Il conseguimento della “grid parity” nella produzione di energia elettrica con la tecnologia fotovoltaica, che rende gli investimenti convenienti anche in assenza di incentivi specifici, insieme alla sostanziale rinuncia degli organi centrali e periferici dello Stato a svolgere il loro compito istituzionale di salvaguardia del bene comune, sta scatenando nel Salento una seconda ondata di progetti di impianti fotovoltaici di grande taglia in aree agricole.
Si tratta di operazioni puramente speculative, non rispondenti ad esigenze di coperture dei consumi, avendo la Puglia un esubero rispetto ai suoi fabbisogni di circa l’80%, rispondenti esclusivamente agli interessi degli investitori, che talvolta nascondono – come hanno rivelato inchieste giornalistiche e procedimenti giudiziari - operazioni di riciclaggio di denaro di dubbia provenienza.
Nel Salento questo deleterio fenomeno sta assumendo le proporzioni di un vero e proprio assalto distruttivo al territorio rurale, con proposte di generatori per centinaia di ettari.
Le peculiarità salentine agevolano questo approccio neo-colonialistico di sfruttamento del territorio: l’andamento generalmente pianeggiante del terreno, le favorevoli condizioni meteo-climatiche, la drammatica criticità causata dai fenomeni di disseccamenti dell’olivo (Co.Di.R.O.), il conseguente crollo del prezzo di mercato dei terreni agricoli e del reddito da agricoltura. In questo contesto già preoccupante, è poi clamorosamente e colpevolmente mancata una strategia di rigenerazione agri-ecologica del territorio, che consentisse un’uscita dalla crisi.
Il rischio di uno stravolgimento pesante ed irreversibile nel breve-medio periodo delle peculiarità culturali, paesaggistiche, ambientali e socio-economiche del nostro territorio è quanto mai attuale e drammatico, con una situazione già oggi fuori controllo e che potrebbe diventare presto dilagante.
Molte delle valutazioni qui esposte possono essere trasferite con i dovuti distinguo ai mega-impianti eolici.
Un intervento di governo del fenomeno è quanto mai necessario ed urgente per varie ragioni:
- la sottrazione di suolo agricolo, in un’area che su questo tema conta già dei tristi primati, rischia di stravolgere la stessa fisionomia di un territorio vocato, pur con criticità ed incertezze, all’agricoltura e alla ricettività turistica;
- occorre prevenire il degrado del terreno agricolo derivante dall’ombreggiamento delle superfici, dal presumibile ricorso ad erbicidi per il controllo della vegetazione, dall’alterazione delle caratteristiche microclimatiche e pedologiche del suolo, con effetti di lunga durata, pesanti pur se in larga parte ancora inesplorati, sulla fertilità del suolo;
- le misure di tutela del territorio oggi operanti - se si fa eccezione per il Piano Paesaggistico Regionale (PPTR), che vieta esplicitamente impianti energetici in zone agricole tranne che in ex cave o zone degradate - appaiono generalmente inadeguate; i regolamenti approvati da vari comuni e dalla Provincia appaiono similmente inefficaci, a fronte di specifiche disposizioni nazionali di legge (art. 12, comma 7, D.Lgs. 387/2003) che consentono esplicitamente l’insediamento di tali impianti in zone agricole.
Occorre sfruttare tuttavia al meglio le disposizioni (art. 7 D.Lgs. 387/2003 citato) che tutelano le “tradizioni agroalimentari di qualità”, così come il “patrimonio culturale e del paesaggio rurale”. In ciò soccorrono le prescrizioni piuttosto stringenti del Piano Paesaggistico Regionale, che tra l’altro introducono l’obbligo di concentrare le attività produttive in APPEA (Aree Produttive Paesaggisticamente ed Ecologicamente Attrezzate). Ma possono anche risultare utili quei fattori legati ad una effettiva qualità agroalimentare o paesaggistica del contesto: produzioni biologiche o biodinamiche, consorzi di tutela, marchi di qualità DOC; DOP; IGT e altri. Sotto tale profilo si noti come il Piano Paesaggistico pugliese (PPTR), pur non essendo propriamente un Piano Energetico, fornisce tuttora, in assenza di altri strumenti più efficaci, i vincoli più stringenti in merito agli insediamenti energetici. Vedasi in proposito le Linee Guida 4.4, parte prima, “Linee guida sulla progettazione e localizzazione di impianti di energia rinnovabile” e parte seconda “Componenti di paesaggio e impianti di energie rinnovabili” con Tavole allegate, come quella relativa alle “Aree sensibili per impianti di media e grande taglia” per gli impianti eolici e quella delle “Discariche e cave abbandonate e con decreto scaduto” per il fotovoltaico, che forniscono indicazioni preziose per la localizzazione degli impianti in aree meno delicate e con minimi impatti ambientali.
È comunque indispensabile ed urgente una forte azione di pressione politica da parte delle istituzioni locali (Regioni, Provincie, Comuni) sul Parlamento e sul Governo nazionali per l’abrogazione delle penalizzanti sciagurate disposizioni di legge. Le istituzioni locali sono quelle più immediatamente a contatto con i cittadini, con i loro reali bisogni ed interessi, e possono e devono intervenire prima di altri per difendere tali interessi.
La difesa più efficace tuttavia, per quanto generalmente sottovalutata più o meno consapevolmente dai decisori politici, resta il completamento del quadro di pianificazione energetica locale. Tale tutela risulta tanto più valida in quanto manca un Piano Energetico Nazionale, mentre il Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR), ormai inefficace ed a maglie troppo larghe, è soggetto da tempo ad una estenuante revisione.
In tal senso si riporta l’art. 31 del D.Lgs n. 112/98, che recita:
“31. Conferimento di funzioni agli enti locali
1. Sono attribuite agli enti locali, in conformità a quanto disposto dalle norme sul principio di adeguatezza, le funzioni amministrative in materia di controllo sul risparmio energetico e l'uso razionale dell'energia e le altre funzioni che siano previste dalla legislazione regionale.
2. Sono attribuite in particolare alle province, nell'ambito delle linee di indirizzo e di coordinamento previste dai piani energetici regionali, le seguenti funzioni:
a) la redazione e l'adozione dei programmi di intervento per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico;
b) l'autorizzazione alla installazione ed all'esercizio degli impianti di produzione di energia”.
Scaturisce da qui la proposta, da perseguire con fermezza, di riprendere ed aggiornare con urgenza, alla luce del PEAR approvato e del suo aggiornamento, il “Programma di intervento per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico”, approvato con Deliberazione di Consiglio Provinciale di Lecce n. 36 del 23.04.2004. Detto Programma potrà raccogliere e aggiornare le stime sulla potenza fotovoltaica potenzialmente installabile sulle coperture esistenti (residenziali, industriali, commerciali, del terziario ecc.), in grado secondo qualificati dati preliminari di coprire ampiamente il fabbisogno elettrico dell’intera Provincia senza intaccare nuovo suolo agricolo.
Anche i Comuni con una popolazione superiore a 50.000 abitanti (come Lecce) sono obbligati a approvare un Piano Energetico Comunale, da integrare nel Piano Regolatore Generale (art. 5 Legge n. 10/91).
Gli strumenti indicati sono fondamentali per dare indicazioni di dettaglio degli interventi insediativi, tuttora vaghe e limitate per esclusione dalle “aree non idonee” nel quadro normativo attuale, ma che lasciano piena discrezione al proponente di individuare il sito di installazione.
Una corretta pianificazione saprà inoltre indicare le potenzialità degli impianti da collocare sulle coperture di edifici esistenti, potenzialità questa sistematicamente trascurata e sottovalutata.
Il completamento di un corretto quadro di pianificazione energetica locale (regionale, provinciale e comunale) rappresenta un significativo indice della volontà politica di contrastare il fenomeno in atto, piuttosto che limitarsi a generici proclami di facciata, o affidarsi alle pastoie del procedimento amministrativo, o nella migliore delle ipotesi a “regolamenti” locali, armi spuntate rispetto alle sovraordinate norme nazionali.
Un nuovo quadro di programmazione non può tuttavia prescindere dalla considerazione della taglia, della finalità, delle modalità installative, dell’impianto proposto. In tal senso occorre distinguere, ad esempio, i grandi impianti in pura cessione alla rete, con fini marcatamente speculativi, dalle piccole installazioni al servizio di utenze locali, su coperture esistenti, il cui iter procedurale dovrebbe essere al contrario agevolato e snellito.
È necessario uscire dalla logica della produzione di energia elettrica come merce soggetta alle sole leggi del libero mercato: l’energia elettrica è da considerare un “bene comune” alla stessa stregua dell’acqua e dell’aria, da produrre non per intenti speculativi, ma per soddisfare ben precise esigenze di copertura dei consumi.
Sono necessari atti d’indirizzo, norme e incentivi a livello nazionale e locale per passare con decisione ad un nuovo modello energetico decentrato, con impianti di piccole-medie dimensioni ubicati su coperture esistenti o in zone residuali, collegati in rete, con l’obiettivo dell’autonomia energetica delle comunità locali, svincolate così da monopòli e caste energetiche.
Occorre poi ricordare che le fonti energetiche più pulite e convenienti restano il risparmio, l’efficienza e l’uso appropriato dell’energia.
Lecce, 24 novembre 2020
RETE AMBIENTE E SALUTE SALENTO