Finalmente, come ogni outing che si rispetti, ho trovato il coraggio di confessarlo al mondo intero: ebbene, quando ero piccolo, i miei coltivavano il tabacco e io con loro.
Sapete, linfanzia è come certe pietanze che pensi tu abbia digerito ma quando meno te laspetti tornano su.
In genere si dice che la puerizia sia il periodo più bello della nostra vita. Sì, va bene, io ne ho avuto una sostanzialmente tranquilla, due ottimi genitori, e la tragedia non è mai andata al di là di uno scappellotto altrimenti detto mappina.
Ebbene, io credo che non esista età più disperata, terribile e disgraziata di quella in cui la tua occupazione principale è quella di provare a diventare un uomo: qualsiasi cosa tu faccia spontaneamente non è mai quella giusta, e devi dipendere di continuo dal giudizio, dalle prescrizioni e dagli orari degli altri (anche se questi altri ti amano alla follia).
Se poi a questa infanzia, già di per sé drammatica, tu ci aggiungi pure il tabacco capite il livello di crudeltà.
Insomma, odiavo con tutto il cuore la coltura fumogena del tabacco: che non rientrava punto nei miei orizzonti lavorativi, non dico come impiego ma nemmeno come ripiego.
Meno male che allora non esisteva il Telefono Azzurro, altrimenti ne avrei intasato le linee con le mie continue richieste di aiuto. Certo, non avrei nemmeno saputo come fare visto che non possedevo né un telefonino portatile (che era ancora in mente dei), e nemmeno quello fisso di casa, che arrivò intra-moenia qualche decennio più tardi. Per farvi comprendere il contesto, e visto che siamo in tema di Outing, aggiungo che in quel periodo avevo pure una zita di Bolzano, una ragazza bellissima conosciuta al mare. Ci scrivevamo lunghe lettere. Eh sì, altri tempi. Tempi dattesa, dico. Sicché il postino non fece in tempo a recapitarmi lultima lettera in cui la mia adorata asseriva di amarmi alla follia, che la medesima era già bellamente convolata a nozze. Oltretutto felici.
Ma cerchiamo di ritornare sui filari ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dai semenzai.
La coltivazione di codesto maledetto tabacco aveva inizio in pieno inverno, durante il mese di febbraio. Si iniziava con le ruddhre (i semenzai, appunto), che spesso erano ricoperte da un telo onde evitare che le gelate potessero colpirne le piantine. Io, fra tutti gli dei dellOlimpo, pregavo con particolare zelo il loro capo Zeus affinché su quelle ruddhre scagliasse il suo fulmine: che da noi si chiamava sajetta.
Le ruddhre dovevano essere annaffiate, curate e ripulite dalle fastidiose erbette. inutile aggiungere che io tifavo e tifo tuttora per ogni tipo di erba, inclusa la gramigna, che qualche stolto non avendo ancora capito il concetto di biodiversità continua a chiamare erbacce (e che per il timore della povera sputacchina vorrebbe diserbare non so più con quali portentosi veleni chimici).
Tra aprile e maggio, quando le piantine (la chiantìma) erano pronte si procedeva al loro reimpianto negli interminabili (in lunghezza) e infiniti (in larghezza) filari di tabaccare.
Le varietà coltivate erano i tabacchi orientali: Erzegovina, Perustitza e Xanti Yaca. Vi risparmio le differenze tra le tre qualità di tabacco che conosco meglio di ogni perito in scienze agrarie con specialistica nel settore.
Nei giorni successivi bisognava procedere a innaffiare la piantagione e ovviamente a sarchiarla spaccandosi la schiena. Di questo però si occupava quel santuomo di mio padre: io ne ero dispensato per via della scuola (ubi maior). Verso la metà del mese di giugno, appena subito dopo la festa del Taumaturgo di Padova, in piene vacanze nohane, iniziava la mia specialissima campagna di Russia, con la differenza delle temperature e con il parallelo di un solo caduto sul campo di battaglia: il sottoscritto.
Vi confido che dunque disdegnavo il 13 giugno, giorno del mio onomastico, foriero della mia incipiente estate calda, triste e infausta. Tanto che mi venivano automaticamente i lucciconi agli occhi allorché, tra gli applausi dei parenti, ero chiamato al taglio della torta di SantAntonio. Ma non erano mica lacrime di commozione quelle, bensì di dolore vivo per quello che maspettava nei giorni a seguire e fino al tanto sospirato mese di settembre.
Dopo la solennità di questo Santo dispensatore di miracoli (agli altri, mica al sottoscritto), iniziavano le danze. Da lì a poco venivo ridotto in schiavitù da questa mala pianta importata dallAmerica. E voi non immaginate quante volte ho inveito contro quel rompicoglioni di Cristoforo Colombo, che aveva osato, per giunta per isbaglio, di scoprire il Nuovo Mondo e dunque il tabacco, rovinandomi così le mie estati salentine.
[continua]
Antonio Mellone
Il piano regionale di riordino ospedaliero che prevede la chiusura dellospedale Santa Caterina Novella di Galatina, avrebbe imposto già da tempo la formazione di un fronte comune che mettesse insieme cittadini, classe dirigente in maniera trasversale, associazioni, sindacati di categoria e Sindaci del nostro comprensorio.
Da tempo in qualità di forza politica di minoranza, abbiamo cercato di spronare il Sindaco Amante a farsi carico di questo onere soprattutto perché tra le sue prerogative cè quella di rappresentare la massima autorità sanitaria locale e proprio per questo da lui i cittadini si sarebbero aspettati degli interventi politici incisivi tesi a salvaguardare un ospedale che per struttura, posizione geografica e bacino dutenza meriterebbe unaltra sorte. Da decenni infatti, oltre che essere un punto di riferimento per tutto il territorio a livello sanitario, lospedale Santa Caterina Novella rappresenta anche una risorsa economica imprescindibile per la nostra economia locale e proprio per questo è responsabilità di tutti noi evitare in ogni modo la sua chiusura o un suo drastico ridimensionamento.
La tardiva manovra di affrontare nel consiglio comunale del 26 Luglio questo tema spinoso, quando ormai le delibere della giunta regionale e dei vertici dellASL ribadiscono la chiusura del nosocomio galatinese dopo che sarà completata la realizzazione dellospedale che sorgerà tra Maglie e Melpignano, ci sembra quasi un tentativo da parte del Sindaco di salvarsi la faccia dopo mesi di silenzi ed indifferenza, proprio mentre in regione veniva ridimensionato il nostro diritto alla salute.
Non vogliamo pensare che il Sindaco Amante abbia le mani legale dal Presidente Michele Emiliano, il cui sostegno politico è stato determinante per la sua elezione alla carica di primo cittadino.
Tuttavia lultimo consiglio comunale non ha contribuito a chiarire questa preoccupazione ed al contrario ha alimentato ulteriori dubbi sulle reali prospettive del nostro ospedale e sulla concreta volontà da parte di questa amministrazione di porsi in contrasto con le decisioni della Giunta Emiliano.
Questo sospetto è confermato dalla insolita circostanza per cui il consiglio comunale appena trascorso sia terminato senza ladozione di alcun deliberato che sancisse una qualche forma di accordo trasversale tra tutte le forze politiche, finalizzato ad esperire una serie di azioni come ricorsi, modifiche e proposte che possano salvare il salvabile, come giustamente suggerito dal Presidente della Provincia Antonio Gabellone.
Peggio ancora il Direttore Generale dellASL Lecce, Ottavio Narracci, non ha saputo chiarire le contraddizioni degli atti regionali in cui da un lato, con la delibera di giunta regionale del 28 Giugno 2018, viene sostenuto che il mantenimento del punto nascite a Galatina scongiurerà la chiusura del Santa Caterina Novella e dallaltro nella delibera dirigenziale che porta la sua firma, la n.1560 del 2 Luglio 2018, viene ribadita la chiusura del nostro nosocomio dopo che sarà stato realizzato lospedale del sud Salento.
Ora però la palla passa a Marcello Amante che dovrà farsi carico della responsabilità di gestire lorganizzazione di un fronte che possa incidere sulle sorti future del nostro ospedale, dimostrando a tutti che il consiglio comunale appena concluso non sia stato solo uninutile evento di facciata ma soprattutto dimostrando di essere una persona realmente libera da qualsiasi condizionamento politico.
Noi del Partito Socialista prescindendo dal fatto che sediamo tra i banchi della minoranza siamo disponibili a qualsiasi forma di collaborazione nella conduzione di una battaglia comune a favore del Santa Caterina Novella, che però dovrà guidare in prima persona il Sindaco Amante se non vorrà restare alla storia come colui che, nellindifferenza e nellimmobilismo, ha permesso lomicidio del nostro ospedale.
Giuseppe Spoti
Consigliere comunale- Partito Socialista