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Di Marcello D'Acquarica (del 23/04/2015 @ 22:27:20, in In memoria di, linkato 2643 volte)

Ogni tanto mi chiedo la ragione per cui alcune persone di Noha, che a malapena ho incrociato nella mia vita, mi siano rimaste impresse a tal punto da riaffiorare continuamente nella mia memoria. E’ normale, starai pensando, tutti noi conserviamo nella nostra mente dei ricordi. Questo è vero. Però a pensarci bene, un ricordo non è fine a se stesso se analizzandolo ne scopriamo il valore. Questa parola, valore, è un po’ travisata e inflazionata ultimamente, e spesso se ne fa un uso di facciata. Pur conoscendone il significato non mi pare che abbia poi tutta quella consistenza nel nostro quotidiano. Questo si evince da alcune cattive abitudini che sono diventate normalità, come per esempio: le discariche abusive disseminate in giro che stagionano possiamo dire per anni e lustri; la mancanza di tempo per ascoltarsi a vicenda, per cui ognuno di noi rimane assiso sulle proprie presunte verità; si evince, dicevo, quando fatichiamo a condividere i pensieri figuriamoci i bisogni; quando, per il bene comune, ci diamo da fare solo in presenza di un tornaconto; appena pensiamo di non essere controllati e non rispettiamo le regole; quando non ci sentiamo responsabili e quindi non agiamo da tali, ecc. Ma la cosa più raccapricciante per importanza e diffusione, è la mancanza quasi totale di onestà interiore. Non diciamo mai quello che pensiamo veramente.

Non faccio nessuna morale, è semplicemente una riflessione che mi sovviene pensando al nostro amico di cui in questo mio ricordo. Andiamo a vedere.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 02/05/2015 @ 13:51:55, in In memoria di, linkato 2855 volte)

Qualche decennio addietro, a Noha e dintorni, le persone anziane o i vicini di casa mandavano i bambini a fare delle commissioni. A comprare delle cose. Si usava così.

La nostra vicina, la nunna Cetta, moglie de lu nunnu Vitu u quardia, cugino di papà, mi chiese di andare a prendergli il latte dalla bottega di alimentari che c’era in piazzetta Trisciolo. La bottega apparteneva alla famiglia Guido. La nunna Cetta era Guido ed era sorella del marito della signora Tetta Consenti, lu zi N’toni Guido. Questi era anche fratello della nostra nonna materna. Insomma a Noha, gira che ti rigira se non siamo parenti diretti, lo siamo per incrocio di famiglie. Comunque per farla breve, in quel negozio c’era un antifurto a quattro zampe, un cagnolino di dimensioni ridotte, una specie di incrocio tra un volpino ed uno Yorkshire Terrier. Non essendo un frequentatore abituale del negozio, e forse avvertendo la mia paura, il cane cominciò ad abbaiarmi dietro mentre mi accingevo ad uscire con la bottiglia del latte stretta in mano, e io, ovviamente, mi misi a correre impaurito. Non arrivai nemmeno davanti al forno di Gino Maraiuli (buonanima) che finii lungo e disteso per terra fra vetri rotti e pianti disperati. Nel frattempo il cane continuava ad abbaiarmi addosso. Fra le grida di richiamo per il cane, e il suo fracasso, ricordo che il nostro Cici mi si avvicinò e mi aiutò a rialzarmi tamponandomi con il suo fazzoletto la mano che sanguinava. Mi riaccompagnò al negozio allontanando il cane senza dire mezza parola. E qui mi affidò alle cure della signora Tetta che sistemò ogni cosa. Niente di speciale, direte voi, infatti fu un semplice gesto di generosità.

Cici era a servizio di tutti in paese. Chi se lo ricorda ci dice che i suoi “per piacere”, “grazie”, e frasi gentili, erano parte del suo vocabolario. Cosa rara a quei tempi e non è che adesso abbondi. Pare che fosse anche molto malandato e non potendo fare lavori pesanti, viveva un po’ della pietà del paese. In un certo senso, quel giorno, andando a prendere il latte gli avevo fatto concorrenza. Lo chiamavano per piccole commissioni, come per esempio prendere l’acqua alla fontana o bandisciare (pubblicizzare) il vino o l’olio e, a quanto pare, anche gli annunci di matrimoni. Si dice che girasse per le vie del paese con un boccale nella mano sinistra e il bicchiere nella destra, con cui proponeva l’assaggio dei prodotti a chi lo desiderasse. Insomma era la nostra pagina parlante degli annunci economici con servizi inclusi. Senza megafoni né parate, faceva umilmente ciò che gli veniva chiesto.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 07/06/2015 @ 09:00:00, in In memoria di, linkato 2661 volte)

"La sera dell’otto gennaio scorso, durante il convegno sulle cause radici del nostro benessere o malessere, organizzato nell’edificio delle ex scuole elementari di Noha, si parlava dello stato di inquinamento del nostro territorio. Il tema era concentrato sull’esposizione dei dati riportati da Luigi Russo. Ci fu però un momento in cui Ivano Giuffreda, presidente di Spazi Popolari, a proposito di malattie derivanti dall’inquinamento, chiese rivolgendosi al pubblico, quanti dei presenti avessero un malato di cancro in casa o tra la cerchia degli amici o parenti. Ci una folta e immediata alzata di mani, e fra tutte, le mani di Roberto si proiettarono in alto. Sembrava quasi voler gridare: eccomi, sono qui in prima persona.

Questa poesia la dedico al mio amico Roberto, che pur sapendo a cosa andasse incontro, ha lottato con determinazione e coraggio senza mai cedere alla disperazione."

 

Canto notturno di un pastore ...

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