Ho sfidato, e più volte, la zona rossa per recarmi da Fiordilibro, la libreria della Emilia Frassanito. Voglio dire che ho azzardato l’allontanamento da Noha per quasi tre chilometri diretto alla volta di Galatina al numero 31 di corso Vittorio Emanuele, meglio conosciuta come via dell’Orologio, a dispetto delle norme che se non imponevano la clausura cenobitica ti concedevano al massimo un giretto attorno alla tua abitazione purché munito di scarpette da ginnastica. A meno, s’intende, di rigorose motivazioni da riportare su foglio ministeriale prestampato altrimenti detto autocertificazione (mica semplicemente certificazione o dichiarazione), motivi, dicevo, legati a salute, lavoro, o a casi di improcrastinabili urgenze. E io ho sempre avuto con me tutte e tre le giustificazioni: le questioni sanitarie legate alla mens sana, quelle lavorative (non puoi occuparti di economia senza l’aiuto di altri autori non economisti), e infine quelle dei bisogni primari: per alcuni i libri sono infatti aria, acqua, generi alimentari di prima necessità e non c’è Rider che possa sostituirsi al destinatario per il loro trasporto.
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Se poi mi avessero fermato i vigili urbani, dirimpettai della Fiordilibro, credo che mi avrebbero graziato: non perché dotato di pass acquisito sul campo dopo un articoletto a loro dedicato poco tempo fa (e credo valido per almeno un semestre), ma per il fatto che sono certo che persino per gli uomini in divisa è sempre cosa buona e giusta fare un salto nelle botteghe di parole.
Fiordilibro dunque è una delle tre benemerite librerie di Galatina “Città che legge” [si spera, ndr.], essendo le altre due Fabula e Viva (per me quest’ultima rimane sempre Viva, al di là di altri più magniloquenti posticci loghi).
Incastonata in un palazzo antico, all’ombra del campanile civico, la Fiordilibro è animata dall’Emilia, la quale, laureata in archeologia con il prof. Francesco D’Andria, dopo i suoi bravi scavi archeologici anche e soprattutto nel Salento, nel 2004 decide di lasciare in cantina trowel, piccone e pennello per dedicarsi ad altre stratigrafie, quelle che ti si sedimentano dentro pagina dopo pagina.
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E così il ventre di codesto aedificium seicentesco si riempie di scaffali, e quindi di libri, ma poi anche di tavoli, sedie sgabelli e pedane, diventando all’occasione scriptorium e talvolta pure theatrum. Le pareti della Fiordilibro sono piene zeppe di manifesti (ne ha appesi solo alcuni, l’Emilia) a testimonianza di questo fervore, che dico, di questo fuoco che arde inesauribile, benché ultimamente sotto la cenere. Pensate, in una di codeste locandine nelle quali si parlava di tabacco e di un libro che ne racconta la storia locale c’è perfino il nome del sottoscritto (per dire quanto le mie siano braccia strappate alla cultura oppure all’agricoltura, a seconda dei punti di vista).
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Quindi dialoghi con gli autori, cene letterarie, feste dei lettori, corsi di scrittura creativa (per esempio con la Luisa Ruggio nostra), musiche e parole: tutto questo certamente, ma Fiordilibro prima che una ruddhra (vivaio) di iniziative è innanzitutto una libreria, luogo sacro dove i libri ti guardano dai ripiani fino a quando non decidono di sceglierti. Qui riesci a beccare oltre a tutto il resto cose sfornate dall’editoria locale, perfino fuori catalogo (sembra esista ancora addirittura un monumentale “Noha, storia arte e leggenda” del 2006 scritto a due mani e due piedi: le mani sono quelle di Francesco D’Acquarica, i piedi, invece, i miei), le famose guide verdi di Congedo Editore, i cataloghi sulla poesia dialettale, quelli sulle torri costiere, le masserie, le ville, le campagne e gli ulivi di queste parti; e ho pescato di recente pure un “Dante e i misteri di Otranto” a proposito del settecentesimo della morte del Poeta, e poi ancora Bodini, Maria Corti, Carmelo Bene, Antonio Antonaci e Donato Moro, “e più di mille ombre [Emilia] mostrommi e nominommi a dito”.
La libraia all’occasione diventa pure una tua confidente, e a richiesta ti procura sotto banco pure i “libri proibiti” (“Non lo dico a nessuno, tranquillo”, ti rassicura), tipo quelli molto commerciali, o quelli di qualche scrittore di destra come un Marcello Veneziani (ché tu, comunista, mica puoi confessare al mondo di aver letto nemmeno per isbaglio).
Che pesi che deve portarsi dentro la povera Emilia. Ebbene sì, purtroppo la vita non è sempre tutta rose e Fiordilibro.
Antonio Mellone