Fino a poche ore fa ne avevo solo sentito parlare qualche volta da Antonio Mellone. Adesso è un libro dal titolo: Vivere.
La prima cosa che mi colpisce di questo libro è il colore della carta, quel bianco caldo che mi ricorda la luce fievole di quando ero ragazzo e stavo a casa in via Aradeo, quando l’elettricità si interrompeva e si doveva ricorrere al tradizionale lume a petrolio. Anche al tatto delle dita la carta di queste pagine trasmette calore e serenità. Ma allora Michele è un libro? Non so ancora chi sia, ma sono bastate poche ore, forse meno di due, per entrare nel suo pensiero e carpirne la bontà d’animo, la semplicità e l’ardire. Leggo il suo raccontare e mi lascio trasportare nei posti che descrive. In un certo senso mi ritrovo come immerso nello stesso personaggio che è il fratello di una sorella che ha sofferto, come mio fratello guarda caso anche lui di nome Michele, mancato dopo due lunghi anni di cure. Molte sono le cose che ci accomunano: la passione per il passato, l’attenzione ai cambiamenti del presente, la fierezza per il suo lavoro, l’attaccamento alla propria terra, l’amore per la natura, la poesia, il suono delle campane e quell’osservare con orgoglio le compagne della sua vita, moglie e figlia.
Il suo narrare non ha la continuità di una storia unica, come dice Tiziana Montinari nella prefazione, ma è proprio per questo che in pochissime pagine riesce a farmi volare in modo continuativo sui tanti argomenti che appartengono a molte delle nostre vite, anche se non tutti sentiamo il bisogno di condividerli. Ora Michele non è più uno sconosciuto. Sento quasi un po’ d’invidia, o forse non è la parola esatta, quello che sento è piacere di scoprire come sia riuscito ad amare questa terra fantastica che è il nostro Salento pur non essendo costretto a staccarsene. Chi non prova sulla propria pelle il distacco forse non si rende conto della sua preziosità. Anche il suo parlare dell’età che è passata e del bisogno di lasciare il suo pensiero agli altri è segno di generosità e di amore. Non è invidia ma in un certo senso provo soddisfazione nel sentirlo, perché leggendo le sue parole mi sembra quasi di sentirne la voce. E provo soddisfazione nel sentirlo parlare di Dio. Di un Dio che non è solo relegato in chiesa, ma è per strada e nel mondo, dove aiuta l’uomo a difendersi dal demonio della finanza speculativa e senza più valori: “miscela distruttiva che nel breve volgere di pochi anni ha procurato danni irreparabili.” (pag.78)
Corre Michele, dice che gli anni sono tanti, ma sembra voglia costringerli in poche pagine, forse per paura di non riuscire a dirci tutto. Condisce le sue memorie come in una fiaba e pur passando da un paese ad un altro non sente l’amarezza per il cambiamento che spesso crea strappi interiori, anzi porta con sé tanti bei ricordi di tutti, compresa Noha, che lo ha visto negli anni della sua prima infanzia. In fondo quando una persona è capace di essere grata alla vita, come Michele, non può che seminare il bene.
Marcello D’Acquarica