianare i bilanci. Ciò poteva portare ad un pericoloso effetto domino avente come il risultato la bancarotta di tutte le filiali della compagnia. Fu ciò che avvenne nel 1343.
Dopo il crollo le sorti familiari non tornarono più allo splendore del passato, ma i Bardi mantennero comunque un certo spessore di rilievo nella vita fiorentina.
Lo stemma dei Bardi consiste in alcune losanghe rosse (da cinque a sette) messe in banda (cioè in diagonale) in campo d'oro. Nell'angolo destro in alto i Bardi di Vernio avevano un castello d'argento con una sola torre.
Altri rami avevano in questo cantone un leocorno, un leone, un drago, una ghirlanda, una corona, o lo scudo del popolo fiorentino (croce rossa in campo d'argento) o tre leoni d'oro, simbolo della monarchia inglese.
Lo stemma che a Noha troviamo scolpito sul portale della masseria colabaldi sicuramente è di Nicola Baldi, che apparteneva ad un ramo dei Baldi che abbiamo descritto.
E’ bene tener presente che lo stemma è scolpito su pietra leccese, quindi senza colori particolari, per di più esiste dove ora si trova almeno fin dal 1595, perciò consunto dal tempo: il che rende più difficile l’interpretazione.
In alto pare di capire che ci sia la testa di qualcuno con sopra non la corona ma l’elmo, che indica un gentiluomo come barone per esempio. Al di sotto nel mezzo sono scolpite due lettere ben visibili e cioè la N e la B, iniziali del nome del nostro Nicola Baldi, poi abbreviato o contratto in colabaldi o Colabardi. Nel mezzo tra le due lettere è visibile un cimiero da cui spuntano tre rametti di felce, che fin dall’antichità è simbolo di potenza e virilità.
In basso vi è la testa di un leone, simbolo di dominio e nobiltà eroica, forza e coraggio.
Lo stemma è decorato con due fiocchi che spuntano ai lati forse da una divisa militare, mentre due braccia, una per parte, sostengono due attrezzi di mestieri che sembrano due martelli. Due rametti di alloro ornano la parte superiore dello stemma.
Inoltre sappiamo anche che nel cuore dell'antico borgo di Galatina sorge l'Hotel Residence Palazzo Baldi, uno splendido edificio storico eretto nel XVI secolo da Cosimo e Nicola Baldi, attivi finanzieri umbro-toscani, i quali si ritagliarono un angolo di riservato fascino nell'ambito della cittadina di Galatina.
Io penso che uno di questi fratelli e cioè Nicola Baldi alla fine del 1500 comprò dalla Chiesa di Noha, alla quale apparteneva il Convento Basiliano e la chiesetta di S.Teodoro, quello che ne restava dopo il saccheggio dell'invasione dei Turchi del 1481. Il 7 Ottobre 1481 infatti i Turchi avevano devastato Galatina e Soleto, provocando il fuggi fuggi da tutta la zona. Anche Sogliano, Aradeo, Noha, Cutrofiano furono abbandonate precipitosamente. Il nostro Nicola Baldi comprò dunque quello che restava con i terreni annessi e fece costruire l’attuale masseria, inglobandovi le antiche strutture del convento e della chiesetta basiliana e così l’uno e l’altra diventarono purtroppo della stalle.
P. Francesco D'Acquarica
nov032011
gen102011
Eccovi il secondo dei tre nuovi video di interviste effettuate nell'ultima "puntata" del presepe vivente alla Masseria colabaldi di Noha. Ad essere intervistati gli attori protagonisti della storica rappresentazione.
giu142016
Lunedì 13 maggio 2016 in contrada Magnarè si è svolta la seconda festa organizzata dalle associazioni Fidas, Acli, Gruppo Masseria colabaldi, L’Altro Salento, CNA di Galatina e I dialoghi di Noha in collaborazione con Noha.it in onore di Sant’Antonio di Padova
ago222010
Eccovi di seguito un articolo di Raimondo Rodia che ci riguarda da vicino, tratto da galatina.blogolandia
Continua ancora la distruzione dell’ambiente e delle campagne galatinesi, dispiace che quello che Antonio Mellone chiama il ” sacco di Noha ” stia avvenendo proprio con un sindaco originario di Noha, eletto dalla frazione con grande giubilo. Tra nuovo comparti artigianali, commerciali e di edilizia civile, riempiremo di cemento le campagne, il resto saranno campi di silicio con il mega fotovoltaico e le pale dell’eolico, come torri di Babele che si stagliano nel cielo del Salento. A questo aggiungiamo nuove fonti di stravolgimento del nostro ambiente, preservato dai nostri antenati e che noi in capo ad un paio di generazioni rischiamo di cancellare definitivamente. Ma torniamo ai nuovi accadimenti e sentiamo le parole di Antonio Mellone. ” Non finiremo mai. Siamo assediati. Ci stanno mettendo nel sacco ancora una volta. Stanno preparando ” il sacco di Noha “. Ebbene non ci crederete ma a Noha abbiamo un’altra emergenza (oltre al fotovoltaico selvaggio in svariati ettari di campagna nohana, oltre all’imminente Comparto 4 e le oltre 50 villette schierate come un plotone d’esecuzione, oltre a tutto il resto). Avete visto il video di Dino Valente su galatina.it a proposito della cava De Pascalis ? Sembra uno spot pubblicitario. L’intervistatore si rammarica pure della burocrazia e dei suoi lacci e lacciuoli, anzichè chiedere regole lacci e lacciuoli anche per il suo bene e la sua salute. Lo sapete che cosa verrà conferito in quella cava, a due passi dall’antica masseria colabaldi, sito archeologico importantissimo? Di tutto, di più. Leggete l’elenco. Ma andate oltre: dietro quell’elenco c’è un altro elenco invisibile e innominabile, tra l’altro, facilmente immaginabile. Anche se non ce lo dicono ci saranno materiali pericolosi insieme a tutto il resto.Scommettiamo? Pensate che qualche eternit, o qualche altro materiale viscoso “ben chiuso” in qualche bidone, o qualche altra roba da sversare non ci sarà in mezzo alle altre schifezze che verranno portate qui da noi da tutto il Salento ? Suvvia, non cadiamo dalle nuvole da qui a qualche anno con le solite lacrime da coccodrillo. Cerchiamo di anticipare i tempi. E per favore andatevi a vedere il film “Gomorra” (proprio nelle scene delle cave dismesse), se proprio non riuscite a leggere l’omonimo libro di Roberto Saviano. Sappiamo come vanno le cose in Italia e soprattutto qui, nel nostro Sud. Conosciamo bene il senso di responsabilità e la correttezza di molti imprenditori.
E poi perchè tra la roba conferita deve esserci il vetro e la plastica? Non sono, questi ultimi, materiali da riciclare? Andatevi a vedere l’elenco delle cose conferibili (conferibili, ovviamente, a pagamento).
Credono lor signori che noi siamo così fessi da non capire che dietro questa n-esima “scelta ecologica” non ci sia un piano diabolico? Che potrebbe essere questo: guadagnarci ovviamente nell’immediato (i conferimenti da parte delle ditte di tutto il Salento è a pagamento, un tot. di euro a tonnellata). Ma guadagnarci anche e soprattutto nel futuro. Come ? Semplice. Una volta riempita la cava (non ci vorrà mica un secolo, basterebbe un decennio ma anche meno di conferimenti, con la fame di discariche che c’è ) si farà diventare edificabile quella “nuova area”, tra Noha e Galatina. Altro comparto, altra villettopoli. Altro giro altro vincitore, e molti perdenti: noi. Mentre altrove le cave dismesse diventano centri culturali (tipo Le Cave del Duca a Cavallino, sede di concerti e di convegni, o l’area Verdalia a Villa Convento, area di freelosophy, eccetera eccetera), qui da noi diventano l’immondezzaio del Salento. A due passi dalla povera Masseria colabaldi. Non c’è rispetto nè della storia nè del futuro. Siamo schiavi del presente purtroppo. Manco i barbari permetterebbero certi scempi. Ma noi sì. Bisogna allora avvisare tutti i nohani, ma anche i galatinesi della 167, quelli che abitano nell’intorno della parrocchia di San Rocco, del fatto che anche loro ne sono coinvolti: ne va anche della loro salute. Bisogna far presto. Bisogna far girare queste mail, magari arricchendole con nuove notizie e nuove informazioni. Bisogna far svegliare i nostri rappresentanti (ma dove sono con i loro cervelli in fuga) cercando di far capire loro che con certe scelte e certe decisioni (prese all’oscuro e senza informare preventivamente i cittadini) stiamo andando con gioia verso il disastro. Stavolta annunciato.” Tutto giusto quello che scrive Antonio Mellone nel virgolettato, l’unica cosa da rimproverargli e che questa non è solo la battaglia della gente di Noha e della 167 di Galatina. Questa deve essere la battaglia di ogni cittadino del Salento, che vuole la sua terra ricca e salubre.
Raimondo Rodia
gen082012
Era la notte di Natale, c’era molta nebbia e faceva molto freddo. Babbo Natale stava consegnando i regali ai bambini di Noha. Stava volando sopra la masseria “colabaldi”, quando all’improvviso la renna Rudolph iniziò a sbandare. Babbo Natale cercò di tirare le redini per ritornare sulla giusta rotta, ma le renne ormai avevano perso l’equilibrio e si schiantarono sui cozzi della masseria.
Babbo Natale, dopo lo schianto, stava per svenire e barcollava come se fosse ubriaco; alcune renne erano svenute, altre ferite alle zampe, una si era attorcigliata alle redini. A Babbo natale sembrò di vedere un piccolo ometto con le orecchie a punta, che si appariva e scompariva vicino a ciò che rimaneva della slitta. D’un tratto sentì alcuni colpetti sulla spalla, soffici e veloci; capì che si trattava dello sciacuddhri, di cui tanto aveva sentito parlare e si diceva abitasse proprio a Noha, nelle casiceddhre. Lo sciacuddhri, intanto, nascosto dietro un cozzo, se la rideva per il dispetto che era riuscito a fare nientemeno che a Babbo Natale.
Le persone che erano riunite intorno alla focara vicino alla masseria, sentendo quel rumore, decisero di andare a vedere cosa fosse successo. Accesero delle fiaccole e andarono a controllare.
Alcune persone pensarono che stessero sognando, altre che avessero bevuto un po’ troppo a tavola, altre ancora erano assonnate e non riuscivano a vedere nulla. I bambini, invece, ci vedevano benissimo e cercarono di convincere i grandi che si trattava di Babbo Natale in carne e ossa. Ci volle un po’ per convincere i grandi, ma alla fine tutti insieme decisero di darsi da fare e si avviarono velocemente verso la masseria. I papà presero gli attrezzi del falegname del presepe vivente e si misero a lavorare per riparare la slitta. I nonni condussero le renne nella mangiatoia per farle riposare. I bambini raccolsero e ripararono i pacchetti sparsi tra i cozzi. Le mamme fecero accomodare Babbo Natale sul trono di Erode e le nonne iniziarono a friggere pittule e a sfornare pucce con le olive.
Dopo circa un’ora la slitta era come nuova e portava sul retro lo stemma di Noha, con le tre torri e le due barchette tra le onde del mare. Le renne erano in forma smagliante, Babbo Natale riposato e sazio.
Babbo Natale e le renne ripartirono per consegnare gli ultimi doni e i nohani, credendo di essere finiti nel bel mezzo di un sogno, si avviarono verso le proprie case.
Il mattino seguente, vicino al camino, i nohani trovarono una piccola statuetta che raffigurava Babbo natale che mangiava pittule nella masseria “colabaldi”.
dic042015
I trafiletti da inviare a “quiSalento” devono essere concettosi, stringati, lapidari; contenere alcune informazioni essenziali, incuriosire il lettore, indurlo a visitare i luoghi e partecipare alle manifestazioni. Ormai lo so bene per averne scritti e spediti a decine, se non a centinaia, nel corso dei quasi quindici anni di vita di questa bella rivista: brani, articoli, reportage, servizi sul conto di Noha e dintorni, a proposito di eventi, beni culturali, libri, feste patronali, concerti, sfilate, presepi viventi e fiere dei cavalli.
Quest’anno, nel vergare il passo sul prossimo venturo presepe vivente nohano, non son mica riuscito a fermarmi alle solite dieci quindici righe d’ordinanza, tanto che ho dovuto inviare a Marcello Tarricone e alla Cinzia (che è dolcissima e non so come faccia a sopportarmi) una mail che non finiva più. Sì, mi son fatto prendere la mano, sicché temo che i miei amici della redazione dovranno lavorare non poco di lima e forbici per far quadrare i conti dell’impaginazione.
Ma credo di esserne scusato.
Infatti, come fai a non dire che il presepe vivente di questa edizione avverrà in un luogo incredibile nel cuore della cittadina di Noha, un palcoscenico unico al mondo, un piccolo mondo antico che nessuno pensava di poter rivedere, anzi rivivere, chiuso com’è stato fino a ieri da un alto muro di cinta per abbondanti quattro o più decenni?
Come fai a non raccontare dei ragazzi-eroi di questo presepe che sono riusciti finalmente ad espugnare la fortezza, il castello, la torre medievale e il suo ponte levatoio, risvegliando i fantasmi del passato aggrappati alle volte dei secoli?
Non è la prima volta che questi prodi guerrieri rianimano i beni culturali del mio paese, là dove il vento sinistro degli insipienti e degli ottusi ha sempre lavorato per occultarli, denigrarli, seppellirli, anestetizzando le coscienze e la loro voglia di esistenza in vita. E così fu per la Masseria colabaldi, per le Casiceddhre, per la Casa Rossa finalmente tornate al centro dell’attenzione. E’ inutile dire che la prossima e più ardimentosa sfida sarà il frantoio ipogeo: e nessuno pensi di metterci una pietra sopra.
Ma ritornando al punto. Come si fa a non scrivere che quest'anno il presepe vivo e itinerante di Noha ha fatto cadere i muri di Berlino del mio paese, spalancato porte sante, realizzato un miracolo di Natale, dando ossigeno al parco del Castello, soffocato da rovi e da amnesie umane, considerato come un vuoto a perdere, un cimitero di rovine e ruderi, un reticolo di crepe e rughe fino a ieri?
Finalmente dopo troppo oblio, ripulita da sterpaglie e dai mille segni del suo metodico abbandono, ritorna a svettare orgogliosa più che mai la Torre medievale di Noha (XIV secolo), accompagnata dal suo inseparabile Ponte Levatoio. Torre e Ponte diventano i nostri Romeo e Giulietta, Tristano e Isotta, Paolo e Francesca, con l’augurio che stavolta non si tratti di una tragedia, ma di una Storia di Noha a lieto fine. Basterebbe questo archeo-gruppo scultoreo di beni culturali antichi di rara bellezza per giustificare la visita al presepe vivente 2015.
Il resto dei “fori imperiali” salentini ubicati nel parco del maniero nohano è tutto un susseguirsi di scorci spettacolari (e autentici), come per esempio le cantine con le enormi botti di rovere dove s'invecchiava il Brandy Galluccio, prodotto a Noha e imbottigliato a Martina Franca, fusti manutenuti da esperti maestri bottai gallipolini; la monumentale piscina ovale in stile Liberty, perfetta e aggraziata, ubicata al centro di quest’oasi di verde; la “castelluccia”, vale a dire la torre dell'acquedotto con un bellissimo impianto elettrico dei primi del ‘900, con marmi e pezzi in ceramica utilizzati a mo’ di isolante, e un sistema idraulico di pompe e canali irrigui collegati al pozzo ricco di acqua dolce. Tutto diventa materia da ammirare e studiare, oggetto di osservazione e dibattito, come avviene in un’escursione o in un viaggio didattico.
Al presepe di Noha non mancheranno poi i destrieri (come potrebbero nella “Città dei cavalli”?), ma anche un'infinità di altri animali da masseria, onde il presepe di Noha è rinomato nel Salento per il suo peculiare, nostrano ma anche esotico zoo.
In questa novella agorà, poi, si potranno degustare le pucce con le olive (che verranno prodotte in diretta nei forni allestiti all'interno del presepe) ed altre specialità culinarie nohane: dalla pasta fatta in casa alle pittule calde calde, dai panini farciti ai dolci natalizi prodotti dalle nohane, e ci si potrà scaldare con un bicchiere di vin brulé, rifocillarsi con i formaggi, i latticini, le olive sotto-sale, i pomodori secchi, i peperoncini piccanti, gli schiattuni de cicora, le noci locali e le altre leccornie da campo e da fattoria rigorosamente Noha-Dop, offerte nelle osterie del presepe.
Ultima chiosa. A Noha non esistono i mestieri “di una volta”, ma “di questa volta”: occupazioni, attività, professioni che fortunatamente continuano ad essere esercitati da un gran numero di artigiani-artisti locali, che vanno dallo scalpellino della pietra leccese al falegname, dal produttore di piatti e pignatte di terracotta alla ricamatrice al tombolo, dal maniscalco al calzolaio, dal contadino al pastore, dal casaro al sellaio, dalla ricamatrice al seggiolaio...
Nel presepe vivente di Noha non esistono comparse, ma solo protagonisti: i quali, per indole e formazione, non recitano mai una parte imparata a memoria, ma semplicemente vissuta tutti i giorni dell'anno. Inclusi, a questo punto, anche quelli delle feste comandate.
Antonio Mellone
gen022013
Caro Giovanni,
stavamo preparando, tutto per te (sapevamo che ci tenevi) un video sul presepe di Noha, quello sull'antica Masseria colabaldi. Ce lo aveva suggerito (e noi vi avevamo aderito con entusiasmo) il tuo e nostro amico Antonio Coluccia.
Nonostante le riprese già effettuate sabato scorso, non abbiamo fatto in tempo a predisporre il CD.
Tu sei dovuto andar via un po' prima. Ma, comprensivo come sei sempre stato, apprezzerai i nostri propositi.
Buon viaggio Giovanni.
Siamo certi che non ti dimenticherai di noi, di questo sito (che con piacere ti ha più volte ospitato), della tua Noha, e dei tuoi cari, la Maria, Alice e Pasquale. Che abbracciamo tutti affettuosamente.
Gli amici di Noha.it
dic052013
Dopo "La strada", eccovi la seconda tappa dal titolo "Il pane" che ci porterà sempre più vicini al grande Presepe Vivente che avrà luogo presso l'antica Masseria colabaldi di Noha. Così, con questo calore umano, si scaldano i forni, gli ambienti, i muscoli, gli animi.
25-26-29 dicembre 2013 e 1-5-6 gennaio 2014
dic022012
Nonostante qualche titubanza iniziale, e qualche maldestra operazione matematica di sottrazione, anche quest’anno il presepe vivente presso la Masseria colabaldi di Noha verrà allestito dagli stessi ragazzi che ebbero per primi l’idea e la voglia di far rivivere, seppur per qualche giorno, uno dei beni culturali nohani da decenni in balia di sterpaglie e menefreghismo.
Il “gruppo Masseria colabaldi”, già da tempo al lavoro per la terza edizione del più bel presepe vivente (anzi presepe vivo) di Puglia vorrebbe render noto ai cittadini che la masseria è aperta a tutti coloro che vorranno aderire alla manifestazione sia nelle vesti dei figuranti che in quelle di collaboratori del disegno, dell’organizzazione, e della realizzazione del presepe nohano.
Sarebbe bella una partecipazione corale di tutti gli esponenti della nostra società civile, senza alcuna esclusione o distinzione “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” [art. 3 Cost.].
Vangelo e Costituzione, come dice don Andrea Gallo, dovrebbero essere le nostre due bussole. Anzi le nostre due stelle comete.
Antonio Mellone
P.s. S’era sparsa una voce in giro secondo la quale alcuni uomini di buona volontà avrebbero voluto allestire un presepe presso la casa rossa. Secondo il nostro modesto parere – già altre volte ribadito – sarebbe stupendo, meraviglioso, inedito, un motivo di attrazione particolare in più per Noha. E poi in quei dintorni sembra esserci già tutto l’occorrente. Perfino il palazzo di Erode.
apr272017
Premessa di Marcello D’Acquarica
Continuo a sentir dire, anche da alcuni docenti Galatinesi, che è ora di smetterla di parlare di Noha o di Collemeto e di S. Barbara, che noi siamo tutti di Galatina e che oggi come oggi i territori si uniscono e non si dividono.
Non sto qui a fare nessuna lezione dell’importanza dell’identità di un popolo, del senso di appartenenza o della storia locale a nessuno, ve la risparmio. Cancellare il nome vuol dire eliminare il fattore principale che identifica un luogo o una persona. Cancellare il nome di una comunità vuol dire cancellarne la storia, e Noha ha una storia che la identifica inequivocabilmente. La storia, non va cancellata, ma va studiata.
Penso a come potrebbero sentirsi i nostri ragazzi, che ancora oggi se ne vanno via da Noha in cerca di fortuna, senza il vero nome di origine sul loro documento di identità.
Penso a cosa ne sarebbe di tutte le pagine scritte per secoli sui libri di storia in cui compare il nome di Noha. Ecco appunto, il nome.
Dicono che siano stati i Baroni De Noha a dare il nome al paese. Ma, se sui testi riportati fino alla fine dell’800 Noha è indicata con Noe, Noje o Nove, per quale motivo nel ‘900 si è dovuto chiamarla Noha? Visto che i De Noha non sono più stati governatori del feudo dal 1580?
Perciò faccio appello al buon senso di chi vorrebbe annegare in unico brodo la nostra antichissima storia, di smetterla con queste manie di mescolanza e di annullamento della nostra identità, Nove era e resta il nome storico che il nostro paese da sempre ha avuto.
Di seguito la ricerca di P. Francesco D’Acquarica, profondo studioso della storia di Nove
Noha o meglio NOVE
come dice la gente
di P. Francesco D’Acquarica
CONCLUSIONE DEL CAPITOLO SECONDO (*)
Certamente anche nel territorio di Noha popolazioni greche si sovrapposero e coabitarono con gli abitanti messapi. Possiamo allora concludere che in quel tempo esisteva un luogo abitato che non si chiamava Noha e sorgeva più o meno tra l'attuale masseria colabaldi, a est verso il feudo di S. Vito, a sud verso Sirgole.
Come si chiamava l’antica città messapica che Noha attuale ha sostituito? Con molta probabilità il nome è quello che ancora troviamo nei documenti più antichi e cioè “Noje” oppure “Noie” o semplicemente “Noe”, e in greco Nwie, che poi si è trasformato in Noha.
Per esempio nel registro dei Battesimi del 1692, nel testo di una supplica che l’Arciprete di Noha scrive alla Curia di Nardò, possiamo ancora leggere:
22 xbre 1692. Obbl.mo l'Arciprete di Noie.
In una procura di Battesimo del 1 gennaio 1774 leggiamo anche:
Giuseppa Cordella legittima moglie di Oronzo Paglialonga della Terra di Noje (non più la semplice i ma la j lunga).
Il Colella in "Toponomastica Pugliese" fa derivare Noje da "Novia" termine medioevale. "Novia" significa terreno dissodato di fresco, oppure terreno grasso e palustre. Il luogo dove sorgeva la nostra cittadina prima della devastazione dei Vandali è a Sud Est della Masseria colabaldi, in quell’area che corrisponde alle caratteristiche descritte dal Colella, “terreno dissodato di fresco, oppure terreno grasso e palustre”.
Anche nei registri parrocchiali della vicina Galatina del 1515 troviamo:
spusao lenardo de anttona de lachipreite de Noe li spusao don jacobo de don laurentio a santta caterina. Oppure nel 1516: donno nicola baldoyno spusao lo francisco de cola da Noe assanto pietro.
Infine io ritengo che si potrebbe anche ritenere possibile l’ipotesi che il vocabolo “Noa” derivi dal greco dal verbo “vedere”. Si può pensare che i greci (antichi abitanti del luogo) abbiano dato questo nome per la posizione piuttosto alta del paese, da cui si può godere una “visione” (noeo) ampia del panorama circostante. Noha infatti sorge su una piccola altura.
Allo stato attuale delle ricerche non siamo in grado di dire di più. Eventuali rinvenimenti futuri e scoperte archeologiche potrebbero permettere di risolvere molti dei problemi sui quali oggi è solo possibile esprimere dubbio, incertezze, ipotesi.
(*) Noha, la sua storia e oltre... Finito di stampare il 27 marzo 2016
PRUBBLIMARTINA S.r.l.
Via Mottola Zona Ind. Km 2.200 - Martina Franca (Ta)
gen082012
nov242015
C’era silenzio in questo luogo.
Il parco del catello di Noha non chiedeva niente, attendeva. Attendeva mani che sorreggono i borghi sul punto di cadere, e occhi di chi da sempre si occupa di luoghi abbandonati e cose scordate per strada.
Con un poco di fortuna poteva accadere che queste pietre di poco conto si mettessero a parlare di tutte le età, degli amori, dei parti, delle morti di chi le ha abitate.
Attendevano un abbattimento di muro, l’apertura di un varco come di porta santa giubilare.
E ora il piccolo mondo antico, vittima fino a ieri di una metodica pazienza dell’abbandono, tra rovine e ruderi, luogo pieno di lacerazioni e reticoli di crepe si fa presepe vivente; e i brandelli dei vuoti a perdere, da luoghi morti diventano palcoscenico di vita nuova, rinascita, Natale.
In queste rughe, in questi spacchi tanto simili a certi dolori a cui siamo sopravvissuti, è possibile vederci spiragli per l’aria e per la luce, e un invito rivolto a tutti a resistere.
Li chiamavano luoghi morti.
Ma così non è morta la Masseria colabaldi, non è morta la Casa Rossa, e non è morta la Torre direttamente congiunta al cielo e al suo Ponte Levatoio.
E non siamo morti noi.
Perciò quelle pietre scabre e belle sembrano risuonare di voci piccole e remote che stavolta vogliono dirci: “Cercateci a sera, quando Lui scende dalle stelle”.
giu112016
Nel mio paese Antonio non è un nome proprio, ma un nome comune di persona. E’ così diffuso che, quanto a tiratura, compete con quello del Santo Patrono: Michele.
Sicché il 13 giugno, festa onomastica degli Antonio e dei Fernando (Fernando è l’antico nome di battesimo del Santo di Padova, ovvero quello de zitu), a Noha è tutto un andirivieni di telefonate, messaggi, scambi di auguri che manco a Pasqua o a Natale.
Questo pezzo non è autoreferenziale, né scaturisce da una richiesta di auguri da indirizzare per l’occasione al sottoscritto. Figurarsi.
Non potrei arrivare a tanto, se non altro per un paio di motivi.
Intanto perché non ho le carte in regola, nel senso che sono il primo a scordarmi (non per cattiveria: è più forte di me) di tutti gli onomastici e dei genetliaci dei miei amici più cari e dei parenti più prossimi. Tuttavia, ultimamente, dopo 48 anni di vita, sto riuscendo a “ricordare” i compleanni di chi conosco grazie face-book, a condizione che costui o costei abbiano evidenziato sulle rispettive bacheche la data di nascita e siano annoverati tra gli “amici”. Siccome molti dei miei conoscenti, soprattutto per loro naturale ritrosia, non compaiono (ancora?) sul libro delle facce, io continuo a scordarmi bellamente delle scadenze di queste particolari forme di cambiali annuali (che tuttavia, bontà loro, non vengono consegnate al pubblico ufficiale per la levata del protesto da parte dei creditori).
In secondo luogo, perché il mio nome pare si pronunci non disgiunto dal cognome, tanto che mi si appella con una sola emissione di fiato, come in un’unica locuzione, o un solo lemma: Antoniomellone (voce ancora sconosciuta nell’annuario del culto e della venerazione agiografica).
*
Tutto questo panegirico (sic!) per dirvi che lunedì 13 giugno prossimo, solennità di Sant’Antonio di Padova, a Noha le benemerite associazioni locali che rispondono ai nomi di Acli, Ragazzi del Presepe vivente Masseria colabaldi, L’Altro Salento, la CNA di Galatina, Noha.it, nonché molti, molti altri cittadini liberi e pensanti, organizzano un momento di fraternità nelle immediate vicinanze della cappella dedicata al Santo.
La festa ha inizio nel pomeriggio inoltrato sul sagrato della chiesetta, con la benedizione e la distribuzione del “pane di Sant’Antonio”, e proseguirà per tutta la serata (tranquilli, non si farà tardi) in località Magnarè (nomen omen: nel senso che se magna), sempre all’ombra del campanile del tempietto e della sua bella cupola maiolicata.
Non sarà una sagra incontinente con ghiottonerie da centro commerciale, ma una molto più frugale festa di paese con distribuzione di panini imbottiti con salsiccia cotta al momento o pezzetti di carne al sugo. Dolci e altre prelibatezze locali completeranno la cenetta antoniana. Il tutto sarà innaffiato da acqua, birra e vino, mentre bandite saranno finalmente le solite bibite dolci, gassate e multinazionali (oltretutto dannose al corpo, alla mente, all’ambiente e all’economia).
Infine, per chi proprio non riuscirà a farne a meno, potrà assistere in diretta alla proiezione su maxischermo della partita di calcio Belgio vs Italia, valevole per il campionato europeo. Quando si dice unicuique suum.
*
Il party si concluderà, come tradizione vuole, con un piccolo spettacolo di fuochi pirotecnici e con il suono della campana di Sant’Antonio.
Il ricavato della serata sarà devoluto alla FIDAS di Noha, l’associazione dei donatori di sangue, nel pieno dei festeggiamenti per il suo trentennale dalla fondazione.
Tutti sono invitati a questa bella festicciola di paese, alla quale non possono assolutamente mancare tutti gli Antonio e i Fernando locali.
*
Un antico adagio nohano così recita: ‘Ntoni, li rari su li boni, e quiddhri ca su boni, su focu de Sant’Antoni’ [traduzione: chi si chiama Antonio raramente è una persona di valore, ma se lo fosse sarebbe d’inestimabile valore, vale a dire fuoco di Sant’Antonio].
Sono convinto che quasi tutti gli Antonio e i Fernando di Noha siano “fuoco di Sant’Antonio”. E che, dunque, per schiodarsi dal divano (per venire alla festa) non sia necessario un miracolo del Santo Taumaturgo per antonomasia.
Antonomasia: mai figura retorica fu più azzeccata al caso.
Antonio Mellone
giu092016
Lunedì 13 giugno le associazioni del territorio (tra le quali: la FIDAS Noha, il Gruppo Masseria colabaldi, I dialoghi di Noha in collaborazione con Noha.it, le ACLI, L'Altro Salento, la CNA di Galatina e molti altri cittadini liberi e pensanti) sono liete di organizzare la FESTA DI SANT'ANTONIO.
Una festa semplice e genuina nelle immediate adiacenze dello storico sito in C/da Magnarè, meglio noto “sotta a Santantoni". Troverete bella musica, Pittule, Pucce con le olive, Carne alla griglia, Vino buono e tanto altro ancora, (il ricavato della manifestazione sarà devoluto in beneficenza alla Fidas, la benemerita associazione dei donatori di sangue di Noha).
I festeggiamenti inizieranno con la Celebrazione eucaristica alle ore 9:30 nell’antica cappella gentilizia nohana della famiglia Bianco, ubicata in Contrada Magnarè - Noha si riprenderà alle ore 20:00 con la benedizione dei pani e continuerà fino a tarda notte.
Siete tutti invitati a questa bella manifestazione di solidarietà e fraternità e in particolare tutti quelli che portano il nome del Santo:
Antonio Mariano
mar062018
Eccoci giunti alla parte ottava della ricerca di P. Francesco D’Acquarica. In questa puntata si parla tra l’altro di due Sinodi diocesani, ai quali partecipò anche Noha con due sacerdoti.
La redazione
CESARE BOVIO (verso il 1530 - 1583)
Vescovo di Nardò dal 1577 al 1583)
Dal 1577 al 1583 i Pontefici furono:
Gregorio XIII (1502-1585) Papa dal 1572 al 1585
Sisto V (1521-1590) Papa dal 1585 al 1590
Arciprete di Noha:
Don Salvatore Colafilippi (1550-1600), parroco dal 1570 al 1600 circa.
Cesare Bovio, fu eletto Vescovo di Nardò (il 14° della serie) da Gregorio XIII il 15 aprile del 1577. Era nato a Bologna verso il 1530 ma oriundo di Brindisi.
Era specializzato in diritto civile ma specialmente nelle discipline ecclesiastiche che aveva appreso dal fratello Carlo (1522-1570), famoso Arcivescovo di Brindisi. Curò l’osservanza della disciplina ecclesiastica, la formazione dei chierici e di tutti gli addetti al culto, guidandoli all’onestà della vita.
Appena giunse in diocesi, complimentandosi per il bene operato dal suo predecessore e dell’ottimo stato spirituale in cui la trovò, disse queste famose parole: Io trovo il terreno della mia diocesi ben governato, senza alcun’erba trista, di modo che non c’è bisogno d’altro che di ottima semenza.
Nominò vicario generale Fabio Fornari, arcidiacono di Brindisi, suo nipote da parte materna e poi suo successore nel governo della diocesi. Secondo le indicazioni del Concilio di Trento (1545-1563) indisse il primo sinodo diocesano, che celebrò il 15 agosto 1577.
In esso trattò delle chiese, della celebrazione dei divini misteri e delle Messe; della vita e dell’onestà dei chierici; degli arcipreti e dei rettori di chiese parrocchiali; delle norme da osservarsi nelle feste; dei Sacramenti del Battesimo, della Confermazione, della SS.ma Eucaristia, della Penitenza o Confessione, con l’elenco dei casi riservati e la forma di assoluzione da pronunziarsi uniformemente da tutti nelle confessioni ordinarie e l’altra di assoluzione generale da censure e da peccati, da usarsi in tempo di giubileo plenario, dell’Estrema Unzione, dell’Ordine e ‘Per quel che tocca la collatio di benefici, del Matrimonio; delli Maestri di scola et librari et de li libri che haran da visitare e quelli che haràn da tener per i Preti’.
A questo primo sinodo vi presero parte tutti i rappresentanti della chiesa di Nardò e delle parrocchie della diocesi. Anche Noha fu presente.
Di Nardò c’erano dunque 5 dignità, 20 canonici abati del capitolo cattedrale, 28 sacerdoti, 4 diaconi e 6 suddiaconi del clero; 11 abati dai conventi di Nardò e del resto della diocesi.
Erano inoltre presenti i 42 arcipreti seguenti col relativo clero:
Tabelle, Galatone, con 25 sacerdoti;
Copertino, con 39 sacerdoti, 3 diaconi, 2 suddiaconi e 10 chierici beneficiati;
Parabita, con 8 sacerdoti ed un diacono;
Racale, con 10 sacerdoti, 3 diaconi, 4 suddiaconi e 7 chierici beneficiati;
Casarano grande, con 5 sacerdoti;
Matino, con 4 sacerdoti e 2 diaconi;
Taviano con 3 sacerdoti ed un diacono;
Alliste, con un sacerdote, 2 diaconi ed un suddiacono;
Casarano piccolo, con un sacerdote;
Felline, con 3 sacerdoti, un diacono ed un suddiacono;
Collemeto, Tuglie, Fulcignano, Ugiarico, Carignano, Aradeo, con 3 sacerdoti;
Seclì, con 2 sacerdoti ed un diacono;
Noha, e Neviano con 2 sacerdoti.
Noha partecipò dunque con due sacerdoti. Ormai la cittadina “Domus Novae” con le 13 chiese non esiste più: rimane un paesino con pochi abitanti con l’Arciprete e un vice parroco. Non ho trovato il nome di questo arciprete che ha partecipato al Sinodo, ma con molta probabilità fu lo stesso don Salvatore Colafilippi.
Pur non avendo trovato particolare notizie su questo arciprete possiamo dire quanto segue.
Il Colafilippi fu arciprete di Noha dal 1570 al 1600 per circa 30 anni. Probabilmente era nativo di Galatina ma residente a Noha.
Nel 1563 era terminato il Concilio di Trento che aveva stabilito che in ogni parrocchia ci fossero i registri dei battezzati, dei morti e dei coniugati. Ma a Noha per ora tutto questo non c’è: si vede che il nostro arciprete non ha ancora preso coscienza delle disposizioni del Concilio di Trento, e passeranno più di cento anni prima di avere i primi registri (almeno quelli conservati) che sono del 1689.
Durante il suo governo pastorale la chiesa basiliana di S. Teodoro, probabilmente danneggiata dai Turchi dopo il 1480, fu acquistata dal sig. Nicola Baldi, un affarista toscano ma residente a Galatina, assieme a tutta la proprietà terriera e venne inglobata nella masseria colabaldi (1595). Stessa sorte seguirà il convento dei Basiliani.
Il 9 aprile 1578 Cesare Bovio diede inizio alla visita pastorale della diocesi. Ebbe come convisitatori Fabio Fornari, dottore nelle due leggi, Giovanni Francesco Nestore, dottore nelle due leggi, Leonardo Gaballo, cantore, gli abati Leonardo Trono e Giovanni Carlo Coluccia, dottore nelle due leggi, e Don Nicola Marziano, dottore nelle due leggi, sacerdote.
Gli atti di questa visita, pervenuti sino a noi in buono stato di conservazione, sono molto importanti per le abbondanti notizie storiche che ci tramandano sia riguardo alle persone che alle condizioni della diocesi.
Può essere utile conoscere lo schema del loro contenuto. Premessi i decreti generali di indizione della visita, inizia la relazione dettagliata della visita alle dignità, canonici, beneficiati e sacerdoti della città di Nardò, con la citazione delle varie bolle di ordinazione e del conferimento dei singoli benefici (A-4, ff. 3-108). Segue la relazione delle visite fatte nella cattedrale: alla custodia del SS.mo Sacramento (f. 117), alle sacre Reliquie (f. 119), al fonte battesimale (1. 119) alla sagrestia (f. 121); quindi vi è l’inventario di tutti gli arredi e di tutti i beni mobili della sagrestia con la descrizione e la provenienza di ciascuno: croci, incensieri, calici, pissidi, mitrie, pastorali, libri, campane, arredi ed oggetti preziosi vari (ff. 121-126); la descrizione dei beni, diritti ed oneri della mensa vescovile di Nardò; il sommario di ciò che dagli antichi scritti risulta intorno alla chiesa di Nardò e la serie dei vescovi (ff. 126-128); l’inventario di tutti i beni immobili: palazzo vescovile, censi in denaro, censi in cera, vigneti, oliveti, feudi di Fango, Parasceve o Santa Venerdia, Tabelle, Àrneo, le masserie Morroni, Donna Menga, Uomo morto, Schiavoni, Pendinello, feudo di Lucugnano, feudo di S. Nicola di Cigliano, terreno e feudo in Casarano, terreno in Taviano, in Racale ecc. (ff. 129-173); infine il sommario di tutte le scritture della chiesa cattedrale di Nardò e sua mensa vescovile (ff. 173-177).
Si passa quindi alla visita del capitolo e del clero della cattedrale, che risultarono così composti: 5 dignità arcidiacono, preposito, cantore, tesoriere, arciprete, 20 canonici, 43 sacerdoti, 4 diaconi, 6 suddiaconi, 33 chierici minori, di cui 8 beneficiati. Vi sono poi alcune disposizioni sulla celebrazione dei divini offici, sui puntatori, sulle riunioni capitolati, sul diritto di voto nel capitolo, su alcune prescrizioni del concilio Trento e sul reddito della mensa capitolare. Completano gli atti l’inventario dei beni, dei redditi e dei diritti del capitolo, i diritti dei funerali capitolari e la visita alla prebenda dell’ arcidiaconato (ff. 149-196).
Terminata la visita in Nardò il 27 giugno 1578, l’anno successivo la compì nelle parrocchie di Galatone, Copertino, Noha, Seclì, Neviano, Aradeo, Racale, Felline, Casarano grande e Taviano. Negli anni seguenti sino al 1582 continuò la visita nelle restanti parrocchie.
Il 15 agosto 1579, celebrò il secondo sinodo diocesano, i cui atti si conservano nell’archivio.
Sicuramente vi partecipò anche il nostro arciprete, perché quella era la prassi.
Cesare Bovio, a sue spese, fece edificare in Copertino una chiesa ed un cenobio in onore di S. Maria della Grottella. Qui si formò S. Giuseppe da Copertino, e affidò l’una e l’altro ai frati Minori Conventuali, riserbando a sé e ai suoi successori la proprietà dell’edificio, di modo che, per significare l’obbedienza prestata annualmente al vescovo di Nardò, il guardiano ed il superiore del cenobio, presentavano al vescovo in una coppa d’argento le chiavi della chiesa e del chiostro, domandando la grazia di poter soggiornare ancora un altro anno.
Si deve alla cura ed alla saggezza lungimirante di Cesare Bovio la compilazione del registro di testamenti, lettere, bolle (Reg. instr. A-6), avendo fatto trascrivere in un sol volume tutte le bolle delle varie ordinazioni e conferimento di benefici presentategli durante la visita da dignità, canonici e sacerdoti. Sono così pervenute sino a noi un gran numero di bolle di conferimento di ordini sacri e di benefici ecclesiastici non soltanto dei vescovi di Nardò, predecessori del Bovio, ma anche di vicari capitolari della cattedrale e di vescovi di altre diocesi.
L’episcopato di Cesare Bovio fu, purtroppo, assai breve, di soli sei anni: infatti nel mese di febbraio 1583, serenamente e santamente come visse, tra il compianto generale, si spense in Nardò. Fu sepolto in cattedrale nella cappella del SS.mo Sacramento, al lato destro.
Alcuni anni dopo, nel 1619, durante l’episcopato di Girolamo De Franchis, sulla sua tomba fu apposta questa epigrafe:
CESARE BOVIO
nobile bolognese oriundo di Brindisi
Vescovo di Nardò
peritissimo in diritto civile ed ecclesiastico
avendo migliorato il clero e il tempio
caro a tutti - pianto da tutti
morì l’anno del Signore 1583
sesto del suo episcopato
Girolamo De Franchis Vescovo di Nardò pose
l’anno del Signore 1619
Relazione con la chiesa di Noha
Non è difficile rendersi conto che questo Vescovo si è preoccupato di tutta la diocesi ed ha avuto relazioni anche con la chiesa di Noha. Già abbiamo sottolineato che Noha partecipò al primo sinodo con due preti.
Negli atti della visita pastorale alla diocesi del 1579 è descritta tutta la diocesi, e tra le terre e luoghi abitati, sotto il numero 14 c’è il casale di Noha. Come abbiamo già detto sopra, ormai non si parla più delle 13 chiese elencate nell’inventario del 1452. Si parla solo della chiesa parrocchiale che ora ha un unico altare, ai lati del quale c’erano le statue dei santi Pietro e Paolo. Poi il documento conclude:
Tutte le Terre sopra elencate hanno la propria chiesa parrocchiale e il proprio parroco.
Anche al secondo Sinodo (1579) Noha partecipò con i suoi Sacerdoti: era la prassi e la chiesa di Noha ovviamente era presente.
[continua]
P. Francesco D’Acquarica
nov062013
Cari politici di Noha, di Noha sì. Perché un conto è dire di Noha e un altro è dire di S. Barbara, di Collemeto o di Galatina. “Cari”, lo dicevo nel senso economico, non nel senso di “prediletti”. Per cui volendo adoperare un contrario del termine “cari” dovrei dire “economici” se non addirittura “sgraditi”, o forse sarebbe più consono l’aggettivo sostantivo “miserabili”, per il servizio non reso, ovviamente, non certo per il Vostro status socio-economico che è di rispettabilissimo livello.
Vorrei fare il punto della situazione a proposito della politica nohana.
“Politica”, cioè l'occuparsi del bene pubblico per il bene di tutti, è un concetto arcinoto dalle Vostre eccellenze, e stra-inflazionato durante le Vostre mirabolanti promesse di buona politica in tempi di elezioni. Ora, premesso questo, vorrei analizzare lo stato di degrado in cui versano i nostri beni culturali. Qui conviene ricordare che per “bene culturale” s’intende non solo il palazzo, la cattedrale o il mobile d’epoca, bensì tutto ciò che è decoro comune. Sognando come me un paese pari al senso civico che meriterebbe Noha, appunto, potreste per esempio meravigliarvi imbattendovi nella rotonda che precede il viale di eucalipti di via Aradeo, il tratto dove incombe anche l’assenza di una indispensabile pista ciclo-pedonale. Tre evidenti piaghe che evidenziano l’alto grado di trascuratezza politica nei confronti delle persone e della natura. La rotonda, dove perfino zzanguni e cicore creste si rifiutano di nascere, è una evidente isola sperimentale di bruttezza dove le Vostre Eccellenze hanno infatti vomitato il peggiore dei servizi al cittadino.
Il viale di eucalipti nemmeno possiamo più considerarlo tale essendo solo un ricordo nella memoria di pochi, e nei quattro esemplari sopravvissuti, e che gridano pietà.
Volendo evitare la vista degli ulivi stecchiti perché trapiantati in pieno Agosto (per far da siepe – parola di ex-sindaco - ai 40 e passa ettari di pannelli fotovoltaici di contrada Roncella), siamo costretti a entrare in Noha percorrendo la rambla, cioè la via curve-curve, o la “via nova” che di nuovo ha solo il sole che tramonta ogni giorno insieme all’altra pista ciclo pedonale che tutti sognano.
Quindi non abbiamo alternative. Per giungere a Noha evitando le brutture citate, e tappandosi le narici per la puzza di fogna, non ci resta che via Collepasso. Inutile tentativo di pista per pseudo-piloti indefessi che puntualmente si trovano costretti ad atterrare davanti all’altrettanto inutile incrocio rotonda-semaforizzata, triste esempio di cretin’ingegneria urbanistica multitasking. Provare per credere.
Forse Dio consolerà gli ingegneri che l’hanno partorita, la via e la fogna, ma noi no.
Bene, forse ce l’abbiamo fatta. A fare cosa? Direte. A entrare sani e salvi nell’unico paese al mondo dove i Beni Culturali si manutengono da soli. Fino a quando non ce la fanno. Le casiceddhre però sono ormai agli sgoccioli, la casa rossa non si capisce a che punto sia, la torre con ponte levatoio del XIV sec. ubicata nel parco degli aranci si sta sfarinando, il frantoio ipogeo e l’antichissimo sito messapico-romano della Masseria colabaldi da rintracciare a “Chi l’ha visto?”, la pubblica piazza, più che il salotto sembra il cesso del paese.
Qui non ci sono altri commenti che possano rendere merito all’illogica manomissione architettonica delle opere esistenti, pubbliche e private. Praticamente il primo che si sveglia al mattino può issare un qualsivoglia manico di scopa addobbato con lampadine multicolore in perenne clima natalizio, o il proprio scettro goliardico a sua immagine e somiglianza. Questo accade da qualche tempo nella piazza San Michele di Noha. Così gridano vendetta le ali dell’aquila senza tempo (in quanto l’orologio è fermo), perenne monito della Vostra, anzi nostra ignavia. Gridano pietà le zoccole (specie evoluta di pantegana autoctona) che s’affacciano dal palazzo baronale per invadere le case dei pazienti concittadini. Chiedono aiuto perfino le zecche (autoctone al pari delle zoccole), che accorse numerose perché richiamate dal forte odore cadaverico di eau de fogne estivo, rischiano a loro volta di perire sotto il degrado in cui versano case e torri.
Ora, visto tutto il Vostro impegno e l’attenzione costante ai nostri beni culturali, in null’altro possiamo sperare se non nel miracolo di San Gabriele dell’Addolorata, che, seppur adagiato nel riposo eterno di un’urna, rimane l’unica nostra speranza per una politica più simile alla faccia che alla facciata.
gen112011
Vi do appuntamento alla prossima edizione del presepe. Ma continuate a seguirci: a Noha deve essere Natale ogni giorno.
mar252013
L’altro giorno m’è arrivato per posta da parte della Fidas di Noha - tra i cui soci s’annovera ormai da qualche decennio anche il sottoscritto - l’invito graditissimo a partecipare alla festa del trentennale del gemellaggio tra l’associazione dei donatori di sangue Fidas di Vicenza e quella Leccese.
Il calendario dell’iniziativa, che verrà pubblicato anche su questo sito, è ricco di eventi, incontri, momenti formativi e conviviali, donazioni del sangue presso la nostra Casa del donatore di Noha (una delle più attrezzate, accoglienti e confortevoli d’Italia), ed, infine, visite guidate nei centri storici di Galatina, di Gallipoli, e, non ultimo, quello di Noha.
Che bello - ho pensato – trecento amici vicentini verranno nel Salento e addirittura a Noha per godere della nostra ospitalità, del nostro ambiente, delle nostre ricchezze storiche, artistiche, culturali, eno-gastronomiche…
E mentre riflettevo su tutto questo già mi prefiguravo il gruppo di turisti vicentini che passavano dal loro centro storico (che ho più volte visitato tempo addietro) ricco, pulito, intonso (come se il Palladio vivesse ancora), ben illuminato, chiuso al traffico, al nostro, ancor bello, a misura d’uomo, particolare nella sua morfologia e nel suo mistero.
I nostri compagni di avventura potrebbero incominciare il percorso turistico nohano con la visita alla nostra piazza San Michele, il salotto buono, quello sul quale si sporgono da un lato la maestosa facciata della nostra chiesa madre (sul cui fastigio scolpito a tutto tondo in pietra leccese campeggia l’antico stemma di Noha con le tre torri e i due velieri, sormontato dalla corona baronale e abbracciato quasi dai due rami rispettivamente di arancio e di alloro) e dall’altro, di fronte, come se da tempo immemorabile dialogassero del più e del meno, la torre dell’orologio del 1861 (o quel che ne rimane). Potremmo raccontar loro che purtroppo l’orologio è fermo da un quindicennio se non di più, che le campane sono mute, che i loro battagli o martelli sembrano svaniti nel nulla, che però il meccanismo interno dell’antico cronometro a corda è esposto nell’atrio delle scuole di Noha. Arrampicandoci sugli specchi potremmo pure raccontar loro la palla megagalattica secondo cui la torre e il balcone civico verranno restaurate “quanto prima” secondo le intenzioni dell’amministrazione comunale. E che s’è anche pensato di chiudere finalmente al traffico il nostro centro storico, liberandolo una buona volta da auto in transito, parcheggiate, o spesso fermate a casaccio. Mica possiamo dir loro tutto, ma proprio tutto, come per esempio il fatto che i nostri rappresentanti politici, inclusi gli attuali, non ci sentano da un orecchio, e dunque preferiscano costruire circonvallazioni interne e discutere di nuove aree mercatali da cementificare in quattro e quatto otto, ma anche di comparti e di centri commerciali food e non food da far nascere in mezzo alla campagna di Collemeto, sempre in nome delle “ricadute sull’occupazione e lo sviluppo”, il ritornello buono per ogni occasione, ripetuto a mo’ di un salmo responsoriale un po’ da tutti i pecoroni di destra e manca.
Ma ci converrebbe tirare innanzi, senza indugiare più di tanto su certi argomenti: i nostri amici vicentini potrebbero accorgersi del nostro imbarazzo e magari smascherare così su due piedi le nostre magagne comunali.
Potremmo poi condurli in via Pigno per far loro ammirare il nostro orgoglio, la torre medievale nohana - che rispetto a quella di Pisa ha solo il decuplo del rischio crollo - con quel grazioso motivo di archetti e beccatelli quale corona alla sommità, con il ponte levatoio, con le catene tiranti, e con il passaggio segreto. Tutta roba che però i nostri ospiti potranno solo immaginare, senza poter vedere né toccare, perché la torre, il ponte, la vasca ed il passaggio, che stanno in piedi da oltre settecento anni quasi per quotidiano miracolo, sono – oltre che privati - nascosti dietro un alto muro di cinta, il muro di Berlino di Noha mai abbattuto però (arricchito ultimamente anche da un murales policromo). Continuando nella nostra pantomima potremmo insistere nel dire ai vicentini che siamo certi che nei prossimi settecento anni qualcosa si muoverà. Ma non diciamo loro cosa, se la torre, il ponte, il muro dei Galluccio, o finalmente qualche neurone nohano.
Sconsolati appena un po’ potremmo proseguire oltre, portandoli di fronte al palazzo baronale, anzi, forzando un po’ la mano, addirittura prima nell’atrio e poi nel cortile o piazza d’armi del castello. Il che è il massimo che si riuscirebbe ad ammirare di quest’altro bene culturale nostrano: da quando sono state sfrattate le gentili signore che vivevano al piano nobile del palazzo sembra che se la siano svignata anche i fantasmi del passato aggrappati alle sue chianche oltre che alle volte dei secoli, lasciando il posto alle tarme, all’umidità, alle muffe, e a qualche altro verme solitario o in colonia.
Ma poi, lasciandoci alle spalle cotanto oltraggio (e sottacendo accuratamente il fatto che sotto i loro piedi si cela un grande antico frantoio ipogeo visitabile soltanto dagli speleologi coraggiosi, mica dai turisti) potremmo riuscire a riveder le stelle o le stalle conducendoli nei pressi delle famose casiceddhre e raccontare loro la storia dello sciacuddhri. Però, ahimè, anche qui, i nostri poveri viaggiatori, pur a bocca aperta, dovrebbero rimanere a debita distanza da questa meraviglia per il pericolo di caduta massi in testa. Anche qui i nostri amici avrebbero a che fare con rovine e stupidità: ultimamente anche il campanile è crollato, ridotto ad una piccola torre mozza, una montagna spaccata, un rudere, uno sgorbio, mentre il resto delle casiceddhre, ridotte a poco più che macerie allo stato puro, sembrano quelle stesse che ancor oggi si contemplano nel centro storico de L’Aquila, “ricostruito” dal governo del cavaliere mascarato. Soltanto che qui a Noha non c’è stato il terremoto, ma probabilmente qualcosa di peggio.
Poi chiuso questo capitolo, li indirizzeremo da lì ad una cinquantina di metri verso la “casa rossa” (magari nel frattempo li avremo bendati ben bene, come al gioco della mosca cieca, per non fargli scorgere il sito archeo-industriale scoperchiato e diruto del Brandy Galluccio).
Eh già, eh sì, la leggendaria casa rossa, la casa pedreira nohana che sembra disegnata e fatta costruire dall’architetto spagnolo Antoni Gaudì, ricca di cunti e storie, e destinata a diventare poco più o poco meno che la dependance di un paio di casini (in minuscolo, e non nel senso volgare del termine). Ma forse sarebbe meglio stendere un velo pietoso anche su quest’altra roba che non sapremmo più come definire. Meglio non nominarla invano facendo finta di nulla? Come se non esistesse? Forse sì. Se sapessero e vedessero in che stato versa l’interno e l’intorno di quello che un tempo era uno splendore gli amici vicentini potrebbero risponderci con degli insulti se non con degli improperi espressi con altrettante sonore pernacchie.
Non so se sarebbe il caso di andare oltre conducendo il gruppo dei malcapitati nei pressi della masseria colabaldi ancora una volta messa in vendita dagli acchiappagonzi con tanto di comparto approvato da chissà quale illuminata maggioranza di consiglieri comunali per la costruzione di una ottantina di villette a schiera acquistabili con comode rate cinquantennali. Ma forse no, meglio lasciar perdere anche qui e cambiare itinerario, meglio accompagnare i donatori (di pazienza) nella nostra amena splendida fertile multicolori campagna nohana, per esempio verso lu Runceddhra.
Ma a pensarci bene purtroppo anche là ad attenderci non ci sarebbero che scempio e tristezza, come quei quaranta e passa ettari di impianto fotovoltaico, inutili o di certo non utili alla popolazione o al comune (come invece tanti allocchi - inclusi i nostri rappresentanti politici - credevano dapprincipio o temo credano ancora).
No, no, come non detto, meglio ritornare alla casa del donatore, senza nemmeno dirgli che quell’edificio color rosa antico adiacente è il vecchio cinema paradiso di Noha, il nostro “Cinema dei fiori”, ormai in balia di funghi, muschi e licheni.
Però, se non per rifarci, almeno per darci un tono, potremmo dire che abbiamo oltretutto anche un centro sociale nuovo di zecca, con tanto di funzionalissima sala convegni, come quella della vecchia scuola elementare di piazza Ciro Menotti ristrutturata un paio di anni fa ed inaugurata in pompa magna il primo dicembre scorso. Il fatto che sia ancora chiusa al traffico dei pensieri e delle opere è una quisquilia: manca ancora l’elettricità come Dio comanda, anzi come comanda la legge. Embè? Cosa vuoi che sia. Inezie, dettagli. Prima o poi l’Enel allaccerà ‘sto benedetto cavo e tutto potrà partire secondo i programmi. Quali, non si sa ancora. Ma i nostri rappresentanti “disponibilissimi e preparatissimi” ci hanno assicurato: “tutto secondo i programmi”. Punto.
Forse sarebbe meglio abbassare la cresta e l’enfasi sulle nostre meraviglie: rischieremmo che i nostri ospiti, gli amici donatori di sangue venuti dal nord, turisti per caso o loro malgrado, affranti di fronte a tanta bellezza spriculata, esprimendosi in vicentino stretto, rivolgano a noi queste semplici ma significative parole a mo’ di giusto guiderdone per la nostra responsabilità - fosse anche solo quella di esserci voltati più volte dall’altra parte: “Nohani, cu pozzati buttare lu sangu!”.
dic142017
E’ partito da tempo il casting degli attori protagonisti di quel grande spettacolo teatrale che sarà (come sempre) il presepe vivente di Noha.
Disponiamo già della sceneggiatura (fu scritta dagli evangelisti un paio di millenni fa); abbiamo la scenografia (il giardino segreto del Castello di Noha, uno degli angoli più magici e autentici del Salento); ci mancano giusto un po’ di personaggi in carne e ossa per completare il cast artistico della rappresentazione dell’Incarnazione (a proposito di carne e ossa).
L’Associazione culturale “Masseria colabaldi” invita dunque tutti gli uomini e le donne di buona volontà, nohani ma anche global, a partecipare alla selezione dei figuranti della sacra rappresentazione che, come vuole ormai la tradizione, farà accorrere migliaia di visitatori da ogni dove.
I provini sono aperti alle persone di ogni età: dai neonati, maschietti o femminucce (a Noha s’è superato da tempo il sessismo – o almeno ce lo auguriamo) che ricopriranno, magari a turno, il ruolo di Gesù Bambino, ai bambini e alle bambine, che nelle vesti dei pastorelli potranno come al solito scaldarsi portando in braccio i candidi agnellini; dai ragazzi/ragazze, odalische incluse, per la coorte di Erode, ai giovanotti di ogni colore, che indosseranno le vesti di Giuseppe e della Ragazza Madre, o le armature dei soldati romani; agli adulti e/o agli anziani canuti, che così bene s’inquadrano tra i personaggi dediti alle arti, ai mestieri e ai passatempi del tempo che fu.
Insomma ce n’è per tutti. E nessuno verrà eliminato dalla “selezione” che a Noha ha dunque un’accezione tendenzialmente inclusiva più che esclusiva.
Al termine dell’ottava edizione del presepe vivente di Noha 2017, il personaggio più caratteristico (scelto con votazione democratica da parte dei visitatori di Noha.it che voteranno con un semplice click) riceverà in premio l’Oscar per la migliore interpretazione.
A Noha abbiamo bisogno di chi ha ancora voglia di mettersi in gioco. E non più delle belle statuine.
Antonio Mellone
mar042014
Il tema della grande bellezza della nostra Italia si deve concretizzare in fatti veri, abbiamo un paese splendido anche nei borghi più dimenticati ed è questa bellezza che apprezzano i turisti che ci vengono a trovare. Dobbiamo difendere con le unghie e con i denti la nostra cultura, le nostre tradizioni, l’arte, i paesaggi. Oggi vi racconto come, anche una frazione della nostra Galatina, può offrire tesori, ma anche soffrire l’ignoranza ed il qualunquismo di una classe politica e sociale che impone il brutto al bello, ecco dobbiamo riappropriarci della bellezza, come filo conduttore della nostra esistenza, lo dobbiamo a noi ed ai nostri figli. A Noha, prima comune, poi frazione di Galatina, vi sono alcune masserie fra cui la celebre ” colabaldi” che andrebbero riscoperte, rivalutate, bene il presepe vivente, ma non si possono accendere i fari sulla struttura solo pochi giorni all’anno. Struttura che ha visto la presenza di una chiesa di rito greco, una torre di avvistamento medio-evale, un monastero basiliano ed infine dal 1595 la masseria del mercante di pellame fiorentino Nicola Bardi. Nei dintorni un probabile menhir, ridotto a sedile, con tanto di scritta esegetica e dedicatoria in caratteri greci dedicata a ” Giovanna “, i resti di una pavimentazione in mattoncini di terracotta di una domus romana, attaccati chissà perchè con dell’ottimo cemento sul muro accanto al menhir. I resti dei tanti ritrovamenti fatti nella zona, monete di varia epoca e resti di portate domestiche ( piatti, orci ed altro vasellame ), il giardino di delizia del castello, oggi casa baronale, con la torre trecentesca con ponte levatoio in pietra. La casa Rossa chiusa ed abbandonata, un gioiello di arte Liberty che farebbe a gara con la ” casa di pietra ” di Gaudì a Barcellona, invece che esaltare e proteggere il bene, i nuovi proprietari hanno preferito un orribile e moderno fabbricato accanto. Le cosidette ” casiceddhe ” una sorta di piccolo villaggio in scala, opera della maestria di Cosimo Mariano, che fine farà oggi ? Il suo delicato equilibrio resisterà agli artifici del nuovo proprietario ? Le varie edicole votive, le masseria, la vora, il palazzo ducale, le tombe messapiche ritrovate e ricoperte da villette a schiera, la tomba del gran visir non fruibile, l’elenco sarebbe ancora lungo e non voglio tediarvi. Ma rispettare il monumento della cosidetta ” Trozza ” un pozzo inesauribile, fonte di acqua, come indica la scritta in latino, fatta apporre da Orazio Congedo, da scritte ed imbrattature e abbandono. Come non indignarsi poi della situazione dell’orologio pubblico in piazza, fermo da tempo immemorabile e lasciato nell’incuria totale. Vi dicevo che l’elenco non finirebbe, ma voglio accendere un ragionamento sul vecchio cinema Fiori, sul doppio frantoio ipogeo di Corte Marangi non fruibile. Ma sono anche contenitori culturali come la vecchia scuola media, che dopo ben 1 milione e trecentomila euro di spesa, non è agibile per un allaccio alla rete elettrica non a norma con il progetto, dopo essere stato inaugurato in questi anni per ben due volte. Ma anche l’impianto sportivo con palestra inagibile, campi di calcio e calcetto ed il campo da tennis che bastava solo di una piccola, normale, manutenzione ( vedi verniciatura del campo ) per essere fruibile di giorno, perchè di sera ahimè i pali dell’illuminazione son caduti in campo….
nov212013
Cari bambini, oggi voglio raccontarvi una storia. Una volta a Noha c’era il Natale. Non Babbo Natale, ma proprio il Natale in persona che si aggirava tra le vie del paese. C’erano alberi addobbati, luci colorate, panettoni e presepi, comete e regali. I bambini aspettavano che passasse quell’omone barbuto vestito di rosso sulla slitta, accompagnato da cornamusa, a consegnare il regalo che da tempo sognavano. La notte di Natale si ritrovavano tutti in Chiesa per adorare Gesù; si aspettava la mezzanotte per mettere lu bambinieddru nella sua povera mangiatoia. Anche gli adulti attendevano i loro regali non meno agognati di quelli dei loro figli. C’era chi aspettava un anno intero per giocare una partita a stoppa e chi non vedeva l’ora di spolverare il vecchio gioco della tombola, naturalmente sperando di vincere qualche cento lire. Ci si riuniva mesi prima per scaldare le voci per il concerto di Natale, ci si chiudeva intere notti nelle varie chiese per allestire il più bel presepe dell’anno, ci si vestiva tutti con abiti di festa per il giorno del bambinello. La gente sorrideva perché credeva nella felicità! Nell’aria c’era sempre un’aria solenne. Nella vecchia cappella “Madonna di Costantinopoli”, quella che ora è chiusa e abbandonata tra muffa e crepe, due o tre ragazzi passavano le loro sere al freddo gelido per costruire un bel presepe. Oggi le luci colorate sui balconi non ci sono più, i cenoni di Natale si sono trasformati in picnic solitari, i presepi sono stati abbandonati dai loro tradizionali personaggi. Il moderno Natale vede tutti vestiti con gli stessi abiti che vengono indossati tutto il resto dell’anno. Ci si regala lo smartphone o la playstation ma non si recitano più le poesie con le quali i più piccoli guadagnavano tanti soldini. Le veglie liturgiche del 24 sono un piccolo ritrovo tra i soliti conosciuti. Ah, quanto vorrei mostrarvelo il vero volto del Natale, cari bambini! Fatevi raccontare dai vostri genitori cos’era il Natale a Noha: un tempo di magia in cui tutti si riunivano in famiglia attorno a immensi tavoloni imbanditi con ogni ben di Dio. Lo so che ora, invece, vi vogliono far credere che la magia non esiste, ma non dategli retta perché a volte anche i vostri genitori che sono stati piccoli come voi e che ora son grandi, a volte si fanno vincere dall’angoscia. La magia del Natale c’è, e neanche una crisi economica come questa può cancellarla perché la magia del Natale è immortale. Se volete rivederla basta poco. Qualcuno di voi vada a chiedere le chiavi della cappella “Madonna di Costantinopoli” al parroco e prepari un bellissimo presepe da poter visitare nei giorni di festa. Tutti gli altri mettano anche una sola lucetta sui propri balconi. Altri ancora si cuciano un vestito da pastorello e vadano a fare la loro comparsa nel presepe vivente nella masseria “colabaldi”. Arricchite i vostri presepi di nuovi personaggi perché il Natale è sempre nuovo. Scambiatevi i doni. Non serve spendere centinaia di euro: un portachiavi o una torta fatta in casa va benissimo. Vostro padre si accontenterà di una lametta da barba rubata magari dal bagno del nonno e vostra madre sarà felice nel vedervi donare un suo stesso maglione che aveva ormai da anni dimenticato nell’armadio. Non ascoltate quello che dicono in televisione; scambiatevi i doni (un vostro oggetto del passato che appartiene ai vostri più bei ricordi o un semplice disegno scarabocchiato) perché è questo il senso del Natale: contemplare la Bellezza concentrata in un semplice bambinello, donandosi gli uni agli altri e, soprattutto, pensare agli altri. Chiedete alle vostre nonne di prepararvi un bel cenone con quello che trovano in campagna, possibilmente non contaminato dai diserbanti. Alle vostre mamme ditegli di lasciarvi nell’armadio un vestitino esclusivamente per quei giorni di festa. Se andrete in Chiesa, forse qualcuno vi parlerà di alcuni personaggi del passato chiamati “Magi”. Anche loro portavano dei doni. So che quest’anno andrete a visitare il presepe vivente nella spettacolare masseria “colabaldi”. Io spero che lì all’entrata, proprio davanti a quel bellissimo portone, possiate trovare due banchetti, uno a destra e uno a sinistra. Su di uno lascerete qualcosa da mangiare, un pacco di pasta o dei biscotti. Ci penserà la Caritas di Noha a distribuirli ai bambini che ne hanno più bisogno perché, anche se noi non li conosciamo, anche a Noha ci sono dei poveri, e il Natale è anche e soprattutto per loro. Sull’altro banchetto forse troverete un salvadanaio dove metterete il vostro euro. Alla fine dei giorni di festa lo romperemo e con quei soldi forse riusciremo a far rimettere in sesto almeno una delle casette del palazzo baronale o forse, chissà, basteranno per far ripartire le lancette della torre dell’orologio perché, se Natale è festa, lo è anche per Noha che non riceve visite di magi da secoli. Non si sa mai che forse la magia si trasformi in miracolo è qualche politichetto di quartiere, in preda ai fumi del vin brûlé, non sia illuminato dalla stella e si decida a far arrivare qualche bel regalino anche al nostro paesino. Sia chiaro, se non si tratta d’incenso, non vogliamo fumo negli occhi né porcherie sgradite a noi e all’ambiente. Per il resto non preoccupatevi, il Natale farà tutto il necessario affinché anche quest’anno resti in voi un barlume di speranza. Lasciate stare le vetrine, guardate piuttosto le pupille di chi incontrate, non lanciatevi occhiate di sfida né sguardi invidiosi perché una è la stalla, una è la mangiatoia e una è la stella da seguire che conduce sempre alla stessa grotta. A ognuno sarà chiesto, prima o poi, di aprire il suo scrigno e di mostrare al mondo intero cosa ha portato in dono. A chi nulla aveva, non gli sarà chiesto più di tanto, ma a chi tanto poteva fare e dare, non avete idea di quanto gli sarà domandato! In quel momento vedrete molti tornare in oriente con la faccia triste perché il Natale, prima o poi, si prende la sua rivincita. Nelle stalle del bambinello non serve spingere e mettersi in pompa magna, come tanti fanno o hanno fatto in questi ultimi giorni, perché ognuno sarà considerato per quello che è o è sempre stato. Sapete chi è quel bambinello che nacque? Fu uno che sedette accanto ai peccatori ma che non diventò mai uno di loro. Il mondo, cari bambini, vuole dimenticarsi del Natale e, mentre i pastori che vestono gli stracci fanno di tutto per tramandarlo, quelli che vestono le fasce tricolori nei giorni di festa e si mostrano in giacca e cravatta tutti i giorni dell’anno, fanno di tutto per distruggere la magia che è nei vostri occhi. Difendete il Natale perché ha bisogno di voi bambini e della vostra speranza per vincere contro i cattivi. E se un giorno dovreste incontrare per le strade di Noha uno sconosciuto che vi chiede “Che cos’è il Natale?”, voi rispondetegli: “Caro signore, il Natale è la Festa dei giusti”, anche se qui, a Noha come nel resto del mondo, di giusti non se ne vedono così tanti.
gen132014
Pubblichiamo la photogallery del Presepe Vivente di Noha realizzata domenica 12 gennaio 2014.
dic122012
L’antica Masseria colabaldi, che si staglia dall’acropoli di Noha da oltre cinque secoli, anche quest’anno accoglierà nelle sue braccia materne il più bel presepe vivente del Salento. Qui l’habitat è natura e storia, e il teatro apparecchiato è tra i più attigui all’Umanità; qui gli attori son più persone che personaggi.
Nel presepe di Noha non c’è sforzo di arte drammatica, non affaticamento da troppa recitazione: il pastore ha davvero il suo gregge di pecore e di capre portate al pascolo ogni giorno; il contadino vanga e rivanga le zolle ed attende il frutto dalla terra anche al di là del presepe vivente; il fornaio è fornaio vero che produce il nostro pane quotidiano; il ciabattino è chi da una vita risuola le scarpe nohane; il maniscalco è l’uomo che sussurra ai cavalli, anche altrove e non solo a Natale; e così la sarta, la ricamatrice, lo scultore, il cavallaro, l’allevatore, il fabbro…
Anche gli angeli, forse, lo sono oltre la masseria ed oltre le feste.
Nella grotta, poi, troveremo, pronti ad accoglierci, un padre ed una madre, e infine il Bambino. Il quale dovrebbe essere in mezzo a noi, in ogni nostro prossimo, anzi in ognuno di noi, pronto a dare ancora la precedenza ai calpestati, alzandoli al rango di prescelti; a proclamare i vinti, retrocedendo gli altri; a rifuggire il potere, lasciando ai sommi sacerdoti ed ai Cesari la loro misera autorità numismatica; a dare il regno ai vinti e ai senza niente, rimandando i ricchi a mani vuote; a lavare ed abbracciare i piedi degli uomini, piedi che portano peso e fatica, e non corone o mitrie.
Il presepe di Noha è aperto a tutti senza distinzione, senza confini, senza muri. Qui non ci vien chiesto di essere credenti, ma credibili.
Al presepe laico della masseria colabaldi di Noha anche chi non è uomo di fede potrà ricevere coraggio da quella altrui.
dic082013
Proseguono i preparativi per la realizzazione del “Presepe Vivente” che si svolgerà all’interno della Masseria colabaldi di Noha nei giorni 25 -26 -29 dicembre 2013 e 1 - 5 - 6 gennaio 2014. Un Presepe che quest’anno si presenterà ancora più ricco di personaggi e mestieri rispetto alla passata edizione.
set092022
La nostra cittadina, secondo le ricerche storiche, si chiamava Noje o semplicemente Noe, oppure con caratteri greci: Νϖιε. Al tempo dei Monaci Basiliani (verso l'anno 800 - 850 circa d.C.) c'era già a Noha un Protopapa greco. È il periodo in cui probabilmente si costruiscono l’antica chiesa detta “Piccinna” e il convento e chiesa di Santu Totaru (S. Teodoro) che, con il passare dei secoli, furono inglobati nella Masseria colabaldi.
Le cose nel Salento e quindi anche a Noha, andarono avanti sotto la giurisdizione dei Monaci Basiliani per circa tre secoli. Poi, nel 1090, Goffredo il Normanno, conte di Nardò, ostile ai greci, chiese e ottenne dal Papa Urbano II (1088 - 1099) che il governo della diocesi fosse sottratto ai Monaci Basiliani e affidato ai Monaci Benedettini.
Su molti documenti antichi Noha è qualificata come: “Noe, terra dei Greci”.
A Noha si continuò a parlare e pregare in greco fino almeno al 1600. La Chiesa Piccinna, a forma ottagonale, dedicata alla Madonna delle Grazie, verso la fine degli anni ’50 del secolo scorso, fu puntellata con una struttura di pali in legno che la ponevano in sicurezza stando “appoggiata” alla attigua Chiesa di San Michele Arcangelo, molto più resistente. Sopra il tetto coperto di tegole crescevano rigogliose le piante di fico. Da tempo era stata devastata e i vandali avevano asportato tutto, comprese porte e finestre. Resistette fino al 1963, anno in cui venne abbattuta perché dichiarata pericolante. Per demolirla, gli operai chiamati a effettuare l’opera distruttiva e definitiva, legarono dei grossi cavi d’acciaio alla parete rivolta a sud facendoli passare attraverso due grandi brecce già aperte nelle mura. Legarono quindi i cavi ad un grosso camion e con questo potente mezzo meccanico strattonarono la chiesa fino a raderla al suolo. Le pietre rotolarono fino all’altezza del cinema, che si trova a circa 100 metri di distanza.
Le macerie vennero trasportate e sparse sul campo alla periferia di Noha, l’area adibita a pascolo e denominata “Piezzu”, ubicata di fronte all’edificio delle scuole elementari. Furono smaltiti pezzi di pareti con parti di affresco. Mescolati con il pietrame, c’erano anche frammenti di scheletri umani, evidentemente resti delle sepolture conservate nello spessore delle mura. E chissà che gli affreschi e le ossa non appartenessero proprio a loro, ai nostri Evagelos e Ruperto.
Oggi, di quel Santo luogo di preghiera, che aveva resistito e “protetto” Noha per oltre un millennio, non resta altro che la memoria di qualcuno e alcuni documenti storici che la descrivono talmente bene da poterla immaginare.
Uno fra questi, molto importante, è relativo alla seconda visita pastorale, quella iniziata il primo gennaio 1719, anno in cui è parroco Don Nicol’Antonio Soli (Arciprete per 38 anni, dal primo dicembre 1689 all’11 dicembre 1727, data della sua morte).
Sono gli atti di questa Santa Visita che ci informano che la chiesa della Madonna delle Grazie (detta Chiesa Piccinna) era anticamente tenuta da sacerdoti greci; che attorno alle pareti di questa chiesa antichissima vi erano dipinte immagini di santi e caratteri greci che riportavano i nomi di coloro le avevano fatte dipingere.
Così scrive P. Franceso D’Acquarica nel suo libro “La Storia di Noha”:
Riporto ora la descrizione della Chiesa Piccinna fatta in occasione della Visita Pastorale del 1719.
“Visitavit Ecclesiam Sancte Marie Gratiarum que p.mo a Grecis Sacerdotibus incolebatur, et nunc religiosa ecclesiasticorum et laicorum hominum Sodalidate aucta est, et summopere commendavit. Circa huius Ecclesiae Antiquissime parietes multe variorum Sanctorum Sacre Imagines pluribus ab hinc seculis non exiguam Sacris, atque Ecclesiasticis Pastoris lucem possunt afferre, inter illas autem que in sinistro eiusdem Ecclesie latere sunt depicte Sanctorum Eficies sequentes Greci caracteres leguntur eorum indicantes nomina qui opus ipsum fieri pingigi curarunt et quorum etiam nunc prope caracteres ipsos greco habita expresse visuntur imagines ad vivum, ut videnctur depicte.”
Traduzione (di Padre Francesco D’Acquarica):
«Il Vescovo Sanfelice visitò la Chiesa della Madonna delle Grazie, che anticamente era tenuta da sacerdoti greci, e ora vi è una congrega di ecclesiastici e laici e la raccomandò molto. Intorno alle pareti di questa chiesa antichissima ci sono dipinte con eleganza da molti secoli fa, molte immagini di vari santi, le quali possono illustrare non poco i pastori che hanno retto la chiesa. Tra quelle immagini poi che sono dipinte sul lato sinistro di questa chiesa si leggono i seguenti caratteri greci che indicano i nomi di coloro che fecero dipingere e di cui anche adesso si vedono espresse con abbigliamento greco immagini dipinte, come pare, dal vero».
I caratteri greci qui riportati li troviamo nella relazione citata e indicano i nomi di coloro che fecero dipingere le immagini dei vari santi:
Mnh ape. tw Pawlw - W. ebaine l.. star... - Mnh. ain. tw Pawlw. tw Pwpertw
Con l’aiuto della nostra concittadina e amica Mariella Chittani, residente in Grecia, ci siamo rivolti a dei docenti di filologia, ed esattamente alla Professoressa di filologia e greco antico del Terzo Liceo di Pireo/Atene, Galanopoulou Paraskevi, per farci tradurre quelle espressioni.
Pur riscontrando molte difficoltà nell’interpretazione dei simboli riportati da Don Nicol’Antonio Soli, si è giunti alla conclusione che il significato potrebbe essere il seguente:
Ricordati di me Santo, del tuo servo Evagelos;
Ricordati di me Santo, del tuo servo Ruperto;
Quindi Angelo e Ruperto sono i nomi dei due nostri sacerdoti greci che fecero affrescare la chiesa, comprese le loro stesse immagini (con abbigliamento greco immagini dipinte, come pare, dal vero), di cui purtroppo non si è salvata nemmeno una foto. Ciò che fa meraviglia, ancora una volta, è il messaggio di Fede che ci viene trasmesso così, in un tentativo straordinario di comunicazione con Dio, attraverso gli strumenti di quel tempo.
(Testo e grafica di Marcello D’Acquarica. Alcune notizie storiche sono state ricavate dal libro “NOHA - LA SUA STORIA” di P. F. D’Acquarica - 2021 – Arti Grafiche Marino - LE)
Marcello D’Acquarica
nov202014
Anche quest'anno ci sarà a Noha il presepe vivente nei seguenti giorni: 25, 26 e 28 dicembre 2014 e l'1, il 4 e il 6 gennaio 2015.
Dall'antica masseria colabaldi il presepe trasloca nel centro storico di Noha.
La natività avverrà all'interno di in uno dei beni culturali più belli e suggestivi del Salento, un luogo mitico, unico al mondo.
Dove? Rimanete sintonizzati con Noha.it: lo scopriremo insieme strada facendo.
La redazione di Noha.it
gen252016
Bello! Vedo che in occasione del presepe vivente, con l’obiettivo di far conoscere meglio i beni culturali di Noha, ogni volta si scopre qualcosa di nuovo e di importante.
L’anno scorso, (Natale 2014), mi accorsi che faceva bella mostra di sé, appoggiata per terra all’ingresso della “Casa Rossa” messa lì apposta, ma forse non notata, un’antica pietra circolare che sicuramente fu un coperchio delle fosse granarie che a Noha erano scavate nella roccia in località cisterneddhra, risalenti probabilmente al tempo dei monaci basiliani, il che vuole dire prima dell’anno mille.
Quest’anno (Natale 2015) abbiamo avuto la gioiosa sorpresa di vedere un affresco sull’antico muro del Castello. Veramente anche nella Masseria colabaldi mi aspettavo di vedere qualche icona bizantina nel conventino dei basiliani o nella chiesetta di Santu Totaru. Forse il degrado ha avuto la meglio e tutto è scomparso.
L’affresco di quest’anno è una testimonianza in più che conferma l’antichità della nostra cittadina. Senza voler entrare nel merito del valore artistico, dell’autore e di quando è stato fatto (per il momento si può fare solo ipotesi), volevo presentarvi le mie considerazioni.
E’ risaputo che i baroni dal secolo XI e seguenti ci tenevano a costruire il loro Castello. Sappiamo anche per certo che il nostro primo Barone fu Pietro De Noha che nel 1270 mise il centro della baronia (molto estesa) del suo casato a Noha. Pietro De Noha morì nel 1308 e gli successe il figlio primogenito Guglielmo. Ma Pietro De Noha non è sorto come un fungo, la sua casata già esisteva. Per cui troviamo nel secolo XII Nicolò De Noha, uno dei 12 capitani che condussero in Lecce i principi normanni, al quale, siccome agli altri, donarono nobili feudi (cf. Archivio mutatoriano: studi e ricerche in servigio della nuova edizione de “Rerum italicarum scriptores” di L. Muratori, Edizioni 11-15 pg.695). E sappiamo anche che Nicolò De Noha era figlio del celebre Cavaliere di Malta Goffredo De Noha.
Non so se sia in piedi alcun legittimo Rampollo della nobilissima Famiglia di Noha, denominati di tal forma per la Signoria di quel Castello sito nel fertilissimo Territorio Leccese, ove son stati anche Signori di Padulano, di Francavilla, e di Cavallino, e altre Terre nella medesima Provincia, reputati nobilissimi nella Città di Lecce, havendosi memoria posseder tal Dominio sin dall’anno 1253, e nel Registro del Re Carlo Primo dell’anno 1268 ritrovai Guglielmo de Noha con il titolo di Miles comparire avanti il detto Re, come altri Baroni della Provincia, e ben se ritrovano altri honori in detta Famiglia, come si scorge da’ Reali Registri. (Testimonianza di don Giuseppe Reccho “Notizie di famiglie nobili ed illustri della città e Regno di Napoli” stampata a Napoli nel 1717).
Nel 1268 dunque Guglielmo De Noha con il titolo di “Miles” compare avanti il detto Rè, come altri baroni della provincia e havendosi memoria posseder tal Dominio sin dall’anno 1253.
Il termine miles, nel linguaggio delle fonti medievali, si riferisce al combattente a cavallo o cavaliere. Il miles fa parte di un ceto sociale, con l’investitura cavalleresca da parte del Re. Allo status di miles erano connessi privilegi fiscali, ereditari, giudiziari. E ad un certo punto chi apparteneva alla stato di miles era considerato parte della nobiltà.
Ebbene tutto questo per dimostrare che la nobile famiglia De Noha apparteneva a questo ceto dei Miles (combattenti a cavallo). Ecco allora perché l’affresco che abbiamo visto ci riporta una scena di cavalleria. I De Noha amavano l’arte cavalleresca e niente di strano che nel loro Castello abbiano fatto affrescare le pareti del giardino con scene di cavalieri a cavallo.
Già sappiamo che quando nel 1700 il Castello fu ristrutturato e divenne una masseria, quel muro fu ricoperto di intonaco: così l’affresco è arrivato fino a noi per quel tanto che si può ancora vedere, ma è un tesoro prezioso da salvare e custodire.
P. Francesco D’Acquarica
dic272013
Ecco il primo di cinque video che ci farà conoscere gli 80 figuranti del presepe vivente allestito nella Masseria colabaldi.
dic162013
La magia del Natale riporta alla luce la Noha di un tempo. La piccola frazione di Galatina, famosa per essere la città salentina dei cavalli ma anche per le sue chicche architettoniche come le "casiceddhre" o la Casa Rossa, a Natale svela un altro prezioso tesoro: la masseria colabaldi, antico edificio costruito in almeno tre epoche diverse, e oggi lasciato quasi in balia dell'abbandono e della smemoratezza.
A restituirgli un po' di vita ci pensano i volontari che ogni anno organizzano il presepe vivente aprendo ai visitatori di ogni dove il grande portale di legno e ferro battuto alla cui sommità è incisa la data del 1595. Varcata la soglia i grandi "cozzi", tipici massi nohani, delimitano il percorso mentre i soldati romani dal mantello color porpora e la lorica in cuoio offrono un corroborante bicchiere di vin brulè.
L'architettura della masseria presenta un grande salone, un giardino monumentale, ed una grande torre alta più di undici metri, sui pareti della quale s'affacciano le celle ed i giacigli usati un tempo dai monaci basiliani.
Ed è proprio all'interno dell'"ara", del cortile, e degli altri locali che prendono vita gli antichi mestieri interpretati dai nohani, in tante diverse scene che, in realtà, rappresentano le loro vere professioni. Così il fornaio offre soffici e calde pagnotte come fa ogni giorno, la pastaia "scana" l'impasto per i maccheroncini e le orecchiette, il ciabattino ripara le scarpe rotte, "lu stumpacranu" pesta il grano nel mortaio per venderlo alle donne del paese e l'oste offre il vino e le "pittule" a tutti i visitatori.
Alla natività è invece riservata la parte più antica ed affascinante della masseria, la chiesa che i monaci basiliani avevano dedicato a "santu Totaru", ovvero san Teodoro.
Fonte quiSalento 15-31 dicembre 2013
gen092011
Eccovi il primo dei tre nuovi video di interviste effettuate nell'ultima "puntata" del presepe vivente alla Masseria colabaldi di Noha.
Ad essere intervistati gli attori protagonisti della storica rappresentazione.
I tre video verranno pubblicati su questo sito dal primo fino all'ultimo, ad intervalli regolari.
Collegatevi puntualmente a www.noha.it per le novità.
nov262013
I ragazzi del presepe vivente di Noha sono già al lavoro nell'antica Masseria colabaldi per l'allestimento della scenografia, con la colonna sonora di Fabrizio de Andrè.
Anche a Noha quest'anno si racconterà la storia di un Dio che si fa uomo nella cornice dell'antica Masseria colabaldi, bene culturale insigne, svettante ancora oggi, dopo cinque secoli di Storia, dall'acropoli di Noha.
A Noha c'è un gruppo affiatato di variegata umanità che, sfidando ogni avversità, riesce ogni anno a far rivivere il grande miracolo della ri-nascita.
Questa è la strada per rivivere la storia dell'Uomo e degli Uomini
Strada di pietre e di gente strada luogo di incontro e di dialogo strada da percorrere per trasformarsi da spettatori ad attori-protagonisti della scena.
Presepe vivente di Noha - presso l'antica Masseria colabaldi - viale Alberto dalla Chiesa - Noha-Galatina - 25 -26 -29 dicembre 2013 e 1 - 5 - 6 gennaio 2014
gen092011
L'arrivo dei Re Magi nel Presepe Vivente allestito nella Masseria colabaldi di Noha.
gen072014
Visita guidata Noha : Inizia il nostro percorso dalla masseria colabaldi, la storia di Noha, l'incrocio tra la via reale e quella pietrina, i resti di un pavimento di una domus romana, il menhir, la casa rossa, il monastero, basiliano, le casiceddhe, la trozza, il castello, la torre medioevale, la chiesa matrice, la chiesa piccina ed infine il calvario.
Domenica 12 gennaio 2014 alle ore 10.30 per info e prenotazioni 320 8689221
mag312018
Come sempre ci siamo illusi che qualcosa possa cambiare in questo paese. Si, siamo cocciuti e ostinati e osiamo perfino sperare. Il “ci” è riferito alle persone che non solo si riconoscono nel nostro Laboratorio di Fareambiente, ma anche a tante altre persone perbene di Noha. E ce ne sono, e sono pure la maggior parte.
E quindi, dopo la bellissima fioritura dei mesi di quest’ultima primavera, arrivato l’atteso secco di stagione, altrettanto bello, la nostra speranza è andata, come si suol dire, a farsi friggere. In fumo.
Ecco come sono andati i fatti: passando davanti alla Masseria colabaldi, la domenica 15 maggio, in occasione della passeggiata per le vie di Noha, organizzata dall’Associazione Arci Levèra e coadiuvata dalle altre Associazioni: FIDAS Noha, Faremabiente Laboratorio di Galatina-Noha e la Scatola di Latta, ci siamo accorti che c’erano dei materassi nell’erba. Appena finita la passeggiata, ci siamo precipitati per togliere i materassi dall’erba e li abbiamo riposti sul marciapiede di via Dalla Chiesa, per favorirne la raccolta da parte degli operatori di Monteco s.r.l., l’azienda addetta alla raccolta differenziata in questo Comune e frazioni.
Qualche giorno dopo, ritornati sul posto per verificarne il ritiro, notavamo nell’erba sul bordo della strada altri sacchetti di rifiuti e un albero di natale completamente smontato. Non passano nemmeno due giorni, il tempo per far sgomberare quegli altri rifiuti, che ci ritroviamo con il primo incendio doloso della stagione, nell’abitato di Noha.
Albero di Ntale, rifiuti e prato andati in fumo, arrostiti.
Oggi, 30 maggio, alle spalle del campo sportivo, la discarica dei soliti piroglioni, che evidentemente insistono, apre le sue illecite attività, alla faccia del tanto atteso Eco centro di Galatina.
Ci rivolgiamo al senso di responsabilità dell’autorevole sito Noha.it, affinché faccia appello alle persone civili di questa comunità per denunciare chi sparge e incendia i suoi rifiuti fuori dalla porta delle nostre case. Ci appelliamo alla responsabilità di chi insegna a questa popolazione il senso civico e il rispetto della Natura e della Vita. Ci appelliamo agli autori di questi atti criminosi, di non gettare la loro sporcizia in giro per il paese, per il loro stesso bene e dei loro figli.
Il Direttivo di Fareambiente, Laboratorio di Galatina-Noha
ott242015
Stupenda, bellissima, gioiosa notizia quella di poter finalmente allestire il “Presepe Vivente” (sesta edizione) nel giardino del Castello di Noha: luogo magico, incantato, da favola. Che ci sarà mai al di là di quel muro, così alto oltre il quale non si può vedere nulla?
Tutti potremo osservare, ammirare qualcosa dei nostri “beni culturali”, quello che i nostri antenati hanno creato e consegnato alla storia cittadina, quello che si è salvato dall’invasione dell’asfalto e del cemento armato dei nostri tempi: “il parco degli aranci”, “la torre con il ponte levatoio”, quello che resta del “Castello” della nobile famiglia dei Baroni De Noha che fin dal 1200 qui avevano creato il centro della loro Baronia.
L’anno scorso abbiamo ammirato il presepe vivente nella “Casa Rossa”; qualche anno fa, nelle edizioni presso la Masseria colabaldi, abbiamo osservato da vicino quell’altro gioiello storico, con le varie parti della Masseria, luogo del cuore, nel cui giardino erano state ricostruite dai ragazzi del presepe, una volta la Throzza e un’altra l’antica torre di Noha. Quest’anno, invece, avremo il privilegio di vedere da vicino, in tutto il suo splendore, uno tra i più belli ed antichi beni culturali di Noha, con tutto lo spazio che il Castello ha conservato per noi.
Fino a non molti anni fa, quello spazio era enorme e andava da Via Pigno fino a ridosso della Casa Rossa dove c’erano le tombe Messapiche. Ora il grande “parco degli aranci” è attraversato dalla continuazione di Via Donatello per facilitare il traffico che sfocia sulla Via di Collepasso. Durante la guerra 1939-45 lì sorse anche una attività industriale, la SALPA (Società Anonima Lavorazione Prodotti Agricoli), per iniziativa della famiglia Galluccio e vi si lavoravano le mele cotogne, prima, e poi i pomodori, dando lavoro ad un centinaio di operai.
Nel giardino retrostante il Castello ci sono stato per la prima volta 40 anni fa, quando non conoscevo nulla dell’antichità di Noha. Ci andavo per constatare l’esistenza “de lu thrabuccu” che non ho trovato. Mi accompagnò il custode addetto in quel tempo e, mentre osservavo ogni cosa, immaginavo di vedere il Barone Pirro con il suo figlioletto Guglielmo passeggiare nel giardino, o la Baronessa Solemna con la figlia Isabella camminare per i viali, quando d’estate andavano alla Casa Rossa per un po’ di frescura.
Rimasi affascinato dalla Torre. Appartiene all’epoca dell’architettura federiciana. Federico II (1194-1250) figlio di Enrico VI di Svevia, si è caratterizzato per la sua volontà pianificatoria di difesa e di rappresentanza del potere imperiale nel meridione d'Italia. Caratteristica comune dei castelli di epoca federiciana era l'impianto geometrico regolare, tipici nel periodo che oscilla tra il 1235 e il 1245, utile a garantire difesa e controllo del territorio.
La torre di Noha rientra in questo contesto: è situata nel giardino retrostante il "Palazzo baronale". Tuttora presenta tutti i requisiti della torre di avvistamento e di difesa. Con il prospetto principale rivolto verso Nord, quindi verso l'antica strada, la famosa “Strada Reale di Puglia”, s'innalza su due piani a pianta quadrangolare di metri 7 x 5 e raggiunge circa 10 metri di altezza. Una scala risolta in un'unica rampa lievemente incurvata verso Est, è poggiata su un'arcata a sesto acuto ed è munita di ponte levatoio. Il piano di legno ribaltabile è stato sostituito da una lastra metallica, che certamente impediva in caso di pericolo l'accesso al vano, posto al piano superiore. Realizzata con conci di tufo sistemati per corsi orizzontali abbastanza regolari, la costruzione è coronata da un elegante motivo ad archetti tipici dell’architettura federiciana.
Situata a circa 80 metri sul livello del mare, permetteva forse un collegamento a vista con altre torri poste nel territorio circostante e realizzava il posto ideale di osservazione di un lungo tratto di strada. La torre era a ridosso del Castello che era a pianta quadrangolare e dotato di bastioni sui quattro angoli. Teniamo conto che il luogo dove si trova oggi, quello che resta del Palazzo Baronale, era un punto di avvistamento lungo la via per Ugento. Perciò era logico far sorgere una struttura difensiva di quel tipo in quei tempi calamitosi.
Pensate all’esistenza del frantoio ipogeo, lu thrappitu, sotterrato davanti al Castello, alle casiceddhre che stanno per crollare, pensate alla vita che si è svolta in questo luogo quando il tutto divenne la “Masseria del Castello”: padroni succedutisi ai baroni, contadini che lavoravano per i signori benestanti, eventi belli e a volte anche drammatici accaduti nei secoli. Un esempio per tutti lo leggiamo nei registri parrocchiali, quelli dell’Arciprete Don Nicolantonio Soli (1662-1727) che, primo a compilare quelle carte, ci ha lasciato così la sua testimonianza:
Adì 19 Aprile 1711 - Domenico d'Anna marito di ... di S. Pietro Ingalatina, giardiniero nel giardino dietro il castello di Nohe fu trovato ammazzato seu ucciso de fatto con una archibugiata datali al petto ad hore cinque, in sei di notte, et non havendo ricevuto nessuno sacr. però havendo il biglietto del Precetto Pascale adempito nella sua chiesa di questo presente anno et ancora la licenza di Mons. Vicario di Nardò di poterli dare l'ecclesiastica sepoltura questa qui infilata e poi à d. giorno fu sepelito dentro questa mia parrocchiale chiesa di Nohe.
*
Complimenti ai responsabili e collaboratori che ogni anno ci fanno la lieta sorpresa di un Presepe Vivente impostato sulla conoscenza dei nostri beni culturali. Grazie perché con le vostre iniziative ci fate rivivere il Natale cristiano, quello inventato da San Francesco d’Assisi, quello che fa pensare alla storia della nostra salvezza, quello che ci aiuta a vivere ancora in un clima di fraternità natalizia.
Il mio sogno è che presto, prima che per me sia troppo tardi, possa vedere il parco degli aranci aperto al pubblico tutto l’anno, dove la gente di Noha possa andare a trascorrere il tempo libero, a studiare la nostra storia, a godere della frescura e dell’aria buona (da sempre apprezzata come aria salubre di Noha). Mi auguro che anche il frantoio ipogeo, ora sigillato, possa un giorno rivedere la luce; mi auguro che diventi visitabile da parte di tutti, come molti altri frantoi ipogei della provincia. So che ci vuole del tempo, ma con il tempo si crea anche la coscienza delle cose belle. Quando nel 1972 feci le prime ricerche, nessuno conosceva quello che la nostra cittadina nascondeva della sua storia. Ora finalmente molti sanno, e il presepe vivente di ogni anno ne è la prova. A Natale ci sarò anch’io.
P. Francesco D’Acquarica
gen072014
Pubblichiamo la photogallery del Presepe Vivente di Noha realizzata lunedì 06 gennaio 2014.
giu112018
Un autentico successo, sancito dall’abbraccio di circa 350 persone, l’esordio degli amici de “La Civetta dal CUORE AMICO” il cui scopo è fondamentalmente quello di animare la solidarietà, la partecipazione e l'integrazione sociale, operando al servizio delle persone in difficoltà organizzando, in maniera itinerante, serate di informazione e sensibilizzazione.
L’occasione è stata una raccolta fondi per la ONLUS salentina “Cuore Amico – Progetto Salento Solidarietà”, un’associazione no-profit che opera da tanti anni nel Salento e che si rivolge a sostegno di bambini salentini affetti da gravi patologie o aventi particolari necessità.
Location dell’evento l’affascinante cornice dell’aranceto del Castello di NOHA, sede dello storico presepe; un doveroso ringraziamento va proprio all’Associazione "Masseria colabaldi" che ci ha accompagnato amorevolmente in questa splendida avventura.
Ci siamo deliziati con le deliziose “puccette” con le olive e alla pizzaiola appena sfornate, con le “pittulicche” bollenti, con le bruschette abbrustolite sulla brace, con un buonissimo Primitivo di Galatina, abbiamo ascoltato le indimenticabili colonne sonore targate esclusivamente anni 80 e siamo riusciti a raccogliere 800€; tanta musica dunque, tante cose buone da mangiare, tanto divertimento, ma anche e soprattutto tanta solidarietà.
Ringraziamo inoltre i ragazzi della seconda A e seconda B della Scuola Secondaria I° Grado dell’Istituto Comprensivo "Polo 2" di Noha diretti magistralmente dall’insegnante Colazzo Rita Maria.
La serata è stata ulteriormente impreziosita dalla presenza dei due Parlamentari galatinesi (Onorevole Leonardo Donno e Senatore Cataldo Mininno) e dell’Assessore Loredana Tundo in rappresentanza dell’Amministrazione comunale di Galatina.
Ci sono serate belle da vivere e anche da raccontare: quella di sabato 09 giugno 2018 è senza alcun dubbio da annoverare in questa schiera. Noi ci saremo sempre dove poter portare un aiuto.
Gli Amici de “La Civetta dal CUORE AMICO”
set042015
Dopo i due successi del 2013 e 2014, il Roncella porta a casa la terza vittoria consecutiva del Torneo dei Rioni.
“Un successo mai davvero in discussione”, affermano (umilmente) i sostenitori a fine incontro.
In una partita molto equilibrata va in vantaggio il Roncella nel primo tempo, poi raddoppia nel secondo tempo, con un gol arrivato nel momento migliore del Castello che poi riesce a riaprire la partita portandosi sul 2 a 1. Ma negli ultimi minuti del secondo tempo il Roncella riprende in mano le redini dell’incontro segnando la terza rete.
Ecco i risultati delle finali del Torneo dei Rioni di Noha:
Questa invece la classifica dei tornei vinti:
3 - Roncella
2 - colabaldi
1 - Piezzu
0 - Castello
0 - Trozza
Arrivederci al prossimo anno.
mag142024
Partito oggi a Noha, con il trenino panoramico, il progetto promosso dai ragazzi delle classi 4e del Polo 2 Noha e Galatina denominato: "CONOSCO IL MIO PAESE”.
L'associazione FURIA NOHANA ha messo a disposizione un trenino che ha accompagnato alunni, insegnanti ed amministratori nella visita dei beni culturali presenti sul territorio, tra cui la Masseria colabaldi , la Trozza, il Ponte Levatoio all'interno del Castello di Noha, ora denominato NohaSi Palace, la Casa Rossa, le Casiceddhre, la Torre dell'orologio oggetto di restauro, la nostra imponente Chiesa Matrice di San Michele Arcangelo e il Calvario.
Il tour si è concluso presso la scuderia Sant’Eligio di Noha dei fratelli Bonuso.
Qui i ragazzi hanno trovato ad attenderli un punto ristoro allestito sempre dall'associazione FuRia Nohana e da tutto lo staff delle Scuderie che è stato ben lieto di accogliere i ragazzi facendo da guida per la visita agli animali ospitati nella scuderia dove hanno fatto vedere ai ragazzi la gestualità e la comunicazione con il cavallo.
I ragazzi sono stati felicissimi di aver trascorso una giornata all'insegna della natura ammirando quanto di bello offra la nostra cittadina rimanendo molto incuriositi dalle Casiceddhre, riscoprendo anche il piacere delle vecchie tradizioni.
La giornata è stata anche allietata dalla mascotte dei MINIONS gradito ospite dei nostri piccini.
Vogliamo ringraziare la dottoressa Longo, i fratelli Bonuso, il Sindaco Dott. Fabio Vergine e la Vicesindaco Avv. Grazia Anselmi, la presidente Natascia Rossetti e la vicepresidente Daniela Sindaco della Associazione FuRia Nohana e tutti i partecipanti.
FuRia Nohana
giu082023
In questo e nel prossimo fine settimana sono in programma passeggiate guidate nel territorio di Noha alla scoperta non solo dei siti e dei luoghi di interesse storico ed artistico ma anche delle peculiarità agricole e produttive che lo caratterizzano.
Di seguito il programma completo:
Noha – Sabato 10 Giugno 17.30
Dalla terra alla tavola. Scoprire le radici del territorio attraverso i prodotti agricoli.
Passeggiata agricola narrativa dalla Chiesetta Madonna di Costantinopoli (via Collepasso) fino all’azienda agricola Bramato per scoprire insieme a Francesco Bramato le curiosità, le caratteristiche di coltivazione ed alcune idee insolite sull’utilizzo di piante, ortaggi e frutta.
Punto di ritrovo Chiesa della Madonna di Costantinopoli(via Collepasso).
CURIOSITA’. Nel corso della passeggiata si scoprirà il singolare labirinto botanico.
Noha – Sabato 17 Giugno 18.30
Inaspettato fuoriporta. Noha tra archeologia rurale a industriale.
Passeggiata informale con il divulgatore Marcello D’Acquarica per scoprire attraverso i siti di Masseria colabaldi, Casa Rossa, Torre Medievale, l’ex fabbrica di Brandy Galluccio, le iconiche Casiceddhre , la Chiesa Matrice e altri che verranno svelati durante il percorso, la storia e lo sviluppo della frazione di Noha.
CURIOSITA’. Nel corso della passeggiata si farà sosta all’interno del giardino dove era custodito il primo quadro elettrico del nucleo urbano di Noha.
Punto di ritrovo Masseria colabaldi – Via Carlo Alberto Dalla Chiesa
A cura di Noi Ambiente e Beni Culturali – E’ gradita la prenotazione: noiambiente9@gmail.com
Siete tutti invitati a partecipare a queste incredibili passeggiate esperienziali immersi nell’unicità di Noha.
dic052014
“Il presepe vivente si farà anche quest’anno, e, se possibile, sarà ancora più bello e particolare” – con queste parole Giuseppe Cisotta, quando ormai ogni porta sembrava sprangata all’iniziativa, mi ha comunicato il fatto che s’era aperto finalmente il classico portone. Del resto, il trasloco della rappresentazione artistica dall’acropoli dell’antica Masseria colabaldi al centro storico di Noha è sempre stato un pallino fisso degli innamorati del nostro borgo.
Così, come in una favola di Natale, ho visto riaprirsi i portali delle case dei famigli del castello, ho sentito i cigolii delle ante di quegli usci, toccato battenti e maniglie ossidate dall’età, ammirato volte a stella, architravi, pietre angolari.
Ho osservato mani esperte sistemare pietre scolpite chissà quando da abili scalpellini, artigiani grattare la ruggine dai cardini delle finestre, esperti in materia stuccare pareti graffiate dai fantasmi del passato, muratori posare chianche per il passo del pellegrino, e contadini rimettere ordine ai giardini segreti mai stanchi di diffondere ancora profumo di zagare e autenticità.
Casiceddhre e Casa Rossa, sono le prime tappe di questa nuova avventura, pronte a darci un brivido alla percezione di quante volte, forse migliaia, ci siam trovati vicini al nostro passato senza tanto badarci, e forse senza avvertire il mormorio frenetico del tempo.
Qui si va avanti a muso duro, compiendo cento passi, e poi altri mille, poi ancora cento, e altri mille, senza fermarsi mai.
A Noha il presepe diventa presempre.
Antonio Mellone
giu102014
giu042015
Ci sono persone che il Destino mette sulla tua strada e per delle ragioni incomprensibili ci restano per sempre.
Non me lo ricordo neanche più quando, ma sapevo a malapena leggere, e mi trovavo in un ripostiglio della sua casa paterna in via Cadorna, a leggere giornalini di Tex Willer. Nel vano scale di quella vecchia casa, Pietro, il padre di Roberto, aveva sistemato dei lunghi pali di legno, di quelli che teneva per il suo lavoro da mastro costruttore. Da un lato poggiavano sui gradini e dall’altro sul ripiano in alto (u menzanu) quasi a toccare il soffitto. I pali fungevano da passerella e quello era uno dei nostri nascondigli preferiti. Me ne stavo lassù a leggere per ore e ore, fino a che un giorno mi ci addormentai e tutti si dimenticarono di me. E’ facile immaginare cosa accadde dopo, allorquando i miei misero sottosopra tutto il paese per cercarmi. Da quel giorno le nostre strade, le mie e quelle di Roberto Serafini, non si sono mai più allontanate. Quei Tex Willer li ho ancora perché Roberto me li ha conservati per tanti anni. Che cosa aveva speciale Roberto? Amava la natura, l’aria aperta e le cose semplici. Come me, non sopportava i luoghi al chiuso e ogni occasione era buona per scoprire posti nuovi e ammirare le bellezze della nostra terra.
Poi da allora è stato un turbinio di belle esperienze che hanno rafforzato la nostra amicizia, con l’aiuto e con il merito delle nostre compagne di vita: Angela e Lucia. Niente avviene per caso ed era scontato che il loro rapporto, pur provenendo da due mondi completamente opposti, si ritrovassero in sintonia. Questi tre giorni, in cui abbiamo accompagnato Roberto alla sua ultima dimora, mi hanno lasciato dentro un vuoto pressante. Ci diciamo che con il tempo passerà e il vuoto si colmerà di tanti bellissimi ricordi: delle passeggiate nei boschi, lungo la costa, e nelle vie addobbate a festa dei paesi che Roberto con orgoglio ci portava a visitare sempre, d’estate e d’inverno. Non serve avvilirsi, né tanto meno serbare rancore o rabbia, contro chi o che cosa poi? Forse colpevoli di questo dramma che ci sta portando via tanti amici, lo siamo tutti. Roberto, mi ha detto di dirvi che lui amava la vita, e che era felice anche di vivere così, come lo era ultimamente martoriato dai continui esami, dai cicli di radio e dalle febbri frequenti che lo spossavano.
Così diceva: “Stau bbonu! Se u Signore me lassa”. Roberto credeva nel Signore e nelle preghiera. Lo so che l’invidia è una brutta cosa, ma io lo invidiavo per questa sua Fede e per la sua grande capacità di convivere con quel dramma che lui conosceva appieno. E non si arrabbiava nemmeno quando, poche settimane addietro, passeggiando per Noha mi disse: “Marcellu, quandu nnu rrivi cu ti ttacchi le scarpe de sulu, è bruttu segnu”. Roberto non aveva segreti, noi ci dicevamo tutto e di più. Il suo argomento preferito, guarda caso, era proprio la cura dell’ambiente. Non l’ho mai visto bruciare né un pezzettino di plastica, né altro. Riciclava e differenziava tutto. Amava i prodotti buoni della terra, che produceva in quantità. Nella sua casa c’è sempre stata l’abbondanza di tutto ciò che portava dalla campagna, e poi conservava nella sua cantina scavata sottoterra. Non è mai successo, dico mai, che io sia uscito da casa sua a mani vuote. Non era raro vederlo girare per il paese con il cofano della sua gloriosa Opel Kadett grigio argento, stracolmo di verdure che scaricava a turno a casa di amici e amiche. Da lui ho imparato che non conta la bellezza esteriore di una melanzana o di un qualsiasi altro prodotto, ma la genuinità e la fragranza. Da Roberto ho imparato il senso vero della generosità, perché quando ti dava qualcosa non si aspettava niente in cambio, ma era semplicemente felice di farlo. Se dovessi scrivere qui tutte le cose che ha fatto per me e per la mia famiglia, credo non basterebbero mille pagine. Cose semplici come lo era lui stesso, come il farci trovare sul tavolo di casa un cesto di frutta e ortaggi appena raccolti, quando sapeva che noi stavamo arrivando da Torino per passare le vacanze a Noha. Oppure quando mi chiamava al cellulare per dirmi di passare da lui che c’era una cosa per me Che cosa?: meloni, pomodori, insalata, zucchine, pupuneddrhe e una bottiglia di vino. “Quest’anno- mi disse l’altro Natale- se vuoi le patate te le devi seminare tu, io non ce la posso fare”. E invece ebbe il coraggio di regalarmi una cassetta piena di bellissime patate, selezionate nella misura e coperte con un foglio di carta su cui aveva scritto: “al mio compare”.
Non ho bisogno di testimonianze per ricordare cosa mi ha regalato, ovunque io volga lo sguardo: nei campi, in casa, in macchina, fra le mie cose, in mezzo ai libri, ecc. in ogni anfratto c’è la sua mano. Temeva perfino per la mia incolumità fisica, fino al punto da aiutarmi a “guadare” le antiche mura della masseria colabaldi come un novello traghettatore.
E questo, di Roberto, è solo un piccolo assaggio.
giu232015
Uomini e donne che si occupano di attività diverse tra loro, ma con un comune denominatore: la solidarietà. Succede nella nostra piccola comunità, dove un gruppo di associazioni si sono preoccupate delle difficoltà economiche della FIDAS-Noha, la quale negli ultimi tempi ha dovuto impegnare tutte le sue (già scarse) risorse per mettere a norma, secondo le nuove disposizioni di legge, la casa del Donatore di Sangue, “patrimonio comune”.
La somma spesa per ottenere i requisiti necessari all’accreditamento della nostra Casa alla raccolta delle donazioni di sangue ammonta a quasi 14.000 euro. Ma ne è valsa la pena: la nostra associazione ha ottenuto l’“idoneità”, fra le pochissime in Puglia, proprio qualche settimana fa.
Per quanto ovvio, la nostra Fidas non aveva questa somma a disposizione ed è dovuta ricorrere al credito di fornitura per circa 10.000 euro, grazie alla fiducia accordataci dagli artigiani locali, molti dei quali hanno pure prestato la loro opera gratuitamente - a meno, ovviamente, delle spese vive. Spese vive che, come detto, sono tante e a cui bisogna far fronte entro tempi ragionevoli.
Ecco allora che alcune Associazioni locali come ACLI, Gruppo Masseria colabaldi, L’altro Salento, CNA Galatina, Noha.it e i Dialoghi di Noha in pochi giorni hanno organizzato una festa semplice ma bellissima (o forse bellissima proprio perché semplice) che si è svolta il 13 giugno, solennità di San Antonio, in contrada Magnarè, all’ombra dello stupendo tempietto nohano con cupola maiolicata e campanile.
Scopo della festa, onorare prima di tutto il Santo taumaturgo di Padova, anche attraverso la benedizione e la distribuzione del “pane di Sant’Antonio”, avvenute sul sagrato della chiesetta, e il successivo piccolo spettacolo pirotecnico in Suo onore. Dopo il suono a festa dell’antica campana sono iniziati, diciamo così, i festeggiamenti civili (“civili” in tutti i sensi), con la distribuzione dei panini e della birra e la connessa raccolta fondi. I dolci sono stati gentilmente offerti da alcuni soci organizzatori e da più di un invitato, ospite di buona volontà.
Al netto delle spese è stata raccolta una somma pari a 615,99 Euro, somma interamente devoluta in beneficenza alla FIDAS di Noha.
A prima vista potrebbe sembrare un piccola somma di denaro, ma, visto lo sforzo di tutti, il brevissimo lasso temporale impiegato per la programmazione della serata (e senza nemmeno un manifesto pubblicitario), potremmo definirla un piccolo miracolo di Sant’Antonio.
Approfitto dell’occasione per ricordare che nella storia della nostra associazione abbiamo registrato altri eventi di solidarietà straordinari come questo. Qualche anno fa, per esempio, presso i Parrucchieri Mimì di via Collepasso (ma vi partecipò anche il Parrucchiere Maurizio di via Aradeo), ha avuto luogo la “giornata pro-Fidas”, una giornata intera nella quale titolari e dipendenti di questi saloni nohani decisero di lavorare gratis devolvendo, insieme alle offerte volontarie dei clienti, tutto il ricavato all’associazione dei donatori di sangue di Noha.
Orbene, il 13 Giugno scorso questa magia si è ripetuta. E la cosa più bella di tutto questo è che associazioni con scopi e obiettivi tra i più disparati hanno dimostrato (e dimostrano quotidianamente) di avere un corposo comune denominatore: fare del bene agli altri in maniera disinteressata, essere solidali, contribuire alla crescita della comunità, valorizzare i “nostri gioielli” (frase presa in prestito).
Ecco, in questa occasione la Fidas di Noha si è sentita come un gioiello da custodire con cura, perché a sua volta svolga il suo compito più importante: quello di donare la speranza agli altri.
In questi giorni e fino a gennaio prossimo i volontari della Fidas saranno impegnati nella vendita dei biglietti di una lotteria: necessaria, anche questa, per portare un po’ di ossigeno alle nostre casse. Siamo fiduciosi nei nostri concittadini e negli amici che hanno sempre sostenuto la nostra associazione. Chiediamo a tutti costoro un ulteriore aiuto con l’acquisto di qualche biglietto del costo di 1 Euro, e con 500 Euro di premi in buoni-acquisto in palio.
Grazie a nome di tutta la FIDAS alle Associazioni locali che hanno organizzato questa gara di solidarietà, e a tutte le persone che ci hanno aiutato anche in questa particolare occasione. E grazie a tutti coloro che continueranno ad aiutarci. Ovviamente per permetterci di aiutare gli altri.
Antonio Mariano
ott202020
Oggi mi sono svegliato con il pallino dell’archeologo, quindi mi sono recato nel campo di Santu Totaru, a nord di Noha.
E mi sono messo a cercare pietre.
Osservando attentamente, mi sono accorto che le grandi pietre che il povero Antonio Guido (Pasùlu), aveva utilizzato per costruire un piazzale, sono pietre molto anomale, fuori dal comune. Le misuro e non ce n’è una uguale all’altra, ma soprattutto sono fuori dallo standard dei conci di tufo che si usano da secoli per costruire.
Poi mi metto a cercare come un disperato in mezzo alla terra, sento che c’è qualcosa di importante. Il famoso sesto senso. Cammino e con i piedi sposto sassi e cocci di terracotta, sono centinaia, migliaia. Direi che la terra è fatta di pezzi di terracotta di tutte le forme. Ogni tanto ne trovo qualcuno che presenta delle sagome strane: una parte del fondo di un piatto, di una ciotola, pezzi di tegole, manici di contenitori e tanti formati. Ma perlopiù sono pezzi che somigliano molto a quelli incastrati nel pezzo di pavimento che Antonio aveva a suo tempo cementato sul muro.
Finalmente mi appare “lui”, il testimone. Fuoriesce dal terreno, cerco di estrarlo senza danneggiarlo ma è troppo grande. Con pazienza e un po’ di fortuna riesco a estrarlo intero: è un manufatto di circa 40 cm e spesso più di venti, è una parte di un pavimento del 400 d.C. Sotto ha ancora oltre un palmo di malta misto al coccio pesto che faceva sicuramente da “massetto”.
E sopra vi sono incastonate a lisca di pesce tanti pezzi di terracotta, come quelli sparsi ovunque.
Mi balena l’idea che i monaci del convento di Santu Totaru avessero una casa di lavoro nelle vicinanze del pozzo, e qui ci sono ancora i pezzi delle mura e del pavimento, penso che qui lavorassero la terra di tutta la piana che si estende fino a San Vito, ma che la loro abitazione potesse essere l’antica torre fagocitata nel 1595 dalla masseria colabaldi.
Così sembra essere. Quella che noi crediamo sia la Masseria colabaldi, di fatto è composta da due strutture di epoca molto differente. Lo si capisce semplicemente ingrandendo la vista che si ha con Google Maps. Si nota molto bene che la parte a destra, oltre ad essere costruita con materiali più antichi, è circoscritta da un alto muro di pietrame a secco, mentre la parte nuova, quella del 1595, con una muraglia molto più moderna.
Osservando attentamente i dettagli dei vari blocchi che compongono la struttura non ci sono dubbi: sono veramente “due masserie differenti”, due fabbriche che poi i secoli hanno unito in un solo corpo.
La storia è fatta di ipotesi plausibili ed è scritta nelle pietre. Basta saperle leggere e… ascoltare.
Marcello D’Acquarica
mar252014
Ieri, come capita ogni tanto, mi ha chiamato al telefono l’amico Antonio Mellone per dirmi che dalle terrazze della casa comunale di Noha hanno portato via una camionata di terra.
Bene! Concludo. Allora questo dimostra che scrivere e denunciare lo stato del degrado che regna sovrano sui beni culturali di Noha a volte serve a qualcosa.
A questo punto, per evitare che al prossimo sforzo debbano intervenire con intere carovane di autotreni per portare via le macerie dei restanti beni culturali di Noha come, dico a caso, la torre medievale, le casette, la casa rossa, la torre dell’orologio, il calvario che si appresta a sprofondare negli abissi della terra, la masseria colabaldi, il frantoio ipogeo e tutto il centro storico di Noha, incoraggiato anche dal mastodontico sforzo dell’Amministrazione Comunale, rivolgo l’ennesima lettera aperta agli addetti ai lavori:
Non rispondere a domande democraticamente rivolte è un cattivo segnale che lancia messaggi diseducativi, non solo nei confronti del sottoscritto, ma all’intera cittadinanza.
Perché mai nessuno di voi si è degnato non dico di tentare di salvare il salvabile dei nostri beni culturali, ma semplicemente di formulare una risposta, magari banale, magari anche negativa in merito? Non trovate che una risposta alle domande formulate dai cittadini siano un segnale forte, magari in grado di farci ricredere su quell’assioma che vede Noha (ma anche Galatina) solo come una terra di conquista in tempi di elezioni politiche?
giu162023
Noha – Sabato 17 Giugno 18.30
Inaspettato fuoriporta. Noha tra archeologia rurale a industriale.
Passeggiata informale con il divulgatore Marcello D’Acquarica per scoprire attraverso i siti di Masseria colabaldi, Casa Rossa, Torre Medievale, l’ex fabbrica di Brandy Galluccio, le iconiche Casiceddhre , la Chiesa Matrice e altri che verranno svelati durante il percorso, la storia e lo sviluppo della frazione di Noha.
CURIOSITA’. Nel corso della passeggiata si farà sosta all’interno del giardino dove era custodito il primo quadro elettrico del nucleo urbano di Noha.
Punto di ritrovo Masseria colabaldi – Via Carlo Alberto Dalla Chiesa
A cura di Noi Ambiente e Beni Culturali
Siete tutti invitati a partecipare a queste incredibili passeggiate esperienziali immersi nell’unicità di Noha.
mar132016
Quanto lavoro per realizzare le attrezzature, gli elmi con le criniere, gli scudi e le loriche per i legionari romani, i calzari (rigorosamente in cuoio e spago) per tutti gli attori, dal primo fino all’ultimo comparse comprese. E poi ancora i mantelli per i soldati, la tunica color porpora di Gesù Cristo “priva di cuciture”, quella che i soldati si disputarono tirandola a sorte, e poi il vestito di Ponzio Pilato, la cappa magna del sommo sacerdote Caifa, il vestiario del Cireneo, della Madonna e dell’apostolo Giovanni, della Veronica e delle altre pie donne, il tutto foggiato dalle sarte locali; e addirittura una biga ex-novo “a due attacchi” per altrettanti cavalli costruita ad hoc per la via Crucis vivente di Noha; per non parlare della croce in legno altissima (e pesantissima) caricata in spalla al Protagonista Principale della sacra rappresentazione.
Attrezzature, costumi di scena, impianti scenografici erano tutti rigorosamente manufatti (un tempo non c’erano negozi fisici e tantomeno cataloghi on-line di costumi teatrali adatti alla bisogna: e se anche fosse, a Noha da sempre si preferisce l’arte all’industria).
Così, dopo mesi di lavoro, allestimenti, studi della sceneggiatura, prove tecniche e di recitazione, le piazze e le strade di Noha si trasformavano in un palcoscenico per il più grande spettacolo corale interpretato da attori dilettanti, giovani e meno giovani, in una serie di scene dialogate tratte fedelmente dai brani del Vangelo, quelli che narrano le ultime ore del Cristo. Per inciso diciamo che gli attori di questo teatro popolare a cielo aperto erano così “dilettanti” che nelle varie tappe della via dolorosa non era infrequente che qualcuno di questi - immedesimato talmente nella sua parte - scoppiasse in lacrime per davvero (così come, del resto, il copione prevedeva).
La rappresentazione si svolgeva in maniera itinerante per tutta la cittadina, mentre il pubblico presente fungeva da sfondo, da cornice alle scene che si susseguivano: dall’ingresso di Gesù in Gerusalemme all’ultima cena, dall’orto degli ulivi all’arresto, dal processo alla condanna a morte, dalla flagellazione al percorso fino al Golgota, con le famose tre cadute e gli incontri con i vari personaggi.
L’acme del dramma si raggiungeva con la crocifissione e la successiva deposizione. Che strazio sentire quei colpi di martello amplificati dall’altoparlante, e che commozione vedere le tre croci, ciascuna con il suo fardello umano, innalzarsi lentamente da terra grazie ad un sistema di funi e carrucole per essere finalmente infisse al suolo. Lì, di fronte al Calvario di Noha, il silenzio era interrotto soltanto dal dolore straziante di Maria, e dalle ultime emozionanti frasi del Nazareno: “Donna, ecco tuo figlio… Figlio, ecco tua madre”, e poi dall’urlo angoscioso dell’Unigenito: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”, e ancora il tragico: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”, e infine il mesto: “Tutto è compiuto”.
Non era infrequente vedere molti spettatori del pubblico asciugarsi le lacrime per la commozione. Chi scrive, da piccolo imberbe osservatore nohano - ora nelle vesti di chierichetto, ora in quelle di narratore (nell’ultima edizione) – registrava tutto nella sua mente per poterlo raccontare un giorno. Un giorno come questo.
*****
Finalmente (se ne parlava da tempo), dopo oltre un quarto di secolo di assenza, la Passione vivente ritorna a Noha grazie all’associazione dei ragazzi del Presepe “Masseria colabaldi” in collaborazione con la Parrocchia di “San Michele Arcangelo”. La straordinarietà di questa edizione, oltre a tutto il resto, è legata anche al fatto che si ha la fortuna di usufruire dell’incredibile naturale scenografia degli spazi del “Parco del Castello” (i “fori imperiali nohani”) che ospiteranno le prime scene della Via Crucis vivente 2016: dalla Gerusalemme dell’ultima cena al Getsemani, dal palazzo di Pilato alla colonna dell’“Ecce Homo”, e via di seguito. Il resto si snoderà tra le strade e le piazze di Noha, fino alla Resurrezione. Sarà un percorso di arte, riflessione e di grande spiritualità.
Peccato, non parteciparvi.
Il leitmotiv scelto dal parroco don Francesco Coluccia per questa rievocazione sono i piedi del viandante. Tema molto bello e stimolante, che avremo modo di meditare Domenica delle Palme, 20 marzo 2016, in notturna, a partire da piazza San Michele, con inizio alle ore 19.00.
In caso di pioggia la manifestazione verrà rinviata al martedì successivo, 22 marzo 2016, stesso orario.
Riproponiamo qui di seguito, a mo’ di conclusione di queste note e di anteprima laica alla manifestazione religiosa di domenica prossima (no, non è un ossimoro), l’elogio dei piedi di Erri De Luca, lo scrittore non credente affascinato dalla Bibbia.
Elogio dei piedi (di Erri De Luca)
Perché reggono l’intero peso.
Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare.
Perché portano via.
Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato. E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta.
Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica.
Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin.
Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo.
Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana tarantella.
Perché non sanno accusare e non impugnano armi.
Perché sono stati crocefissi.
Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il bersaglio non meriti l’appoggio.
Perché, come le capre, amano il sale.
Perché non hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in nome del corpo contro la morte.
Antonio Mellone
p.s. 1
Ringrazio lo studio fotografico Pignatelli, per la riproduzione di alcune fotografie a corredo di questo pezzo. Grazie anche a Michele Vito Martella, per le altre foto che m’ha fatto pervenire tramite Whatsapp e per avermi raccontato alcuni particolari di un paio di Passioni viventi (in una delle quali egli vestì i panni del Protagonista Principale).
p.s. 2
Chiedo ai partecipanti alle Passioni viventi di allora (qualcuna superò i 110 figuranti) di raccontarci la loro esperienza, i nomi dei personaggi e dei loro interpreti, gli organizzatori, e, se possibile, d’inviarci le eventuali foto a loro disposizione sulla storia e le immagini di quegli eventi memorabili. E’ un modo come un altro per conoscere meglio le radici culturali della nostra terra, e per arricchire l’archivio di questo sito, sempre aperto e a disposizione dello studioso e del ricercatore di oggi e di domani. Un tempo non c’erano macchinette fotografiche digitali e soprattutto gli smartphone odierni con cui immortalare le immagini di ogni secondo della nostra e dell’altrui vita: bisognava essere dotati piuttosto di buone sinapsi più che di megabyte sulle periferiche.
p.s.3
Eccovi (salvo errori ed omissioni, ovviamente) i nomi degli attori che, in ordine cronologico, hanno interpretato, a partire dal 1977 il Cristo nelle Passioni viventi nohane: Gianni Guido (1977 e 1978), Michele Vito Martella (1979), Bruno Scrimieri (1980), Marcello jr. Maccagnano (primi anni ’80), Fernando Notaro (metà degli anni ’80).
*
Chiedo venia per gli eventuali refusi. Del resto non si può descrivere appieno una passione: la si può solo vivere.
Mel
nov222020
Mi verrebbe quasi voglia di fidarmi degli addetti ai lavori che si occupano dei beni comuni, tipo l’aria, l’acqua e la terra, e quindi di lasciar perdere tutto quello che mi passa per la mente e che vedo in giro. In fondo, penso, come si usa dire: “andrà tutto bene”. Così chiudo i pensieri per una frazione di secondo. Ma poi certe immagini mi ritornano davanti con prepotenza, e con esse le parole dette, insieme a tutti quei dati e a quelle tabelle che ho letto nel Report dei tumori nella nostra provincia aggiornato al 2020.
E allora non posso fare finta di niente. Le immagini sono anche quelle degli impianti di pannelli fotovoltaici tra le Contrade Roncella e Scorpio che, ora che hanno perso i ripari (ulivi martiri) dietro cui parevano nascondersi, manifestano tutta la loro sfacciataggine. Non ci sono parole, gli alberi d’ulivo, quelli scampati agli incendi, rimangono lì come testimoni muti della (voluta?) mancanza di cure. Invece la distesa infinita di pannelli luccicanti come l’oro sembra non fare una piega.
Inutile farvi leggere per l’ennesima volta la sfilza di controindicazioni che generano le devastazioni della campagna: desertificazione del suolo, impoverimenti della biodiversità, scarsa generazione di ossigeno nell’aria, danni idrogeologici, cambiamenti microclimatici, ecc.
Tant’è che si sono studiate norme altamente specifiche che dovrebbero tutelare tutto il sistema ambientale, paesaggistico ed economico. Si tratterebbe soltanto di farle rispettare se non avessero purtroppo la stessa efficacia delle grida di manzoniana memoria .
Nonostante l’impegno – eravamo quattro gatti spelacchiati - non riuscimmo a evitare i danni del 2010 (quelle devastazioni sono sotto gli occhi di tutti, tranne dei ciechi), ma pensavamo che questo maledetto discorso si fosse chiuso definitivamente là, con i danni a noi e i milioni di euro alle società a responsabilità limitata, che oltretutto sono pure di fuori regione, se non spagnole (prima) e tedesche (poi).
Nel 2010, forse presi dalla smania degli incentivi elargiti dallo Stato (cioè da noi stessi, altro che energia gratuita) e dai baratti per la sistemazione di un canile, l’allora amministrazione comunale non fiatò nemmeno per denunciare l’invasione degli alieni, sicché Noha subì un tremendo taglio di parco naturale (zona Roncella e Scorpio), e fu risparmiata chissà per quale miracolo da un altro impianto di pannelli di vetro, ferro e silicio, proprio dirimpetto alle case del nascente (e per fortuna poi morto nella culla) comparto 4, quello che prevedeva a nord di Noha una cosa come una ottantina di villette a schiera.
Ma tranquilli, i comparti non muoiono mai del tutto, e i progetti di impianti fotovoltaici neanche.
Ed eccolo qui, a poche decine di metri dalla Masseria colabaldi, dunque a ridosso delle case della 167 di via Lago di Garda, a due passi dalla Chiesa di San Rocco: dieci ettari di ferraglia che chiamano “parco”, pronti a sovrastare la collinetta da Via Dalla Chiesa a via delle Tre Masserie. Chissà questa volta chi parerà il sacco a questi novelli “investitori”, chissà quale conferenza dei servizi, quale legge o regolamento, quale dirigente-impiegato-funzionario-burocrate.
Il fotovoltaico è cosa buona e giusta, ma non in mezzo alle campagne, di cui dovremmo ormai tutelare ogni centimetro quadrato di terreno (chissà quando riusciremo a capire quanto la terra valga più dell’oro, più di un conto in banca con tanti zeri), ma sulle parti ormai morte dei territori, cioè quelle già cementificate o asfaltate, quelle dei tetti delle costruzioni civili o dei capannoni artigianali e industriali, quelle dei parcheggi, e quelle delle cave dismesse e, perché no, dei cimiteri. Prima che si ripeta una nuova Roncella, i cittadini dovrebbero poter partecipare a decisioni così impattanti: in fondo siamo né più e né meno che un grande condominio e le decisioni straordinarie, quelle che riguardano la salute di “tutti”, dovrebbero essere condivise con “tutti”. Così almeno se si scegliesse di farne un’ecatombe saremmo “tutti” più o meno direttamente responsabili. L’ Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Marcello Amante, in accordo con la Sovrintendenza dei Beni culturali della Provincia di Lecce e Taranto, con delibera n. 223 del 16 ottobre scorso, ha già bocciato mediante notifica di svariate incongruenze ambientali e normative altri tre progetti in zona Collemeto, per un totale di circa 21 ettari di suolo vergine. Ma questo non ci lascia mica tranquilli per il futuro. Ci sarebbe bisogno, crediamo, di più informazione preventiva, più partecipazione, ma soprattutto di più buon senso.
Marcello D’Acquarica
dic092020
Correva l’anno 1848, Noha era molto più piccola rispetto a oggi, praticamente un insieme di case, corti, palazzi (pochi), luoghi di culto, eccetera chiusi in un quadrilatero: il lato Nord rappresentato da via Benevento e il complesso di case e cantine del Palazzo Baronale, il lato Ovest da via Catania con pochissime costruzioni civili e artigianali, e scavalcando via Aradeo, il lato Sud da Via Principe Umberto, Trozza compresa, e via Nazario Sauro, per chiudere il quadrilatero con il lato Est di via Collepasso che va a ricongiungersi con largo Castello, in cui insisteva l’ingombro di ciò che fu il glorioso Mastio menzionato da Fra’ Leandri Alberto. Non esisteva ancora via Carso e via Donatello “moriva” a ridosso delle mura dell’aranceto del Palazzo Baronale.
A dire il vero, via Donatello, che allora si chiamava “via Cisternella”, non moriva affatto, bensì proseguiva svoltando accanto alla misteriosa Casa Rossa, nel vico che oggi si chiude contro l’ingresso della villa cosiddetta “dell’Arciprete Greco”, per proseguire ancora davanti al muro che guarda a ovest dello Stabilimento Brandy Galluccio, fino a congiungersi con l’imbocco di via Collepasso.
La Masseria colabaldi, oggi praticamente dirimpettaia delle case di via Tito Lucrezio, appariva lontana mille miglia dal centro del paese. Galatina ancora di più, un altro mondo.
Veniamo quindi alla nostra via Donatello, proseguimento di via Dalla Chiesa. Nessuna delle mappe descrive nel dettaglio il complesso dello stabilimento del Brandy, sia quella del 1948 che le mappe di Google. Quello che non si nota è il fabbricato perimetrale scollegato dal vero e proprio opificio, e cioè i piccoli locali adibiti alle attività amministrative che praticamente fanno da margine alla via di Noha attuale, quella cosiddetta “curve curve” e che a quel tempo si chiamava via Santa Lucia, in nome della omonima chiesetta, posta all’uscita di Galatina, oggi sulla grattugia del tempo.
I piccoli fabbricati amministrativi che fanno parte del Brandy Galluccio sono importanti per noi, perché praticamente sono stati costruiti direttamente sopra la necropoli messapica di cui tanto si è parlato, da essere state perfino oggetto di interesse della Soprintendenza dei Beni Culturali, che ha posto i suoi sigilli di tutela.
L’area interessata dai ritrovamenti di tombe messapiche si ritrova in una zona molto rocciosa, con banchi di pietra carsica che ne favorivano l’uso per le sepolture. Il fatto che i piccoli fabbricati dello stabilimento siano stati costruiti sopra le sepolture ha impedito che venissero profanate e fatte scomparire per sempre (insomma non tutti i mali vengono per nuocere).
Forse sarebbe il caso di chiedere che il tratto di via Donatello, quello che va da via Cisternella a via Castello prenda il nome di VIA DEI SEPOLCRI MESSAPICI.
Non so se attesa l’attenzione ai beni culturali di Noha sia meglio appellarla via dei Sepolcri Messapici o via dei Sepolcri imbiancati.
Marcello D’Acquarica
gen272017
Anche il presepe vivente di quest’anno, giunto alla sua settima edizione, a detta di molti, è stato straordinario. E bellissimo.
Il gruppo dei ragazzi denominato “Presepe vivente Masseria colabaldi” è evidentemente attrezzato per migliorarsi di presepe in presepe, anzi di miracolo in miracolo.
Sì, perché è un vero e proprio miracolo natalizio quello di superare se stessi; valicare un ostacolo e subito dopo trovarne ancora un altro (non sia mai di percorrere una strada larga e in discesa, nossignore: sempre stretta, impervia e possibilmente in salita); creare una comitiva di amici che ancor oggi scommettono su dialogo, solidarietà reciproca, condivisione, convivialità (e ci mancherebbe), e soprattutto gratuità, schiettezza, stima vicendevole, e accoglienza (quest’anno, per dire, il presepe di Noha è diventato oltretutto multicolore, multietnico e, perché no, anche multi-religioso, vale a dire ecumenico, con i due nuovi amici nonché attori provenienti rispettivamente dal Senegal e dal Ghana, uno di lingua francese e uno di lingua inglese).
Il presepe vivente di Noha diventa così sempre più terreno comune, cemento sociale, sfida comunitaria, forza popolare, passione di un gruppo di folli innamorati dell’arte (arte povera, purtuttavia ricchissima), e sedotti dalla cultura e dalla Storia locale, frazione nobile della più ampia Storia globale.
*
Giuseppe Cisotta l’altra sera mi diceva: “Per favore, scrivi un articolo per ringraziare tutti?”.
Certo, Giuseppe, lo scrivo, eccome.
Ma non posso mettermi qui a elencare tutti quelli che vorresti nominare tu, uno per uno, sennò davvero arriveremmo fino al Natale del 2017. E poi, con la memoria che mi ritrovo, rischierei di lasciarne qualcuno per strada, e sarebbe un bel peccato.
Allora, sì, ringraziamo chi si è speso per mesi, sfidando freddo, gelo e quest’anno anche la neve, e con orari incredibili che talvolta e per qualcuno sono coincisi con quelli della sveglia mattutina; ringraziamo chi ha pensato e realizzato un set perfetto per un teatro natalizio tra i più graziosi del Salento.
La gratitudine va dunque a tutto lo staff (senza tralasciare ovviamente i familiari – pazientissimi - dei componenti di questo benedetto staff), e poi certamente ai superlativi attori, ai tecnici, ai vigilanti, a chi ha provveduto al bestiame per lo zoo del presepe, a chi lo ha curato giorno e notte, a chi si è occupato della comunicazione (dai manifesti, ai comunicati-stampa, ai video e alle fotografie), a chi ha dato una mano in termini di idee, risorse, contributi, e, non ultimo, anche di critiche (in effetti, che gusto ci sarebbe a fare cose meravigliose senza manco una disapprovazione o una censura).
Un grande ringraziamento va anche a tutti i visitatori provenienti da ogni landa italiana ed estera: congratulazioni per averci scelto.
Bisogna ringraziare infine anche quel pezzo di Storia patria che è la scenografia naturale di questa Rinascita nohana: il parco del Castello e il suo boschetto che profuma di zagare, la fontana ellittica, l’affresco di Albino, le cantine del brandy, e l’angolo più romantico e grazioso del mondo: quello della torre medievale con il suo dirimpettaio ponte levatoio: i due incantevoli rugosi beni culturali di Noha che, sfidando i manrovesci del tempo e le amnesie umane, sembrano voler resistere imperterriti ancora per un altro po’.
Giusto il tempo d’insegnarci, se possibile, a diventare una comunità migliore.
Antonio Mellone
mar222021
Un colpo al cerchio e uno alla colabaldi, si fa per dire ovviamente, ma di fatto il colpo lo stiamo dando su noi stessi. Tutti resteremo penalizzati da certi comportamenti, tollerati purtroppo con il silenzio. Come sia possibile che vengano demolite delle mura così grandi, in pieno centro abitato, in un posto che più in vista di così non si può e nessuno si allarma? Contribuisce certamente questa sfortunata situazione di emergenza generata dal Covid-19. Ma il fatto resta ugualmente molto grave.
La masseria colabaldi è un Bene Culturale di Noha, della sua storia si è scritto e parlato ovunque. Lo sanno anche le pietre che è stata edificata sul punto più alto della serra che domina la valle dell’Asso, e che molto probabilmente la parte più antica risale a duemila anni addietro. Insomma è lì da secoli, ha superato quasi indenne, terremoti, uragani, guerre e relativi bombardamenti, la spagnola e se vogliamo perfino le tremende mine della cava adiacente che facevano vibrare i vetri delle case di Noha. Chi ha memoria e coscienza queste cose le sa.
I fatti: pare che qualcuno (probabilmente vandali) abbia deciso di cambiare corso al destino della nostra antca Masseria colabaldi, non con restauri o rivalutazioni ovviamente, ma a colpi di violenza, una violenza inspiegabile, talmente possente da buttare giù le mura secolari. Per adesso pare che abbiano cominciato a buttare giù i parapetti ed i cornicioni di alcuni pezzi del perimetro delle terrazze, ma se nessuno interverrà potrebbero continuare fino a raderla al suolo completamente, anche se sembra una cosa assurda, in mancanza di interventi e in presenza di una ambigua tolleranza, tutto è possibile. Che dire, una comunità savia conosce bene l’importanza di certi valori, sa bene che a identificarci al cospetto del mondo non sono certo i megaimpianti fotovoltaici, le nuove borgate di villini bi o tri familiari copia incolla, le strade senza alberi, tantomeno il “business” del deserto che cementifica la campagna. Quindi la comunità sa. Il nostro è un appello al senso di responsabilità di tutti, dal Primo fino all’ultimo cittadino, dalle istituzioni pubbliche tutte, nessuna esclusa, alla proprietà e quindi alla responsabilità di chi è “educatore” degli autori di questi atti vandalici. Se così possono ancora definirsi.
IL DIRETTIVO di
NOI AMBIENTE E BENI CULTURALI Odv
Noha e GALATINA
mar032016
Lodevole iniziativa quella di Mimì Parrucchieri, una nota azienda locale che nella domenica di San Valentino apre eccezionalmente il salone per uno scopo ben preciso. Aiutare l’associazione in evidenti difficoltà economiche per via delle ingenti spese sostenute nel 2015 per ottenere l’accreditamento regionale quale sede idonea e autorizzata alla raccolta del sangue.
Così Domenica 14 Febbraio, nella giornata dedicata all’amore, tutto lo staff di Mimì Parrucchieri con a capo l’ideatore della iniziativa Gianni De Ronzi e la sorella Serena, si è gentilmente offerto per prestare il servizio di acconciatura gratuitamente alle sue clienti, fatte salve le loro offerte volontarie.
Non c’è storia quindi, quando c’è da darsi da fare per il sociale, il gruppo Mimì si distingue sempre e non è la prima volta che accade.
Si, perché già qualche anno fa fu ripetuta uguale iniziativa in occasione della "Festa della Donna" registrando un successo anche di donazioni di sangue, perché fu organizzata persino una raccolta in loco. Buone furono anche le donazioni in denaro, come lo sono state in questa occasione.
Alla fine di una intensa mezza giornata di lavoro, dove tante clienti hanno partecipato più che a "farsi belle" a sostegno dell’iniziativa lasciando offerte anche superiori al costo del servizio usufruito, si può dire che l’iniziativa è stata molto proficua per la nostra associazione e le offerte devolute serviranno a qualche rata di affitto della nostra sede di via Calvario.
Alla manifestazione di beneficenza ha partecipato anche l’Ass. Cult. "Gruppo Masseria colabaldi", che si è offerta di preparare le "pucce con le olive", (nel linguaggio paesano: pagnotte di pane casareccio con olive nere), una vera prelibatezza salentina, che appena sfornate sono state regalate per l’occasione alle clienti partecipanti all’niziativa.
Le signore quindi hanno non solo ricevuto la piega gratis, ma hanno anche portato sulla loro tavola tre "pucce con le olive", devolute alla nostra Associazione.
A fine giornata sono state contate le offerte date per un totale di € 700,00. Per tutto questo corre l’obbligo ringraziare il "Gruppo Mimì" per l’impegno nel sociale nelle persone di Gianni e Serena De Ronzi e il Gruppo Masseria colabaldi" tramite il suo Presidente Giuseppe Cisotta.
Non possiamo inoltre esimerci dal ringraziare tutte le clienti del salone e quanti si sono recati presso "l’improvvisata panetteria" attratti dall’inconfondibile profumo del pane caldo lasciando anche loro un offerta volontaria in cambio di qualche puccia.
Antonio Mariano - Presidente Fidas Noha
lug102014
Sembra tutto inutile. Scriviamo, parliamo, denunciamo e insistiamo nel cercare di evidenziare le malefatte e i malfattori, ecc. e poi che cambia? Niente! O comunque poco più di niente.
Per non affliggerci più del dovuto, forse, ci converrebbe vivere con i paraocchi come si fa con i cavalli. Oppure farsi iniettare una buona dose di farmaco intorpidente, fino allo schiacciamento totale di quei quattro neuroni che si ostinano a schizzare fuori da quell’atavico conformismo che è poi la causa di questo niente.
Da noi, il detto riportato nel romanzo di Tomasi di Lampedusa: “tutto cambia affinché nulla cambi”, andrebbe rivisto forse così: “nulla cambi affinché tutto peggiori”.
Infatti, dopo tutte le lamentele pre-elettorali, ad amministrare il bene comune vengono nominati sempre i soliti arcinoti. Tutte bravissime persone, per carità, ma visti i risultati, se non venisse eletto nessuno, probabilmente, tutto resterebbe come prima con il grande vantaggio che non si sommerebbero altri danni.
Che novità ci sono? -starete pensando voi.
Appunto, nessuna: le tangenziali a Galatina, tagliano invece di tangere; le piste ciclabili (e soprattutto le biciclette) restano solo chimere; i marciapiedi sono solo sul vocabolario; si aggirano fantasmi di nuovi mostri tipo il mega-sito per il compostaggio di 30.000 tonnellate annue “sennò perdiamo i finanziamenti”; non c’è nessuno che voglia benedire la terra; si condannano i peccati di sesso (e mancu tutti) ma non quelli contro la legalità; con il caldo e lo scirocco l’aria torna a puzzare di carne morta come la scorsa stagione; l’orologio è morto e tra poco sarà anche sepolto (e senza l’onore delle campane a morto – che fa pure rima); il parco degli aranci è praticamente una nuova 167 per pantegane; la casa baronale cade a pezzi, così come si sta sbriciolando sotto la grattugia dell’inerzia l’annessa torre medievale con relativo ponte a sesto acuto; la masseria colabaldi è posta in vendita al peggior offerente; le casiceddhre attendono qualche firma perché rientrino nel progetto FAI (Fondo Ambiente Italia), anche se ciò che servirebbe veramente sarebbe il fatto che quella parola “FAI” fosse voce del verbo fare; l’ipogeo sta diventando un calvario, ed il calvario un ipogeo; la casa rossa - subito dopo le camionate di cemento per il grande massetto intorno alla casa bianca - è probabile che con le venture piogge monsoniche diventi una palafitta; la vecchia scuola elementare di Noha ristrutturata, nonostante i proclami e le promesse dell’assessore Coccioli, continua ad avere un “allaccio da cantiere” di 10 kw e non di 50 e presto resterà nuovamente inutilizzata come l’altro catafalco di via Bellini angolo via Ippolito Nievo; le statistiche dicono che nel triangolo dei prodotti DOP (Lecce, Galatina, Maglie) la percentuale di malattie tumorali supera di gran lunga la media delle zone più industrializzate d’Italia. E per giunta senza avere le industrie, che di solito sono le principali indiziate per l’inquinamento ambientale. Come dire: curnuti e mazziati.
Fino a qualche tempo fa, quando le persone mi vedevano arrivare, mi salutavano così: “bè… osce ssi rrivatu? E quandu te ne vai?”, o comunque i soliti convenevoli per una buona accoglienza.
Adesso nemmeno apro bocca che da più parti suonano lugubri annunci di concittadini colpiti da malattie gravissime. Credo che sia ora di accantonare un po’ la parola “speranza”, quella cioè armata di buone intenzioni, di togliersi i paraocchi, di smetterla di pensare che accada solo agli altri o che le cause siano ignote.
Forse è giunto il momento di fare tutti qualcosa, smettendo per esempio di delegare ai soliti falsi “non vedenti” la politica nostrana.
Cosa fare? A questo proposito mi sono venute in mente delle parole ascoltate in circostanze diverse e da persone molto distanti fra loro, geograficamente e culturalmente. Ricordo per esempio che, in occasione della Festa dei Lettori del settembre 2008, e più precisamente riguardo alla salvaguardia dei nostri beni culturali, il Soprintendente della provincia di Lecce, dottor Giovanni Giangreco, a cui avevamo affidato tutte le nostre speranze, concluse dicendo a tutti i presenti nell’atrio del palazzo baronale, che a quel punto, la salvaguardia dei nostri beni dipendeva dai nohani (e non dalla Soprintendenza) e che tutti ci saremmo dovuti tirare su le maniche.
Lì per lì restai deluso, mi sembrò quasi un tradimento. Gira e sbota, pensai, ti fanno promesse e poi tocca sempre a nnui!
Poi ebbi l’occasione di ascoltare l’intervista fatta da un giornalista a Carmine Schiavone, ex boss del Clan dei Casalesi e pentito della Camorra, il quale esordì dicendo che se non fosse stato per la ribellione del popolo, della terra dei fuochi, non se ne sarebbe mai parlato così tanto. E il problema non sarebbe mai venuto fuori.
E di recente, giusto per toglierci ogni dubbio, la stessa cosa ha annunciato Papa Francesco a proposito di cambiamento della Chiesa, dove il Santo Padre diceva appunto che se non è la gente a volerlo fortemente, la Chiesa non cambierà mai
( e quindi, aggiungo io, nemmeno lo stato devoto).
E poi leggi di inchini di madonne ai boss, e soprattutto di sponsorizzazioni di feste patronali da parte del TAP, l’ennesimo scempio dedicato alla mafia, e ti cadono un’altra volta le braccia, e pure il resto.
Marcello D’Acquarica
gen222017
Capisco: la Masseria colabaldi di Noha è in mano ai privati.
Capisco che chi a suo tempo ne è diventato il proprietario tutto aveva in mente men che conservare, tutelare e valorizzare questo antichissimo bene culturale del mio paese. Come noto a tutti, aveva invece in progetto l’affarone del secolo con la costruzione nelle sue immediate adiacenze di una ottantina di villette a schiera. O meglio: schierate. Come un plotone di esecuzione. Poi, per fortuna, non se ne fece niente per mancanza di acquirenti autolesionisti.
Capisco che Noha non è (per fortuna) una città per turisti in colonna, con una guida con bandierina in mano. Capisco che affidare il patrimonio storico e artistico ai privati è dimostrazione lampante di inefficienza, spreco, trascuratezza, insomma, stupidità di una nazione. E di una frazione.
Per questo basta dare un’occhiata anche allo stato delle ‘Casiceddhre’ in pietra leccese: stato che tra poco passerà da solido a liquido, anzi gassoso, aeriforme, visto il loro abbandono. [E pensare che il loro proprietario è stato amministratore pubblico, e s’accinge a ritornare ad esserlo nelle prossime elezioni: evidentemente per meriti sul campo, avendo già dimostrato di avere a cuore i beni pubblici come fossero privati. E viceversa, ndr.].
Capisco che per la sciatteria dei nostri “politici” i beni culturali nohani non sono mai stati all’ordine del giorno, nonostante il Codice di codesti Beni attesti chiaramente quanto la storia culturale aveva già affermato da tempo. E cioè che non importa il pregio, la rarità o l’antichità dei singoli oggetti: ciò che può renderli degni di essere tutelati dallo Stato può essere anche la relazione spirituale e culturale che li unisce alla vita locale.
Insomma capisco tutto.
Ma qui non sto chiedendo alla proprietà della Masseria colabaldi di investirci dei soldi per la sua salvaguardia (e sarebbe forse l’unico investimento realmente produttivo: le colate di cemento invece da tempo non sono più un affare, bensì la causa principale del fallimento di tante imprese edili). Non sto chiedendo di provvedere immediatamente al restauro, al recupero e magari finalmente all’apertura al pubblico dell’intrigante costruzione ubicata sull’acropoli di Noha (troppa grazia sant’Antonio).
Qui sto semplicemente chiedendo che la proprietà dimostri ogni tanto, mica sempre, di meritare di avere per le mani una ricchezza non immediatamente esprimibile in termini economico-finanziari. Anzi pure.
Chiedo che insomma il solito padrone delle ferriere dia un’occhiata all’ingresso della Masseria, proprio al portale principale, dove campeggia un enorme ramo secco di Pino domestico (Pinus pinea) che, caduto da mesi, oltre che rappresentare un pericolo serio (di incendio, di caduta sull’edificio, di inciampo, eccetera), occlude la vista all’eventuale viaggiatore che volesse ammirare le vestigia del glorioso passato del paese, e magari fotografarle a futura memoria.
Purtroppo, di questo passo, l’unico modo per tramandare alle future generazioni la storia dei nostri monumenti sarà quello di fermarne la sagoma in un flash.
Come quelle di certi selfie.
Antonio Mellone
mar202007
"Eccovi un altro racconto di Marcello D'Acquarica: un racconto che ci fa gustare sapori e sentire profumi di orto e di campagna. Gli odori ed i colori del passato che per fortuna a Noha sopravvivono ancora (e speriamo ancora per molto), non contaminati dalla frenesia, dall'inquinamento, dal rumore, dall'omologazione ad uno stile di vita tutt'altro che genuino".
Oggi è domenica, e come di consuetudine, faccio “un salto” all'orto. Quasi sempre ci vado al Sabato, per ottemperare alla sacralità della domenica, giorno di festa e dedicato alla famiglia. Capita però che le vicissitudini della settimana qualche volta me lo impediscano e quindi, ho spostato l'appuntamento ad oggi che è domenica.
L'orto è un fazzoletto di terra di circa 2000 mq. disteso sul versante a sud-est della collina morenica, immerso nel parco naturale di Rivoli. Rivolto a mezzogiorno e distante dai rumori e dal frastuono delle auto. Da quando vivo qui, insieme a due amici, di cui uno è il padrone, lo abbiamo adibito a giardino per gli ortaggi. Ortaggi a secco, senza acqua, bagnati solo quando il Signore fa piovere. Il posto in cui è sito si chiama “pozzetto”. Strana analogia! Come la zona periferica a nord ovest di Noha: “lu puzzieddrhu”, dove adesso vi hanno costruito la “167”. Era questo uno dei posti dove da bambino con i miei compagni si andava a giocare ed a trascorrere le Pasquette. Dove papà coltivava un “orto” di terra pari a circa venti are, senza acqua ma con tanti bei cozzi.
Angoli di mondo meravigliosi. Ambedue per ragioni diverse. Questo di Rivoli è in alto, circa 500 mt. sul livello del mare. Da qui si spazia con lo sguardo l'unico pezzo di infinito che si possa vedere da queste parti. Il resto del panorama è impegnato dalle creste di alti monti bellissimi: le Alpi. Circondano il Piemonte a mo' di staffa di cavallo. Le montagne più alte d'Italia e d'Europa. Dalle Alpi Cozie con la maestà del Monviso alle Craie con il M.Rosa, fino a chiudere il semicerchio con le Alpi della Val D'Aosta. Una vera barriera, inerme alle invasioni delle orde barbariche e annibalesche, ed a maggior ragione, ai nuovi invasori del terzo millennio. Sulle loro cime, sempre imbiancate, svettano i ghiacciai, presenza consolatrice di una perenne riserva d'acqua. Nei giorni senza foschia sono uno spettacolo meraviglioso. Eppure dopo un po' che le guardi ti tolgono l'immaginazione, impediscono ogni altra visuale per cui la fantasia resta prigioniera delle loro possenti e immobili forme. E' assurdo, ma nonostante il loro fascino, possono sembrare una prigione.
Dall'orto, come dicevo prima, invece, si può “bucare” con lo sguardo l'infinito, solamente a Sud.Est. E a me piace pensare che oltre quella coltre grigia di cielo, dove si confondono fino a fondersi, nuvole e colline, si intravedano i due pini (adesso rimasto uno) della via de lu Mureddrha, i “boschi” di ulivi, le masserie de lu Runceddrha e de lu colabaldi, il casale de lu Rumanu con la sua gigantesca palma che qualche anno fa brucio per tre giorni di fila, le terrazze delle nostre bianche case, la torre ed il castello, la piazza, i compagni di un tempo, casa....!
In questo silenzioso e magico angolo di mondo mi sono nutrito dei ricordi, ho voluto “saggiare” la durezza del lavoro della terra, quella terra che infine ci nutre e ci da la vita. Quella terra che sa ricompensare la fatica dell'uomo. Che da' e poi si “riprende” per poi ridare ancora. Quella... terra! Non questa! Questa è arida, sassosa, secca, pigra. Qui il sole, benchè alto e cocente (in alta stagione) non matura i frutti che per una stagione (non per niente gli indigeni del posto si votarono all'allevamento di bestiame). La pioggia, quando c'è, scorre via veloce e trascina con se, nonostante i miei tentativi di arginamento, anche quel poco di buono rimasto. Pietre, solo pietre e rovi. E silenzio! Il silenzio che a volte nutre la disperazione dello spirito ed altre volte lo ingolfa di gioia.
Comunque resta un angolo di paradiso. Qui, vengo a svuotare (non le tasche, a questo ci pensa l'Euro) le mie tensioni della settimana lavorativa. Qui ho compreso l'emozione di ritrovarmi “mbutulato” quando, stravolto dalla stanchezza fisica (la vita sedentaria di scrivania e PC mi rende precario alla fatica), mi ritrovavo immerso nella terra a raccoglierne i “miseri” frutti. Qui ho confrontato con rimpianto il sapore delle stagioni. Con rimpianto sì, perché qui, in ogni anno che passa, assapori “la resurrezione” a vita nuova meglio che in qualunque altro posto.
Qui ho atteso vigile il primo lieve segnale del risveglio della natura dal rigido e freddo inverno di questo “insipido” nord. Seppure per brevi e ridotti momenti, qui ho vissuto la gioia di un fiore che nasce e da' colore, ho gustato il nettare delle primizie, ho ammirato la magica festa della primavera. Qui, nelle gelide mattine d'inverno, come quando da piccolo ed insieme al mio amico Roberto vagabondavo per la nostre campagne, ho incontrato il mio amico d'infanzia pettirosso. Anch'esso in lotta per la vita.
Nonostante tutto, in attesa di tornare a casa, era il mio rifugio dove saziare la mia solitudine. Era! Adesso non è più! Oggi (dopo quasi trent'anni), una domenica mattina come le altre, invece del silenzio e la pace, vi ho trovato il deserto. Come una fredda e improvvisa magia, ho trovato il nulla. Tutto raso al suolo. Per terra ancora vivamente incisi i solchi lasciati dai cingoli di una ruspa, testimone della “lecita” prepotenza dell'uomo “padrone” . La vecchia pianta di albicocche sopravvissuta ai miei lunghi tentativi di potatura ha dovuto cedere a tale forza devastatrice, così come ha dovuto fare il canneto da cui ogni anno ricavavo i tutori per le mie piantine di pomodori, il “magazzino” dell'erba tagliata che usavo come fossa biologica, i rovi del mio amico pettirosso, che al prossimo inverno non mi troverà pronto ad ascoltare il suo canto, il bosco di prugne selvatiche e di sambuco, le terrazze di contenimento, il pergolato che mai fece uva e che mi regalò mio fratello Michele ( lo teneva in un vaso sul balcone del suo alloggio), il cespuglio di rosmarino e di salvia, la pianta di fico che con tanto affetto mi ero trasportato da Noha, il pesco che mi aveva regalato il mio amico Roberto, e quell'altro di mio fratello Mario, che ogni anno mi regalava il sapore amaro dei suoi frutti, l'albero di nespole dell'altro mio fratello, tutto raso a terra! Tutto ridotto in poltiglia!
Anche ai teneri germogli dei piselli appena nati è toccata la stessa fine, i miei leprotti dovranno cercarsi altro da mangiare al loro risveglio dal breve letargo di questa stagione stranamente mite.
In un angolo, a dispetto di tale violenza, come delle lagrime di gioia, la' dove iniziava il muretto di sostegno, sono spuntati i fiori gialli, la trhia e ciciari, che da anni oramai scandivano le mie primavere a ricordo del giardino di casa mia. Niente più rose, ne daglie, ne gladioli per il nostro nido d'amore, niente... la furia irruente ha soffocato anche il profumo dei miei narcisi che per primi, vincitori del gelo, ricomparivano instancabilmente ogni anno in mezzo all'erba ancora secca.
Così, improvvisamente, il demone devastatore mi ha riportato ad una triste realtà, mi ha tolto gli affetti, ha disarmato i miei sogni.
Così è la vita! Fatta di gioie e di improvvisi cataclismi.
Un bel giorno ti svegli e ti accorgi che non sarà più come prima, che le cose cambiano e spesso ce ne accorgiamo quando cambiano in peggio. E allora il panico rischia di rovinare ogni attimo e la disperazione ci rabbuia l'animo.
Qualunque ne sia la causa il nostro tempo può finire in un attimo e quello che avremmo potuto fare, dire o dare può non essere più fattibile.
Adesso che anche questa storia è finita, mi rendo conto che in fondo sono stato fortunato. Ho avuto
l'occasione per capire quanta fatica mio padre ha fatto per sostenere con dignità la sua famiglia. Ho capito anche:
che nella semplicità delle cose c'è il segreto per la gioia e la purezza dello spirito;
che apparteniamo alla terra, da cui è impossibile sfuggire, non a questo finto progresso;
che forse mi resta ancora molto da fare e da donare.
Che in fondo la disperazione non costruisce, non edifica nulla. La pazienza e la perseveranza invece portano verso una meta, ed anche se mai sarà possibile raggiungerla, resta sempre il nostro faro, la luce che ci guida, ma sempre nel rispetto della natura e del prossimo. Altrimenti diventiamo a nostra volta, strumenti di distruzione, come i cingoli della ruspa che oggi ha devastato i miei affetti.
Marcello D'Acquarica
dic222017
A ovest, il muro di cinta della mia vecchia scuola confinava con i prati. Lo rasentava uno strettissimo sentiero che a nemmeno un metro di distanza, cedeva il piano ad una scarpata profonda quasi due metri.
La camminata sul battuto però era sicura, l’avevano calpestata centinaia di piedi. Quel sentiero era l’ultima strada a ovest che percorreva l’abitato da nord a sud e viceversa. Bisognava fare attenzione solo a qualche spuntone di pietra e pochi cespugli di piante spontanee e spinose. La campagna in quel tratto sembrava ai nostri occhi uno scalare di montagne immaginarie su piccolissimi dislivelli del terreno che con i monti nulla avevano a che fare, se non le rocce affioranti e bianche, macchiate dai colori dei muschi di stagione. A far temere il cammino dei nostri passi, stavano al fondo del precipizio, più o meno all’altezza del muro di cinta, due grandi fosse colme di reflui di liquame stallatico, che si dice le avessero scavate, le fosse, i soldati dell’armata del Reich in sosta a Noha nell’ultima guerra.
Dal quel sentiero in direzione sud, s’usciva dall’abitato attraversando una folta boscaglia di fichidindia. Da qui, dove ancora non c’erano case, aveva inizio il viale degli eucalipti. L’avevano impiantato quando tutti eravamo più poveri ma avevamo l’amor proprio, diremmo oggi: l’onestà intellettuale. Sempre da ovest, allineata con via Benevento, dritto dritto s’incrociava un altro sentiero stretto e lungo, che dopo aver superato in linea d’aria l’altezza del camposanto, spariva fra gli ulivi di contrada Roncella. Il mito era ovunque: nei racconti dei vecchi, nelle fiabe di scuola o nelle visoni collettive dei nostri piccoli cervelli imbottiti di personaggi fantomatici o di anime di morti che attendevano al varco gli incauti viandanti non conformi all’avanzare della notte. Allora veniva facile imbattersi nel capitan Burrasca che brandendo la spada richiamava lo sguardo dei suoi fidi alla punta dei suoi baffi, oppure la piccola vedetta lombarda o l’uomo volante e addirittura il buon cappuccetto rosso. Troppa poca adrenalina? Eppure eravamo felici.
Il suono della campanella quella mattina tardava a farsi sentire. Marino, il nostro bidello, s’agitava visibilmente ed il suo andirivieni fra il cancello e la porta d’ingresso che sovrastava la scalinata d’accesso, era motivo per noi, diavoli educati a suon di mazzate, di inquietudine e alibi per fomentare il disordine.
L’ordine imposto dal buon bidello era visibilmente precario e il flusso della marea maschile tendeva a volte a straripare all’esterno della cinta muraria e a volte tra le fila delle composte compagne in grembiule a quadretti bianchi e rosa.
Saltata la corrente e quindi a campanella ammutolita, tutto lasciava presupporre un buon motivo per fuggire per le vie del paese, in direzione opposta a scuola e case, liberi e forsennati come dei piccoli pony imbizzarriti che hanno appena scavalcato il recinto che li imprigiona. All’orizzonte si parava il mistero. Una barriera grigio perla di ulivi attraversati necessariamente da antichi tratturi, le nostre carrare che appena larghe oltre il metro e mezzo si chiamavano vie. E così l’unica via era quella che portava alle due Roncelle, la piccola e la grande, e l’altra più a nord che passando davanti alla masseria colabaldi portava dentro le viscere di Galatina, come dire, l’ingresso di servizio. Il resto erano solo carrare, stretti sentieri tortuosi che scansando cozzi variopinti e fazzoletti di terra coltivati, si snodavano dolcemente in quella che era la nostra bellissima campagna. Un mito, appunto.
Ora invece l’hanno ribattezzata area artigianale. E tra montagne di pannelli fotovoltaici, muretti a secco sventrati o divelti del tutto, alberi secchi e bruciacchiati e distese di rifiuti di ogni genere, non ha più il sapore di campagna ma solo di una terra quasi morta. Come l’acqua sporca in fondo alla vecchia cisterna e l’aria che ad ogni girata di vento, puzza terribilmente di civiltà bruciata.
M. D’Acquarica
nov242013
Sono iniziati i lavori per la realizzazione della nuova edizione del Presepe vivente di Noha presso l'antica Masseria colabaldi. Ecco alcuni scatti dei lavori in corso.
25 -26 -29 dicembre 2013 e 1 - 5 - 6 gennaio 2014
ago192023
Riceviamo dal nostro concittadino Michele Greco, Niny per gli amici, i ringraziamenti per tutte le notizie condivise su Noha.it. Il che, dice, permette a chi come lui vive lontano dalla propria “patria” di sentirsi sempre parte del piccolo mondo antico nohano.
Michele è nato a Noha, ma risiede a Taranto da molti anni. Ha tanti ricordi, e ci tiene molto a rammentare i fatti del tempo che fu, e ogni angolo del paese che lo ha visto trascorrere l’adolescenza e anche parte della sua giovinezza. Ci dice con orgoglio di essere nato in una casa in affitto, la villetta appartenente alla famiglia Giordano, proprio dirimpetto alla grotta della Madonna di Lourdes, in via Aradeo. Ne approfitta per ricordarne il costruttore, Paolo Giordano, che ritroviamo nei documenti del 1905 conservati nell’archivio storico di Lecce e relativi alla Chiesa di San Michele Arcangelo, menzionato come “appaltatore Giordano”. Michele li ricorda tutti i suoi vicini di casa, nome per nome: la maestra Tina, il vigile Scrimieri, il giovanissimo Corrado che ebbe un incidente mortale. Ci racconta poi della Trozza, che aveva davanti casa dove si trasferì nel 1952 con tutta la famiglia, e la rammenta essere stata per molti anni poco più che un rudere. Michele ricorda ancora l’incisione sul puteale vergata con inchiostro nero perfettamente leggibile che indicava il costo per l’acqua:
“Si vende ll’acqua tre mezze un soldo”
Ci racconta ancora dei lunghi percorsi a piedi da Noha a Galatina per raggiungere le scuole, dalla media inferiore alle superiori, perché la corriera costava e i soldi in casa erano pochi. Si ricorda della Chiesa Piccinna, della via Aradeo dove si passeggiava tutti ben vestiti, dei bar e del Cinema dei Fiori.
Alcuni anziani, ci dice Michele, indossavano il cappello “borsalino” perfino quando erano seduti a tavola. E infine ci racconta delle sere d’estate, quando si stava a godere della frescura davanti alla porta di casa insieme al vicinato e delle storie, tipo quella raccontata da sua mamma sulla Masseria colabaldi.
Di quest’ultima conserva gelosamente una splendida pittura del 1980 sullo stile dei “macchiaioli” di un suo carissimo amico, il prof. Giovanni De Tommasi.
Nonostante gli impegni di lavoro lo portassero lontano, Michele ha sempre cercato di vivere al Sud, per stare più vicino possibile alla sua terra natia. Ora si gode la pensione e la famiglia con figli e nipoti.
Insiste nel dirci che gli dispiace che il Comune di Galatina trascuri non poco la memoria per il sacrificio degli emigranti, che sono stati tanti e che è anche grazie a loro se oggi godiamo di tanto benessere. In modo particolare quelli che hanno perso la vita in terra straniera, come i nostri concittadini minatori in Belgio, costretti a scavare il carbone per almeno cinque anni, a pena del carcere, costretti a vivere in baracche come manco nei campi di concentramento della seconda guerra mondiale. Ma questa è un’altra storia.
Al nostro annuncio sulla possibilità di acquistare la nuova edizione della Storia di Noha di P. Francesco D’Acquarica, Michele insieme ad altri nostri lettori, aderisce con gioia e promette di tornare a visitare Noha e le sue bellezze. Noi lo attendiamo a braccia aperte, e speriamo che il suo amore per il nostro bellissimo paese contagi tanti altri nostri concittadini, vicini e lontani, perché:
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”, così Cesare Pavese oltre 70 anni fa, nel suo 'La luna e i falò. E così anche noi altri.
Via Aradeo e il passeggio domenicale all’ombra della Chiesa Piccinna –Noha anni ‘60 |
Marcello D’Acquarica
feb112017
Il fatto che il tronchetto della felicità, anzi della feudalità - cioè quell’enorme ramo di Pino domestico staccatosi dal fusto e precipitato all’ingresso della Masseria colabaldi, occludendone da tempo la vista dell’antico portale – sia ancora là, nonostante il mio pezzo di denuncia pubblicato su Noha.it il 22 gennaio scorso, la dice lunga su quanto vengano prese in considerazione le segnalazioni dei cittadini (e soprattutto quanto le mie parole siano scritte sull’acqua o vaganti nell’aere, disperse dal vento sinistro degli insipienti e degli ottusi. Tiè).
Io ormai non me la prendo più con i proprietari della Masseria che si fanno i cazzi propri (con la speranza però che non vengano a rompere oltremodo i nostri), quanto con i nohani che passano mille volte al giorno davanti a quel bene culturale - che si staglia ancora oggi sull’acropoli di Noha dopo cinque secoli di storia quasi per quotidiano miracolo - senza muovere un muscolo della faccia, alzare ciglio, battere i pugni sul tavolo, balbettare una frase una di senso compiuto per chiedere il loro rispetto.
Niente di niente. Tabula rasa al suolo.
Del commissario prefettizio e dei suoi dirigenti/digerenti nemmeno a parlarne: sua eccellenza e codazzo di accoliti, dopo la posa della prima pietra (o, il che è uguale, di quella tombale) saranno evidentemente tutti impegnati nella ricerca dei nastri tricolori da tagliare in occasione dell’inaugurazione del mega-porco commerciale Pantacom, in contrada Cascioni, nei dintorni di Collemeto, vista la solerzia con la quale han fatto fare a Galatina un altro passo in avanti verso il calvario della sua crocifissione.
E i nostri rappresentanti politici locali, mi chiedete? Macché. Non pervenuti. Presi come sono con coalizioni, apparentamenti, affiliazioni, architetture di alleanze, “discussioni programmatiche”, glandi progetti politici, tu-dai-una-poltrona-a-me-io-do-un-voto-a-te, ricerca di un posto al sole, speranze di candidature buone per le prossime amministrative, e così via con questo schifo che sa tanto di vecchio che avanza, non hanno mica tempo da dedicare ai problemi del paese, e men che meno a queste inezie (si sa, “con la cultura non si mangia”, asserì un loro compagno di merende che gli empi onorarono con il titolo di ministro).
Quindi per favore non disturbiamo i manovratori, che tra l’altro stanno risparmiando tutte le loro energie per gli imminenti, sfiancanti porta-a-porta alla ricerca del voto perduto.
A proposito. Chissà perché da me non si presenta mai nessuno a chiedere voti: vuoi vedere che temono di trovare pane per le loro dentiere?
So per certo, invece, che continueranno nei secoli dei secoli a recarsi in processione nelle vostre case, accolti a braccia aperte, come il prete per la benedizione pasquale.
Continuate pure così, nohan-galatinesi, a credere a tutto quello che vi raccontano e promettono con la mano sul cuore. Siete liberi di continuare come sempre a farvi del male, di recitare la parte dei camerieri, di interpretare il ruolo dei valvassini, anzi dei servi della gleba di questo novello infinito medioevo, di vestire i panni dei lacchè anziché quelli dei cittadini liberi e pensanti. E dunque di dare loro il vostro suffragio universale diretto, basandovi sostanzialmente sul più facile credere che sul più ostico sapere.
Però, per l’anima dei morti vostri, dopo non venite a rompermi le scatole dicendomi che questo non va, che ci hanno dimenticati, che noi siamo cittadini di serie B, che io dovrei scrivere un articolo (che tra l’altro non leggerete mai) su questo e su quell’altro argomento (vi ho appena dimostrato a cosa servono i miei articoli: a nulla. E poi non scrivo sotto dettatura: che fa rima con tortura).
Non mi rimane che la curiosità di sapere se ci sono ancora speranze per Noha e dintorni, oppure no. Mi chiedo cioè se in giro ci sia ancora qualche nohano con un pizzico di dignità residua, uno che alla pressante richiesta di una preferenza da parte del notabile candidato di turno, in uno scatto di orgoglio sia in grado di rispondergli scandendo bene le parole: “Scusami, ce l’hai con me? Sì? Ma vaffanculo, va”.
Antonio Mellone
ott012011
Angela Beccarisi
fonte:galatina2000.it
ago132015
Mercoledì 13 agosto 2015 alle ore 19:00 apertura della sesta edizione del "Torneo dei Rioni" con la Manifestazione dei Rioni presso la piazza San Michele Arcangelo di Noha a seguire sfilata trionfale con i Banditori verso la chiesa “Madonne delle Grazie” per raggiungere il campo da gioco.
Alle Ore 20:00 inizio della prima partita
- "Roncella - Castello"
e alle ore 21:00 inizio della seconda partita
- "Piezzo - colabaldi".
dic262012
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dic222018
Il presepe vivente quest’anno non arriva a Nove in tutti i sensi.
Vale a dire che: a) Bambino, padre putativo, ragazza madre e pastori (nel senso di attori protagonisti della scena) stavolta non si fermeranno a Noha (Nove), ma faranno evidentemente tappa altrove, nonostante la stella cometa continui a brillare enorme sui nostri fori imperiali; e b) dopo le prime otto riuscitissime, non celebrerà la sua nona edizione.
Qualcuno mi ha chiesto le motivazioni in merito a codesto Stop, che invece sarebbe meglio definire Pit-Stop, come quello dell’automobilismo. Qualcun altro sproloquia di attriti tra i membri dell’associazione Gruppo Masseria colabaldi, altri blaterano di mancate autorizzazioni (da chissà chi, poi). Insomma i soliti cicalecci, sgambetti e mormorazioni da periferia, che ricordano tanto certi gruppi Whatsapp tra i più molesti.
Ebbene, niente di tutto questo.
Vorrei rassicurare certe belle statuine (quelle vere sono sempre al di fuori, mai all’interno dei presepi più o meno viventi: ma nel caso limite vi partecipassero non potrebbero non ambire a un posto d’onore nel gregge) che non solo il Gruppo degli amici del presepe di Noha gode di ottima salute e non è mai stato così compatto nelle decisioni, ma ha per la testa altri progetti ben più importanti e, come dire, più sfidanti dell’allestimento di un presepe vivente (che comunque comporta responsabilità e sforzi organizzativi di un certo calibro: roba che i monocordi censori di turno, visto che non son bravi nemmeno a parlare, figurarsi a scrivere, non saprebbero nemmeno da dove iniziare).
Quanto alle autorizzazioni, tanto per puntualizzare l’ovvio, si evidenzia il fatto che, quest’anno, la proprietà del Castello di Noha si è dichiarata disponibile non solo a concedere il giardino monumentale, ma financo le scuderie e la piazza d’armi, onde l’ingresso al percorso teatrale del presepe da parte del pubblico sarebbe avvenuto dal portale principale del maniero nohano.
Allora perché i ragazzi dell’associazione han deciso codesta pausa di riflessione?
Ma perché quest’anno sembrava troppo facile, e ai miei amici (e invero anche a me) piacciono le cose difficili; perché ogni tanto è giusto staccare la spina (chissà che il malato sociale non riprenda a respirare autonomamente); perché l’ospite deve lasciare la stanza finché è ancora desiderato (per fortuna ancora dai più); perché a volte l’assenza fa riflettere di più di una presenza, o almeno così si spera; perché quest’avventura incredibile in otto puntate annuali ha già cambiato (in meglio, certo) il corso della storia di Noha, e indietro non si torna; perché l’elettroencefalo-dramma di molti belli addormentati sui divani locali continuerà a non fare un plissé (sia con, sia senza presepe vivente); e, infine, perché una volta ogni otto anni è anche giusto e pio che il pranzo di Natale sia fatto in serenità, fino diciamo al dolce e allo spumante, anche dai membri di un’associazione di volontariato come quella di Noha, senza dunque l’ansia delle operazioni preliminari all’apertura post-prandiale del presepe vivente più bello di Puglia.
Ma al di là di ogni presepe, auguri di buon Natale alle donne e agli uomini di buona volontà. Agli altri, come diceva quello, è inutile ca li fischi.
Antonio Mellone
ott262011
Quella che oggi è “solo” frazione del Comune di Galatina fino a qualche secolo fa era un centro autonomo con una chiesa matrice, un castello, mura di difesa, il nome potrebbe derivare dalla famiglia de Noha già presente in alcuni documenti del 1253. L’autonomia del feudo de Noha è stata sottolineata dalla torre campanaria con orologio, costruita dalla famiglia Congedo agli inizi del XIX secolo e dalla presenza di uno stemma proprio: tre torri coronate che poggiano su un ramo d’arancio ed uno di leccio.
Dal punto di vista ecclesiastico la chiesa era sotto la giurisdizione della diocesi di Nardò e non di Otranto, come la vicinissima Galatina. Del patrimonio medievale è possibile ancora ammirare la torre di guardia del XIII secolo che ha conservato intatta la struttura originaria: la scalinata in pietra staccata dalla torre, cui si poteva accedere solo con il ponte levatoio ( ancora presente all’interno).
A Noha, agli inizi del Novecento, la rinomata distilleria Galluccio produceva il brandy migliore per tutto il mondo. Il grande complesso, che oggi dovrebbe essere un vanto dell’archeologia industriale, prevedeva anche una costruzione piuttosto anomala che gli abitanti ancora oggi chiamano la casa rossa: una costruzione in pietra che ricorda le baite di montagna, con ambienti interni che simulano grotte e anfratti. Un gusto dell’eclettico figlio dello stile liberty di quegli anni, che attingeva alle diverse forme della natura. Sempre agli inizi del XX secolo mastro Cosimo Mariano, muratore, realizzava degli edifici in miniatura sulla balconata del castello, modellini in pietra di edifici realizzati per tutta la provincia di Terra d’Otranto. Si tratta delle “casiceddhe de Noha”, un tesoro di tradizione popolare, antesignane dell’Italia in Miniatura,che negli anni hanno alimentato storie e leggende. E poi il ricchissimo sottosuolo di Noha: una serie di frantoi ipogei che producevano l’ olio lampante destinato a Gallipoli.
Quanta storia, un patrimonio unico, che oggi 1471 cittadini chiedono che venga sottoposto a tutela e rivalorizzato. La raccolta firme è stata promossa in occasione della festa patronale di S. Michele Arcangelo grazie alla sensibilità del gruppo Mimì, in collaborazione con il circolo ricreativo le Tre Torri, aziende private e singoli cittadini che non ci tengono affatto che un tesoro che ha resistito alle insidie del tempo e della storia vada perduto nel giro di pochi anni.
Il pericolo maggiore è che buona parte dei beni fin qui descritti, essendo privati, possano essere distrutti per far posto a moderni ed anonimi edifici: l’intero complesso del castello, con le casiceddhre e lo splendido aranceto è già stato posto in vendita. Parte delle fabbriche Galluccio vedrà presto la realizzazione di immobili. La rivalorizzazione di questi beni potrebbe essere un ulteriore elemento economico per il tessuto di Noha e non solo, basti pensare al presepe vivente che anche quest’anno verrà riproposto all’interno dell’antica masseria colabaldi, del XVI secolo. Un evento che lo scorso anno ha contato 15.000 presenze. Basta poco per muovere tanto: e’ un appello agli organi amministrativi e alla Sopraintendenza della Puglia per la salvaguardia di un intero borgo quale è quello di Noha. E’ quello che chiedono 1471 firme.
M. D’Acquarica, I Beni Culturali di Noha, Galatina, 2009
Angela Beccarisi
gen202011
In Viaggio tra i Beni Culturali di Noha 1a parte. Una produzione InOndAzioniTV in collaborazione con l'Osservatore Nohano.
La 1° puntata dedicata alla scoperta di un vecchio menhir e dell'antica Masseria colabaldi.
mar262016
Ci sono delle parole, la maggior parte tronche, cioè accentate sull’ultima sillaba, che si utilizzano sovente per sintetizzare l’identità civile di una popolazione. Si parla così di napoletanità per indicare il complesso dei valori spirituali, culturali e tradizionali caratteristici della città partenopea e della sua gente; così come si parla di romanità per esprimere la caratteristica di chi (o di cio che) è romano. Ancora, si usa meridionalità, milanesità, o leccesità, per indicare quelle rispettive (intuitive) peculiarità.
Abbiamo finanche trovato in qualche scritto galatinesità per indicare il modo specifico di essere cittadini di Galatina: si fa riferimento alla cadenza della lingua, alla flessione stessa della voce, a determinati comportamenti, addirittura al modo di pensare e di agire.
E’ ovvio qui ribadire che non sarebbe scientifico generalizzare e che è difficile pensare ad esempio che un ideal-tipo galatinese abbia caratteristiche specifiche che lo possano distinguere nettamente da un collepassese o da un abitante di Strudà. Ma, in molti casi, pur non disponendo di categorie sociologiche basate sull’osservazione empirica o matematico-rigorosa, quando siamo di fronte ad un galatinese, ma questo vale per chiunque anche per un trentino o un calabrese, riusciamo il più delle volte ad indovinarne la provenienza per quel non so che di noumeno che da qualche parte dovrà pur derivare.
Ma poniamo che in un ipotetico esercizio accademico sia possibile ricercare anche delle peculiarità specifiche di Noha, la nostra cittadina (ché di questo ci stiamo occupando); quale sostantivo, quale parola tronca potremmo utilizzare? Ebbene, in un processo di deduzione logica, se per Napoli questo sostantivo è napoletanità, se per Galatina è galatinesità, per Noha (che in dialetto è Nove) non potrà che essere NOVITA’.
Tutta questa premessa (chi vuol leggere i miei articoli deve portare un po’ di pazienza) per dire che la pasquetta nohana quest’anno non sarà la sublime e costante ricapitolazione di una lunga tradizione (come è anche giusto che sia), fatta di Fiera dei Cavalli (dal mattino e fino all’ora del pranzo), di processione post-prandiale della statua della Madonna delle Cuddhrure portata in spalla dalle donne nohane, di presa della Cuccagna, di scoppio di fuochi artificiali, di rogo delle Curemme nei diversi quartieri di Noha con distribuzione a tutti di fette di colomba pasquale e spumante…
Non è solo questo. La pasquetta nohana a partire da questo 2016 ha, appunto, una NOVITA’ straordinaria (incredibile fino a qualche mese fa): l’apertura al pubblico del “Parco del Castello”. Quest’anno nohani, ospiti e viaggiatori tutti (non ci piace d’appellarli come “turisti”) avranno la possibilità di compiere un viaggio nel tempo, accedendo ai Fori Imperiali di Noha per riappropriarsi di un luogo del cuore per troppi decenni relegato nell’oblio.
Qui si avrà modo di godere dei beni culturali più significativi della nostra cittadina, come l’originalissima vasca ellittica di fine ‘800 in perfetto stile Liberty (coeva e probabilmente disegnata e costruita dalle stesse maestranze che si occuparono della dirimpettaia Casa Rossa, la misteriosa casupola delle meraviglie che ricorda la Casa Pedrera di Barcellona, opera di Gaudì); la Castelluccia del parco, a forma di torre, eretta nei primi anni dell’900 del secolo scorso (con l’interessante impianto idraulico ed elettrico, con marmi, isolanti in ceramica, interruttori a leva ed altri sistemi di trasmissione dell’elettricità); le cantine con le botti di rovere o di altri legnami dove s’invecchiava il Brandy Galluccio; e infine il bene culturale più antico e interessante di Noha, bello da mozzare il fiato: la torre del XIV secolo (1300 d. C.) con il suo ponte levatoio, collegato a rampa con arco a sesto acuto. Ah, dimenticavo il dulcis in fundo e ultimo arrivato: un pezzo dell’“affresco di Albino” scoperto di recente dagli Indiana Jones nohani che rispondono ai nomi di Marcello D’Acquarica e, appunto, l’Albino Campa.
*
Nel parco del Castello di Noha il lunedì in albis si potrà in tutta libertà scorrazzare, giocare al pallone, poltrire, gareggiare a carte o con altri giochi di società, e soprattutto apprezzare le leccornie della pasquetta salentina, anche utilizzando liberamente i barbecue predisposti dal gruppo “Ragazzi della Masseria colabaldi”.
Non mancheranno - ci dice l’uccellino - nemmeno le incursioni della Banda armata (di strumenti musicali) diretta dalla Lory Calò.
Chissà, infine, se riusciremo a degustare le cuddhrure appena sfornate dai due forni del Castello? Chi vivrà vedrà: non possiamo mica svelarvi tutto e subito. Sennò che sorpresa di Pasqua sarebbe?
Antonio Mellone
P.S. Il Parco del Castello è la parte più sana, intonsa e biologica di Noha, ricca di erbe spontanee (è pieno di sucamèli e di altre autoctone varietà di “verdure naturali”, per dire), scampata, com’è da decenni, dall’invadenza dell’uomo. Per fortuna qui non è stato spruzzato alcun erbicida, come invece purtroppo è avvenuto altrove con il silenzio-assenso degli Unni di Palazzo Orsini con l’ausilio delle loro trippe corazzate.
dic202014
dic262013
Ecco il video della cerimonia dell'arrivo di Gesù bambino alla grotta avvenuta prima che il presepe fosse aperto al pubblico.
dic212013
Anche a Noha si racconterà la storia di un Dio che si fa uomo attraverso uno stupendo presepe vivente allestito nell’antica Masseria colabaldi, bene culturale insigne, svettante ancora oggi, dopo cinque secoli di storia, dall’acropoli del paese. Alla base di questa storia dell’Uomo e degli Uomini c’è un gruppo affiatato di variegata umanità che, sfidando ogni avversità, riesce ogni anno a far rivivere il grande miracolo della Ri-nascita.
dic312012
set122022
In data odierna, il Segretario del Circolo PD di Noha, ha protocollato presso il Comune di Galatina, una lettera aperta al Sindaco e al Consigliere delegato, con cui si esplicitano le difficoltà e le carenze della frazione per una più proficua attività amministrativa, come di seguito riportato.
“Con la presente, certi di fare cosa gradita a SSVV e ai nostri concittadini di Noha, intendo sottoporre a SSVV il programma di azione amministrativa da compiersi nella nostra frazione. Scevri dal tentativo di volerci sostituire a questa amministrazione, reputiamo lecito svolgere come Circolo di questa porzione di territorio una attività costruttiva di opposizione da intendersi come continuo richiamo al dovere per quanto deve essere necessariamente realizzato. Ci rivolgiamo, pertanto, a Sig. Sindaco e al Suo Delegato affichè gli stessi, nel corso del loro mandato amministrativo, diano seguito a opere concrete che guardino al benessere dei cittadini di Noha troppo spesso dimenticati, ed in particolare:
Sicuri della benevola accoglienza, siamo certi di aver contribuito a fornire a questa amministrazione priva di Consiglieri di Maggioranza di Noha, una più ampia conoscenza del territorio e delle sue carenze. Per quanto ci compete saremo pronti alla collaborazione per l’interesse esclusivo dei nostri concittadini.”
Il Segretario PD Noha
F.to Dott. Michele SCALESE
gen032014
Pubblichiamo la photogallery del Presepe Vivente di Noha realizzata mercoledì 01 gennaio 2014.
ago122013
“Ciao Rosina, che fai di bello?”
“Nà, sta mi ccoju do ”
Osservo e commento ad alta voce: “Magnifica questa pianta, sembra una regina parata per una passeggiata nei giardini reali!”
Rosina sorride, è grata della vita, la sua folta chioma di riccioli bianchi si confonde fra i grandi fiori della pianta di cappero, non può che sorridere a questa mia affermazione. Penso che la natura non abbia bisogno né di lauree in architettura né in economia, i conti li fa così. Trapana e divelle il cemento più duro senza arnesi meccanici o permessi speciali. Faccio due passi sulla squallida piattaforma in cemento che argina la strada, il piano è sconnesso, inciampo varie volte e infine rinuncio a camminarci per non rischiare le ginocchia.
“Rosina, -aggiungo- chi la governa ora questa terra?”
“Non so- dice- mi pare che i nipoti di Antonio abbiano seminato laggiù”. E mi indica il campo con i resti della mietitura a pochi metri. Per il resto null’altro, se non quattro gallinelle spelacchiate rinchiuse in un recinto all’ombra dell’immancabile fico e di un pergolato.
Antonio non può più fare niente per la sua terra, ma la terra può fare ancora molto per lui, per i suoi nipoti e i nipoti dei nipoti. Lo sguardo va in mezzo ai detriti che fanno da pavimento al pollaio: è ancora pieno zeppo di vecchi residui di terrecotte. Appartengono all’antico sito pre-romano o al convento di San Teodoro (Santu Totaru) che sicuramente esisteva tanti secoli fa. Tutto scompare sotto l’incalzare impietoso di questa inarrestabile smania di pulire la sporcizia della terra, con genuine colate di cemento e catrame.
Controllo che il “menhir” di Noha sia sempre al suo posto. Un ultimo sguardo in giro, saluto Rosina e inforcando la mia inseparabile due ruote a pedali, procedo contromano verso Galatina.
Alla mia sinistra la famigerata colabaldi, un’antica masseria, ultima testimone dell’intelligenza umana, perdente e pendente, sia la masseria che l’intelligenza. La spaccata verticale del muraglione a nord-est non lascia dubbi. Resiste ancora, ma quanto durerà? Su di un cartello c’è scritto: “Vendesi masseria con annesso terreno”. Un ossimoro degli spasmi di questo capitalismo moribondo che emana già cattivi odori. Come la puzza di fogna che invade tutta Noha da qualche tempo. Sarà colpa delle piogge che scarseggiano, o dell’impianto fatto alla “carlona” che invece di smaltire gli odori ce li fa respirare. Comunque, tornando alla masseria, vendono un mucchio di pietre sconnesse, quando nessuno oggi è più disposto a comprare nemmeno una casa nuova. E’ vero che la speranza è l’ultima a morire.
Che spero io? Che sperano i cittadini di Noha? Mentre osservo tutto ciò con la testa girata a sinistra, verso la masseria, continuo a pedalare. Per poco non mi schianto contro le auto ferme in doppia e tripla fila davanti allo stand degli ultimi contadini di questa logorata campagna. Un’occhiata veloce ai prezzi degli ortaggi, un calcolo rapido per concludere che con stò euro la roba è diventata cara ovunque: a Torino, a Milano, a Galatina, nel piccolo negozio e nel grande supermercato. Che possiamo fare? Certo che poi i consumi calano! La gente incassa sempre uguale, ma se i prezzi aumentano come può comprare le stesse quantità di prima, quando con un euro compravi un chilo di ogni cosa? Proseguo sempre contromano.
Perché contromano, starete pensando? Perché a Galatina come a Noha, andando in giro con la bici, il pericolo è meglio vederlo in faccia. Questo Viale Dalla Chiesa sembra la pista di un aeroporto, dove tutti corrono pensando di dover decollare, ma a poche centinaia di metri, sia verso Noha che verso Galatina, il volo viene interrotto dalle abitazioni, ma qualcuno che non se ne rende conto, prosegue la sua corsa come un disperato. Quindi, per un ciclista che non può porre la sua fiducia su questi pseudo-piloti della vuttisciana, contromano è d’obbligo. A sinistra, dove il sole tramonta ogni giorno, il fantasma arrugginito della vecchia cava si staglia alto nel cielo. Questi (il cielo), pietoso, sembra volerlo consolare per la sua lunga agonia. Per un attimo lo associo alla torre campanaria della Chiesa della Madonna delle Grazie che arrugginisce pericolosamente sempre di più. Qui il tempo sembra davvero che non esista, tutto agogna per secoli e decenni, tranne che le porcate fatte di cemento, quelle scivolano veloci sulla terra quasi a voler cancellare le vergogne di una classe politica e dirigenziale che, dietro le quinte, danneggia, e che non ha né poesia né cuore, ma solo affari e interessi personali. Tutti per uno, uno per tutti. In questo sì, che l’Italia è unita. Pedalo confortato da una dolce brezza mattutina che dopo la calura di questi ultimi giorni sembra una vera manna. In fondo al campo figure operose di alcuni contadini mi fanno venire in mente i limiti raggiunti ultimamente dal mio fisico. Se dovessi piegarmi per raccogliere io quelle verdure, dopo poche decine di minuti dovrebbero raddrizzarmi facendomi ingoiare un ombrello.
Però lo scenario è incantevole, e le gigantesche zolle del campo appena arato, color rosso sangue di porco, sembrano dirmi che da quel ventre nasceranno, forse, nuove tavole imbandite e risa gioiose di giovani mamme, figli e nipoti, come quelli di Antonio, che invece dovranno smaltire le centinaia di metri di cemento colato sul suo campo.
Da lì a poche decine di metri l’incanto si rompe e la realtà di questo pusillanime e moribondo capitalismo delle banane, si infrange contro lo scempio della nuova circonvallazione di Galatina. Città dedita all’Arte e alla Cultura.
mag292017
Hai stancato! Sì, caro Antonio Mellone, ora hai proprio stancato Noha, Galatina, Collemeto e Santa Barbara. Taci una volta per tutte, capra, capra, capra! Chi ti credi di essere tu con quella tua penna da strapazzo! Come ti permetti di criticare, di dire sempre la tua, di farti i fatti degli altri? Sai solo scrivere tu, mica sai parlare ai comizi, inventare storie, sparare numeri, narrare leggende! Cosa sai fare tu oltre al tuo lavoro? Pensi che occupandoti della cosa comune, dei fallimenti delle passate amministrazioni, dell’incapacità cognitiva di chi, con profondo senso del dovere e senza pensare ai duemila euro di stipendio, si candida alla carica di sindaco, tu riesca a fare una bella figura?
Hai stancato tu e la tua cultura, la salvaguardia dell’ambiente, il restauro delle opere d’arte, il problema della cementificazione, dell’inquinamento, del chilometro zero, delle autostrade a sei corsie! Basta con questa trozza, con la torre dell’orologio, con le casiceddrhe, con la masseria colabaldi, col frantoio ipogeo.
Cosa fai tu per Noha, oltre a scrivere? Sei stato tu a sostituire la lampadina al calvario? No di certo. Non capisco, dunque, che cosa scrivi a fare! E basta anche con questo fatto della cabina dell’Enel alla struttura di Noha. Cosa te ne frega a te se a noi i compleanni piace farli al buio? Non sai che così le candeline sulle torte fanno più effetto?
Basta con questa casa rossa, col tuo Dante, con questa storia del “megaporco”! Come ti permetti di dire che noi, gente che spera, non abbiamo fatto niente per questo paese! Dove vivi, caro bancario dei miei stivali? Qui non ci sono inoccupati, come affermi tu; le strade sono perfette, l’illuminazione anche, il turismo va a gonfie vele, la raccolta differenziata funziona benissimo. Non c’è immondizia alla piazzole di sosta, i rondò sono curatissimi, abbiamo l’agenda piena di attività culturali. Hai organizzato tu gli anni scorsi la notte della taranta? E poi, visto che stavo per dimenticarmene, quanto dichiari tu all’anno? Fai un confronto se hai il coraggio! E tu vieni a dire a noi, che dichiariamo duemila euro, che non si fanno così le cose? Con quale faccia ci vieni a dire che bisogna recuperare l’evasione fiscale perpetrata nel nostro comune? Comincia a dichiarare il giusto intanto! Ma in banca le fatture le fai, le paghi le tasse, tu, il moralista dei giorni nostri?
Tu che parli, sai come si fa a far fallire un Comune? Sai come si fa a spendere un milione e seicentomila euro per qualcosa che non si può utilizzare? Sai come si sostituiscono le lampadine al calvario? Sai come si mantiene efficiente un parco cittadino? Sei stato tu a mettere ventinove cestini in un parco di trenta metri quadrati? E che cavolo, basta lamentarti, e inizia a scrivere come mangi! E cosa te ne frega a te chi siamo e cosa faremo una volta eletti? Tu devi solo mettere una croce sul nome, e nient’altro.
E ancora: sai dove te la devi mettere la tua grammatica? Io scrivo come voglio, dico quel che voglio, penso quel che voglio! E dopo tutte queste “e”, punti interrogativi, virgole e punti esclamativi, cosa pensi di farmi?
Io sono io, e me ne vanto!
Lettera da uno che non è mai diventato sindaco.
(Fabrizio Vincenti)
dic312018
Mi chiama Emanuele Vincenti, vabbè don Emanuele, il parroco di Sanarica, per invitarmi o meglio invitarci al presepe che quest’anno celebra il suo trentennale: “Allora, venite al presepe vivente di Sanarica? Dai, vi aspetto”.
“Boh, Emanuele: io sono raffreddatissimo, e oltretutto devo assistere mia madre che è caduta: non ti dico. Comunque fammi sentire Giuseppe Cisotta, che ha un telefonino nuovo con una suoneria finalmente funzionante”.
Compongo il numero di Giuseppe che, incredibile a dirsi, mi risponde al secondo squillo: e da lì parte il tutto (incluso l’acquisto della Tachipirina per me).
Nello stesso giorno, di pomeriggio, una carovana di non so più quante auto si dà appuntamento all’autolavaggio di Noha in via Carso, per poi dirigersi alla volta della dolina carsica di Sanarica [da via Carso alla dolina carsica, quando si dice la combinazione, ndr.], una specie di conca di rocce calcaree, una Vora diremmo in vernacolo, molto probabilmente formatasi nel corso di migliaia di anni in seguito alla dissoluzione del carbonato di calcio di cui sono composte le pietre: in quel dirupo è allestito lo stupendo presepe vivente della ridente cittadina sanarichese [comune di 1500 abitanti, meno della metà degli abitanti della frazione di Noha, ndr.], ubicata a metà strada tra Maglie e Poggiardo.
E proprio nell’ampia grotta della natività avviene la restituzione di cortesie tra l’Associazione Amici del Presepe Vivente di Sanarica e il Gruppo Masseria colabaldi di Noha: certe visite si ricambiano, per buona creanza. Lo scorso anno si son fermati loro, e una corposa delegazione di quell’associazione venne a visitare il presepe apparecchiato nei fori imperiali nohani; quest’anno, invece, il Pit Stop è il nostro e siamo andati noi da loro: si fa così, si chiamano scambi culturali, amicizia, solidarietà.
La contentezza di Emanuele, vabbè don Emanuele, al termine dell’incontro si è tramutata nella richiesta via filodiffusione di un battimani da parte dei presenti all’indirizzo degli amici di Noha: applauso che è arrivato immediato e scrosciante dagli organizzatori con tanto di cartellino al bavero, dagli attori protagonisti, dalle numerose comparse, dalle maestranze ospiti, dai visitatori di ogni dove, nonché da sindaco e assessori presenti in loco.
Anche il Bambino (vero), in braccio alla Madre, ha battuto le mani compiaciuto, sotto quei due tetti di stelle: rispettivamente predisposti dagli umani e dai celesti.
Antonio Mellone
ago132013
Lunedi 19 agosto avrà inizio la quarta edizione del "Torneo dei Rioni" a NOHA. I rioni partecipante sono 5 : rione Castello, rione Piezzo , rione Roncella, rione colabaldi e rione Trozza. Ricordiamo che la prima edizione è stata vinta dal rione Piezzo, la seconda dal rione colabaldi e quest'anno vedremo chi vincerà la quarta....
Quindi tutto pronto per lunedi 19 ritrovo alle ore 19:30 presso la piazza san Michele Arcangelo in Noha, dalla cui piazza in corteo si raggiungerò il campo da gioco.
Ore 20:30 inizio prima partita: colabaldi - Trozza mentre alle ore 21:30 inizio seconda partita: Castello - Piezzo.
Buon divertimento a tutti!
dic282010
Eccovi alcune impressioni a caldo (anzi a freddo, vista la temperatura) rilasciate da alcuni visitatori del Presepe vivente nell'antica Masseria colabaldi di Noha
dic122010
Venite a visitare il presepe vivente nell'antica Masseria colabaldi di Noha nei giorni:
dal primo pomeriggio e fino a sera inoltrata.
gen042016
Caro Antonio Mellone,
quando ci siamo incontrati l’ultima volta al Presepe vivente di Noha, per un attimo, alla fine dell’intervista che con il mio supporto (nel senso che tenevo in mano il microfono) hai fatto a mio fratello P. Francesco, ho temuto che, come nei tuoi soliti “agguati”, subito dopo, volessi fare un’intervista anche a me.
Dico “ho temuto” perché (come già accadde a quella del Presepe nella stupenda Masseria colabaldi, che si erge ancora oggi fiera sul promontorio della serra nohana), avevo delle cose da dire, ovviamente; ma poco belle e quindi, giusto per non rovinare l’aria di festa che invece aleggia in tutta Noha per il felice evento, devo concludere così: “ Meno male che non mi hai chiesto nulla”.
Però qui, dove l’aria diciamo è per pochi intimi, te lo voglio dire lo stesso, il mio pensiero, a proposito del nostro magnifico Presepe.
Un Presepe unico, se non altro, per la sua ubicazione. E’ inutile star qui a decantare e riscrivere cose trite e ritrite del castello di Noha, del ponte levatoio sulla torre, dell’arco a sesto acuto, delle casette (ca sta cadanu), del parco degli aranci con fontana ellittica, della torre con impianto elettrico da archeologia industriale, del magazzino delle botti dell’ex-distilleria Brandy Galluccio, della dirimpettaia Casa Rossa illuminata a festa (sia ca se vidia pocu, speriamo che presto venga abbattuto anche quell’altro muro di Berlino, come promesso dai proprietari). Punto.
Tanto si è parlato e scritto di questi beni, che per molti oramai è cosa conosciuta. Anche se poi chi dovrebbe conoscerle meglio, finge, o proprio non ha intelligenza a sufficienza (nu lli rriva, si dice da noi); e mi riferisco ai vari sindaci e assessori che fanno finta di alternarsi a palazzo di città. Non serve nominarli, in quanto somigliano molto alle bevande dei distributori automatici delle sale d’attesa: cambiano nome ma il gusto è sempre lo stesso.
Veniamo al dunque, e cioè all’intervista mancata. Allora la prima domanda sarebbe stata: “Ci dici il tuo parere sul Presepe Vivente di Noha di questa edizione?”
Risposta: “Sono arrivato al punto che considero questo evento un Mistero dalla doppia valenza. La prima in assoluto è il riferimento all’evento cristiano che tutti conosciamo e (spero) consideriamo nella Sua radicale importanza.
La seconda (valenza del Mistero), è la forza silenziosa che muove braccia e mani, cuori e cervelli di questo popolo. Mi riferisco naturalmente ai figuranti, alle donne e agli uomini che lavorano nelle varie botteghe, e alle maestranze che costruiscono l’opera magna”.
Ti avrei detto caro Antonio, che questa gente, la nostra gente, compie ogni anno una rivoluzione.
Il termine “rivoluzione” richiama alla mente masse di popolo che si riversa nelle strade, e con bandiere e slogan, quando va bene, protesta e grida la sua rabbia per le ingiustizie da cui si vuole difendere.
Invece, i nostri amici del presepe ci insegnano che le rivoluzioni si possono fare brandendo il segno di pace per eccellenza. Ci insegnano che hanno capito cosa vuol dire “preghiera”, e con il loro sacrificio, perché tale è, pregano le nostre sconsiderate e innominabili “bevande calde”, che Noha attende il battesimo delle sue meraviglie storiche, che la storia di Noha non è da confondersi con quella di Galatina ma da “fondersi” in una unica forza.
Questo pregano e preghiamo.
Cari Sindaco Montagna e Assessore alla Cultura Prof.ssa Vantaggiato, la Soprintendenza attende ancora dal 2013 (http://www.noha.it/noha/articolo.asp?articolo=967) una risposta sui Vostri progetti che riguardano i Beni Culturali di Noha”.
Con gratitudine.
Marcello D’Acquarica
Caro Marcello,
che dirti? Mi hai tolto le parole di bocca. Per quanto riguarda le domande, ma soprattutto le risposte.
Con altrettanta gratitudine.
Antonio Mellone
P.s. Continuiamo a lottare, caro Marcello, per i nostri beni culturali. Purtroppo siamo ancora ai piedi della croce. Il primo gennaio nohano è stato purtroppo funestato da un atto criminale che ha semidistrutto uno dei simboli della Storia di Noha: la Trozza. Qui c’è ancora molto da fare. A partire dalla base, per finire alla cosiddetta altezza (cioè le suddette “bevande calde”).
dic282015
Il collaudato miracolo del presepe vivente di Noha che si rinnova annualmente in occasione del Natale è da ascriversi alla collaborazione, anzi all'unione che fa la forza dei seguenti gruppi associativi:
Mel
ago092010
Non finiremo mai. Siamo come assediati. Ci stanno mettendo nel sacco ancora una volta.
Stanno preparando "il sacco di Noha".
Ebbene non ci crederete ma a Noha abbiamo un'altra emergenza (oltre al fotovoltaico selvaggio in svariati ettari di campagna nohana, oltre all'imminente Comparto 4 e le oltre 50 villette schierate come un plotone d'esecuzione, oltre a tutto il resto).
Avete visto il video di Dino Valente su galatina.it a proposito della cava De Pascalis? Sembra uno spot pubblicitario.
L'intervistatore si rammarica pure della burocrazia e dei suoi lacci e lacciuoli, anzichè chiedere regole lacci e lacciuoli anche per il suo bene e la sua salute.
(fonte Galatina.it)
Lo sapete che cosa verrà conferito in quella cava, a due passi dall'antica masseria colabaldi, sito storico e archeologico importantissimo? Di tutto, di più. Leggete l'elenco. Ma andate oltre: dietro quell'elenco c'è un altro elenco invisibile e innominabile, tra l'altro, facilmente immaginabile.
Anche se non ce lo dicono ci saranno materiali pericolosi insieme a tutto il resto. Scommettiamo? Pensate che qualche eternit, o qualche altro materiale viscoso "ben chiuso" in qualche bidone, o qualche altra roba da sversare non ci sarà in mezzo alle altre schifezze che verranno portate qui da noi da tutto il Salento? Suvvia, non cadiamo dalle nuvole con le solite lacrime da coccodrillo che verseremo da qui a qualche anno. Cerchiamo di anticipare i tempi. E per favore andatevi a vedere il film "Gomorra" (proprio nelle scene delle cave dismesse), se proprio non riuscite a leggere l'omonimo libro di Roberto Saviano.
Sappiamo come vanno le cose in Italia e soprattutto qui, nel nostro Sud. Conosciamo bene il senso di responsabilità e la correttezza di molti imprenditori (spesso prenditori e basta).
E poi perchè tra la roba conferita deve esserci pure il vetro e la plastica? Non sono, questi ultimi, materiali da riciclare? Andatevi a vedere l'elenco delle cose conferibili (conferibili, ovviamente, a pagamento) e troverete anche plastica e vetro. Perchè buttarli in discarica?
Credono lor signori che noi siamo così fessi da non capire che dietro questa n-esima "scelta ecologica" non ci sia un piano diabolico? Che potrebbe essere questo: guadagnarci ovviamente nell'immediato (i conferimenti da parte delle ditte di tutto il Salento è a pagamento, un tot. di euro a tonnellata). Ma guadagnarci anche e soprattutto nel futuro. Come? Semplice. Una volta riempita la cava (non ci vorrà mica un secolo, basterebbe un decennio ma anche meno di conferimenti, con la fame di discariche che c'è) si farà diventare edificabile quella "nuova area", tra Noha e Galatina. Altro comparto, altra villettopoli. Altro giro altro vincitore, e molti perdenti: noi.
Mentre altrove le cave dismesse diventano centri culturali (tipo Le Cave del Duca a Cavallino, sede di concerti e di convegni, o l'area Verdalia a Villa Convento, area di freelosophy, eccetera eccetera), qui da noi diventano l'immondezzaio del Salento. A due passi dalla povera Masseria colabaldi. Non c'è rispetto nè della storia nè del futuro. Siamo schiavi del presente purtroppo.
Manco i barbari permetterebbero certi scempi. Ma noi sì.
Bisogna allora avvisare tutti i nohani, ma anche i galatinesi della 167, quelli che abitano nell'intorno della parrocchia di San Rocco, i vicini ed i lontani, del fatto che anche loro ne sono coinvolti: ne va anche della loro salute. Bisogna far presto. Bisogna far girare queste informazioni, magari arricchendole con nuove notizie e nuovi dati.
Bisogna far svegliare i nostri rappresentanti (ma dove sono con i loro cervelli in fuga) cercando di far capire loro che con certe scelte e certe decisioni (prese all'oscuro e senza informare preventivamente i cittadini) stiamo andando con gioia verso il disastro. Stavolta annunciato.
Antonio Mellone
gen122017
Ringrazio il cittadino di Noha che ha chiesto pubblicamente chiarimenti sull’attività della discarica controllata per rifiuti inerti speciali gestita dalla società “Ecologica De Pascalis”, situata a Galatina in località Masseria colabaldi, perché mi permette di sciogliere dubbi e di dare informazioni corrette. “Domandare è lecito, rispondere è cortesia”, dice un vecchio proverbio, ma in questo caso ritengo la risposta doverosa sia come imprenditore, che come candidato che si propone di amministrare la città.
Le mie aziende hanno una storia che per la società madre risale al 1950 e di cui sono solo un socio. Ogni imprenditore ambisce a una lunga vita per la sua azienda, ma è la cosa più difficile da ottenere. Non si arriva facilmente al traguardo della lunga vita di un’azienda: si raggiunge per capacità imprenditoriale, ma anche rispettando le norme. Mi preme poi precisare che anch’io vivo a Galatina con la mia famiglia, ci sono cresciuti i miei figli e i miei nipoti, qui vivono tutti gli affetti più cari e tanti amici. Aldilà della mia personale sensibilità alle tematiche ambientali rimane il fatto che se danneggiassi l’ambiente lo farei anche a mio danno e a danno delle persone a cui voglio bene.
E ora veniamo ai quesiti del cittadino di Noha preoccupato dei tanti tir che arrivano nella discarica controllata e per l’eventuale pericolosità del materiale stoccato. La sua preoccupazione verte, in modo particolare, sulle traversine ferroviarie che, secondo lui, non potrebbero essere smaltite nella nostra discarica in quanto non assimilabili al materiale edile. Si preoccupa anche, in caso di smaltimento legittimo delle traversine, di «chi controlla che il materiale non sia impregnato di sostanze pericolose in grado da provocare danni al terreno e alla falda acquifera sottostante». Tutte le preoccupazioni sono poi infarcite di rimandi a fatti di cronaca più o meno recenti: discarica di Burgesi e Gomorra che nulla hanno a che vedere con la realtà della discarica controllata per rifiuti inerti speciali gestita dalla società “Ecologica De Pascalis”. Benissimo.
Tranquillizzare il cittadino nohano e tutti i miei concittadini è molto semplice: non devo inventare nulla perché l’attività della discarica controllata è assolutamente chiara e trasparente. Si tratta di una discarica controllata per rifiuti inerti speciali regolarmente autorizzata che, al momento, smaltisce anche traversine ferroviarie in cemento. La differenza tra queste e quelle in legno è sostanziale perché le prime sono traversine in cemento precompresso, particolarmente innocue e inerti. Sono realizzate con una semplice colata di cemento, nella relativa forma, senza subire alcun trattamento e l’aggiunta di alcuna sostanza. Nel momento in cui non sono più utilizzate sono classificate dal Catalogo Europeo Rifiuti (Cer) con il codice 17.01.01 dove il 17 indica la provenienza del rifiuto (rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione), lo 01 la famiglia a cui quali appartiene il rifiuti (cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche) e le ultime due cifre (01) indicano la tipologia del rifiuto da smaltire (cemento). Diverso il discorso delle traversine ferroviarie in legno impregnate con creosoto (una sostanza di composti chimici, anche cancerogeni) che sono considerate rifiuto speciale pericoloso.
La discarica controllata “Ecologica De Pascalis” non riceve traversine ferroviarie in legno e quindi non procura alcun danno ambientale. Le porte dell’azienda sono sempre aperte per i dovuti controlli e non ho alcun timore al riguardo. A disposizione dei cittadini metto un indirizzo mail (giampierodepascalis@libero.it) a cui indirizzare qualsiasi dubbio, richiesta di chiarimenti, segnalazioni di criticità.
Per chi, poi, vuole essere informato in modo dettagliato sulle differenze che ci sono tra traversine ferroviarie in legno e in cemento a seguire potrà troverà una descrizione delle differenze tra i due prodotti e i riferimenti normativi che regolano lo smaltimento.
Giampiero De Pascalis
Traversine in legno
Le traversine in legno sono state diffusamente utilizzate in passato dalle Ferrovie dello Stato per la costruzione delle linee ferroviarie. A far data 01/01/2002, con l’entrata in vigore dei nuovi codici Cer (Catalogo Europeo Rifiuti) a seguito della Decisione 2000/532/Cee e s.m.i., le traversine ferroviarie in legno venivano riclassificate con codice Cer 17.02.04 (rifiuto pericoloso) che sta ad indicare “… legno contenenti sostanze pericolose o da esse contaminate” . Pertanto, da tale data, le traversine di legno impregnate con creosoto sono da considerate rifiuto speciale pericoloso, quindi non più riutilizzabili ai sensi del punto 9.1 del Dm 05/02/1998. Tale classificazione era dovuta, per l’appunto, alla sostanza, pericolosa (creosoto) utilizzata per renderle più resistenti nel tempo. Pertanto, le stesse, una volta rimosse dal tracciato ferroviario, possono: essere riutilizzate quale traversine o, in caso contrario, smaltite come rifiuti pericolosi, in quanto impregnate col predetto creosoto, composto fenolico pericoloso.
Traversine in cemento
Recentemente le predette traversine in legno, per l’eccessivo costo di smaltimento a fine vita e per la sostanza pericolosa utilizzata per la loro preparazione, avente un forte impatto sulle matrici ambientali, sono state sostituite da traversine in cemento precompresso, particolarmente innocue e inerti. Infatti si tratta di una semplice colata di cemento, nella relativa forma, che non ha subito alcun trattamento e l’aggiunta di alcuna sostanza.
A fine vita le traversine in cemento, che non sono più utilizzate nelle tratte ferroviarie, sono classificate dal Cer con il codice 17.01.01 dove il 17 indica la provenienza del rifiuto (rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione), lo 01 indica la famiglia ai cui appartiene il rifiuto (cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche) e l’ultimo 01 indica la tipologia del rifiuto da smaltire (cemento).
Ovviamente stiamo parlando di traversine in cemento dismesse sulle quali sono passati solo dei treni e non sono mai venute a contatto con sostanze pericolose. Certo è che se al momento dell’accettazione del rifiuto in discarica si notano situazioni diverse da quelle dichiarate nel Fir (Formulario Identificazione Rifiuti comunemente detta “bolla” dai non addetti ai lavori), la discarica richiederà al produttore ulteriori analisi sul rifiuto, pur non essendo dovute né richieste.
apr272018
E’ vero: la storia non ci dice dove andremo (si tratta di una decisione che spetta a noi, se ne siamo capaci), ma da dove veniamo. E scartabellare le carte di un archivio è come percorrere un’avventura contro tempo, quando il passato si disvela con sorprese inimmaginabili e senti che alcune cose che ti appartengono per chissà quale strampalato marchingegno. Continuiamo a seguire la Storia così come raccomodata da P. Francesco D’Acquarica: chissà che non troveremo qualcosa che parlerà di noi.
La redazione
Francesco Carafa (? -1754)
(Vescovo di Nardò dall’11 aprile 1736 al 1º luglio 1754)
Dal 1736 al 1754 i Pontefici furono:
Clemente XII (1652-1740) Papa dal 1730 al 1740
Benedetto XIV (1675-1758) Papa dal 1740 al 1758
Arciprete di Noha
Don Andrea Soli (1695-1754), parroco dal 1728 al 1754
Francesco Carafa, napoletano, dei duchi di Monte Calvo, fu eletto Vescovo di Nardò il 15 aprile 1736. Compì più volte la visita pastorale della diocesi, tramandandocene relazioni scritte, ma di poca importanza. Il Carafa morì santamente il 1 luglio 1754 dopo 18 anni di episcopato.
Di questo periodo è da sottolineare il gravissimo terremoto che colpì il meridione di Italia. Il 20 febbraio 1743, mercoledì, verso mezzanotte, nella città di Nardò e dintorni un terribile terremoto scosse per circa otto minuti tutto il territorio. Ebbe l’epicentro a poca distanza dall’abitato seminando rovina e morte. Pochissime case, circa una ventina, rimasero intatte, le altre o crollarono interamente o furono gravemente lesionate e rese inabitabili. Le chiese e gli edifici pubblici andarono in rovina, interamente o parzialmente.
La facciata della cattedrale, fatta costruire pochi anni prima dal Sanfelice, fu danneggiata e lesionata: caddero le due statue laterali di S. Basilio e di S. Benedetto, quella centrale dell’Assunta, posta sulla sommità, e il campanile. Gravemente danneggiato fu il seminario: alcuni vani rimasero pericolanti ed inabitabili.
Andò completamente distrutto il vecchio palazzo di città, che sorgeva sulla piazza principale, costruito nel 1612 in forma magnifica. Crollò la chiesa di S. Francesco di Paola. Cadde e andò in frantumi il campanile della chiesa di S. Domenico. Crollò la chiesa della V. del Carmine. Le vittime furono 112 in gran parte donne e bambini.
Relazione con la chiesa di Noha
L’arciprete di Noha era ancora don Andrea Soli di cui abbiamo già scritto. Sicuramente accolse con zelo il Vescovo nelle diverse visite pastorali che il Carafa indisse in tutta la diocesi.
Non bisogna dimenticare il grave terremoto del 20 febbraio del 1743, sopra citato. L’epicentro fu nel Canale di Otranto a circa 50 km dalla costa. Le maggiori distruzioni furono subìte dalle città di Francavilla Fontana e di Nardò, dove raggiunse 6.9 della scala Richter, e da Amaxichi, una località dell'isola di Lefkada (Isole ioniche) in Grecia. E si sa che un terremoto di quella potenza può fare danni fino ad un raggio di 100 chilometri.
Il nostro don Andrea non dice niente a proposito, anzi nei registri parrocchiali dei mesi attorno a quella data (febbraio 1743) non registra né morti, né nati, né sposati: quasi come se non fosse accaduto nulla. Certamente anche a Noha ci furono dei danni, ma non tali evidentemente da esser riportati nei registri parrocchiali.
Ci sembra di ricavare dai registri che don Andrea fosse un tipo piuttosto disordinato, distratto e confuso, iniziava le sue attività con entusiasmo ma presto lasciava perdere o si scoraggiava. Non ha fatto opere particolari per la chiesa di Noha che meritino di essere ricordate, salvo la lapide sepolcrale che fece apporre accanto all'altare di S. Michele in memoria dello zio Don Nicolantonio .
Nei registri parrocchiali dopo il 1754 di don Andrea si perdono le tracce. Gli succederà don Giacomo Pignatelli.
Marco Petruccelli (1705-1782)
Vescovo di Nardò dal 16 dicembre 1754 al 18 nov. 1781
Dal 1754 al 1781 i Pontefici furono:
Benedetto XIV (1675-1758) Papa dal 1740 al 1758
Clemente XIII (1693-1769) Papa dal 1758 al 1769
Clemente XIV (1705-1774) Papa dal 1769 al 1774
Papa Pio VI (1717-1799) Papa dal 1775 al 1799
Arciprete di Noha:
Don Giacomo Pignatelli (1720-?), parroco dal 1755 al 1773
Don Oronzo Stifani (1746-?), parroco dal 1774 al 1822
Marco Petruccelli, professore di teologia, laureato in Diritto, nacque in Ariano, provincia di Avellino l’8 agosto del 1705, e fu eletto Vescovo di Nardò il 16 dicembre 1754 da Benedetto XIV, Papa dal 1740 al 1758.
Il nostro Petruccelli era già esperto e da molto tempo nel ministero pastorale per essere stato in precedenza vicario generale in più diocesi, in Puglia e fuori dalla Puglia. Durante i lunghi 28 anni di episcopato più volte compì la visita pastorale della diocesi.
Morì a Nardò il 14 settembre 1782, alle ore 7 all’età di 77 anni. Fu sepolto nella cattedrale, di fronte alla porta della sagrestia, di fianco alla tomba di Francesco Carafa.
A cura del nipote Pasquale Petruccelli fu collocata una lapide marmorea, con una epigrafe sormontata dallo stemma vescovile che qui riporto in italiano perché sintetizza bene la vita di questo Vescovo:
A Dio Ottimo Massimo
A perpetuo ricordo di
MARCO PETRUCCELLI
vigilantissimo Vescovo di Nardò
che per ventotto anni
così santamente soddisfece al suo ufficio
da eccellere nel restaurare il culto
e il rito sacro
nel rivendicare i diritti della cattedra
nel rendere il sommo onore a Dio
nella costante giustizia verso gli uomini
morì il 14 settembre 1782
Pasquale Petruccelli Arcidiacono neretino
all’incomparabile zio paterno
pose
Relazione con la chiesa di Noha
Nel lungo periodo dell’episcopato di Petruccelli (28 anni come il Sanfelice, ma ben diverso) non troviamo nulla di importante che si riferisca alla chiesa di Noha. L’arciprete di Noha è Don Giacomo Pignatelli, che fu parroco dal 1755 al 1773. Negli ultimi anni dell’episcopato del Petruccelli troviamo l’arciprete Don Oronzo Stifani, parroco dal 1774 al 1822. Ma di quest’ultimo parleremo più avanti. Il nostro don Giacomo era nativo di Galatone, ma fu Arciprete di Noha per 18 anni. Sicuramente avrà accolto il Presule in occasione delle diverse visite pastorale alla diocesi. Il 2 maggio 1768 nei registri parrocchiali è annotata una visita pastorale, così pure il 2 aprile 1770. Anzi nella visita di due anni dopo, quella del 15 marzo 1772, leggiamo anche l’osservazione del convisitatore incaricato che scrive:
Essendosi da me riconosciuto il presente Libro abbiamo ritrovato l'atto il 3 novembre dell'anno 1771 è notato il Battesimo conferito a Mauro Oronzo Lionardo figlio di Giandonato Valente e Rosa Calente. Non vi sono annotati dei Padrini nè confermati anche dalla iscrizione dell'arciprete. Ordiniamo perciò che in ricoreggersi il presente si suppliscano dei cennati difetti e per l'avvenire sia più accorto l'arciprete in descrivere tutto il necessario senza mancarvi una sillaba. Nel rimanente è stato invitato ed … del libro de Battesimi e non si è riconosciuto altro difetto sia approvato. Dato in Nohe nella S. Visita questo dì 15 Marzo 1772. Io Ab.D. Joseph Can. de Tullie convisitator.
In questo periodo a Noha ci sono diversi sacerdoti che aiutano il parroco. Riporto qui l’elenco:
1. Don Lup'Antonio Greco (Noha 1711- Noha 1795).
2. Nel 1769 Don Francesco Pignatelli di Nardò, d'anni 70. Nato a Nardò nel 1699 e morto a Noha il 23 giugno 1769. Questo l’atto di morte che si trova nell’archivio di Noha:
Le 23 Giugno 1769
Il Rev.do D. Francesco Pignatelli di Nardò d'anni 70 passò da questa a miglior vita a 23 d. fu confessato e comunicato per viatico e munito col sacr. dell'estrema unzione da me infrascr. e fu raccomandata l'anima colle solite preci e fu sepelito nella chiesa parocchiale nella sepoltura dei Sacerdoti, onde D. Giacomo Arcip. Pignatelli.
3. 1773 - Don Pasquale Carallo di Aradeo.
Fino al 9 Dicembre 1773 i registri sono firmati dal Pignatelli. Dal 23 dicembre 1773 la firma è dell’Economo Curato don Giuseppe Carallo di Aradeo. Al primo gennaio 1774 Economo Curato è don Oronzio Stifani, che diventerà arciprete di Noha e lo sarà per ben 49 anni.
Sede vacante dal 1781 al 1792
(Per un periodo di 11 anni la Sede Episcopale di Nardò non ha un Vescovo)
Dal 1781 al 1792 il Pontefice era:
Pio VI (1717-1799) Papa dal 1775 al 1799
Arciprete
Don Oronzo Stifani, (1746-?), parroco dal 1774 al 1822
Morto il Vescovo Petruccelli la sede episcopale di Nardò rimase vacante per un 11 anni. Il 19 settembre 1782, pochi giorni dopo la morte del Vescovo, si riunì il Capitolo della cattedrale e furono proposti tre candidati a vicario capitolare: Salvatore Del Prete, Achille De Pandis e l’arcidiacono Pasquale Petruccelli, nipote del Vescovo scomparso. Su 24 votanti le votazioni ebbero questo risultato:
Salvatore Del Prete 13
Pasquale Petruccelli 12
Achille De Pandis 10
Fu così eletto Salvatore Del Prete che, subito dopo il canto del Te Deum, prese possesso della curia e degli altri uffici. Fu uomo dottissimo, di esemplare condotta, assiduo al servizio corale e alle altre funzioni della cattedrale e del capitolo. Rimase in carica fino all’arrivo del nuovo vescovo che avverrà il 16 maggio 1792.
Relazione con la chiesa di Noha
Nel lungo periodo dell’arcipretura di don Oronzo Stifani, quasi cinquant’anni, non c’è nulla da segnalare, purtroppo. Come vedremo nella prossima puntata, in questo periodo Noha perse anche la sua autonomia politica diventando frazione di Galatina.
[continua]
P. Francesco D’Acquarica
gen042013
"Eccovi di seguito il tanto atteso articolo della prof.ssa Giuliana Coppola, giornalista e scrittrice e amica di Noha"
“In men che non si dica” ti ha abbracciato anche quest’anno la Madonna, bellissima e sorridente e poi hai baciato anche Giuseppe, così tanto per essere proprio al colmo della serenità. E già però, profumavi di pane e di pucce e di farina e d’orzo e di pomodori d’inverno e di pittule e, se ti fosse possibile, se non ci fosse stato Marcello, D’Acquarica s’intende, ad aspettarti lì, tra la gente, a Noha, tu saresti rimasta legata alla manina calda di Simone, il tuo folletto portafortuna, per continuare all’infinito la corsa a saltelli verso ‘mpa Rocco e il suo cavallo buono come il pane. Parola astratta è “cultura”. Ma tu hai letto, perché l’ha scritto Marcello “Cultura è la solidarietà incondizionata, l’educazione, la famiglia, l’esperienza degli anziani, la salute pubblica, l’acqua, l’aria, la terra, la scuola, i sentimenti… condivisione, attenzione all’altro, sacrificio per il bene comune, amore disinteressato, non discriminante”; l’hai letto e anche per questo sei tornata qui, nell’antica masseria colabaldi e avevi voglia invece, di resistere all’invito dell’Antonio Mellone (chi altri se non lui?). Non volevi, infatti, abbandonarti, ancora, a groppo di nostalgia.
Invece, questo succede a Noha; bisogna andare lasciandosi guidare, stavi per dire cullare, dalla manina di Simone, dal passo sicuro di Antonio, mentre vento scompagina pagine del libro-saggio-biografia di Marcello e Giuseppe ti accompagna nel viaggio in questo presepe che presepe, a dir la verità, proprio non è; chè presepe, di per sé, parola così dolce e così densa di significati, in fondo è termine che, a volte, sa d’antichi steccati; qui è la vita che respira e ha profumo d’arte e di tradizione, leggerezza di ricamo e di tombolo, forza d’una storia che ha senso perché il paese-comunità, quello che ora ti attende anche attorno ad un libro, lo ritrovi ben saldo intorno alle sue certezze. Insieme si può e non hai voglia di pensare né di scrivere “si potrebbe” e poi non te lo perdonerebbe mai L’OSSERVATORE NOHANO (ed il sito dell’Albino) cui, in fondo, si deve il senso di ogni iniziativa.
Insieme si può trasformarlo il “mondo”, acciuffarlo mentre sembra che rotoli sempre più giù, acciuffarlo iniziando da Noha e lo si tiene ben stretto e gli si impone di fermarsi e, siccome è stanco, lo si invita ad adagiarsi sui cannizzi di Antonio Tundo e dei figli suoi Raffaele e Simone e, intorno a lui, per consolarlo, rifocillarlo e tenergli compagnia, s’alterneranno Gabriele che profuma di forno e Silvia, la madonna sorridente e Daniele che oggi è anche san Giuseppe e l’angioletto dai riccioli d’oro che t’ha offerto una puccia tutta terrena e Michele che, cantando, ricorderà al mondo che è partito ma ora è tornato; e se avrà fame, il mondo, ci penseranno e Massimo e Roberto coi prodotti del forno loro e l’Antonio che ama fare il contadino; non mancheranno i legumi di Piero e il latte del gregge di Franco il pastore e la Lina e l’Anna e le loro amiche faranno pasta fresca in quantità mentre Clara ricama e Marco scolpisce la pietra e Michele l’antiquario s’affretta ad ornargli dimora e Mimino a riparargli stivali consumati.
Intorno c’è profumo d’orzo tostato come un tempo ché non hanno fatto mancare nulla a questo presepe che è la vita, Giuseppe Cisotta e il suo papà Luigi e il figlio Luigi (non poteva chiamarsi diversamente) e poi anche Giuseppe Cioffi e tutti gli altri che sfugge sempre qualche nome nel paese; ora, il “mondo”, quello che stava per rotolare, riposa tranquillo e sogna giorni che profumano d’arance limoni e mandarini e poi s’accende luna e dormono coniglietti e agnellini e l’asino buono e il bue paziente e il cavallo dalla faccia di nonno e le galline e si è addormentato anche Gesù e i soldati e le cortigiane dell’harem tra spezie e tappeti.
Tu invece, devi correre via, pucce calde ben strette al cuore, groppo d’emozione in gola e manina di Simone nell’altra mano, quella libera; c’è Marcello che t’aspetta e quando lo ritrovi “in men che non si dica”, ti confida “il mio sud è un rifugio sicuro, un’emozione, una preghiera in cambio di un po’ d’amore. Un “mondo” mai da dimenticare, fatto di giochi per le strade, per i campi, fatto di fango e di canneti, d’arsura e di tramontane, di fiabe e di paure, di sogni e di libertà…la casa”.
Ritornerai, ma certo che tornerai che t’aspetta anche la Lilliana, nel suo abbraccio che sa di saggezza giovane ed antica. Un caffè e via perché da qui comincia e termina ogni viaggio.
Giuliana Coppola
nov082006
gen012014
Esame superato a pieni voti secondo il giudizio dei visitatori di domenica 29 dicembre 2013.
set072012
"E’ da questa mattina che ti vedo sbuffare e borbottare … 'cce sta 'tte succede?" - disse il nonno al giovane nipote che, dalle prime luci dell’alba, lo stava aiutando nel sistemare i tralci e nell’estirpare le erbacce per preparare il vigneto all’ormai prossima vendemmia.
"Mi sono stancato e non mi piace lavorare!" - fu la lamentosa risposta del ragazzo.
"Aaahhh …. ma lavorare è necessario" - disse il nonno che, con la schiena china, proseguiva a legare i tralci ai fili passanti tra le viti - "’Nnu sulu pe’ tie stessu, per vivere, ma anche per gli altri. Immagina tie cosa accadrebbe se, d’un tratto, tutti smettessero di lavorare. Il mondo si fermerebbe! Non solo non si andrebbe avanti, ma anche tutto quello che nel passato è stato realizzato non durerebbe a lungo e alla lunga andrebbe distrutto".
Il nipote per nulla convinto ribattè prontamente – "Ma io non dico che gli altri non debbano lavorare … solo io … e da grande vorrei trovare un modo per far soldi velocemente e senza fatica".
Il nonno si fermò, rizzò la stanca schiena e lo guardò a lungo, intensamente – "Sai … tantu tiempu fà conoscevo uno che aveva come unica fissa intra la vita quello di guadagnare soldi in modo facile, senza cu se li suda e senza alcun impegno. Uno a cui la fatia puzzava, come ora accade a te, solo che …".
Il nipote con tono interessato interruppe il nonno chiedendo – "E ci riuscì? Dimmi nonno! … Dopo tutto non sono l’unico ad aver questo desiderio?".
Il nonno con un saggio sorriso che gli attraversava il viso disse – "Se hai pazienza, e mentre mi continuerai ad aiutare in quello che siamo venuti a fare, te cuntu la storia, così accontenterò la tua curiosità".
Così tra un tralcio da legare e un fascio d’erba da estirpare …
Tanto tempo fa viveva nel nostro Casale un uomo il cui unico impegno durante il giorno era quello di alleggerire le tasche dei propri compaesani, con ogni possibile stratagemma, ingannando la loro buona fede e approfittando del loro buon cuore. Se questo era quello che faceva durante il giorno, la notte la impiegava a pianificare ogni possibile sotterfuggio e furbizia da mettere in atto per il giorno successivo. Di trovare un onesto lavoro non ne aveva mai avuto voglia. La moglie, che non ne poteva più di quella malsana dedizione del marito, lo aveva da tempo lasciato ed era tornata a casa dei suoi genitori, dopo che un giorno approfittando dell’assenza di lei, quel malandrino aveva venduto tutta la dote ad un mercante di passaggio, lesto nel fiutare il buon affare.
Cosa facesse di tutto quel denaro che gli entrava in tasca nessuno lo sapeva. Non si vedeva nelle osterie a bere un bicchiere di vino e, raramente, compariva nelle botteghe del paese a comprare qualcosa. Anzi, quando ciò accadeva, si dilungava in tali e tanti mercanteggiamenti sul prezzo che i bottegai restavano ogni volta sfiniti e speravano che si tenesse lontano dai loro affari.
Ma come spesso accade, così come nel mondo, a ben pensare, non c’è limite alla bontà, anche per la malevole furbizia vi è una scala infinita che conduce verso il basso e, per quanto uno cerchi di esser cattivo, prima o poi, qualcuno più maleintenzionato lo si incontra sempre.
Un bel giorno nel paese comparve uno strano individuo, vestito come un indiano e con un turbante in testa. Affermava di essere un indovino, capace di prevedere il futuro e soprattutto di dispensare ottimi consigli che, se seguiti alla lettera, potevano far diventare chiunque molto molto ricco. Questo era quello che si poteva leggere su di un grande e sbiadito cartello posto all’esterno della sua tenda.
Incuriosito da quanto si raccontava di questo personaggio nei crocicchi per le strade, e mosso da questa sete insaziabile per i soldi, l’uomo decise infine di andarlo a trovare per interrogarlo. La domanda che gli pose non poteva che esser la seguente – "Dimmi cosa devo fare per diventare ricco … ancora più ricco …. ma, sia ben inteso, senza che sia necessario lavorare!".
L’indovino rimase in silenzio a lungo, tanto che l’uomo pensò che si fosse addormantato e stava per alzarsi e andarsene quando, infine parlò – "Quello che mi chiedi è possibile, ma richiede un enorme sacrificio che nessuno sino ad oggi è stato in grado di portare a compimento. Ascoltami bene!
Devi procurarti un neonato e lo devi portare con te nel punto più in alto di questo paese. Lì sollevandolo in alto dovrai invocare il diavolo affinché moltiplichi all’infinito quanto tu ora possiedi e ti indichi la via e il luogo per trovare nuovi e più ricchi tesori. Dovrai poi tornare a casa, recando con te il piccolo e, dinanzi ai tuoi risparmi dovrai ripetere la stessa invocazione. Non dovrai nuovamente toccare i tuoi soldi, lascia la tua casa senza rimettere a posto le tue cose. La porta deve restare aperta, per consentire al demonio di farvi ritorno al termine del rito affinché ti possa render ricco come tu desideri. Torna sul punto più in alto e, dopo aver nuovamente chiamato a gran voce il diavolo affinché ti sia da testimone delle tue intenzioni, devi sacrificare il neonato. Solo allora l’oscuro angelo caduto ti mostrerà il luogo dove potrai trovare infinite ricchezze. Ascolta! ti voglio avvertire … sino ad oggi nessuno è ancora riuscito nell’impresa e, devi sapere, il diavolo è un padrone molto esigente. Guai a disturbarlo invano!".
Nonostante l’odiosità dell’atto richiesto, l’uomo per la prima volta nella sua vita sembrò veramente felice. Pagò il dovuto senza contrattare sul prezzo e andò via con l’unica preoccupazione di poter trovare un neonato che facesse al caso suo, quanto prima possibile.
Preoccupazione ben fondata. In effetti la sua nomea per il Casale era tale che mai nessuno, neanche il più sprovveduto, gli avrebbe affidato un bambino, figurarsi un neonato. Così ogni notte, dopo aver invano gironzolato alla cerca per tutto il giorno, andava sul tetto di una vecchia masseria posta sul punto più alto del paese e lì passava ore ed ore ad immaginarsi straricco, circondato di servitori, temuto e rispettato da tutti … salvo cadere un attimo dopo in depressione perché non riusciva a mettere in atto il folle gesto.
Andò avanti in questo modo per diverso tempo e, quando ormai sembrava che avesse perso ogni speranza, un bel giorno si accampò al limitare del paese una carovana di nomadi molto poveri e, tra questi, una famiglia con un neonato ricoperto con sfilacciati e sporchi panni.
Dopo aver pensato e ripensato, si decise ad avvicinare il capofamiglia con una scusa. Si presentò come un uomo timorato di Dio, colpito di recente da un tremendo lutto: la perdita del proprio figliolo pochi giorni dopo la sua nascita. Disse che sua moglie passava le giornate piangendo e che avrebbe voluto tanto adottare uno dei loro tanti figlioli, il più piccolo. L’avrebbero cresciuto come se fosse stato da sempre loro e non gli sarebbe mancato nulla. Queste parole fintamente piagnucolanti furono accompagnate dal tintinnare del denaro posto in una sacchetta legata alla cintola. Il povero capofamiglia fissò lungamente negli occhi l’uomo, quasi a volersi sincerare delle sue intenzioni, infine si voltò e andò a parlare con la moglie. Si discusse a lungo finchè, dopo tante rassicurazioni, pianti, preghiere, raccomandazioni, l’uomo ottenne quel che da giorni cercava; finalmente era entrato in possesso di un neonato.
La discussione si era protatta a lungo e ormai il sole era tramontato e all’orizzonte un’alta muraglia di nuovole nere cariche di pioggia si avvicinava velocamente sospinta dal vento. Pensò di non perder tempo e, stando ben attento a non farsi vedere da alcuno, con il neonato ben infagottato che placidamente e ignaro dormiva si avviò verso la masseria. Attese nascosto all’interno che la notte diventasse ancora più buia. Le nubi avevano ormai oscurato la luna e un sordo rumore di tuoni si udiva in lontanza. Salitò sul punto più alto dell’edificio, iniziò a pronunciare le parole che gli erano state insegnate dall’indovino. Tra folate di vento e brevi raffiche di pioggia andò poi dritto di filato a casa e, tolti i risparmi dal nascondiglio in cui li teneva solitamente riposti, ripetè le malvagge parole. Senza nuovamente toccare il denaro, né altro oggetto presente in casa come gli aveva prescritto l’indovino, uscì di corsa e si diresse nuovamente verso la masseria per compiere l’atto finale. Tuoni e lampi si alternavano nel cielo e la pioggia, dapprima timidamente, iniziò a cadere incensantemente. Il vento si era trasformato in tempesta e tra le fronde degli alberi ondulanti faceva sentire la sua forte voce. Pareva quasi che tutti i diavoli presenti sulla terra e sotto terra si fossero dati appuntamento in quel luogo. Ma l’uomo, per nulla timoroso, rideva. Rideva ormai a voce alta. Sentiva finalmente che quanto da tempo agognato, quella notte sarebbe finalmente accaduto. Arrivò a pensare che, con tutte le ricchezze che avrebbe posseduto, anche lo stesso diavolo si sarebbe dovuto inchinare al suo cospetto. Avrebbe conquistato la vita eterna.
Ormai immerso in questo delirio, attraversò lo sgangherato portone della masseria, percorse velocemente le buie stanze illuminate ad intermittenza dalle saette dei fulmini, salì velocemente le scale, arrivò sull’ultimo pianerottolo e … tutto divenne improvvisamente buio.
Era ormai mattina inoltrata quando riaprì gli occhi trovandosi disteso per terra, con i vestiti bagnati per la pioggia e con la testa dolorante. Ma cosa era successo? Che avesse compiuto qualche errore nel rito? Che il diavolo avesse ascoltato i suoi pensieri e lo avesse punito? Ma, soprattutto, dove era finito il neonato?
Iniziò a disperarsi e ad invocare il diavolo convinto di averla fatta grossa chiedendo il suo perdono. Ma niente, nessun segno di alcun genere gli giungeva. Alla fine, piegato dal dolore e dallo scoramento, si decise a tornare a casa. Alla peggio gli rimanevano comunque i suoi cospicui risparmi e alla prima occasione avrebbe nuovamente tentato, sperando in un perdono del diavolo.
Ma giunto dinanzi a casa, nel vedere la porta aperta come lui l’aveva lasciata, uno strano presentimento lo fece intimamente, ancorpiù che fisicamente, traballare. Corse in casa, si diresse verso lo sgabuzzino e, dove la sera prima aveva lasciato in bella vista la sacca con i suoi risparmi … niente!
Stramazzò per terra e un improvviso pensiero gli attraversò la testa. "Quegli occhi, quegli occhi … ora ricordo … maledetto indovino!". L’uomo aveva infine capito di esser stato raggirato. Quello che si era presentato come il povero capofamiglia e l’indovino, incontrato nei giorni precedenti, altri non erano che la stessa persona. Non era stato il diavolo a colpirlo in testa, bensì qualcuno ben appostato al buio, che non si era fatto scrupolo di mettere in pericolo un neonato pur di compiere la sua malefatta. Lui il più furbo, lui il più cattivo, lui quello senza scrupoli … era stato raggirato da qualcuno peggio di lui.
Il delirio di onnipotenza della sera prima si trasformò ben presto in follia. Lo si vedeva girare per le strade e per i paesi vicini, urlando maledizioni e fermando chiunque gli fosse a tiro chiedendo che se avessero visto la carovana dei nomadi. Ma non ottenne alcuna notizia utile. Pareva esser sparita nel nulla e con essa anche il suo denaro.
Le notti saliva sul tetto della masseria e lo si poteva sentire urlare al cielo minacce o vederlo piagnucolante in ginocchio invocare il perdono del diavolo. Così passò il resto della sua vita, affogato nel suo insano dolore e via via sempre più smagrito. Finché, un giorno, di lui non si ebbero più notizie.
Ancora oggi se si passa nei pressi dell’antica masseria nelle notti di tempesta, tra i mugugni del vento si può udire la sua malvaggia voce e una strana ombra gesticolante aggirarsi per il tetto.
Il nonno pose con fare protettivo il suo braccio sulle spalle del nipote e tirandolo amorevolmente a se disse - "Hai sentito a cosa può condurre un uomo la fame insaziabile per il denaro? E’ giusto aspirare ad una vita migliore, e dare il meglio di se stessi per poterla ottenere, ma senza calpestare e ferire gli altri, e senza annullare la propria coscienza".
I due rimasero a lungo in silenzio. Infine il nonno riprese a parlare - "Dimmi, cosa intendi fare ora?".
"Abbiamo un vigneto da sistemare, bene e presto" - rispose il giovane. "Al lavoro, che la vendemmia è prossima e deve essere tutto pronto per quel giorno".
_______________
Ogni paese, ogni antico luogo tramanda storie di tesori nascosti, di "acchiature". Storie solitamente condite con riti satanici, o presunti tali, di ostie consacrate date da mangiare ad animali, di sacrifici, di tentati raggiri al diavolo e di sicure punizioni divine.
A Noha tempo addietro mi era stata accennata una storia di questo tipo riguardante Masseria colabaldi e che mi è stata di ispirazione nello scrivere questo racconto.
La Masseria è sorta nel '500; sul portale è infatti riportata la data del 1595.
Ma il sito si ritiene sia stato frequentato in età ancor più antica, forse già ai tempi dei romani. Questi avrebbero costruito una torre di avvistamento, successivamente utilizzata dai monaci basiliani che la adattarono a convento e che costruirono la Chiesa di San Teodoro, ora inglobata all’interno della struttura rurale.
Come tutte le antiche masserie del Salento, il sito è indubbiamente suggestivo, tanto che negli anni scorsi le associazioni cittadine e gli abitanti di Noha hanno realizzato all’interno un bellissimo presepe vivente.
La struttura è di proprietà privata e l’area in cui si trova prevede la costruzione di edifici di edilizia residenziale. C’è da sperare che il contesto non venga stravolto e che si prendano tutti gli accorgimenti necessari per limitare l’impatto ambientale e visivo sulla zona. Quanto la struttura possa essere in futuro, come in passato, nella disponibilità delle iniziative della collettiva di questo piccolo ma attivo centro salentino, resta tutto da capire.
lug122016
Ieri, lunedì 11 luglio 2016, a Galatina, il mio ultimo zio, per il secolo Santo Marti, nato il 16 febbraio del 1918, ha lasciato questo mondo di vivi apparenti.
Quest'anno sono 98 anni. A turno, figlie, generi, nuora e figlio non lo mollano nemmeno per un istante. Ora lo sta imboccando Lucetta. Mastica un pezzo di dolce secco. Più che masticare mi sembra che impasti mollica, come si faceva da bambini, per tappare il buco nei muri dove nascondevamo i denti da latte.
Impasta e guarda nel vuoto. Gli chiedo come va, ma devo gridare forte perché ci sente molto poco. Mi risponde:
"…ahi, Marcello miu, la vista! Senza la vista comu fazzu?"
Non vede. E come non capire la sua tristezza. Come si fa a pensare che quando fuori piove e si sente l'odore dell'erba bagnata, per esempio, non gli venga in mente l'aria frizzantina che gli attraversava il camiciotto arrotolato sulla pancia, bloccato da quello stesso nodo con cui legava i sacchi pieni di grano, quando lavorava al Pindaro e la sua Maria stava a casa affaccendata a preparargli lo stufato e a governare casa e bestie. L’ultima volta che lo incontrai lassù, al Pindaro, già non ci vedeva quasi più, ma gli faceva bene stare nella sua terra. Conosceva ogni anfratto, ogni pietra, ogni filo di vento che sibilava fra i tronchi degli ulivi secolari, dove, mi raccontava, si nascondevano i briganti. Alzava la testa e dirigendo il naso verso la vecchia carbonaia in direzione di Collemeto, mi diceva: “Osce è na bella aria, ede trhamuntana”. Ma nonostante fosse pieno giorno non ci vedeva per niente. Camminava nel campo piegato in due, sfiorando e accarezzando le foglie delle sue piante. Sembrava volesse dirgli che lui era ancora il comandante. Poi in un attimo lo vidi scomparire. Dileguato come uno spirito. Lo chiamai a voce alta: "Zio Santo... zio Santoooo!". Si era raggomitolato in terra e con le mani palpava i peperoni come usava fare con le mani delle signore che andavano a salutarlo. Con orgoglio mi chiamò urlando: "Na.... Marcellu.... Na na.. vidi visti cce su belli! Erano ancora verdi, povero zio mio. La scena è fra le più indimenticabili. Come il rapido cambio di scena che offre il sole nei pochi attimi prima di scomparire dietro l'orizzonte, come per esempio quello dietro la masseria colabaldi. Trattengo un nodo in gola quando mi dice che vede solo un'ombra. Come fai a restare impassibile per un dolore così grande. Lo vedo ancora per l’ultima volta, nel suo grande letto, sembra un neonato. Lo chiamo gridando forte, come quella volta che mi cadeva addosso il suo traino e lui corse in mio soccorso consolandomi.
Lo chiamo gridando forte: Zio Santo! Zio Santo! Gli accarezzo la testa, gli prendo la mano. Non risponde e la sua stretta d’acciaio resta un ricordo.
Ora mi immagino la prima stanza, un tempo il salotto di casa, poi camera da letto per la prole e poi ancora sala da pranzo per le grandi occasioni, me la immagino per qualche ora chiesa. Mi affaccio quasi timidamente. In un certo senso capisco che lì c'è Dio. Il Dio che nasce e muore. Muore e risorge, come il sole, le stagioni e i miliardi di stelle. E qui lo zio vive. Perché la vita va colmata sempre di colori. Dio è vita.
Ora, come tu mi hai insegnato, in una mano teniamo alto un bicchiere e nell'altra facciamo finta di avere un tralcio di vite, brindiamo insieme a te, zio:
“Questo è un frutto che io tanto amo ed è coltivato su questo ramo.
Ecco perché lo vorrei ogni mattina specie quando tira quella bella tramontana che le orecchie ti raffina.
Mi vorrei chiudere dentro una cantina non per un'ora né per una settimana,
ma per stare con più allegria con la mia amante in buona compagnia.”
Ciao Zio Santo.
Marcello D’Acquarica
giu052013
Quando si parla di un argomento, uno qualsiasi, ascolto con attenzione prima di esprimere il mio parere. Se però l’argomento è il disegno, l’antenna telescopica della mia attenzione si proietta come il periscopio di un sommergibile che scruta l'orizzonte, in cerca della meta da raggiungere. Oggi sono a casa di Mauro, il papà di Alessio, che con evidente orgoglio, mi racconta della premiazione del suo bambino per un disegno scelto a scuola, l’Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina e Noha, avvenuto a Lecce presso l'Hotel Tiziano, il 31 Maggio. Il concorso, denominato “Lo scrivo io”, a cui hanno partecipato molti studenti della provincia di Lecce, è stato indetto dalla Gazzetta del Mezzogiorno. Non faccio nemmeno in tempo ad abbozzare il desiderio di vedere quel disegno che Mauro sparisce nella stanza affianco per riapparire con una valanga di pagine colorate. A parte la mia esperienza quarantennale nel disegno, ho visto molti bambini, fra cui i miei due figli, crescere con il loro modo di disegnare. Oltre alla parola, il disegno è uno dei primi metodi di comunicazione. Infatti un bambino, appena è in grado di tenere in pugno una matita, inizia a compiacersi dei suoi “geroglifici” che con il passare del tempo prendono forma. Osservando le opere di Alessio mi rendo conto di avere fra le mani qualcosa di diverso dal solito. Alcuni suoi lavori esprimono la normale espressività di forme e figure tipiche dei bambini della sua età, come per esempio, il villaggio Maya, dove la rappresentazione topografica del fiume e di alcune scene di vita quotidiana spiana la vista isometrica del tempio. Forme che con il raffinarsi della tecnica e con l’avanzamento nei corsi di studio cambiano generalmente allo stesso modo quasi per tutti. Ma qui noto una capacità libera e straordinaria di entrare nel disegno prospettico che sicuramente Alessio non può avere acquisito da regole o insegnamenti che fanno parte di programmi scolastici ancora a divenire. Alessio è in grado di intercalare nello spazio del suo disegno strutture dislocate in varie angolazioni mantenendo alto il livello del buon gusto visivo. Per rendersene conto, basta osservare la piazza con lo sfondo della cupola di San Pietro che lui ricorda (senza l’ausilio di foto) da una sua recente gita a Roma. Una capacità evidentemente innata in lui poiché, io stesso dovendo impegnarmi in cose del genere, dovrei necessariamente ricorrere a regole e trucchi acquisiti con l’esperienza del mio lavoro, naturalmente dopo la maturità tecnica. Quindi Alessio ci dimostra di essere un concentrato di attenzione, oltre che di maestria del disegno. Sicuramente ha un alto spirito di osservazione che lui, ovviamente, non gestisce con la ragione ma estrapola liberamente dal suo animo con la leggerezza di chi vede e sente con il cuore. E’ chiaro che Alessio in questo momento dell’età, attraverso i disegni che fa di sua libera iniziativa, ci racconta dei suoi sogni di bambino. Ma è probabile che con il passare del tempo diventerà comunicazione pura e forma espressiva dei suoi pensieri. Lo spirito di osservazione è la base necessaria per costruire un qualsiasi progetto, nel bene e nel male. Se non siamo capaci di osservare non saremo mai in grado di decidere cosa fare. E se non lo facciamo noi ci sarà sempre qualcuno pronto a prendere e pretendere di dominare sulla nostra stessa libertà. I risultati sono evidenti ovunque, Noha compresa, ma questa è un'altra storia. Quindi Alessio è un “osservatore”, come me, uno che osserva e disegna. A questo punto non mi resta che proporgli di “osservare” Noha. E così prendo dalla mia borsa una copia del Catalogo dei Beni culturali di Noha pensando di fargli un gradito regalo. Alla vista del libro la sua sorpresa è grande. Fino a questo momento il nostro dialogo è stato distratto e discontinuo, sono stato io a tenere “vincolata” la sua attenzione. Ma appena aperto il libro sulle pagine dei disegni delle nostre Chiese, delle masserie, delle casette, della Casa rossa, del Castello, della Torre, della Trozza, della pianta di Noha, della masseria colabaldi, ecc. Alessio sbarra i suoi grandi occhi scuri. Anche se non lo fa con le mani (educatamente ferme), sento le pagine scivolarmi sotto le dita, mosse certamente dal suo forte desiderio di ammirazione per i disegni a colori che si susseguono nelle pagine del Catalogo. Quasi me lo strappa dalle mani per immergersi in quelle pagine che lo attraggono visibilmente. Ora Alessio è sereno, sta certamente elaborando nella sua mente altri progetti da disegnare sui fogli di carta che in casa abbondano. Forse si è aperta una nuova vena preziosa in questa miniera di tesori che è Noha con i suoi valori e i suoi beni.
Marcello D’Acquarica
dic132014
Il 30 novembre è scaduto il termine di presentazione delle firme per far entrare Le Casiceddhre di Noha nella lista dei luoghi del cuore del FAI (Fondo Ambiente Italiano), un’associazione che si occupa di salvare, restaurare e aprire al pubblico importanti testimonianze del patrimonio artistico e naturalistico italiano.
Grazie all’impegno delle persone che ci hanno aiutato con le loro adesioni, abbiamo raggiunto il numero di firme necessarie per essere inserite nella lista. Sul sito del FAI, a oggi sono registrate 1130 firme, di cui 791 on-line.
Per queste ultime è stato di grande aiuto il Comitato del Monastero di San Nicola di Casole, il quale ha chiesto ai suoi visitatori di aderire al nostro progetto. La generosità e la cultura sono la linfa della nostra terra. Mancano al conteggio finale le firme raccolte a Noha durante i mesi di ottobre e novembre nelle attività commerciali di Noha. I risultati definitivi del censimento verranno resi pubblici entro marzo 2015. Quando il FAI aggiornerà i dati avremo un totale di 1688 firme, abbondantemente oltre il quorum delle 1000 firme richieste dal regolamento.
Il FAI stilerà una classifica in base al numero di segnalazioni pervenute; in questo momento le nostre Casiceddhre sono al 125° posto; inoltre così detta il Regolamento alle pagg. 2 e 3:
Il FAI invierà ai Sindaci territorialmente competenti, notizia dell'avvenuta segnalazione, indipendentemente dai voti ricevuti dai singoli luoghi, affinché conoscano il vivo interesse dei cittadini nei confronti dei beni sul loro territorio.Il FAI si impegna inoltre a intervenire su alcuni dei luoghi segnalati, attivandosi per promuovere sul territorio azioni di recupero, tutela e valorizzazione, anche attraverso la possibile erogazione di contributi per sostenere le iniziative promosse dai portatori di interesse. In particolare il FAI interverrà a favore dei primi tre luoghi maggiormente votati, secondo la classifica ufficiale pubblicata sul sito www.iluoqhidelcuore.it, sulla base di specifici progetti di azione. Inoltre la Fondazione, dopo la pubblicazione dei risultati, lancerà le Linee Guida per la definizione degli interventi, in base alle quali i proprietari, i concessionari, gli affidatari o i portatori di interesse dei Luoghi del Cuore che hanno ricevuto almeno 1.000 voti, secondo la classifica ufficiale, potranno presentare una richiesta di intervento diretto da parte della fondazione sulla base di specifici progetti d'azione. Una commissione interna, in collaborazione con le Direzioni Regionali del MiBACT (Ministero dei beni e delle attività culturali e turismo), valuterà le domande pervenute e selezionerà i luoghi idonei a un intervento da parte del FAI.
Augurando una buona sorte alle nostre Casiceddhre, ci impegniamo a tenerVi aggiornati sull’evoluzione di questo progetto e, con il Vostro indispensabile aiuto, a ricominciarne di nuovi dedicati alla Torre del XIV secolo, alla Casa Rossa, al Frantoio ipogeo, alla Masseria colabaldi, al Menhir di Epojoanna, alla Trozza, alla Torre dell’orologio, alle Tombe messapiche, alle nostre chiese, all’aria, alla terra, all’acqua e alla nostra stessa dignità.
ago202017
Domani 21 agosto avrà inizio l’8^ edizione del "Torneo dei Rioni" presso il campo da gioco della chiesa “Madonne delle Grazie”.
Alle Ore 20:30 inizio della prima partita tra il Piezzo, vincitore della scorsa edizione del torneo, e il Roncella.
Di seguito il programma completo delle partite:
- 21 Agosto (1° giornata riposa colabaldi):
Ore 20.30 "Piezzu - Roncella" (4 - 6)
Ore 21.30 "Castello - Trozza" (1 - 4)
Ore 20.30 "colabaldi - Piezzu" (2 - 13)
Ore 21.30 "Roncella - Castello" (2 - 2)
Ore 20.30 "Piezzu - Trozza" (4 - 1)
Ore 21.30 "colabaldi - Roncella" (1 - 5)
Ore 20.30 "colabaldi - Trozza" (1 -5)
Ore 21.30 "Piezzu - Castello" (2 - 3)
Ore 20.30 "colabaldi - Castello"
Ore 21.30 "Roncella - Trozza"
Il 7 Settembre alle ore 21.00 si svolgera la Finale dei Rioni a seguire premiazione della squadra vincitrice del Torneo 2017.
Finale: Tozza - Roncella (1 - 3)
dic282013
gen012014
Esame superato a pieni voti secondo il giudizio dei visitatori di domenica 29 dicembre 2013.
gen022011
Eccovi alcune impressioni rilasciate da alcuni visitatori nella terza giornata del Presepe vivente nell'antica Masseria colabaldi di Noha.
gen112012
L'Associazione Intercomunale "Città dei Presepi" visita il Presepe Vivente nella Masseria colabaldi di Noha.
dic302014
Sempre bella e sempre affascinante la visita al presepe vivente di Noha. Complimenti ancora agli organizzatori per questa lodevole iniziativa. Non stancatevi, cari ragazzi, di proporre e riproporre ancora e sempre il mistero della Nascita di nostro Signore, e giacché ci siete la conoscenza dei beni culturali di Noha.
Avevo seguito da lontano, via internet, la prima edizione del vostro, del nostro presepe vivente, perché mi trovavo in Missione a Rivoli, in provincia di Torino.
Invece nel corso delle altre edizioni ho avuto il piacere di venire apposta da Martina Franca (Ta) - dove attualmente mi trovo per il mio servizio missionario e sacerdotale – a visitare almeno per una sera, anzi di più, a vedere e gustare di persona la natività nohana (oltre che gli ottimi prodotti della nostra terra e della nostra cucina, così bene presentati anche sulle bancarelle appositamente allestite: verdura, formaggi, pucce, pittule, vino…).
Certamente anche la masseria colabaldi aveva il suo fascino. Ma l’idea di spostarsi all’entrata del paese in una delle sue zone più antiche è stata ottima. Le abitazioni dei vecchi coloni del nobile castellano, il barone Antonello De Noha, sono state bene utilizzate. Bisogna pensare alla realtà di quel luogo per coglierne tutto l’incanto: ci troviamo nei pressi dell’entrata principale del Castello, e – vorrei ricordare - sotto il piazzale antistante si custodisce il grande ipogeo di epoca post-antica. Sarebbe bello poterlo utilizzare in un futuro presepe vivente. Per ora mi accontento di sognare. Ma (come ho avuto modo di constatare anche quest’anno) nulla è impossibile a Dio e alla volontà degli uomini (soprattutto se nohani).
E poi i cento passi… Li ho percorsi anch’io, mentre una tramontana pungente mi tagliava il volto, per approdare alla Casa Rossa. Questo residuo del castello di Noha io l’avevo visitato più volte nel corso delle mie ricerche storiche. Ottima cosa valorizzarlo con la scena della Natività.
Ma quello che mi ha colpito di più è stato l’aver notato, quasi all’entrata della “Casa Rossa”, messa lì apposta ma forse non notata, un’antica pietra circolare che sicuramente fu un coperchio delle fosse granarie che a Noha erano scavate in località cisterneddhra, risalenti probabilmente al tempo dei monaci basiliani, il che vuole dire prima dell’anno mille.
Già nel 1973 nella prima edizione della “Storia di Noha” a pag.17 avevo scritto:
“Probabilmente sono di questo tempo (dei monaci basiliani) quella specie di “granai” scoperti qualche anno fa dietro il Castello in località detta volgarmente “Cisterneddhra”. Ne sono stati trovati numerosi, uno accanto all’altro, scavati e incavati nella roccia, di forma ovale, profondi circa 3 metri e larghi nel punto più ampio circa 2 metri, alcuni ancora con il coperchio di circa 60 centimetri. Dovevano servire per conservare viveri, come grano, olio e forse anche per raccogliere la neve (neviere) importandola da lontano, per usarla poi durante l’estate come ghiaccio. Sono stati tutti interrati e distrutti”.
Ora eccola qui davanti ai miei occhi quella pietra antica. Ero venuto per il presepe vivente, quinta edizione, ma sono rimasto incantato nel vedere quel coperchio di pietra locale, cimelio di storia passata. Mi sono fermato a guardarla: se avesse potuto parlare, quanto cose avrebbe potuto raccontarmi.
Con tutta la tramontana che mi sono “goduta” ne è valsa la pena essere venuto qui anche questa sera e vedere qualcosa della storia di Noha (che poi è la mia storia).
Ecco i beni culturali: custodiamoli, proteggiamoli, valorizziamoli, non facciamo come i barbari che, non conoscendo i libri, li bruciavano. Questo a Noha non deve più accadere.
ott062018
Alla stupidità umana non c’è limite. Dopo aver visto prati e marciapiedi disseminati di bottiglie vuote, probabilmente lanciate al volo dal finestrino delle auto di qualche cranio pieno di birra ma carente di materia grigia, dopo aver visto montagne di plastica da pacciamatura (copertura per gli ortaggi, soprattutto angurie, per impedire la crescita dell’erba) ammucchiate e incendiate, dopo aver visto lastre intere di eternit disseminate ovunque, dopo aver visto sacchetti di rifiuti domestici gettati ai bordi dei campi, con all’interno ancora corrispondenza e bollette con gli indirizzi degli autori, mi mancava giusto questa nuova specialità dell’intelligenza di alcuni nostri cari concittadini che evidentemente non hanno colpa alcuna se non quella di essere nati proprio così.
Oggi percorrendo via Tito Lucrezio, in corrispondenza della masseria colabaldi, area già martoriata da discariche abusive di inerti da lavorazioni edili (rifiuti speciali altamente pericolosi), con aria preoccupata e quasi sul disperato, il signor Angelo, il nome è inventato per una questione di riservatezza, mi corre incontro per dirmi che da qualche giorno c’è un tizio che per raccogliere le lumache, così dette “moniceddrhe”, sta demolendo la cisterna adiacente all’antica torre della Masseria colabaldi, bene archeologico risalente al 1595.
Mi prega di seguirlo. Quello che vedo è raccapricciante. Questo posto, che ha visto nascere e morire famiglie intere di madri e figli, padri e nipoti da oltre 400 anni, adesso sta per essere distrutto non più (o non solo) dall’incuria, ma dalla criminalità più bieca e insulsa che si possa immaginare.
E non finisce qui. Sempre sullo stesso bene culturale che è quella gloriosa cisterna di oltre quattro secoli, si è accanita la deficienza concentrata nella massa organica di chissà quale altro esemplare di concittadino, il quale si arroga il diritto di avere attivato un inceneritore personale dei suoi rifiuti, ma non capisce di essere lui stesso un rifiuto.
Non servono appelli, tantomeno segnalazioni e preghiere alla “Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per le Province di Brindisi, Lecce e Taranto”, che latita e pare sia interessata in guerre planetarie di sovrumana importanza, non servono videocamere né tantomeno vigili e militari armati, davanti a tanta idiozia.
Servono, invece, Cittadini attenti e responsabili. Come per esempio, il nostro Angelo, che ci ha segnalato questi due crimini.
Ormai sappiamo nome e cognome dei protagonisti di questi crimini contro l’umanità. Tranquilli: stiamo solo raccogliendo le prove.
Marcello D’Acquarica
dic312011
Scopriamo la seconda edizione del Presepe Vivente nelle Masseria colabaldi di Noha dalla voce dei protagonisti.
ago232016
Camminiamo e osserviamo. Non abbiamo paraocchi come quelli che i nostri avi mettevano ai cavalli perché non dovevano essere distratti dai serpenti. Noi i serpenti vogliamo guardarli negli occhi. Non ne abbiamo paura perché siamo sicuri di avere ragione. E per fortuna non siamo soli. A camminare, passeggiare o correre siamo in tanti su viale Dalla Chiesa. Un nome che dovrebbe essere rispettato per il suo profondo significato di martirio e di patriottismo contro la mafia e invece è oltraggiato da tutti, pubblico e privati. Ce lo dobbiamo mettere bene nella testa che mafia non è solo la cosca organizzata che delinque, ma lo è chi inquina la terra, chi non paga le tasse, chi rompe la trozza, chi spacca i giochi dei giardini, chi sparge le deiezioni del suo cane sul suolo pubblico e non le raccoglie, chi è eletto a fare il sindaco o vicesindaco o semplice consigliere e non applica la legge. La mafia germoglia dove inizia la tua indifferenza. Non abbiamo la presunzione di voler insegnare a nessuno cosa voglia dire la parola civiltà, ce ne guardiamo bene. Ma siamo sicuri che molti nostri concittadini sono stufi di questo atteggiamento di menefreghismo che sta dilagando come un cancro nel malcostume generale. Che genera veleni e uccide la Madre Terra. Quindi abbiamo deciso che continueremo a ripulire la vostra e nostra Terra dalla merda che qualche indomabile imbecille privo di intelligenza, sporca senza ritegno. Lo abbiamo fatto altre volte nelle domeniche ecologiche dei Dialoghi di Noha, lo abbiamo fatto anche oggi raccogliendo un migliaio circa di bottiglie lungo il tratto di strada della Masseria colabaldi. Puliremo e sorveglieremo sperando che altri cittadini si uniscano al nostro pensiero e che Noha e dintorni tornino ad essere un posto dove non occorrano paraocchi che nascondano l'indecenza.
Il gruppo: FareAmbiente di Noha
dic262011
Presepe Vivente Masseria colabaldi Noha, Corteo dei figuranti, benedizione ed inaugurazione della manifestazione del Presepe.
ago172016
Oggi Mercoledì 17 agosto alle ore 19:30 apertura della settima edizione del "Torneo dei Rioni" con la Manifestazione dei Rioni presso la piazza San Michele Arcangelo di Noha a seguire sfilata trionfale con i Banditori verso la chiesa “Madonne delle Grazie” per raggiungere il campo da gioco.
Di seguito il programma completo delle partite:
- 17 Agosto (1° giornata riposa colabaldi):
Ore 20.30 "Roncella - Trozza" (2 - 3)
Ore 21.30 "Piezzu - Castello" (4 - 2)
Ore 20.30 "Trozza - colabaldi" (4 - 1)
Ore 21.30 "Roncella - Piezzu" (5 - 0)
Ore 20.30 "Roncella - colabaldi" (6 - 3)
Ore 21.30 "Trozza - Castello" (1 - 1)
Ore 20.30 "Roncella - Castello" (3 - 2)
Ore 21.30 "Piezzu - colabaldi" (2 - 2)
Ore 20.30 "Trozza - Piezzu" (2 - 4)
Ore 21.30 "Castello - colabaldi" (4 - 2)
- 1 Settembre le Semifinali A e B:
Ore 20.30 "Semifinale A tra la 2° e 5°" (Piezzu - colabaldi)
Ore 21.30 "Semifinale B tra la 3° e 4°" (Trozza - Castello)
- 5 Settembre la Semifinale:
Ore 21.00 "Vincente Semifinale A e Vincente Semifinale B"
L'8 Settembre alle ore 21.00 si svolgera la Finale dei Rioni a seguire premiazione della squadra vincitrice del Torneo 2016.
dic262013
Iniziamo con la photogallery della prima giornata di apertura del Presepe Vivente di Noha.
A breve anche i primi video della prima serata.
dic252016
Il presepe vivente 2016-2017 è allestito tutto all’interno del Parco del palazzo baronale di Noha che tutti chiamano Castello.
Per godere appieno della visita, vi consigliamo vivamente di soffermarvi sui dettagli, tutti autentici, che potrete apprezzare in ogni angolo di questo percorso museale.
Lungo il tragitto avrete modo di ammirare alcuni tra i beni culturali più antichi e importanti di Noha.
Subito dopo il primo curvone, incontrerete il bene culturale più vetusto e interessante della cittadina: la torre del XIV secolo (1300 d.c.) con il suo ponte levatoio, collegato a rampa con arco a sesto acuto.
Dall’aspetto severo, militaresco, tremendo, la torre medievale di Noha era capace di ingenerare, specie nei giorni di tempesta, timore nel viaggiatore che vi si avvicinasse.
La torre di avvistamento e difesa, intorno alla quale si organizzò il castello, la corte, e il resto del piccolo centro, raggiunge i dieci metri d’altezza. La costruzione è coronata da una raffinata serie di archetti e beccatelli che ne sottolineano il parapetto alla sommità.
Sulle mura di cinta potrete scorgere l’affresco di Albino (dal nome di chi l’ha scoperto per caso). E’ l’immagine di un corpo mosso, come in un ritmo di danza equestre o circense. Quello che sbuca dalla vetusta superficie di quel muro, conservato intatto nel corso dei secoli al netto delle abrasioni causate dall’umidità e dal tempo, è in effetti un cavallo rampante, imbizzarrito, pieno di energia, più un destriero che un palafreno.
Continuando nel percorso del presepe incontrerete l’originale vasca ellittica di fine ‘800 in perfetto stile Liberty, coeva e probabilmente disegnata e costruita dalle stesse maestranze che si occuparono della misteriosa Casa Rossa (la casa delle meraviglie nohana che ricorda la Casa Pedrera di Barcellona, opera di Gaudì) della quale, proprio all’ingresso del presepe, ma dall’altra parte della strada, al di là del muro di cinta, potete osservare il primo piano con tetto spiovente.
Di fronte alla vasca ovoidale, la costruzione che ospita il palazzo di Erode è la Castelluccia del parco, a forma di torre, eretta nei primi anni dell’900 del secolo scorso. Ospita ancora un impianto idraulico ed elettrico tecnologicamente molto interessante, con marmi, isolanti in ceramica, interruttori a leva ed altri sistemi di trasmissione dell’elettricità.
Più avanti, prima di giungere nell’osteria, dove potete degustare i prodotti del campo e delle fattorie locali, si osserva uno scorcio delle cantine del Castello, con le enormi botti in legno nelle quali veniva invecchiato il Brandy Galluccio, prodotto a Noha nello stabilimento omonimo, a due passi dal parco, e imbottigliato a Martina Franca.
Avvisiamo i visitatori che è possibile chiedere agli addetti al presepe informazioni sulle diverse tipologie di bestiame e le svariate razze di volatili presenti in questa novella Arca di Noha.
Volendo, grandi e piccoli, potranno chiedere ai pastori di accarezzare gli agnellini in tutta sicurezza.
Alla fine del percorso troverete le fragranti pucce con le olive appena prodotte nei forni di pietra della Bet Léhem, casa del pane, del castello nohano e altre leccornie paesane.
Signore e signori, la vostra presenza e il vostro passaparola daranno la forza agli straordinari ragazzi del presepe di Noha - “gruppo Presepe Vivente Masseria colabaldi” - di proseguire nel lavoro di recupero non solo dell’affascinante tradizione dei presepi viventi, ma anche dei beni culturali più belli e tuttavia ancora dimenticati, del nostro Salento.
Congratulazioni per la vostra partecipazione, e infiniti auguri di Buone Feste.
Antonio Mellone
Gli appuntamenti con il Presepe Vivente di Noha sono il 25 e il 26 dicembre 2016 e il 1 e il 6 gennaio 2017, dalle ore 16.30 alle ore 21.30
gen062012
Intervista a Giuseppe Cisotta, organizzatore del Presepe Vivente alla Masseria colabaldi di Noha.
giu132020
Aspettando l’arrivo del mare in paese per via del suo, pare, inarrestabile innalzamento, a Noha da qualche anno ci accontentiamo – e non è cosa da poco - del suo sapore. Ce l’ha portato da un bel po’ (dopo che lu Giorgio, l’ambulante gallipolino con Ape 50 arancione, nel corso dei primi anni ’90 decise di tirare i remi in barca) il nostro Manuele Luceri, titolare, appunto, di “Sapore di Mare”.
Il ragazzo, 32 anni, figlio d’arte, una moglie, un delfino (nel senso di rampollo) di un anno, studi di Scienze ambientali all’UniSalento, è il patron di uno scorcio di mercato ittico ubicato al civico 23 di via Vittorio Veneto, che poi è il prolungamento della storica via Trisciolo, quella che, a senso unico, s’imbocca verso nord a partire da piazza San Michele. Ma a differenza di tutte le altre borse valori di fauna acquatica qui finalmente non ci sono le grida, e men che meno espressioni triviali che la letteratura attribuirebbe agli scaricatori del porto mentre la prassi a certi comizianti con velleità parlamentari, entrati tempo fa nell’urna e per fortuna ivi rimasti. Ma lasciando da parte la versione discount della politica, qui non verrete mica trattati a pesci in faccia, bensì con garbo, buona creanza, e ovviamente quando capita (o capìta) una battutina di spirito.
Io conobbi Manuele anni fa nel corso di un’edizione del Presepe Vivente di Noha, una delle prime presso la Masseria colabaldi. Interpretava, guarda un po’, il ruolo del pescatore: il laghetto era finto, ma il pesce nel secchio vero. “È che a me questo lavoro piace proprio – dice -, è una passione, un impiego non un ripiego: non riuscirei a fare altro, né vorrei. E poi il mare, come fai a viverne senza?” [sottoscrivo, Manuele, soprattutto quando, calmo e placido, sembra dipinto da De Chirico. Ndr.].
Ebbene, entri in questa pescheria, linda come e più di una sala operatoria, e ti accoglie lui, mascherina (appunto) chirurgica indossata, pronto a illustrarti le specialità del giorno: un florilegio marinaro adagiato nei contenitori disposti su di un lungo bancone a L. Ma non rimani lì come un baccalà titubante su che pesci prendere in quanto il Luceri è pronto a consigliarti a seconda della stagione, della giornata, dei tuoi gusti naturalmente, e dell’idea che gli è venuta in mente nottetempo. Sissignore, si sveglia presto lu vagnone (ché chi dorme non piglia né pesci né altro), va al mercato di Gallipoli, e sceglie quello che più lo convince: talvolta può capitare poco o niente, il più delle volte invece un bell’assortimento. L’altra notte, per dire, s’è alzato alle 3 (“meno un quarto”, ci tiene a precisare), perché, oltre a tutto il resto, doveva preparare delle guantiere di Sushi: così buono come lo fa lui che al confronto quello giapponese vorrebbe assomigliargli.
Non è facile accontentare tutti i palati: ma Manuele ci prova e, devo dire, ci riesce con una certa spigliatezza. Certo, ci sono giornate in cui hai il polpo di scoglio (“Signora, mi prenda un polpo”), ma chissà poi perché proprio le più belle, mica le cozze, in genere preferiscano gli scorfani (le conquisteranno evidentemente con lo sguardo da pesce lesso); prendi lo spada e ti cercano la ovvero il trota (una specie di bassa lega); fai il Sushi e in piazza protestano le sardine. Insomma vattelapesca. Ma francamente a Emanuele quel che più interessa è lo sgombro (voce del verbo, s’intende, in modo tale a fine giornata non rimanga nulla per il giorno dopo).
“Se non offri qualità – ti dice - chiudi dopo una settimana. Perché le persone prima di guardare l’occhio del pesce, guardano il tuo. […] Ma io non vendo solo il pesce, fornisco anche tempo, un tot al chilo proprio. Ed è il tempo dell’abbattimento del pesce, della sua pulizia (la maggior parte del mio lavoro è pulire: prima durante e dopo) e della preparazione delle confezioni pronte per l’uso”.
Certi lussi, aggiungo io, non li trovi facilmente in giro: meno che mai nella GDO (Grande Distr(ib)uzione Organizzata).
La mia penna (stavo per dire pinna) deve fermarsi qui, se no rischio di allungare oltremodo il brodo della zuppa (Dio ce ne Scampi), ma non prima di aver detto che Manuele Luceri quasi ogni giorno pubblica sulla sua pagina FB (non è phishing, eh) le prelibatezze del giorno, a volte anche con dei video. È l’unica pubblicità che fa per non andare a passo di gambero; il resto è passaparola.
Caro Manuele, in bocca al lupo per tutto. Anzi: in culo alla balena.
Antonio Mellone
set062014
Sul quel numero de “L’Osservatore Nohano”, annunciammo l’inaugurazione del “palo della Chiesa Piccinna”. Avvenne in forma ufficiale lo stesso giorno della Festa dei Lettori in cui presentammo anche il catalogo de “I Beni Culturali di Noha” alla presenza di molti cittadini e cariche istituzionali. Ci sembrò una cosa gradita dalla popolazione.
Da lì a poco tempo il palo fu reso illeggibbile dalle spruzzate di vernice nera di chissà quale vangale.
Con la collaborazione dei ragazzi del “Presepe Vivente Masseria colabaldi”, quest’anno, verso la fine del mese di Luglio, i due pannelli sono stati rimpiazzati nuovamente.
La stampa a colori dei pannelli ed il lavoro di tutto il montaggio sono stati eseguiti gratuitamente, rispettivamente da:
"Digital Graphic Di Del Gottardo Lucio & C." e da "MGM di Misciali Anna Serena Via Cuccarollo - Noha".
Anche se effettuato senza annunci di trombe né inaugurazioni di alcun genere, ma nel semplice silenzio del “gratuito”, l’evento meritava di essere presentato in tutta la sua luce.
gen012014
Esame superato a pieni voti secondo il giudizio dei visitatori di domenica 29 dicembre 2013.
gen082012
Abbiamo chiesto ai visitatori del presepe cosa ne pensassero di questa seconda edizione.
nov232011
Anche quest’anno Cristo nascerà a Noha. Anche quest’anno Cristo si fermerà a Noha.
Le rugose mura della Masseria colabaldi, bene culturale tra i più belli ed imponenti del Salento, racchiuderanno una novella Betlemme (Bet Lèhem, casa di pane).
Di Bet Lèhem Matteo (2,6) scrive: “E tu, Betlemme, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà un capo che pascerà il mio popolo”.
L’architettura della colabaldi di Noha custodirà il più bel presepe vivente di Puglia, curato nei dettagli da una scuola di perfezione inesistente altrove.
Spelonche, rupi e alloggi dispersi in un paesaggio roccioso d’aspro meridione.
Taverne.
Artigiani gelosi dei loro mestieri.
Forni accesi per il pane fragrante.
E poi, bestie dappertutto, angeli e pastori.
Ed infine il padre putativo e la ragazza vergine che presentano al mondo un figlio misterioso: il messia, l’unto finale che cambierà il corso della storia.
E’ questo il presepe vivente di Noha, aperto il 25 e il 26 dicembre 2011, e poi ancora l’1, il 6 e l’8 gennaio 2012.
Antonio Mellone
dic042013
Anche quest'anno ci siamo messi in testa di fare le primarie. Però, mentre gli altri in tal modo fanno finta di scegliere il loro leader, noi ci accontentiamo della scelta del manifesto-cliché del "Presepe Vivente Antica Masseria colabaldi - Noha 2013 - 2014".
Basta un vostro click sul bottone sottostante la bozza del manifesto scelto per alimentare in tempo reale il contatore ed il grafico della vostre opzioni.
Con la consapevolezza che, a prescindere dal suo manifesto, il presepe vivente di Noha rimane comunque il più bello del Salento, ringraziamo Marcello D'Acquarica per il sua Arte nel redigere queste NOVE bozze (e quante sennò?), e vi auguriamo buone presepiarie.
mar192016
La Parrocchia “San Michele Arcangelo” di Noha in collaborazione con l’Associazione Gruppo Masseria colabaldi di Noha organizzano la Via Crucis con la narrazione del Vangelo e la presenza dei figuranti domenica 20 marzo 2016 alle ore 19.00 P.zza San Michele – Noha (LE). Seguire i passi del Signore sulla Via dolorosa della passione e sulla strada gioiosa della risurrezione. Tutta la Via crucis è un moto di piedi in cammino. All’inizio e alla fine della via Crucis ci sono due donne. La prima, nei giorni immediatamente la passione, si pone ai piedi di Gesù per ungerli e baciarli. Gesù dirà ai suoi accusatori di lasciarla stare perché sta ungendo in anticipo il suo corpo per la sepoltura. Alla fine della Via dolorosa invece c’è un’altra donna che, nel mattino radioso della Pasqua, si getta ai piedi di Gesù per abbracciarli: Gesù allora non vorrà più essere trattenuto e la manderà, vera prima evangelizzatrice, ad annunciare la risurrezione. Le nostre meditazioni scoreranno tra questi due estremi: l’adorazione che si fa sequela del Maestro, e che diventa poi annuncio della Bella Notizia ai fratelli. Tutto passa attraverso il cuore femminile luogo più predisposto ad accogliere la vita nuova che rinasce con la Pasqua e diventa modello per tutti gli uomini. La partecipazione diventerà non presenza spettante, ma sequela che risponde all’invito di Gesù: “Vieni e seguimi”.
Don Francesco Coluccia
nov172011
Eccovi il video del pomeriggio letterario all'antica Masseria colabaldi di Noha, con il canto V dell'Inferno commentato e recitato da Antonio Mellone.
apr152012
Sul portale della masseria è incisa una data: 1595. Probabilmente è l'anno della sua costruzione. Nel 1595 il proprietario è il Conte Nicola Baldi. Nel 1709 la proprietà passa ad un certo Giò Andrea Gorgoni. Nel 1804 è proprietario Dolce Lazaro di Galatina. Dal 1806 fino al 2000 la proprietà è della fam. Giacomo Galluccio. Dal 2000 la proprietà passa ad un gruppo di persone di Aradeo, Galatina e Cutrofiano. Dalle informazioni tratte dai registri parrocchiali possiamo trarre i nomi dei coloni che si succedono nei secoli: nel 1709 muore in questa masseria all'età di 90 anni Giovanni Donno di Corigliano. Nel 1728 vi muore Lattanzio Thoma all'età di 85 anni sempre di Corigliano. Nel 17 30 muore all'improvviso all'età di 50 anni Donata Maiese anche lei di Corigliano. Nel 1742 sono coloni Antonio Melona e Saveria Mele di Galatina. Nel 1811 troviamo insediata la famiglia Bianco Ippazio, anche questa sembra originaria di Corigliano e di Galatina, già presente in Noha fin dal 1781, rimarrà residente nella masseria fino al 2000.
La Torre della masseria colabaldi la parte più alta e più antica di tutta la struttura a cui è stata affiancata la masseria nel 1595. Le basi delle sue mura perimetrali ed il pavimento appartengono ad una costruzione di epoca romana. Molto probabilmente costituiva un forte militare posto sul percorso della Antica via Reale di Puglia. Ubicato sul punto più alto del nostro promontorio, aveva anche la funzione di torre di guardia collegata a vista con le altre torri esistenti lungo il percorso stesso. Di giorno si comunicava con i fumi e di notte con i fuochi. Distrutta durante le invasioni dei barbari del 400 d.C. dovute alla caduta dell'Impero Romano, venne, molto probabilmente ricostruita dai monaci Basiliani intorno all'anno 850 d.C. I Basiliani utilizzarono le mura in opus vulgaris cementizio spesse due metri ed il pavimento in basolato di pietra viva locale. Realizzarono il portale frontale ad arco con finiture pregiate in pietra leccese, e trasformarono la struttura in convento, ricavandoci anche le celle per i frati. La porta laterale che guarda ad est venne realizzata durante la costruzione della masseria nel 1595. Questo particolare lo si può dedurre sia dallo stile architettonico conforme alla masseria, sia dalla voltina a schiena d'asino del passaggio ricavato nel muraglione in opus.
fonte: “I beni culturali di Noha”di Marcello D’Acquarica – Edizione Panico 2008.
giu112015
Le Associazioni Organizzatrici
Noha, 13 giugno 1988: alcuni flash della benedizione della Cappella del Santo di Padova da parte dell'allora Vescovo di Nardò - Gallipoli, mons. Aldo Garzia (1927 - 1994)
ott042016
La sera di domenica 2 ottobre scorso, i ragazzi del presepe vivente di Noha “Gruppo Masseria colabaldi”, con al collo i loro bel foulard arancio nuovo di sartoria, han voluto fare una sorpresa (“molto gradita” – come ci ha riferito l’interessato) al nohano don Emanuele Vincenti, parroco di Sanarica, che insieme ad altre associazioni del luogo aveva organizzato una serata di beneficienza a favore delle popolazioni di Amatrice, colpite dal terremoto.
Beccato all’uscita del suo bel Santuario dedicato alla Madonna delle Grazie, don Emanuele non credeva ai propri occhi: ha accolto tutti con il suo solito umorismo e, subito dopo i saluti, ha riaperto apposta per il gruppo dei pellegrini di Noha il santuario per una visita guidata (guidata da lui stesso). Dopo, insieme al don, la combriccola si è mossa verso la villetta dove, con la colonna sonora della Pizzica e le coreografie dei pizzicati, tutti han potuto degustare un ottimo piatto di pennette. All’amatriciana, ovviamente.
Ecco. Questo è uno dei modi migliori per prepararsi al prossimo venturo presepe vivente di Noha. Che, a detta degli organizzatori, quest’anno sarà, se possibile, ancora più bello e curato nei particolari.
La redazione
gen242014
Forse non si usa commentare o chiosare un’intervista gentilmente concessa da un sindaco, o forse semplicemente non fa parte del bon-ton del bravo giornalista scendiletto. Ma io ho sempre pensato (e detto) di non essere né l’uno né l’altro. Cioè né giornalista né scendiletto, ma un cittadino qualunque che crede sia giusto e pio dire la propria, cercando di non formulare mai giudizi sulle persone (come potrei trovare la pagliuzza nell’occhio dell’altro quando temo di avere una trave nel mio?), ma certamente non sospendendo pareri o opinioni in merito a certe esternazioni, decisioni o comportamenti, frutto di convinzioni bislacche (che sto cercando di combattere ormai da tanto tempo, non dandomi mai per vinto).
Sta di fatto che, incredibile ma vero, il 6 gennaio scorso ho avuto modo di intervistare in fretta e in furia il mio sindaco, il dott. Mimino Montagna, all’uscita dalla Masseria colabaldi.
Incredibile non che lo abbia intervistato il sottoscritto, ma che al sindaco sia capitato di trovarsi nientedimeno che nei dintorni dell’acropoli di Noha, in visita pastorale al presepe vivente colà allestito; e proprio il giorno dell’epifania (mai lemma fu più appropriato di questo per l’occasione).
Ebbene sì, non poteva più farne a meno. Nel senso che gli è toccato di compiere lo sforzo natalizio di farsi vivo nella frazione “sennò i nohani chi li sente?”.
Dopo le visite canoniche al presepe da parte di ben quattro magi, Daniela Sindaco, Luigi Longo, Roberta Forte ed addirittura Daniela Vantaggiato (quest’ultima affetta da una malattia rara e contagiosa che non le permette di pronunciare l’ostico vocabolo Noha) - ambasciatori ai quali avevamo dato l’incarico di salutare per nostro conto il loro principale - ha voluto o forse dovuto fare la sua personale toccata e fuga alla manifestazione nohana anche Sua Eccellenza in persona.
E così il Montagna è apparso ai pastorelli di Noha come la Madonna doveva essere apparsa a quelli di Fatima.
Ma qui non è tanto della venuta a Noha di nostro signore (in minuscolo, per carità) che vogliamo discettare, o del fatto che abbia atteso l’ultimo giorno delle feste natalizie e di apertura del presepe vivente per far capolino tra le nohane vestigia (se avesse atteso un altro po’ avrebbe corso seriamente il rischio che il Bambinello ascendesse al cielo), quanto della miscela di parole proferite in quei quattro minuti di intervista al volo, già pubblicata su questo sito ormai un mesetto fa.
E qui devo impormi di tagliar corto (dunque cinque articoli sul tema posson bastare), ché ci sarebbe da disquisire su ogni periodo, ogni frase, ogni parola uscita dalla bocca del primo cittadino di Galatina, con il rischio di farne una voluminosa tesi di laurea da discutere in più ambiti accademici che vanno dall’Economia al Diritto, dalla Conservazione dei Beni Culturali alle Lettere, senza tralasciare la Psicologia ed alcuni rami specialistici della Medicina.
Ma prima di dissertare del verbo sindacale, c’è da rilevare la fretta, l’impazienza quasi, la premura di correre verso la capitale (e te pareva!), per uno dei suoi tanti “impegni istituzionali”, come per esempio l’assegnazione dei premi in palio ai migliori presepi (non viventi) allestiti nel centro storico di Galatina. Non sia mai che qualcosa del genere capiti, dico a caso, a Collemeto o a Santa Barbara, o chessò io, a Noha. Nossignore.
E poi, per dire, Collemeto ha già il suo ricco premio, anzi proprio un bel pacco sotto l’albero (segato). Vale a dire un bel Mega-Porco commerciale nuovo di zecca e griffato Pantacom.
Ma cosa vogliono di più dalla vita questi borgatari delle frazioni?
[continua]
Antonio Mellone
mar222016
Grande successo per la Via Crucis vivente di Noha, organizzata dalla Parrocchia “San Michele Arcangelo” di Noha in collaborazione con l’Associazione Gruppo Masseria colabaldi di Noha, che ha richiamato un pubblico numeroso, il quale ha seguito con emozione e partecipazione il racconto della Passione di Cristo.
dic302015
Abbiamo visto sorgere la sua stella,
e siamo venuti per adorarlo (dal Vangelo di Matteo 2,2)
Carissimi organizzatori, figuranti, collaboratori tutti: grandi! grandi! grandi! Non ho altre parole per dirvelo.
Anche se non conosco tutti i vostri nomi e i vostri volti, vorrei salutarvi uno ad uno, vorrei guardarvi negli occhi e dirvi complimenti, e grazie.
E’ bello che ogni anno con la festa del Natale del Signore ci fate questa sorpresa, perché di sorpresa si tratta: ci regalate tante emozioni, non solo perché fate rivivere la nascita di Gesù, ma perché ci fate conoscere e gustare la bellezza, il fascino, il mistero dei beni culturali di Noha: prima la masseria colabaldi, poi la Casa Rossa, ora questo luogo da magia del Castello Baronale.
Sono arrivato domenica sera che ormai faceva buio da Via Carlo Alberto dalla Chiesa e già quella gigantesca stella luminosa vista da lontano mi riportava alle pagine del Vangelo secondo Matteo: abbiamo visto la sua stella e siamo venuti … Quest’anno, con il clima meteo più mite, sono venuto più volentieri, ho passeggiato per quei viali che vi siete inventati, guardando le scene che animavano quel luogo e i visitatori che si stupivano ad ogni passo. Sì, stupore, deve essere questa la parola giusta del vostro, del nostro presepe vivente 2015.
Trovarsi davanti a quella torre ancora così bella, a quel ponte così armonioso, così dinamico e al contempo forte. Quanti pensieri, quante emozioni. Ma sapete che Noha possiede beni così importanti? E non da alcuni anni, non da un secolo, ma da ben otto secoli.
Il Castello era a pianta quadrangolare dotato di bastioni sui quattro angoli. Questa struttura fu il centro del potere feudale e certamente a quei tempi era una risposta valida per le esigenze difensive del paese, sia per la sua posizione strategica e sia per la costruzione della torre a ridosso del Castello che controllava la triplice entrata nel paese.
Nel 1700 il Castello, che ormai non era più di proprietà dei Baroni della famiglia De Noha, subì delle modifiche sostanziali, perché, riparato alla meglio, diventò una masseria. Ma diventando masseria, la torre e il ponte non furono demoliti. Il che significa che anche allora sembrarono beni importanti da conservare e da non distruggere.
Quando a Noha sorgevano questi monumenti, S. Francesco d’Assisi (l’inventore del presepio vivente) aveva da poco percorso l’Italia (1182-1226), Dante Alighieri (1265-1321) era appena vissuto, Giovanni Boccaccio (1313-1375) e Francesco Petrarca (1304-1374) erano appena diventati famosi, i padroni di Noha, i Baroni De Noha, avevano già preso possesso della loro baronia, della nostra cittadina.
Ho ammirato e mi sono stupito di tutto: delle scene animate dai personaggi, degli attrezzi antichi in mostra, delle creazioni che vi siete inventate.
Ma non mi sono accontentato di quella visita. Già ho problemi di vista. Immaginate un po’ se mi accontentavo del buio, anche se nel buio il presepe vivente ha ancora più fascino. Ho preferito ritornare la mattina seguente, prima di ripartire per la mia sede, per godere ancora un po’ di quelle bellezze. Mi hanno imprestato una chiave e alle 8 del mattino sono rientrato, attrezzato anche per fare delle foto digitali.
Mi ha accolto una capretta che, o per la gioia di vedere qualcuno o forse per chiedere cibo, saltellava da una parte all’altra con capriole, che sembrava volessero dire: ci sono anch’io.
Sono ripassato a rivedere quel Ponte medioevale, l’ho percorso salendoci sopra: che incanto, che armonia di linee. Ho fotografato ancora quella Torre federiciana. Poi in basso, in quello che resta del passaggio per entrare nel sotterraneo della torre, mi sono fermato e ho rivisto “lu sciacudhhri” della sera precedente. Nella mia immaginazione, era ancora lì, buffo, burlesco, stravagante. Uno spasso. Proprio come nei “cunti” di una volta.
Se non l’avete ancora visto, recatevi (o ritornate) nel presepe vivente di Noha nelle successive giornate di apertura: nella torre trecentesca c’è ancora lui, “lu sciacuddhri” che vi aspetta.
Ho continuato il mio giro turistico mattutino, completando il mio personale album fotografico, e poi sono ripartito, carico di entusiasmo, di gioia, di ammirazione per tanta bellezza per troppi anni tenuta nascosta, ed ora rinata grazie ad un gruppo di ragazzi straordinari che, ancora una volta, ha saputo dare dignità e valore alla nostra Storia di Noha.
P. Francesco D’Acquarica imc
dic302011
Scopriamo la seconda edizione del Presepe Vivente nelle Masseria colabaldi di Noha dalla voce dei protagonisti.
gen252014
Una delle domande iniziali poste al primo cittadino di Galatina verteva ovviamente su quel bene culturale che è la Masseria colabaldi.
Orbene, non ci crederete: non appena l’intervistatore chiede qualche considerazione in merito all’antica masseria, facendo riferimento al fatto che questa fosse l’antesignana dei moderni centri commerciali, il sindaco, mettendo subito le mani avanti (evidentemente certe locuzioni come “centro commerciale” provocano nel soggetto reazioni difensive a prescindere) – benché, c’è da riconoscere, con un sorriso lenitivo di ogni eventuale forma di scortesia - esclama: “Ma questa è polemica!”.
E per fortuna che, stavolta, il Nostro ci ha risparmiato l’aggettivo “politica” o lo stucchevole termine “strumentalizzazione” (altrimenti m’avrebbe sentito); ma il rischio che abbiamo corso (entrambi) è stato enorme.
Ora, vista l’urgenza di far tutto e subito (ricordo l’impellenza da parte del sindaco di correre a premiar presepi a Galatina) non ho avuto modo né tempo di spiegare al mio interlocutore che non si trattava di una provocazione ma di un concetto già espresso dal prof. Mons. Antonio Antonaci nel suo stupendo volume “Galatina, storia e arte” (Panìco Editore, Galatina, 1998) - tomo che il dott. Montagna avrà sicuramente compulsato - alle pagg. 166 e seguenti, dove l’insigne studioso galatinese così si esprime: “[…] la masseria è l’antenata, non troppo lontana nel tempo e nello spazio […] del più fornito dei supermercati, per la varietà dei mezzi di vita che servivano alle necessità quotidiane di tutta una comunità che vi operava all’interno, nei tre cardini principali del sistema agrario antico: agricoltura, pastorizia e allevamento del bestiame. I prodotti di queste tre fonti di vita costituiscono la base dell’alimentazione in tutti i tempi [e quindi, salvo errori od omissioni - mi permetto di inferire - anche del futuro, ndr.]”.
Avrei voluto ribadire al mio sindaco che questa è storia e attualità, anzi buon senso, e che non credo che mons. Antonaci nel vergare codesti concetti elementari ormai quindici anni fa avesse intenzioni polemiche. A meno che (il che, invero, è molto probabile) quel profeta non avesse così bassa stima nei confronti della classe politica galatinese di allora (ergo anche dell’attuale, vista la continuità senza soluzione di una certa mentalità dura a morire) da produrre nel suo libro monumentale espressioni così sagaci e mordaci, ed, appunto, polemiche.
Non è che per caso il mio sindaco temesse, chessò io, qualche riferimento al famoso Mega-Porco di Contrada Cascioni deliberato a furor di consiglio comunale (ma certamente non a furor di popolo) in nome del cosiddetto “pubblico interesse”? Non è che al solo sentir proferire sostantivo e attributo come “centro commerciale” il Montagna abbia sentito tutto il fastidio, la seccatura, il disagio, in merito, per via della sua ingombrante chilometrica coda di paglia?
Io mi augurerei davvero di sì, confidente come sono nella redenzione di tutti, anche del più incallito e convinto sostenitore di sesquipedali scemenze degne di una prima repubblica delle banane.
dic302013
Domenica 29 dicembre 2013 si è conclusa la terza giornata di apertura del presepe vivente con un numeroso afflusso di visitatori provenienti da tutt'Italia e non solo.
nov282010
Siete tutti invitati.
gen012012
Scopriamo la seconda edizione del Presepe Vivente nelle Masseria colabaldi di Noha dalla voce dei protagonisti.
dic262011
Iniziamo con questa photogallery il racconto della seconda edizione del Presepe Vivente di Noha.
Bellisimo presepe, i commenti dei primi visitatori accorsi numerosi in questa prima serata.
I primi video saranno pubblicati nel corso della giornata.
giu272012
L'iter per la salvaguardia del patrimonio storico-artistico di Noha si sta concretizzando. A seguito della raccolta firme, promossa dal gruppo Mimì, nel settembre 2011 in occasione della festa patronale di s. Michele, sono stati 1500 cittadini a sottoscrivere la proposta di sottoporre a vincolo importantissimi monumenti della storia e dell'arte di Noha. Nel mese di aprile 2012 il soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, arch. Carmelo Di Fonzo, a seguito delle segnalazioni pervenute agli uffici competetenti, ha effettutato un sopralluogo a Noha coadiuvato dall'arch. Adriano Margiotta (che ha curato anche la schedatura) e Paola Rizzo, in rappresentanza dell'Osservatore Nohano.
In questi giorni è stata terminata la schedatura dei beni immobili che si vuole sottoporre a vincolo: la torre medievale, il castello, le casiceddhre, la masseria colabaldi, il frantoio ipogeo, beni privati che rappresentano l'identità storica e culturale di questa comunità.
Noha, che oggi è frazione di Galatina, fino agli inizi del XIX secolo era un importante feudo che gravitava sotto la diocesi di Nardò, da qui passava la famosa via Regia di Puglia, un'arteria principale nel Regno delle Due Sicilie, per i traffici ed i commerci dei secoli scorsi.
Un ottimo lavoro di squadra che ha visto l'impegno di tanti per la salvaguardia e la tutela di questo straordinario patrimonio. Grazie naturalmente al gruppo Mimì, a tutti i componenti dell'Osservatore Nohano (tra cui ricordare Padre Francesco e Marcello D'Acquarica e Antonio Mellone), al circolo le Tre Torri, all'associazione commercianti di Noha, Daniela Sindaco, Angela Beccarisi.
Beni preziosi e rari (come la torre del XII secolo e le casiceddhre) possono essere un ottimo strumento di crescita economica del territorio nonchè strumento di conoscenza e e coesione sociale.
Ci auguriamo che l'iter porti buoni frutti e che Noha veda riconosciuta l'immagine di un antico borgo con tutti gli aspetti positivi che ne conseguono.
Angela Beccarisi
ago182011
RaiRo Servizi Turistici in collaborazione con l’associazione “ L’Osservatore Nohano “ e l’infaticabile cultore del territorio Marcello D’Acquarica. Organizzano la prima visita guidata alle bellezze storico, artistico monumentali di Noha. La visita guidata si svolgerà venerdi 19 agosto alle ore 18 partendo dalla Masseria colabaldi, con i suoi vari manufatti di diverse epoche, i resti messapici, la casa Rossa, il palazzo baronale, i resti del castello con la torre provvista di ponte levatoio in pietra, le celebri casiceddhe ed i misteri intorno alla loro costruzione, la chiesa matrice dedicata a S. Michele più volte ricostruita, l'orologio pubblico, i resti della vecchia chiesa dell’Odegitria denominata " Piccina " la celebre Trozza, il Calvario. Una passeggiata per rivivere i vecchi fasti di Noha, rimasto comune libero ed indipendente fino al 1811 prima di essere fagocitato da Galatina.
L’evento gratuito per i partecipanti a cui si raccomanda la puntualità.
gen022012
gen072014
L'Associazione Amici del Presepe di Noha è lieta di comunicare questa decisione presa all'unanimità, al fine di concedere una giornata supplementare di bellezza, arte, storia, cultura, gusto, spiritualità presso uno dei più interessanti beni culturali di Noha.
L'apertura straordinaria dell'antico portale della Masseria colabaldi permetterà il recupero delle visite della serata di domenica 5 gennaio sospese per pioggia.
Benvenuti a Noha ospiti di ogni dove.
set222011
Quando parliamo di “bene comune” e ci proponiamo di fare qualcosa affinché lo scopo venga raggiunto non dovremmo preoccuparci di appropriarci di meriti di alcun tipo, tantomeno se non ci competono. Non dovremmo annunciare il “nostro fare”, che fra l’altro scopriamo poi essere fatica espressa e documentata da altri, per essere le primedonne. Noi del “L’Osservatore Nohano” spesso ci siamo sorbiti prediche e contraddittori per il semplice fatto di aver difeso coerentemente i nostri principi sacrosanti di salvaguardia del bene comune, sia che si tratti di terreni da difendere dalle speculazioni più disparate sia che si tratti di beni architettonici che storicamente appartengono ai nohani. E’ doveroso ricordare, per escludere eventuali dubbi, che quando si è trattato di informare i cittadini di Noha della iniqua ripartizione dell’area agricola da adibire a terreno per il fotovoltaico, la notizia è emersa soltanto grazie ad almeno due Dialoghi di Noha a cui hanno partecipato tanti cittadini. Ovviamente non vogliamo avere la prerogativa di aver fatto qualcosa per il bene comune (molti lo hanno fatto prima di noi), tanto i fatti, i documenti ed i libri lo testimoniano, ma siamo felici che finalmente, per la seconda volta a Noha, dopo l’evento del Natale alla Masseria colabaldi, che ci auguriamo continui alla grande, sia emerso un nuovo gruppo di volenterosi cittadini nohani, che hanno scoperto (parole precise di Giampiero De Ronzi, Mimì) la propria responsabilità nei confronti di tali beni. Cogliamo l’occasione per abbracciare la causa profusa mediante web che riguarda l’attenzione posta alla nostra antichissima e storica torre. Grazie all’energica forza passionale del Gruppo Mimì, noi oggi finalmente possiamo ammirare in tutta la sua storicità la struttura residua dell’antichissimo castello di Noha, documentato in molti testi storici. Saremo orgogliosi di partecipare anche alla visita guidata organizzata dal Gruppo Mimì e diffusa sia su web che sul programma della Festa di San Michele. Ci auguriamo che siano tantissimi i cittadini di Noha che insieme a Giampiero, scoprano la propria responsabilità sulla rivalutazione di beni culturali di grande rilevanza come: le casiceddhre, la masseria colabaldi, il frantoio ipogeo, la casa baronale, la casa rossa, la trozza, la torre dell’orologio, la Chiesa di San Michele, il calvario, e tutti gli altri, che sono tantissimi, descritti nel catalogo dei Beni Culturali di Noha, che oltre tutto è anche fruibile dal sito Noha.it.
Marcello D’Acquarica
Antonio Mellone
Martina Chittani
P. Francesco D’Acquarica
Michele Stursi
Paola Rizzo
Antonella Marrocco
Albino Campa
Fabrizio Vincenti.
dic252011
Ritorna la seconda edizione del Presepe Vivente nelle Masseria colabaldi di Noha. Uno scenario storico con i vecchi mestieri, antichi romani, traini e tantissimi animali partendo dai piccoli come i conigli per poi pasare alle pecore, caprette, asini, mucche, maiali, cavalli ecc....
Aperto il 25 e il 26 dicembre 2011, e poi ancora l’1, il 6 e l’8 gennaio 2012 dalle ore 17.00.
gen222012
Sabato 14 gennaio 2012 è ormai per Noha una data da libro di storia.
Non si sa come, Paola Congedo, maestra dalle mille risorse e dalle altrettante sorprese, con l’appoggio determinante di Eleonora Longo, la direttrice che non dice mai di no, con il supporto della Biblioteca Giona benemerita, sono riuscite a segnare uno iato tra il passato ed il futuro, un solco tra l’oggi ed il domani.
Non ci crederete, ma queste tre Donne (Paola, Eleonora e Giona, che non finiremo mai di ringraziare) hanno portato a Noha un simbolo vivente dell’antimafia: Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo (il giudice fatto saltare da una bomba mafiosa nel 1992, qualche mese dopo l’attentato che fu fatale anche a Giovanni Falcone ed ai suoi angeli custodi).
Salvatore Borsellino ha parlato per un’ora e mezza, ma sarei rimasto altre tre ore ad ascoltarlo, anche se sapevo quasi tutto della storia di Paolo Borsellino, dell’agenda rossa, della trattativa tra Stato e mafia, del papello, ecc., per averne letto la storia su alcuni libri e per averne seguito le indagini puntualmente pubblicate su “Il Fatto Quotidiano” (che non è “Il quotidiano di Lecce” di Caltagirone: il giornale – si fa per dire - che è capace soltanto di raccontare qualche frottola e la cronaca spicciola per i pettegoli di paese).
Salvatore Borsellino ha parlato a Noha proprio all’indomani del voto che ha salvato dalla galera il referente politico dei casalesi (che risponde al nome dell’“onorevole” Cosentino). Voto-vergogna (se la parola vergogna oggi avesse ancora un qualche senso) di un parlamento di nominati che subito dopo lo scrutinio ha dato un indecoroso spettacolo di sé, dimostrando con quella standing ovation tributata al compare, con quei baci, con quelle pacche sulle spalle per lo scampato pericolo, con quelle espressioni di giubilo, di essere alla stessa stregua, anzi peggio di una cosca mafiosa, che ormai si può ribattezzare cosca parlamentare.
La sala della scuola media di Noha non conteneva la popolazione accorsa ad ascoltare quest’uomo mite ma determinato e coraggioso, più volte interrotto dagli applausi, che ci incitava tutti a non tacere, a parlare, anzi ad urlare e soprattutto a resistere, resistere, resistere!
Salvatore Borsellino ha raccontato di quanto era bella la sua Palermo, con la sua ineffabile “conca d’oro”, la pianura palermitana un tempo interamente coltivata ad agrumeto, oggi vittima di un’espansione urbanistica incontrollata; di quanto era romantica la villa liberty nelle adiacenze di casa sua, poi rasa al suolo per la fame degli speculatori e dei palazzinari; di quanto sia importante non partire e non abbandonare la propria terra cercando altrove la propria realizzazione, in quanto chi parte dal sud risolve un problema, chi rimane invece risolve il problema; di quanto è importante difendere il nostro territorio dal cemento, dall’asfalto, dalle pale eoliche e dai pannelli fotovoltaici che distruggono e soprattutto sono inefficienti (in quanto l’energia deve essere prodotta ed utilizzata in loco e non trasferita a migliaia di chilometri di distanza); che i veri eroi sono i giudici ed i ragazzi che hanno dato la propria vita per la legalità e non il sig. Mangano, lo stalliere di Arcore, condannato per mafia, ma definito “eroe” dal “miglior presidente degli ultimi 150 anni”, quello del cucù alla Merkel, quello con i tacchi rialzati e con il pelo trapiantato e colorato di arancione…
Mentre parlava di tutto questo e di molto altro ancora, m’è venuto in mente che anche a Noha abbiamo la nostra conca d’oro: sono i giardini di aranci e limoni ubicati nel centro di Noha che in primavera profumano ancora di zagare (ancora per poco, visto che questi due parchi storici stanno per essere sradicati per lasciar posto al massetto ed alle colonne di cemento e mattoni). Un agrumeto di cui si sentiva il profumo nonostante i padroni li avessero rinchiusi dietro arroganti mura; ho pensato che anche a Noha c’è una costruzione liberty: è la Casa Rossa (alla quale stanno per essere addossate delle pseudo-civili abitazioni. Purtroppo non si sa che fine farà questo bene culturale unico al mondo, atteso che i cartelli affissi sul muro di cinta parlano soltanto della costruzione di civili abitazioni, mentre del restauro e della fruibilità della Casa Rossa nemmeno l’ombra - e sarebbe il minimo sindacale che si richiederebbe ai proprietari come giusto guiderdone ai loro interessi legittimi); ho pensato che anche a Noha il territorio è stato saccheggiato con i pannelli fotovoltaici, con l’opposizione di alcune voci afone di alcuni ragazzi, tacciati pubblicamente come “affetti da insolazione” da chi invece avrebbe dovuto marciare in testa al corteo quale primo cittadino pronto a difendere il territorio. Si tratta di attivisti, anzi, diciamo pure di poveri fessi, dei quali mi onoro di far parte; ho pensato che anche a Noha finalmente si sono raccolte oltre 1400 firme contro l’idea asinesca di abbattere in tutti i sensi le nostre casiceddhre, nonostante l’inerzia di un’inebetita amministrazione comunale dilaniata da lotte intestine; ho pensato che anche a Noha abbiamo organizzato un’altra manifestazione antimafia, insieme all’associazione “Libera” di don Ciotti: fu una biciclettata nell’uliveto confiscato alla SCU ma, purtroppo, finanche una delle più importanti “sacre” istituzioni della cittadina fu latitante per imprecisate motivazioni; ho pensato che anche a Noha in tanti (anche quelli assisi in prima fila per l’istituzionale visibilità, le cosiddette “autorità civili e religiose”) sembravano in quel parterre spellarsi le mani per applaudire alle accuse precise di Salvatore Borsellino, dimenticando forse quanto abbiano a volte appoggiato una politica scellerata che distrugge il territorio e danneggia la salute pubblica. Cosa è infatti, ad esempio, il non tanto velato sostegno agli amici della Colacem per l’utilizzo del CDR (combustibile derivante da rifiuti) che distribuirà a tutti noi, in maniera democratica però, un bel po’ di nano-particelle tossiche? Perché questi personaggi non hanno espresso nemmeno una parola contro il fotovoltaico selvaggio, i comparti artigianali, i centri commerciali in quel di Collemeto, il comparto 4 e le sue ottanta villette a ridosso della Masseria colabaldi, lo scarico di materiali inerti nella cava De Pascalis, e contro le altre porcate?
Come mai nessuna tra quelle autorità ha mai detto ad alta voce: “lì dove si deturpa il territorio, proprio lì c’è mafia” (o una parafrasi di questo slogan)?
Non so come facessero alcuni a sentirsi (o a fingere di sentirsi) a proprio agio di fronte alle accuse precise e puntuali di Salvatore Borsellino. Certo bisogna proprio avere una faccia di bronzo per dirsi d’accordo con il relatore, e con tanto di applauso di circostanza, quando invece fino al giorno prima, anzi anche oggi si ostentano certe “amicizie altolocate” (le note “amicizie potenti” che più di una volta hanno sfilato anche a Noha tra gli applausi scroscianti di adulatori a loro insaputa) e molto vicine al Priapo arcoriano, ed in qualche occasione s’è fatta pure incetta di voti per sostenere l’innominabile e gli amici della sua cricca. Quando si chiedono voti per conto di chi non è proprio compatibile con il bene comune si è complici o correi. Non si sfugge mica dall’assioma per cui è ladro non solo chi ruba, ma anche chi gli para il sacco.
Io seguirò l’incitazione alla resistenza di Salvatore Borsellino. E voi?
dic162012
Siamo così democratici, ma così democratici che abbiamo pensato di fare anche noi le primarie (che vanno tanto di moda) per farvi scegliere qual è il manifesto più bello da adottare per il "Presepe Vivente Masseria colabaldi 2012".
Basta un vostro click sotto al manifesto preferito per alimentare in tempo reale il contatore di queste PRESEPIARIE.
E chissà che non ci prendiamo gusto nel farvi scegliere volti e personaggi del presepe nohano. Il marchingegno può funzionare per esempio per Erode, per i componenti della Sacra Famiglia, e, perchè no, finanche per l'asinello.
apr072013
C’è un ragazzo di Noha che proprio in questi giorni compie ottanta primavere: è il sig. Francesco Coluccia.
Ora utilizzando semplicemente codesti nome e cognome potremmo incorrere in facili confusioni, e non capir bene di chi si stia parlando. Non è nemmeno il caso di specificare l’albero genealogico di questo signore, scomodando codici ed archivi parrocchiali di Noha, unica organica fonte scritta a partire dalla fine del 1500, né il processo formativo del suo cognome che, come sanno anche i bambini dell’asilo, insieme agli altri appellativi della gens Coluccia - del tipo Colucci, Coluccio, Coluptus, Coluto, Coluti – è un’aferesi (che presenta cioè la caduta iniziale di uno o più suoni) di Nicolucci, che a sua volta è un ipocorismo (cioè una formazione vezzeggiativa, affettiva o diminutiva, stavolta abbreviata, di un nome trasformato in cognome) del lemma Nicola (personale deverbale anzi euteletico romaico derivante da “vincere+popolo”), diffuso sin dall’alto Medioevo Nohano.
Ma con tutto questo non siamo ancora certi dell’identità del nostro amico al quale vogliamo indirizzare i presenti auguri. Abbiamo la necessità, dunque, di utilizzare una metodologia più pratica ed immediata, ma non meno scientifica, come le incontrovertibili coordinate di ogni nohano che si rispetti: nome corrente, ‘ngiuria e parenti più prossimi.
Per essere precisi, dunque, stiamo parlando di Franco Curulla, marito della gentile signora Clara, papà di Antonio, Maurizio e Luca, suocero di Romina, di Ramona e di Sonia, nonno di una collezione di stupendi nipoti, l’ultimo dei quali arrivato pochi mesi fa ed un altro in procinto di vedere la luce. E non è finita qua.
Posto che curulla deriva da corolla che è la parte del fiore interna al calice, vogliamo dire che stavolta non siamo di fronte ad un semplice fitonimo (cioè alla formazione in modo semantico, anzi simbolico, dal nome di piante e/o fiori) siamo realmente di fronte ad un fiore, anzi ad una pianta, un albero sempreverde, come ad esempio l’ulivo, nume tutelare della nostra terra, simbolo di forza e fedeltà.
Sì, ci piace considerare Franco Curulla, nohano, come un ulivo che dà i suoi frutti in silenzio, senza chiacchiere, senza strombazzamenti ai quattro venti, con pazienza, con calma ma con tenacia.
Franco Curulla è da sempre pronto a dare il suo contributo al bradisismo positivo di Noha, cioè alla crescita senza sussulti e senza strappi alla nostra comunità, con la schiena curva, ma a testa alta, lavorando sodo senza mai dar cenni di stanchezza o di scoraggiamento.
E’ da ammirare la sua dedizione nella realizzazione dello stupendo Presepe Vivente (onde Noha è ormai nota, finalmente in positivo, in tutto il Salento e nel resto d’Italia), nonché la devozione con la quale da anni predispone il fantoccio della curemma nell’intorno di casa sua, che prende fuoco il lunedì di Pasqua subito dopo l’acchiappo della cuccagna.
Quest’anno per la costruzione della sua particolare capanna posta a ridosso dell’aia dell’antica Masseria colabaldi - dove da anni attende pellegrini e visitatori del presepe corroborandoli con un bicchiere di ottimo vino di sua produzione (vino che a richiesta è anche brulè) - ha dato il massimo. Era commovente vederlo lavorare alla predisposizione della sua capanna di canne e cannizzi - struttura che nel suo immaginario, data la sua forma ottagonale e la sua cupola, voleva assomigliare alla chiesetta bizantina dedicata alla Madonna delle Grazie che un tempo svettava a Noha in piazza San Michele. E si rammaricava, Franco, del fatto che non aveva avuto modo di terminare l’opera costruendo nelle immediate adiacenze del bell’ottagono manufatto anche la sagrestia monumentale.
Grazie, caro Franco, comunque. La tua capanna era spettacolare anche senza sagrestia. Grazie per quello che hai fatto e per quello che farai per tutti noi.
Per le tue ottanta primavere, ti auguriamo di avere ancora e sempre l’energia di un ragazzo, la saggezza dei nostri padri, la dignità di un Nohano, la passione di un innamorato.
I ragazzi del presepe
della Masseria colabaldi di Noha