Ma cosa cavolo avranno mai combinato le Mamme No-Tap per essere state rinviate a giudizio in un maxiprocesso da celebrarsi magari in un’aula bunker? Vuoi vedere che tomo tomo cacchio cacchio saranno loro la cagione della devastazione del patrimonio naturale, culturale ed economico del Salento? Non mi dire che avranno espiantato ulivi senza il permesso, abbattuto muretti a secco, eluso normative, e pure perforato, penetrato, cementificato, inquinato acque, disatteso prescrizioni, utilizzato la forza pubblica per interessi privati, e già che c’erano pure corrotto.
Di più? E quale altro reato potrebbero di grazia aver commesso ‘ste benedette donne? Oltraggio a pubblico manicomiale, dite? Tipo testate ai manganelli, labbra tirate sui pugni (che fanno così male alle nocche), addomi scagliati contro le ginocchiate, volti supplicanti lo schiaffo del soldato (o del poliziotto), addirittura spaccio di fumo (nel senso di lacrimogeni) negli occhi? E che hanno scambiato un cantiere per la Diaz?
Manco questo. Caspita, allora vuoi vedere che qui c’è da scomodare il codice Rocco laddove si parla addirittura di lesa maestà, di insurrezione, di sputtanamento del re che era meglio si mettesse qualcosa addosso e, dio non voglia, di critica, satira e perfino istigazione a distinguere? Ma se è così la cosa è grave assai. Da Corte d’assise proprio.
Signora mia, dovresti sapere che in una società resiliente e assertiva come la nostra - con tanto di sensi di colpa pungolati con metodo, e cloroformio servito all’happy hour - la disobbedienza civile si sopprime sul nascere, i ribelli si emarginano, gli oppositori si ostracizzano. Suvvia, parlar male di Tap (e degli altri compagni di merende altrimenti detti “volani per lo sviluppo”) non è mica politically correct: è iconoclastia applicata, blasfemia da anatema pontificio, eresia da rogo.
Qui il catechismo ideologico è tale che se pretendi una V.I.A. rigorosa ti arriva immediatamente un Foglio di Via (quando non una novella SS. 275 a quattro corsie); sono ammesse soltanto le manifestazioni osannate dai “giornali” e dai loro mandanti; il critico può fare il critico purché non parli mai male di nessuno; la battuta vien tollerata soltanto se anestetica, da Bagaglino, mai pungente o dissacrante - ché qui ogni arguzia dev’essere sottoposta a primo e secondo tampone.
D’altronde è da una vita che acclamiamo in successione prima il governo dell’amore, poi quello del fare, attualmente il governo del cambiamento, e così via, fino al prossimo venturo governo della sicurezza, al consecutivo esecutivo della carità e al susseguente che potrebbe essere a scelta o il governo dell’azione o quello della semplificazione. Che cambia. Al termine del ciclo di questa diciamo metempsicosi, avremo finalmente un bel governo della felicità (ovvero, in caso di vittoria dell’“opposizione”, il governo della gioia): sicché la giustizia potrà essere amministrata in nome di un popolo dall’alta concentrazione di doppiolavoristi il cui secondo lavoro è il più antico del mondo.
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Mamme No-Tap, voi siete a processo perché avete osato gridare davanti a tutti: “Viva la vida”. Per favore, ripetetelo ancora una volta davanti al pubblico ministero, scanditelo bene di fronte al vostro giudice, fatelo mettere agli atti dal cancelliere. Ribadite con l’eterna Frida Kahlo (1907-1954): “Sono nata con una rivoluzione. Sono pronta all’impeto della rivolta fino al momento di vedere il giorno. Nessuno è separato da nessuno. Nessuno lotta per se stesso. […] La lotta in questo processo è una porta aperta all’intelligenza”.
“Viva la vida” scrisse questa donna straordinaria che non poté essere mamma, poco prima di morire, nel luglio del 1954, su una delle sue Fette di Mellone.
Antonio Mellone