Oggi mi sono svegliato con il pallino dell’archeologo, quindi mi sono recato nel campo di Santu Totaru, a nord di Noha.
E mi sono messo a cercare pietre.
Osservando attentamente, mi sono accorto che le grandi pietre che il povero Antonio Guido (Pasùlu), aveva utilizzato per costruire un piazzale, sono pietre molto anomale, fuori dal comune. Le misuro e non ce n’è una uguale all’altra, ma soprattutto sono fuori dallo standard dei conci di tufo che si usano da secoli per costruire.
Poi mi metto a cercare come un disperato in mezzo alla terra, sento che c’è qualcosa di importante. Il famoso sesto senso. Cammino e con i piedi sposto sassi e cocci di terracotta, sono centinaia, migliaia. Direi che la terra è fatta di pezzi di terracotta di tutte le forme. Ogni tanto ne trovo qualcuno che presenta delle sagome strane: una parte del fondo di un piatto, di una ciotola, pezzi di tegole, manici di contenitori e tanti formati. Ma perlopiù sono pezzi che somigliano molto a quelli incastrati nel pezzo di pavimento che Antonio aveva a suo tempo cementato sul muro.
Finalmente mi appare “lui”, il testimone. Fuoriesce dal terreno, cerco di estrarlo senza danneggiarlo ma è troppo grande. Con pazienza e un po’ di fortuna riesco a estrarlo intero: è un manufatto di circa 40 cm e spesso più di venti, è una parte di un pavimento del 400 d.C. Sotto ha ancora oltre un palmo di malta misto al coccio pesto che faceva sicuramente da “massetto”.
E sopra vi sono incastonate a lisca di pesce tanti pezzi di terracotta, come quelli sparsi ovunque.
Mi balena l’idea che i monaci del convento di Santu Totaru avessero una casa di lavoro nelle vicinanze del pozzo, e qui ci sono ancora i pezzi delle mura e del pavimento, penso che qui lavorassero la terra di tutta la piana che si estende fino a San Vito, ma che la loro abitazione potesse essere l’antica torre fagocitata nel 1595 dalla masseria Colabaldi.
Così sembra essere. Quella che noi crediamo sia la Masseria Colabaldi, di fatto è composta da due strutture di epoca molto differente. Lo si capisce semplicemente ingrandendo la vista che si ha con Google Maps. Si nota molto bene che la parte a destra, oltre ad essere costruita con materiali più antichi, è circoscritta da un alto muro di pietrame a secco, mentre la parte nuova, quella del 1595, con una muraglia molto più moderna.
Osservando attentamente i dettagli dei vari blocchi che compongono la struttura non ci sono dubbi: sono veramente “due masserie differenti”, due fabbriche che poi i secoli hanno unito in un solo corpo.
La storia è fatta di ipotesi plausibili ed è scritta nelle pietre. Basta saperle leggere e… ascoltare.
Marcello D’Acquarica
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Eleonora Longo
Dirigente Scolastico