Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
(Articolo 21 della Costituzione Italiana, comma 1)
Così la Costituzione italiana sancisce la libertà di manifestazione del pensiero, che si esplica attraverso la libertà di stampa e la libertà di parola. La libertà di espressione è cardine essenziale di ogni democrazia, riconosciuta anche dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948:
“Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.
Abbiamo fatto passi da gigante quanto ad alfabetizzazione, tecnologia e scienza ma quanto ad emancipazione non possiamo dire di aver fatto altrettanto. E’ di questi tempi l’ultima novità in campo giornalistico che riguarda proprio la libertà d’opinione. Non che il cosiddetto caso “Sallusti” sia il caposaldo di quel diritto (anzi questo caso non ha nulla a che vedere con la libertà di opinione: qui si è trattato di una diffamazione bella e buona, e con dolo), ma sicuramente ha rimesso in discussione i confini di quel principio. La libertà d’espressione è un diritto inalienabile, la cui limitazione ne segna la progressiva instabilità, di contro la rinuncia spontanea all’esercizio di tale diritto fa retrocedere l’uomo al rango di bestia. Nel tempo, ed in alcuni paesi in maniera particolare, la scarsa capacità di confronto, e quindi di scambi culturali, hanno contribuito non poco all’atrofia sociale. C’è un passo nel racconto di Carlo Levi “Cristo si è fermato ad Eboli” (Giulio Einaudi ed. S.p.A., Torino, 1945), che recita così: “il vero nemico della gente comune, quello che impedisce ogni libertà e ogni possibilità di esistenza civile è la piccola borghesia dei paesi con tutte le sue varianti, specie, contro specie, composta sommariamente dal podestà, dal farmacista, dal medico, dall’avvocato e dal prelato”. Lo scrittore si riferisce ovviamente a luoghi e tempi ben precisi, come la Basilicata degli anni ’30 del secolo scorso; luoghi che non si discostano di molto dal nostro paese per tradizioni e cultura. Ma l’eco di questa forma distonica del pensiero, soprattutto nei piccoli centri urbani, nonostante siano trascorsi più di ottant’anni non si è ancora dissolta del tutto, da un lato per il senso di onnipotenza di chi presume l’inconfutabilità del proprio convincimento dall’altra per un’atavica forma di soggezione a prescindere. Se senti con l’orecchio giusto, e riesci a immedesimarti in chi non ha quello che tu invece hai, la tua visone della vita si apre nell’essenza del messaggio più eccellente.
Che senso può avere dire di essere disposti all’ascolto delle richieste, dei dubbi, o dei bisogni dell’altro se pretendiamo che l’altro, appunto, debba essere limitato nella sua libertà di espressione?
La comunicazione deve essere interattiva, altrimenti si riduce ad un monologo. E' in un certo senso come la rana quando fa la regina dello stagno, a rispondergli possono esserci solo altre rane, o al massimo un rospo.
L’atto di pronunciare un'opinione, non è mai un crimine, lo è invece minacciare, tacciare, reprimere la libertà a chiunque di esprimersi. Pensare o mettere in discussione liberamente una corrente di pensiero, un’idea politica o religiosa, senza far calunnia ad alcuno, è crescita culturale. Se Gesù ci ha lasciato il comandamento di amare il prossimo e difendere la vita e per questo dico che dagli altari bisognerebbe condannare e scomunicare chi inquina la terra e uccide la vita, esprimo semplicemente la mia opinione che può essere discussa ma mai colpevolizzata. Se una persona non può esprimersi, non può neppure protestare contro ciò che succede.
Da qualche parte ho letto una frase che mi ha fatto accapponare la pelle: “Non dissentire è un buon metodo per restare al sicuro”.
"Non giudicate e non sarete giudicati" (Luca 6,37), può sembrare contemporaneamente il motto di un santo (non giudicare) o di un permaloso (non essere giudicato). Peccato che, se interpretata a rigor di logica, la frase evangelica non sia una condanna del giudizio. Infatti, perché mai essere giudicati deve essere considerato negativo? Una persona intelligente giudica e accetta il giudizio altrui.
Il diritto d’opinione e quello di condizionare la libertà, sono due atteggiamenti che se non gestiti democraticamente portano come risultato l’inciviltà. Ultimamente si è fatto un gran parlare di mafia, anche a Noha. Di recente anche in occasione dell’inaugurazione della scuola elementare di Noha. E anche per voce di Salvatore Borsellino, benemerito rappresentante della cultura antimafia.
Si è detto e ridetto che la mafia attecchisce dove viene a mancare lo Stato. Si rende quindi sussidiaria alla legge che naturalmente interpreta ed impone secondo i propri loschi obiettivi.
Lo Stato non è un ente astratto, ma la nostra stessa capacità di pretendere il dialogo, di autocritica e di partecipazione alle scelte sociali.
Ecco quindi a cosa serve la salvaguardia del diritto d’opinione. Serve a non tornare al tempo del medioevo, del caporalato, o ancor peggio, della dittatura.
Marcello D’Acquarica