giu072022
Pareva brutto, dopo aver discettato degli altri tre candidati alla carica di sindaco del comune di Galatina, non “scettare” qualcosa anche del quarto, cioè del nostro Marcello Amante, sindaco uscente e chissà se non anche entrante. A dirla tutta non è soltanto questione di bon ton, ovvero come dicono i latinisti di par condicio, ma di pericolo querela: oggi ne rischi di tremende per omissione di discorso, vale a dire se osi ad esempio seppellire nel dimenticatoio certi fossili redivivi – in queste contrade se ne annoverano a bizzeffe – considerandoli come inconsistenti, anzi mai esistiti (politicamente s’intende), non solo ex-nunc, ma ex-tunc proprio.
Non è il caso di Marcello che è di bocca buona e senza alcuna puzza sotto il naso, se è vero come è vero che ha dovuto per cinque anni consecutivi tirare avanti la carretta, fare buon viso a cattivo gioco, e sopportare non tanto reprobi, fedifraghi, e supporters a iosa diventati d’un tratto supposters, quanto l’assessore Nico Mauro e le sue raccolte di poesie, queste sì da codice penale.
Si sa che Marcello (non dategli del democristiano che s’incavola a bestia), dicevo Marcello, da buon democristiano, è il mago delle maggioranze elastiche. È riuscito a cambiarne una al volo giusto un paio di mesi fa, proprio a ridosso di questa campagna elettorale trasformandola d’emblée in campagna acquisti, o meglio a saldi di fine stagione. Non so bene come siano andate le cose (e chi è che lo sa), sta di fatto che qualche innominabile (innominabile solo perché – giuro - non ne ho mai conosciuto il nome, e non mi va ora di andare a compulsare Galatina.it per scoprirlo) ha fatto il salto in lungo, pensando di andare oltre per “correr miglior acque”, e ritrovandosi invece nell’arcinota “nuova” coalizione che, più che liquida (alla Zygmunt Bauman), sta diventando viepiù gassosa (e giacché persino saltata preventivamente in padella, cioè fritta). Pare che addirittura la vice Sindaco in persona, per sottrarsi a una “candidatura imposta” dall’ormai ex principale [e io – che scemo – pensavo che uno se la prendesse nel caso opposto, cioè di esclusione da una candidatura, ndr.], abbia sbattuto la porta in faccia a tutti, ma guarda un po’, giusto agli sgoccioli, cioè verso la fine della fiera, mica all’inizio.
Ma ora, lasciati i transfughi al loro destino crepuscolare, risuscitati i virgulti Pepe e Coccioli (garanzia certa di stabilità), e issati ovviamente al suo fianco destro, Marcello Amante potrà finalmente sentirsi in una botte di ferro: più o meno come quella che ospitò per brevissimo tempo il console Marco Attilio Regolo.
Comunque, togliete tutto a Marcello Amante, maggioranza, consiglieri, assessori, vicesindaci, Pippi Melloni, ma mai sia il Pasticciotto, emblema del suo quinquennio di governo, l’acme e l’acne di una città intera, la quale avrà pure qualche punto di Pil sotto il livello di guardia, ma quanto ai picchi di glicemia può essere considerata ai vertici della classifica nazionale, e forse anche mondiale. Quando la sua giunta deliberò all’unanimità di aggiungere accanto al segnale di benvenuto a Galatina il cartello “Città del Pasticciotto” i dietologici, riuniti a convegno in qualche quartiere fieristico fuoriporta, fecero la ola.
Però su questo tema voglio spezzare una lancia nei confronti di Amante. In questo senso: la costruzione del “brand Galatina”, attraverso una pseudo tradizione accomodata ad hoc, ci permetterà di collocarci di diritto nella schiera delle città turistiche, quelle che considerano il viaggiatore come un essere dotato dello stesso piumaggio di un pollo da batteria. Sicché quando il turista per caso richiederà il Pasticciotto (o altra leccornia locale) aggiungendovi l’aggettivo (galatinese) o il complemento di origine o di provenienza (di Galatina) il tizio dietro al bancone del bar-pasticceria saprà di trovarsi senza alcun dubbio di fronte a un coglione.
Un'ultima motivazione a favore del voto a Marcello Amante? Ma ovviamente quella della Continuità alla sua azione di governo, benché la “concorrenza”, composta da una cosa come VENTITRE liste, non sembri assolutamente voler segnare alcuna soluzione alla suddetta continuità: sicché l’usato sicuro certe volte è garanzia di efficacia ed efficienza. Mi riferisco in particolare agli alberi di alto fusto che un tempo ornavano il viale don Bosco (il famoso viale del tramonto), trucidati o meglio truciolati sull’altare “della sicurezza e dell’igiene” (si sa, “gli alberi sporcano” [sic], e “sono pericolosi” [ri-sic], soprattutto quando guidano all’impazzata). Ebbene vorrei ricordare agli elettori che nel capoluogo e nelle frazioni c’è ancora qualche albero grandioso e purtroppo superstite cui, con la suddetta continuità, fare la festa.
La famosa festa dell’albero. Da scappare.
Antonio Mellone
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