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"LUOGHI da FAVOLA" di Marcello D’Acquarica
Di Marcello D'Acquarica (del 30/12/2020 @ 13:40:50, in NohaBlog, linkato 1321 volte)

Mi compiaccio della sua leggerezza, nasce così un primo nesso di simpatia con “Luoghi da Favola”, volume edito da Espera nel corso di quest’anno di Grazia 2020.

E’ il primo fattore di valutazione che adopero per un libro nuovo, la leggerezza. Poi ci sono le parole.

Subito cerco di carpirne i segreti, il più in fretta possibile, quindi lo sfoglio velocemente. Lo so che in questo modo è impossibile leggerlo, ma è una impulsività che fatico a dominare. Quindi passo ad esaminare l’indice. Resto colpito dalla parola “Noha”. Chissà cosa avranno da dire in un libro di favole sulla mia Noha? Cerco le immagini. Sono disegni mai visti finora, sembrano appunto, per favole.

Non faccio in tempo a leggere la prima storia, una presa a caso, che resto come inghiottito da un vortice.

E’ una lettura così coinvolgente che appena dopo poche pagine mi rendo conto della geniale organizzazione con cui il libro è strutturato, diviso in capitoli che separano racconti di battaglie, di principesse e amori infelici, di tesori e infine vicende di diavoli e santi. Le favole si snodano piacevolmente una dietro l’altra, e per ognuna di esse la storia, con luoghi e personaggi reali.

Immergendomi così nelle pagine mi sento come coccolato da una vera guida per viaggiatori, ed essendo luoghi a me più o meno noti, mi lascio trasportare dall’immaginazione che trova una facile sceneggiatura per ogni avventura narrata. Ad ogni paese una preziosità. E così si svelano segreti inimmaginabili, come per esempio Torre Suda, che deve il suo nome per essere stata utilizzata come cisterna, quindi trasudando acqua dalle pareti, come la torre del castello di Noha, che conserva in pancia antiche tracce del livello lasciato dall’acqua; Racale che forse deve il suo nome al mitico Ercole; la torre del Serpe, che lo deve ad una fantomatica serpe che succhiava l’olio dalla lanterna del faro; il laghetto Cocito di Castro e Felline con il suo castello normanno; dell’antica specchia di Martano, la torre di Babele salentina; la fantastica Serra di Sant’Elia fra Trepuzzi e Campi Salentina; delle antiche pietre messapiche di Muro leccese, dove trovo in molti massi messapici la somiglianza con il Menhir di Noha scoperto anni addietro nel fondo “Santu Totaru” e poi ancora a cercare sulla costa adriatica i resti dell’antica abbazia di Casole.

E ancora la sirena Leucrazia  con la leggenda delle punte Ristola e Meliso; il fiume Idume di Lecce e Torre Chianca; e la grotta dei pittori neolitici di Porto Badisco; e quell’altra storia sul morso della tarantola che fa ammalare le persone di “melanconia” e si curava con l’acqua della fonte di Manduria: pare che ne abbia scritto perfino Plinio il vecchio; e le vore di Barbarano che sono comunicanti fra loro; e di colline alte ben 196 metri, come la Serra di Martignano e di scogli che diventano diavoli, e diavoli che interrompono le finiture della Chiesa di San Matteo di via dei Perroni a Lecce, per cui delle due colonne della facciata solo una è finita con intagli a spirale e l’altra invece è ancora liscia; così come alcune date memorabili, tipo quella del terremoto che colpì il Salento nel 1743; e ancora di masciare e di Santa Inquisizione, di costruttori di organi come il nostro Kircher che sovrastava il coro della nostra Chiesa Matrice fino agli anni ’70 del secolo scorso,  e di poeti e saraceni.

E per finire - o per cominciare ad apprezzarne veramente l’importanza - le nostre Casiceddhre, che oramai sono in giro per il mondo grazie anche alle parole degli scrittori, come quelli di “quiSalento”.

Ma il mondo forse non sa ancora che presto le Casiceddhre di Noha diventeranno un ammasso di pietre antiche e belle, disfatte, come saranno, dalle intemperie ma viepiù dalla noncuranza degli uomini di questo “secol superbo e sciocco”.

Marcello D’Acquarica