"I racconti servono. A tutti. Grandi e piccoli. Eccovi di seguito il racconto - La strega Ciribanda e la storia delle tre torri de Nove - di Marcello D'Acquarica, che da Torino invia saluti ed auguri di Buon Natale a tutti noi, ed, in particolare, a tutti i bambini delle scuole di Noha".
La Strega “CIRIBANDA”
E la storia delle tre torri de Nove.
A Noha vive una bambina di nome
Chiara. Abita felicemente in una casa al centro del paese con la sua mamma ed il suo papà. Ha una cameretta con tanti giochi e bambole con cui le piace molto divertirsi dopo aver finito tutti i compiti di scuola.
Più di ogni altra cosa però, le piace trascorrere il suo tempo libero sulla terrazza.
E’ una delle più elevate del paese, sembra un po’ la
TORRE di un castello. Dalla sommità si spazia con lo sguardo molto in lontananza. Chiara va a scrutare il cielo azzurro, il volo delle rondini, ed a farsi baciare dal sole e, a volte, anche dalle stelle. Immagina di vedere cime di alti monti confusi fra le nubi ed il mare marcato da un dolce fremito di un profilo di luce all’orizzonte. Con la sua fantasia di bambina costruisce un mondo di sogni che allietano il suo innocente e semplice pensiero…
Un giorno un uccellino, dall’aria stanca e affannata, le si avvicinò e, con voce lieve e tremula, le raccontò una storia:
Buon giorno piccola mi chiamo Luigi, per gli amici “Cici”. Sai Chiara, io tanto tempo fa, abitavo qui vicino, in quella casa scura e dall’aspetto trasandato a forma di TORRE. La mia mamma trascorreva il suo tempo serena e dedita alla cura dei suoi Nove piccoli. Ogni tanto, sulla via davanti l’uscio di casa, passava una vecchia strega: la Ciribanda. Veniva da un paese vicino, vestiva con grandi e folti veli colorati legati in vita con una grossa corda nera. Indossava collane e bracciali di catenelle. Ai piedi calzava delle strane scarpe rosse come il colore dello smalto delle sue unghie e delle sue sottili labbra. In testa, sotto una folta criniera di riccioli rossi come il rame, reggeva una “menza” piena d’acqua che riempiva dalle fontane per dissetarsi all’occorrenza. Portava con se un enorme cesto di vimini appeso al braccio. Lo teneva ben chiuso. La gente pensava che dentro nascondesse i bimbi monelli che riusciva ad acchiappare per strada. Noi, alla sua vista, terrorizzati, correvamo a nasconderci in casa. La mamma, quando eravamo disubbidienti ci sgridava dicendoci: “se non obbedite chiamo la Ciribanda”!Un giorno, la strega, invidiosa della felicità che regnava nella nostra casa, si fermò davanti alla porta e, brandendo la sua bacchetta magica che nascondeva sotto i veli, lanciò un incantesimo: Promise alla mia mamma che presto nessuno dei suoi bimbi sarebbe rimasto con lei e che si sarebbero trasformati in uccelli ed avrebbero preso il volo per andare lontano lasciandola sola! A meno che, la mamma, non fosse riuscita a far costruire un’altra torre vicino alla nostra in modo da far godere anche la strega, della gioiosa compagnia dei suoi Nove bimbi. La mamma corse disperata da papà ed insieme andarono in giro per il paese da amici e parenti a chiedere dei soldi per soddisfare il desiderio della strega e rompere l’incantesimo. Ma, nonostante l’impegno di tutte le persone, non riuscirono nell’intento e, come la strega aveva promesso, man mano che crescevano ,i Nove fratellini si trasformarono in uccelli e volarono via, lontano… E adesso eccomi qua. Sono ritornato. Ho con me un po’ di risparmi e voglio costruire la TORRE qui affinché l’incantesimo di Ciribanda si interrompa ed io, insieme ai miei fratelli, possa ritornare a scorazzare nei campi ed in riva al mare. Sono tornato per rivivere ancora il Natale come ai vecchi tempi. Per ascoltare il suono della banda quando passa per le strade. Per vedere la “focara” ardere nella piazza come si faceva allora e per pregare con te e con tutti i bimbi di Noha affinché le streghe non tornino più a turbare i nostri sogni.A questo punto, forse a causa della forte emozione, una lacrima sbucò dagli occhi di Cici e, scivolando sulle fragili piume, ne ravvivò lo splendore dei colori coperto dallo smog e dalla polvere dei suoi lunghi viaggi.
Chiara, meravigliata per quella lacrima, prontamente gli chiese il motivo di quel pianto e Cici rispose:
“Mia piccola, credo di non avere abbastanza denaro per soddisfare il mio desiderio e per questo resterò prigioniero dell’incantesimo di Ciribanda e non potrò mai più vivere la mia vita da bambino”.La bimba era confusa, smarrita, la storia di Cici l’aveva rattristata molto, non sapeva più cosa fare. Per un attimo chiuse e riaprì gli occhi come se volesse svegliarsi da un brutto sogno. Ma poi, all’improvviso, le balenò un idea fantastica e, con la sua soave vocina, rispose così al triste uccellino:
“
Non preoccuparti Cici, nel mio “cifuddrhi” ho messo da parte alcuni risparmi con cui volevo farmi comprare un gioco nuovo per questo Natale ed è con immensa gioia che sono lieta di donarteli”.La spontaneità del generoso gesto di Chiara provocò una esplosione di luce tutto intorno e, magicamente, l’incantesimo finì. Cici ritornò ad essere il bambino della sua infanzia ed insieme a Chiara costruirono la terza
TORRE di Noha in cui vissero felici per sempre.
Da allora la gente diede un altro nome a Noha:
NOVE. Posero il simbolo delle
TRE TORRI davanti alle loro case e nelle notti luminose nel cielo di Noha i bimbi dall’animo generoso possono osservare Nove stelline che fanno il girotondo intorno alla luna.