Ve lo ricordate il Menhir di Noha?
Quell’antichissimo monolite che apparteneva al cosiddetto “Convento di Santu Totaru”?
Quello su cui Padre Francesco D’Acquarica, scoprì per primo l’incisione di un nome - - in un dialetto greco antico?
Bene, grazie al nobile gesto di donazione alla comunità da parte dell’attuale proprietario, come associazione NoiAmbiente e Beni Culturali, e insieme ad altri amici che ne condividono l’idea, abbiamo deciso di chiedere l’autorizzazione alle autorità per posizionarlo in un luogo pubblico dove tutti potranno godere del suo fascino.
Di seguito il collegamento internet che porta alla scheda tecnica con i dati storici.
Il mistero di Erthyanna di Noha
Così abbiamo dato inizio alla procedura (lunga e accidentata) per realizzare questo sogno.
Questa mattina, all’alba, grazie all'aiuto dei potenti mezzi meccanici messi a disposizione dai nostri amici e concittadini Pantaleo, Michele e Totò, abbiamo trasferito il monolite di Santutotaru dalla sua casa nativa, dov'è rimasto per quasi duemila anni, al cortile dell'anagrafe di Noha. Sede provvisoria, dove un archeologo accreditato per la Soprintendenza dovrà redigere una relazione, e magari svelarci se non tutti qualche suo segreto.
Spostandolo dal basso del pendio del campo dove è nato, fin sopra il piano del viale Dalla Chiesa, la luce del sole che sorgeva in quel momento, lo illuminava gradualmente mettendone in risalto le forme tondeggianti, quasi a volergli dare vita, mostrando le sembianze di un corpo umano.
La spolverata, necessaria per la sua “prima uscita” in pubblico, ne ha esaltato l'effetto, e CI è venuto spontaneo accarezzarlo. Sembrava facesse di tutto per alleggerire il suo peso; docile e sereno si lasciava fasciare dalla imbracatura per essere issato al braccio della gru, per poi essere caricato sul cassone del camion del nostro amico Michele.
Durante i pochi minuti di sospensione in aria, con qualche oscillante dondolio, il nostro monolite si è adagiato finalmente sul piano, e in quel momento abbiamo tirato tutti un sospiro di sollievo, anche lui, il nostro caro menhir, ha sospirato.
Anche perché stare appesi ad una gru non c'è da stare tanto tranquilli, può accadere di tutto, si sa.
Ora è sistemato, al sicuro nel retro dell'anagrafe, speriamo provvisoria e il meno tempo possibile, per essere poi esposto in un luogo pubblico, affinché possa godere per i millenni futuri, della compagnia e del rispetto di tutti, piccoli e grandi, alunni e insegnanti, sindaci e consiglieri, e cittadini di tutto il mondo.
Gianni e lo zio Antonio “buonanima”, sono contenti per questa opportunità di cui loro stessi sono protagonisti importanti. Un dono non ha scadenze, resta per sempre.
Per ora lo affidiamo alla protezione del nostro San Michele Arcangelo che, dall’alto della sua nicchia, lo protegge dagli assalti del maligno che si serve, come noto, delle armi portentose dell’insipienza, dell’ottusità, della sciatteria e dello snobismo.
Marcello D’Acquarica