Continua con la dodicesima puntata la “saga” dei vescovi di Nardò, e quindi anche quella degli arcipreti curati della chiesa particolare di Noha. Siamo ormai a un buon punto del ‘600, e al periodo in cui fioriva il barocco, che ha fatto degli altari quasi un palcoscenico.
La redazione
CALANIO DELLA CIAIA (? - 1654)
Vescovo di Nardò dal 1652 al 1654
Dal 1652 al 1654 il Pontefice fu:
Innocenzo X (1574-1655) Papa dal 1644 al 1655
Arciprete di Noha
Don Ant. Donato Palamà (1625-1689), parroco dal 1650 al 1689
Calanio Della Ciaia, nobile senese, cognato del fratello del Vescovo Fabio Chigi, era dottore nelle due leggi ed aveva assolto con molta competenza l’ufficio di uditore di due cardinali: Marco Antonio, dell’ordine dei presbiteri col titolo di S. Marco, e Federico, vescovo di Albano. Fu eletto vescovo di Nardò il 1° luglio 1652 da Innocenzo X papa dal 1644 al 1655. Lo stesso Pontefice ne diede comunicazione ai vassalli, al popolo, al clero e al capitolo cattedrale di Nardò.
Nel settembre 1653 indisse ed iniziò la visita pastorale della quale ci sono pervenute poche notizie, ma non poté condurla a termine, perchè fu colto dalla morte, dopo solo due anni di episcopato. Morì infatti a Nardò il 3 dicembre 1654 e fu sepolto in cattedrale, ai piedi della quarta colonna del lato destro della navata maggiore. Sulla tomba, a cura del fratello Bernardino, cavaliere di Gerusalemme, fu posta una lapide in pietra leccese che portava scolpito lo stemma gentilizio e un medaglione, che lo riproduceva a mezzo busto con sotto l’epitaffio che qui riporto in italiano:
A Dio Ottimo Massimo
a CALANIO DELLA CIAIA
Patrizio senese, Vescovo di Nardò
singolare esempio di antica rettitudine e saggezza
fierissimo difensore della libertà della chiesa
umile negli onori povero tra ricchezze
che tra grandi segni di virtù
visse senza farsi notare
fratello concorde
Bernardino cavaliere di Gerusalemme
a Roma
dopo la proclamazione di Alessandro VII
già Vescovo di Nardò
cognato di sua sorella
andando per il bacio dei piedi
pose
Morì il 3 dicembre dell’anno 1654
secondo di episcopato
Relazione con la chiesa di Noha
Non c’è tantissimo da aggiungere, perché sappiamo che nel 1653 indisse la visita pastorale, ma non poté portarla a termine perché la morte lo colse nel suo secondo anno di episcopato.
Dell’arciprete Don Antonio Palamà sappiamo di sicuro che fece apporre la scritta sopra l’altare di San Michele Arcangelo, come abbiamo già detto altrove. Certamente, come da lunga tradizione nohana, don Antonio accolse con tutti gli onori e con filiale devozione il suo Vescovo quando giunse a Noha per la visita pastorale.
GIROLAMO GEROLAMO DE CORIS (? - 1672)
Vescovo di Nardò dal 6 marzo 1656 al 17 giugno 1669
Dal 1656 al 1669 Pontefici:
Alessandro VII (1599-1667) Papa dal 1655 al 1667
Clemente IX (1660-1669) Papa dal 1667 al 1669
Arciprete di Noha
Don Ant. Donato Palamà (1625-1689), parroco dal 1650 al 1689
Girolamo De Coris, nato a di Siena, laureato in teologia, in diritto civile ed ecclesiastico, era parroco, canonico di collegiata e vicario generale di Fabio Chigi, quando questi era Vescovo di Imola. Il 6 marzo 1656 lo stesso Fabio Chigi, divenuto papa con il nome di Alessandro VII, lo elesse vescovo di Nardò. Nel 1657 dispose che nella chiesa dell’Immacolata di Nardò la Confraternita, che qui aveva la propria sede, curasse in perpetuo l’esposizione solenne del SS.mo Sacramento, negli ultimi tre giorni del carnevale.
Le tre lampade perenni
Nel 1668, fece costruire in cattedrale, di fianco alla porta laterale, posta verso la piazza, un altare in pietra leccese, ornato di sei colonne, elegantemente lavorate, e lo dedicò a S. Girolamo Presbitero. Al di sopra dell’altare tra le sei colonne, fece collocare una pala d’altare raffigurante S. Girolamo morente che riceve il viatico, opera del rinomato Fra Angelo da Copertino, cappuccino, e dispose che vi ardesse in perpetuo una lampada votiva. Sempre nel 1668 dispose che davanti all’immagine dell’Immacolata della cattedrale ardesse perennemente una lampada, per accrescere sempre più la devozione alla ss.ma Vergine, luce e guida dell’umanità durante il pellegrinaggio terreno. Ancora nel 1668 stabilì che davanti all’altare di S. Antonio anacoreta in Cattedrale, ardesse in perpetuo una lampada.
Relazione con la chiesa di Noha
L’otto ottobre 1657 iniziò la visita pastorale della diocesi che si protrasse sino al 1663 e la cui descrizione è pervenuta fino a noi in quattro piccoli volumi che contengono gli atti del 1657, del 1659, del 1661 e del 1663.
Nonostante la visita pastorale durasse per se anni (1657-1663), di Noha non si riporta nulla di particolare. Sicuramente ancora una volta il parroco don Antonio Donato Palamà accolse il Vescovo per quella visita, ma nei piccoli quattro volumi non si parla affatto della comunità nohana.
Girolamo De Coris fu trasferito presso la chiesa di Sovana (in provincia di Grosseto) il 17 giugno 1669. Qui si spense nel 1672.
Tommaso Brancaccio (1621 - 1677)
Vescovo di Nardò dal 19 agosto 1669 al 29 aprile 1677
Dal 1669 al 1677 i Pontefici furono:
Clemente IX (1660-1669) Papa dal 1667 al 1669
Clemente X (1590-1676) Papa dal 1670 al 1676
Innocenzo XI (1649-1689) Papa dal 1676 al 1689
Arciprete di Noha:
Don Antonio Donato Palamà (1625-1689), parroco dal 1650 al 1689.
Tommaso Brancaccio nacque a Ugento nel 1621. Il 16 ottobre 1656 fu nominato da Alessandro VII Vescovo di Avellino e Frigento. Il 19 agosto 1669, durante il pontificato di Papa Clemente IX, fu eletto Vescovo di Nardò. Era dottore nelle due leggi. Il 27 aprile 1670 a Nardò celebrò il primo sinodo diocesano, i cui atti sono pervenuti sino a noi. Nel giugno dello stesso anno, diede inizio alla visita pastorale della diocesi, che durò tre anni. Gli atti sono archiviati in buono stato.
L’opera principale del Brancaccio fu, senza dubbio, la costruzione e l’inaugurazione del seminario diocesano, conforme alle disposizioni del concilio di Trento. Sapeva bene che, per guidare la diocesi, c’era bisogno di buoni e dotti sacerdoti, per cui era necessaria la presenza di unl seminario dove i giovani potessero essere istruiti e formati alle virtù necessarie per una missione così importante. Il vescovo non si limitò alle opere murarie del Seminario, ma provvide alla nomina di un rettore, di bravi insegnanti e cercò in tutti i modi di trovare i mezzi necessari perché la prosperità dell’Opera. Il seminario fu inaugurato nel 1674. Approfittando della presenza in Nardò dei parroci per l’obbedienza da prestare al pastore in occasione della festa dell’Assunta, li radunò ed espose loro i bisogni del seminario, esortandoli a dare il proprio contributo. Tutti aderirono alla richiesta del Vescovo e concordarono di versare ogni anno in due rate, una a S. Giovanni Battista e l’altra a S. Giovanni Evangelista, le quote seguenti:
la mensa vescovile ducati 20;
i capitoli di Nardò ducati 20;
di Galatone ducati 20;
di Copertino ducati 20;
di Casarano e Casaranello ducati 12;
di Matino ducati 6;
di Parabita ducati 6;
di Felline ducati 4;
di Alliste ducati 3;
di Racale ducati 4;
di Neviano ducati 1;
di Taviano ducati 4;
di Melissano ducati 2;
di Seclì ducati 3;
di Aradeo ducati 3;
di Noha ducati 3.
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In tutto ducati 131.
Nel 1673 indisse per la seconda volta la visita pastorale che proseguì fino al 1675. Morì a Nardò il 29 aprile del 1677 a 56 anni di età tra il compianto di tutti. Fu sepolto nella cattedrale di Nardò.
Relazione con la chiesa di Noha
E’ ovvio che don Donato Palamà, l’arciprete di Noha, partecipò al primo sinodo diocesano e accolse il suo pastore nelle due visite pastorali, quella del 1670 e quella del 1673. E’ chiaro inoltre che l’arciprete con gli altri sacerdoti partecipassero ogni anno il 15 agosto all’atto di obbedienza al Vescovo. Nell’elenco delle parrocchie che contribuivano al sostentamento del seminario la chiesa di Noha, come già detto, partecipava con tre ducati.
Don Antonio Donato Palamà fu parroco per circa 40 anni. Non abbiamo notizie sicure sulla sua vita. E’ lui che fece apporre, come già sappiamo, l’iscrizione in latino in alto, sopra l’altare di San Michele, leggibile ancora oggi, anche se scorretta nella data, in quanto ritoccata nel 1901, quando la chiesa fu ampliata e l’altare con tutta la lapide spostato al luogo attuale.
[continua]
P. Francesco D’Acquarica
Nei comunicati che l’opposizione ha diffuso in questi giorni, un dato sorprende più di tutti: “il comune assumerà 50 persone”. E siccome una bugia ripetuta molte volte diventa una verità per chi la ascolta, riteniamo si debba dire chiaramente come stanno le cose e smascherare quest’ennesima fake-news di cui la politica, anche a Galatina, è ormai piena.
Il dato dei 50 dipendenti da assumere viene fuori dalla differenza tra la dotazione organica del comune (pagina 24 del Documento Unico di Programmazione appena approvato in Consiglio Comunale) e il numero dei dipendenti in servizio al 31/12/2017. La differenza fa 48. Successivamente, nello stesso documento (pagina 195, ma evidentemente non si è avuto il tempo o la voglia di arrivare fino in fondo) c’è il programma del fabbisogno di personale per il triennio 2018/2020 che indica, al lordo dei pensionamenti, le unità necessarie: 12 per il 2018, 2 per il 2019 e 2 per il 2020; totale 16, e non 50 come viene ripetuto da giorni. 16 unità che andranno a coprire per lo più pensionamenti (che nel triennio sono previsti in numero di 12).
Ora, confondere il deficit di organico rispetto alla dotazione teorica (190-142=48) con il piano delle assunzioni triennali (16) è un errore da dilettanti allo sbaraglio, da incompetenti, da “condivisori seriali” di fake-news. E meraviglia soprattutto che un simile errore non venga fuori dai dibattiti sui social, ma piuttosto da esponenti della politica cittadina che siedono in consiglio comunale che sono pronti a lamentare il poco anticipo col quale vengono messi loro a disposizione gli atti salvo poi leggerli ed interpretarli in modo distorto.
Pierantonio De Matteis
Capogruppo Consiliare Andare Oltre