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Articoli del 11/07/2019

Non fate i saputelli, eh. Sono assolutamente certo che nessuno di voi abbia mai letto tutto il testo del recente Decreto Crescita Felice (per gli amici Decretino, diventato legge a fine giugno), strombazzato ai quattro venti come la panacea dei mali d’Italia.

A dirla tutta non l’avranno letto non dico tutti i suoi votanti in Parlamento (gli intruppati a favore o quelli contro a prescindere non devono mica sapere, ma solo credere nel Verbo Incarnito, e poi pigiare un tasto), ma nemmeno i burocrati che lo hanno redatto.

Sì, perché si tratta di un diciamo lavoro a più mani, ma soprattutto più piedi, di centosette pagine (nella mia versione pdf) pieno zeppo di frasi bisbetiche, abborracciate, leggibili con la stessa scorrevolezza con cui si possono decifrare i codici assiro-babilonesi in lingua accadica e scrittura cuneiforme.

Questo la dice lunga su quanto sia facile alla solita gelida manina infilarci di soppiatto l’articolo, il comma o la frase ad personam, ad mafiam o ad minchiam all’insaputa dei più, soprattutto degli onorevoli pagati invece per tenere gli occhi aperti (o forse chiusi: dubbio dell’ultimo minuto).

Questo decretino al Plasmon, detto appunto per la Crescita (e pensare che un tempo per il sacro blog era la decrescita a essere felice) è tutto un rimando ad altre leggi, la modifica di una virgola a una norma, la proroga dei termini a una disposizione precedente, l’emendamento all’emendamento dei decreti Crescita e/o Sviluppo dei passati governi.

Poi qualcosina di nuovo in questo decreto rivisto e scorretto la trovi eccome, ma si tratta pur sempre di manovre a saldo zero, dunque poco o punto espansive dati i vincoli di bilancio (per sincerarvene leggete l’articolo 50 di questa legge, sempre che ci riusciate senza importunare i santi del calendario). Pensare il contrario è come credere agli economisti a libro paga, vale a dire alla befana.

Ora lasciamo perdere i soliti condoni chiamati ancora una volta (in memoriam) Rottamazione delle Cartelle, l’esenzione della Tasi alle imprese edili sui loro immobili costruiti e rimasti invenduti (norma pro-deserto intorno alle cattedrali, anzi alle cappelle), la cancellazione del prestitino di appena 900 milioni di euro ad Alitalia grazie alla sua conversione in azioni della società (sicché la scadenza del rimborso prevista al 30 giugno scorso per decreto si trasforma nel nuovo termine Campa Cavallo), lasciamo perdere tutto questo, dicevo, sennò da fetta di Mellone questo pezzo diventerebbe fetta di panettone.

Concentriamoci invece brevemente su quattro dei numerosi pilastri di questo novello bando.

Il primo riguarda la norma per il “rientro dei cervelli”. Si tratta di agevolazioni fiscali per i giovani che evidentemente non vedono l’ora di rientrare dall’estero essendosela svignata dall’Italia “per via delle tasse esose”, mica perché qui non trovano lavoro, o se lo trovano è precario o sottopagato, o perché nonostante la loro formazione riescono a malapena a trovare impiego fisso in un call-center o part-time all’Iper (in genere un part-full-time, nuova tipologia di contratto che per quattro soldi ti lega da mane a sera, inclusi i sabati, le domeniche e tutte le feste comandate), o perché i fondi per la scuola e per la ricerca scientifica sono ridotti al lume votivo, o per via del baronaggio universitario, o a causa del blocco del turnover in ogni ambito della pubblica amministrazione, o per le mafie: insomma perché per rimanere in Italia più che cervello ci vuole fegato: no, niente di tutto questo. Adesso, detto tra noi, se anche stavolta se la bevono non sono poi tutti ‘sti gran cervelli.

Il secondo pilastro è il raddoppio della probabilità di vincita alla “lotteria degli scontrini”. Come, non lo sapete? Dal 2020 pagando con il bancomat e non in contanti e richiedendo gli scontrini fiscali avrete il 100% di probabilità in più di vincere ricchi premi e cotillons (soldi e macchine di lusso, mica bruscolini). Sarò il solito disfattista, ma di questo passo credo che i soli biglietti vincenti siano ancora una volta quelli di sola andata.       

Il terzo pilastro è rappresentato dall’art. 24, presentato con il magniloquente titolo di “Sblocca Investimenti Idrici Per Il Sud” (due atomi di idrogeno, uno di ossigeno e uno di presa per il culo: scusate, ma non trovo locuzioni scientifiche più triviali di questa). Insomma, a proposito di sviluppo, piove sul bagnato con la solita trasformazione di un ente pubblico, l’EIPLI (Ente per lo sviluppo e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia), in una Società per Azioni, cioè una società di diritto privato, ergo contendibile e a scopo di lucro. Altissima, Purissima, Carissima sarà uno dei nuovi slogan, altrimenti detti motti loro. Orbene, questi, riuscendo a camminare sull’acqua, nello stesso articolo arrivano a scrivere con inchiostro simpatico che vige il “divieto di cessione delle quote di capitale della medesima società […] ad altri soggetti”. Non so se vi è chiaro che ve la stanno dando da bere ancora una volta, magari in barba pure al referendum che sancì che l’acqua doveva essere un bene pubblico, di più, comune.

Dopo aver tirato lo sciacquone, concludiamo con il quarto pilastro di Fatima, vale a dire quello della lubrificazione dell’economia dei piccoli comuni grazie a quel popò di sgravi fiscali previsti per la riapertura dei Sexy Shop [sic]. E qui, signori, l’affare s’ingrossa, i buchi (di bilancio) si tappano, il Pil folgorato sul retto cammino diventa Pilu, ma soprattutto chi l’ha dura la vince. Insomma, dal moltiplicatore al vibratore keynesiano.

E mo’ so’ cazzi.

Antonio Mellone

 

Fotografie del 11/07/2019

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