Entro in biblioteca. Non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima. Ma mi preme sollevare una questione. C’è un signore che mi ha sempre suscitato un po’ di curiosità. Un signore distinto, dall’aria abbastanza saccente, che se ne sta sempre, almeno io l’ho trovato sempre dietro una scrivania a sfogliare libri e riviste. Ovviamente non si può conoscere la sua identità, perché non porta il cartellino, così come non lo portano gli altri operatori che gironzolano nella biblioteca.
Mi sarò chiesto più volte: “Sarà un pezzo grosso, qui dentro, uno che conosce il catalogo a memoria, uno che avrà molto da raccontare”. Un affezionato, immagino, che ogni mattina si dirige in biblioteca, assume la sua postazione e se ne sta tutto il giorno a rodere le pagine di vecchi libri. No, sicuramente non un impiegato comunale. Non riceve mica uno stipendio, no.
E il dubbio me lo levo quella mattina di fine luglio. La giovane operatrice è impegnata con un signore, forse un ricercatore, che chiede di un documento. Il signore distinto si fa in quattro da dietro la sua scrivania per fornire indicazioni all’operatrice, d’altronde sembra avere la faccia da intenditore, lui.
Intanto è da un bel po’ che io, che non sono nessuno, aspetto come un fesso che mi sia concesso il prestito. Aspetto cinque minuti: l’operatrice torna con un pezzo di carta ingiallito tra le mani e lo passa al ricercatore. Aspetto dieci minuti, il tempo che l’operatrice registri il ricercatore per permettergli la consultazione del documento. Aspetto quindici minuti: il ricercatore chiede all’operatrice copia del documento, ma ella gli rammenta che procedura vuole che la fornitura della copia debba essere preceduta da richiesta scritta.
Io intanto aspetto. Sì, sono sempre lì con i miei libri in mano, ritto come un fesso tra signore che sfoglia libro dietro scrivania e operatrice che ricorda procedura a ricercatore ansimante. Al che spazientito chiedo con cortesia al signore che se ne sta dietro la scrivania se per caso può farmi il prestito e lui con aria infastidita mi risponde: “Aspetti che finisca la signorina”. Va bene, paziento, d’altronde quello è il signore che viene qui per passarsi il tempo, mica è un impiegato comunale, mica può rubare il lavoro alla ragazza.
Poi mi innervosisco quando il signore, con aria saccente, chiede alla operatrice cosa stia succedendo – allora io penso, “ma di cosa si immischia?” – e invita il ricercatore a venire da lui, presso la sua scrivania, ignorando la signorina che rammenta l’esistenza di una procedura. Poi il signore panciuto si solleva dalla sedia – dico che mi ha fatto una tale impressione vederlo in piedi – e si mette a fare copia del documento ingiallito, che chissà quanti anni avesse stropicciato com’era.
“Al diavolo la procedura”, penso io imbestialito. “A ‘sto tizio o non gli va di fare nulla, ma dal momento che si è sacrificato per il ricercatore questa mia osservazione non può essere veritiera, oppure non ritiene di dover perdere tempo dietro a poco gratificanti prestiti a per niente rilevanti giovani”. La seconda, la accendo.
Michele Stursi