Oggi è un giorno importante per il nostro Paese, importante dal punto di vista storico. Sono certo che per molti italiani, spero tanti, questo ricordo rappresenti un monito, una sferzata di giustizia non disgiunta da un velo di tristezza.
La storia uno può accomodarsela come vuole, ma la verità supera ogni forma di revisionismo. Voglio dire che nessuno può cancellare l’epilogo che vide molte città italiane semi-distrutte dai bombardamenti anglo-americani con quasi 800.000 morti, di cui 85.000 civili.
Numeri che forse non danno l'esatta idea della sofferenza e dei sacrifici che buona parte degli italiani subirono.
L'8 Settembre del 1943, scatenò l'immediata repulsione della guerra da parte di tutto il popolo italiano, perlomeno quella parte che ebbe il coraggio di ribellarsi al fascismo.
Che fine ha fatto questa memoria? Come mai i venti di guerra spirano forti ancor oggi ad appena ottant’anni da quella tragedia?
Perché continuiamo imperterriti a incrementare le spese per le armi, e tagliamo quelle per la sanità, l’istruzione, la ricerca scientifica, i beni comuni?
Anche a Noha si abbatterono i simboli nefasti del fascismo. Si dice che fu presa di mira l'aquila del nostro orologio, simbolo emblematico, e in quel giorno di presunta fine della disperazione, nel tentativo di cancellare la storia a colpi di mazza, venne demolito il fascio littorio presente fra gli artigli dell'aquila. La testa invece le venne mozzata dall’incuria dei decenni successivi.
Anche se nei nostri giorni il silenzio grava su ciò che resta di quel simbolo, è bene tenere alta la guardia: certe strampalate ideologie sono dure a morire.
Marcello D’Acquarica