Ho letto con interesse la notizia del finanziamento di 400.000 euro per le “opere di urbanizzazione a Noha” e soprattutto l’entusiasmo con il quale giustamente l’amministrazione ha evidenziato codesto “eccellente risultato ottenuto dal Comune di Galatina arrivato quarto su novantuno comuni” concorrenti.
Tutto molto bello, non c’è che dire.
Si “piantumeranno specie autoctone e a bassa necessità di manutenzione”, si “bitumeranno delle strade ancora non asfaltate”, si “installeranno pali e armature stradali per pubblica illuminazione”, si “realizzeranno gli scivoli per i disabili”, eccetera, insomma tutta una serie di interventi importanti, ed in molti casi improcrastinabili, a meno di qualcosa che poteva tranquillamente essere tralasciata, tipo la bitumazione di un paio di piccoli tratti della zona 167 ancora liberi dal cemento e dall’asfalto. Evidentemente ai nostri amministratori sfugge il concetto di “strade bianche”, che in molte parti del mondo (perfino nei progrediti Stati Uniti) stanno riscoprendo e addirittura tutelando, ed in molti casi ripristinando. No, qui da noi una strada rimane bianca giusto il tempo di beccare un finanziamento pubblico: e zac, diventa nera come il catrame in quattro e quattro otto. Evidentemente i nostri rappresentanti, molto avvezzi alla carta stampata del casinian-caltagironeo “Quotidiano di Lecce”, in tutt’altre faccende affaccendato, avranno trascurato la lettura di pensieri leggermente diversi da quello unico, come ad esempio quelli impressi negli svelti volumi “Quattro corsie e un funerale” a cura di Francesco Greco (Edizioni Miele, Gagliano del Capo, 2012), e “Strade Bianche” di Enrico Remmert (Marsilio Editore, Venezia, 2010). Ma cosa vuoi che sia. Non puoi mica obbligare le persone a leggere i libri, e a discostarsi dalla massa.
Ma non era di questo che volevo parlare, quanto di un paio di altre cosette che forse meritano una nostra riflessione o, se vogliamo, “osservazione”. La prima si riferisce al fatto che questi interventi di edilizia scolastica sono richiesti, come scritto nel comunicato istituzionale, da una vera e propria “situazione emergenziale”.
Orbene, siamo davvero messi male se per la “tinteggiatura delle aule, dei servizi igienici e dei laboratori”, se per la “manutenzione della palestra”, se per la “realizzazione di un impianto elettrico a servizio del laboratorio informatico” (sì, ad oggi ci sono le postazioni ed i personal computer ma incredibilmente non ancora l’impianto elettrico - e giacché ci siamo aggiungo che la scala di sicurezza antincendio installata ormai da qualche anno non è stata al momento collaudata: speriamo si provveda almeno in questa occasione), insomma se per tutto questo che sarebbe da considerarsi come “normale”, come il “minimo sindacale”, il che non è (tanto è vero che la nostra scuola è in uno “stato di emergenza”) si sia costretti a ricorrere a gare straordinarie, e a tripli salti mortali carpiati con doppio avvitamento (e dunque a comunicati trionfalistici, da campagna elettorale, da “quanto siamo bravi e preparatissimi”). Siamo messi davvero male, dunque, ma al governo centrale si parla ancora di spending-review per la scuola e la sanità e non per spese militari per gli F35. Ma tant’è.
La seconda considerazione sorge dal fatto che nel comunicato stampa strombazzato ai quattro venti (o ai quattro siti) si continua a parlare con pervicacia di “periferia”. Nella prima parte del trafiletto apparso su questo sito la parola “periferia” viene ripetuta per tre volte a proposito di Noha (ma anche di Collemeto e Santa Barbara).
Come far capire ai deputati comunali nostrani che le parole sono importanti? E che la parola “periferia” connota concetti di degrado, di distanza, di isolamento, di marginalità? E che oggi il paradigma centro/periferia, grazie anche alla rete, è ormai morto e sepolto, o quanto meno anacronistico? Che gli impulsi non partono più necessariamente dal “centro” (che dunque così viene a scomparire) ma da ogni “nodo” situato altrove? Quando riusciranno i nostri eroi di palazzo Orsini a diventare cittadini del mondo, anche attraverso i loro pensieri e le loro parole (rem tene verba sequentur) e possibilmente le loro opere?
Che senso avrebbe se oggi dicessi (pur senza gli accorpamenti tra comuni, che ci saranno da qui a non molto) che Sogliano Cavour è periferia di Cutrofiano, che Santa Caterina è periferia di Nardò, e che Galatina è periferia di Noha?
Antonio Mellone
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