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A Galatina scapparono gli alberi
Di Antonio Mellone (del 27/12/2020 @ 16:38:59, in NohaBlog, linkato 1187 volte)

Una buona fetta di galatinesi è a stento consapevole di quel che capita sul marciapiede di casa sua, salvo poi essere perfettamente al corrente su molti altri fatti (tipo cosa hanno mangiato a Natale e con chi gli “amici” di fb).

Un’altra porzione degli stessi è venuta a conoscenza solo per puro caso del fatto che ‘scappano’ i pini di viale don Bosco - nel senso che gli alberi se la squagliano proprio da questa città che evidentemente non li vuole e forse non li merita - ma la curva dell’elettroencefalogramma di codesti concittadini continua a rimanere appiccicata con il Super Attack all’asse delle ascisse, onde non storcono muso né muovono polpastrello sullo schermo tattile del personale smartphone né per dissentire (certuni credono che il verbo dissentire abbia endemicamente a che fare con il sostantivo dissenteria), né per appoggiare questa politica della sega (che a quanto pare sembra provocare l’acme del piacere). Sta di fatto che, come cantava quello, Là dove c’era l’erba ora c’è una citta (Citta, senza accento, mi raccomando, se no la traduzione dal vernacolo sarebbe diversa da Zitta, Muta, Remissiva, o Consenziente).

Abbiamo poi un’altra parte, “informatissima”, crediamo la stragrande maggioranza, che lungi dal prendersela con i propri pubblici amministratori (e perché dovrebbe visto che la rappresentano alla perfezione) per questa cosa che altrove chiamerebbero devastazione, scempio, sterminio, rovina del paesaggio o coglionaggine, è convinta sia cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza togliere di mezzo questi benedetti alberi di alto fusto, oltretutto in ottima salute, “visto che disturbano il traffico” (non viceversa), “possono essere pericolosi” (gli alberi sono pericolosi eh, mica i mattoni, il cemento, i muri, gli autotreni, le auto e le moto che sfrecciano a tutta birra su quel viale del tramonto), e poi “vuoi mettere i rischi con questo clima che sta cambiando repentinamente?” (qui evito commenti da querela), e infine, signora mia, “rovinano tutto quanto l’asfalto” (giuro, lo dicono ma soprattutto lo pensano veramente).

E già che ci sono, facendo tesoro del consiglio di Virgilio a Dante - quello del canto III dell’Inferno a proposito degli ignavi - evito di ragionar di loro, dico dei partiti di opposizione in consiglio comunale, alcuni in crioconservazione da anni, altri molto presi a organizzare la giornata della “Festa dell’albero” (quando si dice: gli hanno fatto la festa); glisso pure sull’intellighenzia del pasticciotto in tutt’altre faccende affaccendata, e sorvolo ovviamente sulla stampa (altrimenti detta stampella), la quale, sul tema, al più se la prende con assessore, sindaco o giunta, ma non per gli effetti nefasti della decisione politica, bensì per il ritardo “di tre mesi” [sic] con cui si è mossa la macchina amministrativa. A volte nutro seri dubbi su chi possa occuparsi alternativamente di certe categorie, se la paleontologia o l’entomologia. Ma tant’è.

C’è infine uno sparuto numero di persone (tra i quali annovererei pure il sottoscritto) che di fronte alla riduzione in asche e truciolato dei maestosi pini domestici di quel Boulevard, cioè della cosa più bella di quell’area per altri versi orrenda, non ce la fa a rimanere immobilizzato come per un politrauma di fronte al monologo di massa, non riesce assolutamente a mandar giù lo zuccherino anzi la leccornia della ripiantumazione di alberelli bonsai (leccornie loro!) e di altre “essenze arboree” (forse volevano dire assenze), e prova a spiegare ai suddetti gruppi, con la speranza che non ci sia il bisogno di un video su Youtube, quanto siano importanti i grandi alberi urbani, non fosse altro che, per esempio, per la mitigazione del microclima cittadino e per qualche grammo di ossigeno in più, e che forse per evitare quest’ennesimo deserto dei Tartari, anzi degli Unni (di cui Attila fu egregio esponente), si sarebbero potute semplicemente restringere le corsie di viale don Bosco (bosco, altra ironia dell’odonomastica), visto che tutto serve in città men che una novella autostrada.

Mi sa che, ormai, a Galatina e dintorni l’unico verde pubblico che possiamo permetterci è quello delle casse comunali.

Antonio Mellone