Tutti fieri di essere salentini. Quando arriva l’estate e i turisti invadono le nostre terre e i nostri mari come orde di barbari, sono tutti intenti a postare su facebook il loro orgoglio salentino. Tutti esperti operatori turistici, tutti amanti della natura, tutti impazienti di dichiarare le loro origini meridionali. Nel Salento i pasticciotti, il mare, le belle spiagge, le discoteche, le feste patronali, le sagre, la taranta, il vino, la pizzica, i tamburelli, gli agriturismi, le masserie, gli ulivi, la natura selvaggia, i mercati, il caldo, il sudore, l’afa. E poi? A parte le friseddre, il caffè in ghiaccio con latte di mandorla, i calzoni e la cupeta, di cosa dovremmo ancora essere orgogliosi? Basta farfugliare che noi del sud siamo gente ospitale, alla mano, di buon cuore? Basta veramente questo per accrescere in noi l’orgoglio? A me tutto questo va bene. Ma c’è un però. È il “però non basta”. Mi spiego. A me non basta che mi si dica che il Salento ha un bel mare o che d’estate in Salento ci si diverte. Perché, a prescindere dal giudizio affrettato di qualche turista, vorrei essere orgoglioso della mia terra anche per altro. Infatti, mi chiedo come mai nessuno esprima la sua fierezza nell’appartenere ad una terra dove, per esempio, funzioni l’amministrazione pubblica. Oppure, ad una terra dove non ci sia immondizia per le strade, o dove la maggior parte dei giovani abbia un’occupazione degnamente retribuita. Semplice, non si è fieri perché tutto questo non c’è. Come mai nessuno posta su facebook l’orgoglio di appartenere ad un terra dove non ci sia criminalità, dove non ci sia inquinamento, dove chi lavora dodici ore al giorno non venga assicurato per due ore giornaliere? Sarei più fiero di appartenere ad una terra dove la gente non muoia nei campi sotto il sole cocente per due o tre euro. Di questo si, sarei veramente orgoglioso. Oppure sarei orgoglioso se quelli amministratori, che vogliono essere chiamati “onorevoli”, fossero dotati di buon senso. Non dico istruiti, sarebbe chiedere troppo, ma almeno di sani principi. Perché avere le ville e presentare una dichiarazione dei redditi pari a zero non è proprio un buon principio. Oppure, costruire laddove non si può e poi condonare il tutto, neanche questo è di buon senso. O ancora, nel far costruire un porto o un centro commerciale, oppure nel farsi distruggere la costa per far passare un gasdotto in cambio di un posticino di lavoro part time per il proprio nipotino, in questo non c’è proprio nulla di cui esserne orgogliosi. Piuttosto che sentirsi tanto fortunati ad appartenere ad una terra che potrebbe essere veramente una geniale fonte redditizia senza specularci su, ci dovremmo rimboccare le maniche affinché, se orgoglio deve essere, che sia almeno per qualcosa di realmente degno di soddisfazione. Perché il problema è che a settembre, quando i turisti se ne vanno, davanti a chi piazziamo i nostri finti sorrisi di gente falsamente fortunata? Allora, lasciamo stare le correnti di appartenenza. Che tacessero tutti questi renziani, dalemiani, berlusconiani, leghisti, clericali, burocrati e improvvisati imprenditori da strapazzi. E non si tratta di essere pessimisti o ottimisti, o “gufi”, come dice qualcuno. Qui non si gufa contro nessuno. Qui si tratta di dire le cose come stanno. Altro che riforme copernicane, come dice Matteo Renzi. Qui, di Copernico, c’è solo il termine “teoria”. Perché di teorie si tratta. Ma di fatto non c’è nulla. Non c’è l’incremento di occupazione (quello che propinano come aumento degli occupati è solo un fattore ciclico, gli esperti lo sanno), non c’è abbassamento della povertà, non c’è aumento dell’aspettativa di vita, il prodotto interno lordo non indica la nostra felicità seppur oscilla sempre intorno allo zero, non c’è aumento dei risparmi e non c’è abbassamento degli indebitamenti. La conclusione è che non c’è nulla di nuovo perché, a prescindere di quello che dica Renzi, le riforme non le ha fatte nessuno. Nessuno le ha viste e nessuno sa cosa siano. D'altronde, di vere riforme, tranne quella che fece Lutero, l’Italia, non è ha mai viste. E non illudetevi, non le vedrà neppure con Renzi. E non perché Matteo non le voglia, ma per il semplice fatto che non sa neppure come si faccia una riforma. E nonostante questo, la parola maggiormente pronunciata da lui è proprio questa, “riforma”. Ma se a casa vostra, in tasca vostra, non è cambiato nulla, o è cambiato in peggio, significa che nessuna riforma c’è stata perché, se così fosse, i cambiamenti gli avreste visti, e sarebbero stati certamente a vostro favore. Ma così non è. E se avvistate qualcuno fare la bella vita, chiedetevi se è veramente frutto del suo sacrificio, farina del suo sacco. Perché di gente che ostenta ciò che non si è meritato, ne è pieno il mondo. E non mi si dica che bisogna trovare il modo di tirare la carrozza. Perché se qualcuno lavora a nero, a discapito di chi paga anche l’aria che respira, oppure qualche professionista presta la sua consulenza incassando fior di quattrini e non rilasciando neppure una ricevuta, sappiate che quella non è cosa buona e giusta. Lascia stare gli ottanta euri che hanno tolto a me e hanno dato a te. Quelle non sono riforme, sono prese per il c… collo. Io quest’anno ho deciso di fare le ferie a settembre, con la speranza che tutta questa vanagloria si sia un po’ attenuata e anche la mia gente sia tornata con i piedi per terra. Perché di questi tempi è facilissimo perdersi nel firmamento del cielo come palloncini gonfiati con elio. La vita è un’altra cosa. Perché, quando smontano le luminarie della festa per santa Domenica, tuo figlio continua a non avere un lavoro per poter vivere serenamente. A proposito, una riforma che non dia serenità alle persone, non è una riforma. Basta chiacchere allora, vale anche per te Renzi. Io una volta ero quasi riuscito a vendere palline di plastica gonfiate ad aria, e le stavo vendendo spacciandole come aria santa di Gerusalemme. Ma ero piccolo e stupido. Tu non fare lo stesso, perché qui si tratta di una Nazione. Quanto a noi, invece, se dobbiamo vantarci di qualcosa, facciamolo almeno per quello che pensiamo noi e non per quello che dicono gli altri, perché la notte della taranta finisce con il concertone di Melpignano e tutti i nostri che hanno ballato nelle piazze, è li che rimangono dopo, sulla piazza, a prostituirsi per un vaucher che Renzi osa chiamare Lavoro.
Fabrizio Vincenti