In questa puntata, P. Francesco D’Acquarica ci racconta di un periodo difficile della chiesa universale e di riflesso anche particolare (quella di Nardò e dunque anche di Noha). Siamo nel pieno della decadenza dei costumi e della corruzione di papi e curie, il che, insieme ad altre concause, diede vita alla Riforma Protestante. Qui – con le dovute eccezioni - si parla di sbandamento, di ignoranza, di molti vizi e poche virtù. Ma la redenzione e la salvezza non possono non avere inizio che dai “mea culpa”.
La Redazione
Tempi difficili per la Diocesi di Nardò
E’ necessario parlare anche di un periodo poco felice della storia della diocesi di Nardò, ma che è comune un po’ a tutta la Chiesa di quel tempo. E’ il periodo che segue il pontificato di Alessandro VI, papa dal 1942 al 1503, fino al Concilio di Trento.
Dal 1517, quando morì il De Caris, fino al 1569 i Pontefici furono:
Leone X (1475-1521) Papa dal 1513 al 1521
Adriano VI (1459-1523) Papa dal 1522 al 1523
Clemente VII (1478-1534) Papa dal 1523 al 1534
Riforma e Controriforma (1534-1655)
Paolo III (1468-1549) Papa dal 1534 al 1549,
che diede inizio al Concilio di Trento
Giulio III (1487-1555) Papa dal 1550 al 1555
Marcello II (1501-1555) Papa nel 1555
Paolo IV (1476-1559) Papa dal 1555 al 1559
Pio IV (1499-1565) Papa dal 1559 al 1565
Elenco dei Vescovi di Nardò in questo periodo
Luigi d’Aragona (1474-1519) dal 17 giugno 1517 al 21 gennaio 1519 (amminist. Apost.)
Marco Cornaro (1476-1524) dal 24 gennaio 1519 al 20 febbraio 1521 (amm. Apost.)
Giacomo Antonio Acquaviva dal 20 febbraio 1521 al 1531
(1490 ? - 1568) (vescovo eletto e mai consacrato)
Giovanni Domenico De Cupis dal 15 gennaio 1532 al 22 maggio 1536.
(1490 ? - 1553)
Giovanni Battista Acquaviva dal 22 maggio 1536 al 1569.
Non si conosce il nome dell’arciprete di Noha del periodo che va dal 1544 al 1570 circa.
A partire dalla morte di Antonio De Caris (1517) fino al 1569 con l’elezione a Vescovo del domenicano Ambrogio Salvio, abbiamo a Nardò una serie di “Vescovi” che per motivi diversi poco o nulla ebbero a che fare non solo con Noha ma con tutta la diocesi.
Periodo triste per la chiesa neretina. Accenno qui brevemente, riportando alcuni tratti di questi Vescovi. Di Noha non si può dire nulla se non quello che si sa della chiesa neretina.
La chiesa di Nardò rimase ininterrottamente sotto la giurisdizione della famiglia degli Acquaviva*, allora Signori della Città.
* Gli Acquaviva sono stati una famiglia nobile italiana, una delle sette grandi casate del Regno di Napoli. Tra i loro titoli si annoverano quelli di: duchi di Atri e conti di San Flaviano; poi ancora conti di Conversano e conti, poi duchi di Nardò, per un ramo, e conti e poi principi di Caserta l'altro. Fondatore fu Rinaldo di Acquaviva nel sec. XII. Gli Acquaviva di Nardò sono un ramo cadetto.
A causa della giovane età di qualcuno di essi, la chiesa di Nardò rimase sotto la tutela di tre cardinali e cioè del D’Aragona, del Cornaro e del De Cupis. E fu un periodo poco florido per la diocesi che invece di essere retta da un Vescovo residenziale fu soggetta ad amministratori o commendatori o titolari, e questo per favorire gli Acquaviva, signori di Nardò.
La disciplina ecclesiastica ed il culto divino, non soltanto in questa diocesi ma un po’ dappertutto, erano in grandissima decadenza. Gli ordini sacri erano conferiti senza il dovuto intervallo di tempo tra un ordine e l’altro, ed indifferentemente a degni e indegni. Talora i parroci non erano sacerdoti e brillavano per ignoranza (anzi era tanta l’ignoranza diffusa tra il clero e tra i parroci, che qualcuno non sapeva neppure firmare). Infatti l’arciprete di Melissano al posto della firma in un documento dell’epoca vi appose la croce, accanto alla quale vi è l’annotazione: segno di croce di don Angelo Sciuda, arciprete di Melissano, che non sa scrivere.
Non per nulla il Concilio di Trento (1545-1563) nella Sessione XXIII decretò l’istituzione dei Seminari per la formazione dei Sacerdoti. Prima i chierici venivano formati presso le singole chiese parrocchiali e la formazione impartita non era soddisfacente e pare che non c’era molta responsabilità nel valutare la vera vocazione sacerdotale.
L’arcivescovo di Bari, Decio Caracciolo Rosso, che fece l’ingresso solenne nella sua diocesi il 26 marzo 1607, trovò molti abusi e provò a rimuoverli. Con lettera del 5 settembre dello stesso anno chiese la cooperazione delle autorità civili. In tale lettera, tra l’altro, dice: «Questa città molto numerosa... l’ho ancora ritrovata senza seminario, che dal detto Concilio (tridentino), si conclude, che sia necessario, e che si faccia in ogni città... Ho ultimamente ritrovato un Sacerdozio poco spirituale, mal disciplinato e senza lettere, ed una turma di chiericotti che in luogo di camminare per la via della virtù si indirizza per quella del vizio, onde si mantiene un seminario di persone delinquenti, e totalmente contrarie alla professione clericale, donde nasce l’inquieto, e scandaloso vivere della città; per queste ed altre ragioni che sarei troppo lungo ad assegnare in questo breve foglio, dico alle SS. VV. che han da far pensiero e conclusione insieme che se ritrova ricapito per l’‘obligo ch’hanno, o di pagare le decime debite o almeno dotare le parrocchie necessarie e di fabbricare la casa del Seminario, nel che non andrebbono sette o otto mila ducati di proprietà, o vero da 500 in 600 ducati d’entrata l’anno, che con una minima gabella, che si ponesse ad tempus, si provvederebbe all’una o all’altra secondo l’urgentissima necessità richiede». (Pinto G. , Per la storia della chiesa di Bari nella seconda metà del secolo XVI, in “Archivio Storico Pugliese”, XXIII, 1970, fasc ,I-IV, p.80).
Veniva violata frequentemente la clausura dei monasteri. Spesso il clero vestiva da secolare e frequentava ritrovi poco onesti. Questo tipo di società era diffuso un po’ dappertutto e tuttavia anche in questo clima si sono avuti grandi santi. Basti pensare al romanzo di Alessandro Manzoni “I promessi sposi”, dove figura la “monaca Monza” ma anche il Card. Borromeo; c’è don Abbondio ma anche Fra Cristoforo, ecc.
Eppure, anche nel periodo più buio della storia della Chiesa, quando sul trono di Pietro sedeva un Papa come Alessandro VI, o quando Lutero (1483-1546) decise lo strappo dalla chiesa di Roma, in una società così corrotta, sorsero anche grandi santi. Ne citiamo qualcuno tanto per non essere teorici.
Pensiamo a San Francesco da Paola (1416-1507) che visse per i poveri e per la chiesa, venerato in antico anche a Noha.
Non dimentichiamo i Martiri di Otranto (1480), gli ottocento “testimoni” che preferirono morire decapitati piuttosto che rinnegare la fede.
San Filippo Neri (1515-1595) detto Pippo, uomo sereno, allegro, giocondo, amante della natura e degli animali, ma anche santo di un forte ascetismo, e con una totale dedizione e affidamento a Dio e impegno per il prossimo.
Ricordiamo anche S. Rita da Cascia (1381-1457) che fa diventare possibile quello che sembra impossibile. Umiltà e obbedienza furono le vie sulle quali Rita maturò la sua santità.
S. Bernardino da Siena (1380-1444), grande ed efficace predicatore che venne a sostare per un certo tempo non solo a Nardò ma anche in altri paesi della diocesi. Magari sarà venuto a predicare anche a Noha.
S. Luigi Gonzaga (1568-1591), il nobile rampollo primogenito del Signore della città di Mantova, Ferrante Gonzaga, marchese di Castiglione delle Stiviere presso Mantova. Scelse di essere gesuita e volle essere come gli altri, senza privilegi. Martire non della fede, anche se ne aveva tanta, ma della carità, accettando di morire di peste come gli appestati che assisteva.
S. Pio V (1504-1572), frate domenicano, poi Papa non politico. Uomo del Rosario, che considerava la sintesi del Vangelo, preghiera che egli raccomandò anche con una bolla pontificia nel 1569.
Gli amministratori
della Diocesi di Nardò nel periodo BUIO
Il Card. Luigi D’Aragona: fu amministratore della diocesi dal 1517 al 1519. Era nato a Napoli nel 1474, nipote di Ferdinando re di Napoli. Visse nella corte regia. All’età di 18 anni sposò Battistina Cibo, nipote di Innocenzo VIII papa dal 1484 al 1492. Il rito nuziale fu celebrato a Roma nel palazzo pontificio la domenica 3 giugno 1492 alla presenza dello stesso Pontefice, di cardinali e di principi.
Dopo due anni di matrimonio rimase vedovo; desideroso di quiete, intraprese la carriera ecclesiastica. Il 20 maggio 1494 (aveva solo 20 anni) fu nominato cardinale diacono. Rimasta vacante la sede di Nardò per la morte di Antonio De Caris (1517), quando aveva 42 anni, Leone X, papa dal 1513 al 1521, lo nominò amministratore apostolico di Nardò e poi anche vescovo.
Si adoperò grandemente per procurare la salute delle anime e per promuovere lo splendore del culto divino. Morì due anni dopo all’età di 44 anni a Roma il 22 gennaio 1519.
Marco Cornaro, Vescovo di Nardò dal 1519 al 1521, discendente della nobile famiglia Cornaro. Era nato a Venezia nel 1476. Suo padre, Giorgio Cornaro era senatore e fratello di Caterina, regina di Cipro. Diventato sacerdote fu nominato protonotario apostolico. Da Alessandro VI, papa dal 1492 al 1503, fu creato cardinale diacono. Morto Alessandro VI, intervenne ai due conclavi dai quali uscirono Pontefici Pio III (ottobre 1503) e Giulio II (novembre 1503). Fu nominato Vescovo di Padova nel 1517 da Leone X e nel novembre dello stesso anno Vescovo di Verona. Di questa diocesi prese possesso con grande solennità e sfarzo l’anno seguente (1518). Due anni dopo dallo stesso Pontefice fu nominato amministratore perpetuo di Nardò, ma dopo solo tre anni, nel 1521 vi rinunziò. Morì a Venezia nel 1524 a solo 48 anni.
Giacomo Antonio Acquaviva D’Aragona, Vescovo di Nardò dal 1521 al 1532, nel periodo più strano per la diocesi.
Giacomo nacque a Nardò da Bellisario, primo Duca di questa città, della famiglia Acquaviva e da Sveva, figlia del principe Girolamo di Bisanzio.
Leone X lo nominò Vescovo di Nardò dopo la rinunzia del Cornaro (1521). Rimase vescovo eletto perchè non fu mai consacrato né Vescovo né sacerdote. Resse la diocesi per 10 anni interi. Sentendosi chiamato al matrimonio nel 1532, due anni prima che iniziasse il concilio di Trento, prese in moglie Giovanna Spina.
La rinunzia alla diocesi e le successive nozze con Giovanna Spina furono un colpo durissimo per il padre Bellisario che vedeva deluse tutte le sue speranze sull’avvenire del figlio, che voleva ai supremi gradi della gerarchia ecclesiastica. Dopo il matrimonio si stabilì a Napoli dove visse sino alla fine della sua vita in mezzo all’alta società e all’aristocrazia del suo tempo. Fu sempre correttissimo, amò e praticò profondamente la religione e le opere di carità, specie il soccorso agli indigenti. Morì il 31 dicembre 1568.
Giovanni Battista Acquaviva, Vescovo di Nardò dal 22 maggio 1536 al 1569, nacque a Nardò nel 1513 dal conte Bellisario, ultimogenito e fratello di Giacomo Antonio che abbiamo appena incontrato.
Fu educato piamente. Ancora giovane intraprese la via ecclesiastica. Quando aveva solo 23 anni, Paolo III papa dal 1534 al 1549 (è il Papa che nel 1545 convocò il Concilio di Trento) lo nominò amministratore della diocesi di Nardò con diritto di divenire Vescovo, appena raggiunti i 27 anni.
Resse la diocesi con diligenza, coadiuvato da cinque vicari generali. Nel 1563 indisse il sinodo diocesano che celebrò solennemente alla presenza del capitolo e del clero cittadino e diocesano. Furono promulgati vari decreti e norme estremamente necessarie in quei tempi. Non conosciamo il nome dell’arciprete di Noha che con molta probabilità partecipò al Sinodo.
Nel 1568 G.B. Acquaviva, per la sua devozione alla Vergine, si adoperò a far venire a Nardò i monaci Carmelitani che si stabilirono in città e anche nella diocesi. Resse la diocesi fino al 1569. Il 13 agosto 1569, alle 5 del mattino, una malattia mortale gli tolse la vita. Aveva 56 anni. Grande fu il dolore dei neretini per tale perdita.
[continua]
P. Francesco D’Acquarica
[le immagini a corredo di questo pezzo sono estrapolate dal volume di Mario Mennonna (a cura di Mario Mennonna Cosimo Rizzo) “Nardò e Gallipoli – Storia delle diocesi in oltre seicento anni – 1937 – 2013”, Congedo Editore, Galatina, 2014].